Archivi giornalieri: 29 aprile 2013

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Gazzetta Ufficiale

Elenco delle Gazzette Ufficiali pubblicate negliultimi 30 giorni:

Archivio completo delle Gazzette Ufficiali informato “testuale” ed in formato “PDF” (con le Gazzette Ufficiali in formato “PDF” dal 1946):

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Ultime Gazzette Pubblicate(formato “testuale”)Notizie

26/04/2013  ELENCO OPERE PUBBLICHE INCOMPIUTE(Decreto 13 marzo 2013, n. 42)Leggi la notizia17/04/2013  PRODOTTI DA FUMO(Decreto 21 febbraio 2013, n. 38)Leggi la notizia12/04/2013  MUTUI PRIMA CASA(Decreto 22 febbraio 2013, n. 37)Leggi la notizia09/04/2013  DEBITI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE(Decreto-Legge 8 aprile 2013, n. 35)Leggi la notizia
05/04/2013  CIRCOLAZIONE STRADALE(D.P.R. 12 febbraio 2013, n. 31)Leggi la notizia03/04/2013  FORZE ARMATE(D.P.R. 12 febbraio 2013, n.29)Leggi la notizia26/03/2013  SANITA’(Decreto-Legge 25 marzo 2013, n. 24)Leggi la notizia08/03/2013  CIRCOLAZIONE STRADALE(Decreto 10 gennaio 2013, n. 20)Leggi la notizia
06/03/2013  MINISTERO DELLA DIFESA(Diario pubblicato in g.u. concorsi ed esami n. 18 del 5 marzo 2013)Leggi la notizia
 

Primo piano

Primo piano
 
 
Il Ministro Enrico Giovannini
 

Enrico Giovannini è il nuovo Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 
Il Ministro ha prestato giuramento ieri nelle mani del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, unitamente agli altri ministri del Governo. Il nuovo esecutivo si sottoporrà nei prossimi giorni al voto di fiducia in Parlamento


 
Notizie
 
 

26/04/2013

Giornata mondiale per la salute e sicurezza sul lavoro 
Celebrata dall’OIL il 28 aprile 2013

23/04/2013

Lavoratori ‘salvaguardati’ 
Firmato il terzo decreto che interessa 10.130 lavoratori

22/04/2013

Vademcum sulla riforma del lavoro 
Orientamenti interpretativi con la lettera circolare del 22 aprile 2013

17/04/2013

Interpello 
On line le risposte a nuovi quesiti

12/04/2013

Protocollo imprenditoria femminile 
Al via il nuovo sistema di accesso al Fondo dedicato

12/04/2013

Finanziamento iniziative e progetti svolti dalle Associazioni di promozione sociale 
Approvazione delle graduatorie ai sensi della Legge 383/2000, articolo 12, lettere d) e f) – Linee di indirizzo 2012

11/04/2013

Nuova social card 
Registrato alla Corte dei Conti il Decreto Interministeriale del 10 gennaio 2013

Logo 9 Meeting Regionale ILO a Oslo

09/04/2013

9° Meeting Regionale dell’ILO a Oslo 
Leggi l’intervento del Ministro Fornero nell’ambito della Sessione Plenaria

09/04/2013

Comunicazioni obbligatorie 
Precisazioni sulle attivazioni e le cessazioni dei rapporti di lavoro

08/04/2013

Giornata internazionale delle comunità rom 
Celebrata oggi in ricordo del primo congresso mondiale Rom del 1971

05/04/2013

Comunicazioni obbligatorie 
Disponibili i dati relativi al IV trimestre 2012

05/04/2013

Piano Sulcis 
Insediata la “Cabina di Regia” per favorire l’occupazione

03/04/2013

Lavoro a progetto nei call-center e retribuzione di produttività 
Chiarimenti dalle Circolari Ministeriali nn. 14 e 15

02/04/2013

Microdati per l’analisi e la valutazione dell’evoluzione del mercato del lavoro 
Disponibile l’accesso agli archivi del Ministero del Lavoro e dell’Inps

29/03/2013

Liquidazione in un’unica soluzione dell’ASpI e della mini-ASpI 
Adottato il decreto attuativo della legge di riforma del mercato del lavoro

28/03/2013

Comunicazione del lavoro intermittente 
Tutte le modalità per effettuale la chiamata – Decreto Interministeriale del 27 marzo 2013

28/03/2013

Voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting e contributo per asili nido 
Chiarite dall’Inps le modalità operative per richiedere l’erogazione dei benefici

28/03/2013

Le comunità straniere in Italia 
Disponibili i primi dieci rapporti annuali elaborati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Rapporto semestrale del mercato del lavoro degli immigrati

