Odissea di sei anni tra i vecchi manicomi

Odissea di sei anni tra i vecchi manicomi

Margherita Carta: «Per vedere mio figlio ho girato l’Italia. Nessuno lo ha curato, gli hanno persino rubato le scarpe»

 
   
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di Valeria Gianoglio

NUORO. In sei anni, a girare per l’Italia da un ospedale psichiatrico giudiziario e l’altro, per raggiungere il figlio Giovanni e portargli un po’ di aria di Sardegna insieme a qualche foglio di pane carasau, mamma Margherita Carta, orunese trapiantata a Nuoro, ne ha viste di tutti i colori. Ma quella che le è rimasta più sul groppone, ce l’ha ancora stampata in testa anche se ormai ha imparato a prenderla con filosofia. «Qualche settimana prima della visita – racconta – avevo mandato via posta un pacco a Giovanni. Dentro avevo messo anche un bel paio di scarpe da tennis, di quelle che piacciono a lui, erano un paio di Nike ultimo modello, e per personalizzargliele ancora di più, gli avevo scritto il suo nome “Giovanni. Nuoro” su un fianco. Qualche tempo dopo sono andata in visita da Giovanni, all’Opg, entro nella sala dove si ricevono i familiari, e gli chiedo “Giovà, e le scarpe non ti sono arrivate?”. “No”, mi ha detto lui. “Strano” gli ho detto. Dopo un minuto mi giro e, allibita, ho visto una delle guardie dell’ospedale giudiziario con indosso le scarpe di mio figlio. Gliele aveva prese dal pacco».

In sei anni di continui pellegrinaggi da un ospedale psichiatrico giudiziario e l’altro, per inseguire il suo adorato figlio Giovanni, mamma Margherita ha visto sparire un consistente mucchio di oggetti, dai pacchi che inviava oltre Tirreno. Una volta spariscono le Nike, una volta i dolcetti, una volta, con la scusa ai confini del ridicolo che «i pazienti ci si possono tagliare», sparisce persino il pane carasau. Ci ride un po’ su, mamma Margherita. Adesso che finalmente è tutto finito, riesce a raccontarlo persino con un po’ di distacco. Adesso che la sua personale odissea tra gli Opg di mezza Italia costata un mucchio di soldi, dolore e fatica, è conclusa, può abbracciare Severino Casula e Gianfranco Seddone, i due psicologi del dipartimento di salute mentale dell’Asl che in questi lunghi anni l’hanno seguita con professionalità e affetto, e sorridere.

Il suo Giovanni – chiuso in un Opg dal 2006, in seguito a un terribile raptus finito con la morte del padre Stefano, nella casa del rione di Pred’istrada – è stato uno dei 14 nuoresi che l’Asl numero 3, prima in Italia, è riuscita a far uscire dagli ospedali psichiatrici giudiziari sparsi nella Penisola e riportare a casa, in una delle comunità di recupero della Sardegna. «Chi non ha vissuto questa esperienza, non può capire cosa sia un Opg – dice mamma Margherita, insieme ai due psicologi dell’Asl, Severino Casula e Gianfranco Seddone – perché mio figlio, in questi anni, avrebbe dovuto affrontare un percorso di cura e recupero, e invece, in sostanza, tranne brevi visite, non ha ricevuto alcun sostegno, se non qualche farmaco che lo sedava o stordiva. Per questo sono contenta che queste strutture siano tutte sulla via della chiusura. Perché io, in questi sei anni, ne ho viste troppe».

Giovanni e il suo bel faccione da ragazzo che ha ancora tanta voglia di crescere sono usciti dall’Opg di Reggio Emilia qualche giorno fa. E sono usciti dal retro. «È stata una scena emozionante e inaspettata – raccontano Margherita Carta e i due psicologi – siamo andati a Reggio a prenderlo, lo aspettavamo da un ingresso e lui è uscito da un altro. Aveva un carrello e un paio di buste nere con tutta la sua roba dentro. Come ci ha visto, ci ha fatto un sorriso grande così e ci ha abbracciato. Lo hanno fatto uscire con indosso i vestiti che aveva qualche settimana prima. Tant’è che abbiamo dovuto comprarne altri sul momento. Sino all’ultimo, dunque, gli hanno rubato le cose dai pacchi. È stata solo la classica goccia di una lunga esperienza tra gli Opg. Li ha girati tutti, Giovanni, e ogni volta che lo spostavano – dice mamma Margherita – lo sapevo solo grazie a un sacerdote che mi avvisava, padre Pippo. Ma adesso, per fortuna, è tutto finito».

Odissea di sei anni tra i vecchi manicomiultima modifica: 2013-04-18T18:12:53+02:00da vitegabry
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