27/03/2013

Andamento del mercato del lavoro degli immigrati in Italia 
Presentato il Rapporto semestrale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

27/03/2013

Flussi di ingresso per lavoratori non comunitari stagionali 
Nota circolare del 26 marzo 2013 con la quale si procede alla prima ripartizione territoriale delle quote di ingresso

26/03/2013

Programma Nazionale ‘Servizi di cura all’infanzia e agli anziani non autosufficienti’ 
Al via la prima fase di attuazione che prevede il riparto di 250 milioni da destinare alle Regioni Campania, Calabria, Puglia e Sicilia

25/03/2013

Flussi di ingresso per lavoratori non comunitari stagionali 
Da domani, tramite l’applicativo del Ministero dell’Interno, sarà possibile l’invio delle domande telematiche

AVVISI E BANDI

 

STAGE – TIROCINI – BORSE DI STUDIO

27/04/13 –  Opportunità di reddito – ENCATC: 6 premi per progetti

26/04/13 –  Opportunità di reddito – Parlamento Europeo: stages per ragazzi disabili

25/04/13 –  Opportunità di reddito – Gruppo Buffetti: tirocinanti neolaureati per la sede romana

24/04/13 –  Opportunità di reddito – Daad: tirocini in materie tecniche in Germania

22/04/13 –  Opportunità di reddito – Pedevilla SpA: 10 stage nel settore della ristorazione collettiva

16/04/13 –  Opportunità di reddito – Azienda Bancaria: stage per neolaureati in economia

15/04/13 –  Opportunità di reddito – IVU SpA: tirocini presso l’ufficio legale

11/04/13 –  Opportunità di reddito – FAO: tirocini per la sede di Roma

10/04/13 –  Informazioni utili – Provincia di Roma: corso per 20 allievi

09/04/13 –  Opportunità di reddito – Gi Group: 2 stage per ingegneri

03/04/13 –  Informazioni utili – Provincia di Roma: corso “Video reporter per documentario d’inchiesta”

28/03/13 –  Opportunità di reddito – Provincia di Roma: corso per operatori CAF

27/03/13 –  Opportunità di reddito – La Sapienza: 10 borse di collaborazione

26/03/13 –  Opportunità di reddito – Provincia di Roma: corso di fotoritocco

21/03/13 –  Informazioni utili – Programma Leonardo: 36 tirocini con il Progetto YEAH!#2

20/03/13 –  Opportunità di reddito – ILO: 5 premi per il concorso fotografico “Work4Youth”

19/03/13 –  Informazioni utili – Scuola del Sociale della Provincia di Roma: corso gratuito

18/03/13 –  Informazioni utili – Provincia di Roma: corso gratuito “L’Autocad nel design e nella moda”

15/03/13 –  Opportunità di reddito – Rabacos SrL: tirocini per laureandi e laureati in architettura

14/03/13 –  Informazioni utili – Provincia di Roma: corsi di formazione professionale gratuiti

13/03/13 –  Opportunità di reddito – La Sapienza: 6 borse di collaborazione per studenti

12/03/13 –  Informazioni utili – Unioncamere: 20 borse premio

Il segretario della CISL vuole “abolire” l’Autonomia speciale della Sardegna

 

Ma la risposta a Bonanni è Indipendenza

di Francesco Casula

Sbaglia chi sottovalutasse l’affermazione di Bonanni secondo cui “L’Autonomia sarda deve essere abolita”. O la derubricasse a ingenua gaffe o semplice boutade. La gravità della posizione del segretario della CISL sta nel fatto che non è isolata e anzi si aggiunge a posizioni simili ormai abbondantemente presenti nel mondo politico, economico e finanche intellettuale. Si sta infatti diffondendo un fastidio e un’ostilità per le Autonomie locali che, dopo essere state colpite dai brutali tagli finanziari, si vorrebbero liquidare, sic et simpliciter. Il pretesto è che sono fonte di sprechi e pascolo per politici corrotti: dal Piemonte e dalla Lombardia alla Basilicata. Le cronache di questi mesi lo confermerebbero impietosamente. Ed è vero. Ma perché non riconoscere, contestualmente, che sprechi e ruberie anche molto maggiori contrassegnano il Governo e i Ministeri, gli Enti e le industrie di Stato – come Finmeccanica – che nessuno si sogna di “abolire”? I motivi veri degli attacchi furibondi alle Autonomie locali stanno dunque in ben altro: sono infatti da ricondurre al neo centralismo statuale, alla globalizzazione, al pensiero unico: insomma alla reductio, di tutto, ad unum. A quell’unità di cui parla nel romanzo “Capezzoli di pietra” Eliseo Spiga: “Un’idea. Una legge. Una lingua. Un’umanità indistinta. Una coscienza frollata. Un’atmosfera lattea. Una natura atterrita. Un paesaggio spianato. Una luce fredda”. Quell’unità che annulla progressivamente le specificità e diversità. Che iberna nella bara della tecnica, del calcolo economico, della mercificazione, della globalizzazione le identità etno-linguistiche, politiche, sociali. Che ammutolisce la politica e mette al bando l’idea stessa del cambiamento.

A Bonanni e alla sua furia centralista occorre però rispondere giocando all’attacco: non difendendo l’Autonomia sarda che, con i suoi anemici e deboli poteri e competenze, da decenni oramai può permetterci solo l’amministrazione della nostra dipendenza, ma affermando e rivendicando l’Indipendenza della Sardegna e la separazione dall’Italia, uno Stato ormai in avanzata putrefazione, con Partiti che hanno bisogno di una vecchia badante per formare un qualsiasi governo. Dobbiamo andare direttamente in Europa, senza intermediazioni e filtri. Per rappresentare, in quel consesso, come Comunità orgogliosa e sovrana, i nostri bisogni, difendendo i nostri interessi.

Pubblicato su Sardegna Quotidiano del 29-4-2013

Canne al vento di G. Deledda cap. V°


Capitolo quinto

L’indomani all’alba Efix riportò il cavallo in paese e raccontò alla padrona giovine il divertimento della sera prima. Noemi sembrava tranquilla: solo, quando egli ripartì per il poderetto, corse al portone raccomandandogli di tornare fra tre giorni per portare provviste alle sorelle.

Dopo tre giorni Efix tornò e per non pagare il nolo del cavallo si caricò sulle spalle la bisaccia e s’avviò a piedi.

Il tempo s’era rinfrescato: dai monti del Nuorese scendeva il venticello dei boschi e correva correva sulle erbe lungo il fiume e pareva volesse scendere con questo al mare.

Efix sostò al poderetto, presso l’ontano al limite sabbioso del campo delle angurie, e guardando i tralci carnosi che correvano avviluppandosi qua e là come serpi sotto le foglie, gli pareva che avessero, come del resto tutti i cespugli tremuli intorno, qualche cosa di vivo, di animale. E parlava loro come lo intendessero, raccomandando loro di non stroncarsi, di non seccarsi, di crescere bene e dar molto frutto come era loro dovere; ma un rumore nella strada richiamò la sua attenzione.

Don Predu, fiero e pesante sul suo cavallo nero grasso, passava dietro la siepe. Cosa insolita, vedendo Efix si fermò.

«E che facciamo, con questa bisaccia? Sei stato a rubar fave?»

Efix s’alzò, rispettoso.

«Son le provviste per le mie dame. E lei dove va?»

Anche don Predu andava laggiù. Dalla sua bisaccia a fiorami usciva l’odore del gattòche portava in regalo al Rettore suo amico, e il collo violetto di una damigiana di vino.

«E tu vai a piedi, babbeo? Anche il cavallo ti fanno fare, adesso? Dammi la bisaccia, te la porto. Non scappo, no! Se vuoi esser più sicuro monta su in groppa anche tu, babbeo!»

Sbalordito, dopo essersi un po’ fatto pregare e minacciare, Efix caricò la bisaccia sul cavallo che pareva si fosse addormentato, poi montò in groppa alle spalle di don Predu cercando di farsi leggero.

«Adesso suderà, sì, il cavallo di vossignoria!»

«Così il diavolo mi aiuti, è il cavallo più forte del Circondario; puoi caricargli su un monte, lo porta. Vedi, va come non avesse neanche sella. E dimmi, tu, cosa è venuto a frugare qui quel vagabondo di mio nipote?»

Efix gli fece una smorfia alle spalle. Ah, ecco perché l’aveva preso!

«Perché, vagabondo? Era impiegato.»

«Che impiego aveva? Contava le ore?»

«Un buon impiego, invece! Nella Dogana. Ma, certo, per vivere in quei posti ci vuole molto denaro. Ci son signori che hanno terre quanto è grande la Sardegna e uno fa elemosine più del re.»

Don Predu si gonfiò tutto dal ridere: una risata silenziosa, feroce.

«Ah, ecco, ci siamo! Ecco che hai già la testa piena di vento!»

«Perché parla così, don Predu?», disse Efix con dignità. «Il ragazzo è sincero, buono: non ha vizi, non fuma, non beve, non ama le donne. Avrà fortuna. Se vuole ha subito un posto a Nuoro. Eppoi ha anche denari alla Banca.»

«Tu li hai contati, babbeo? Ah, Efix, in fede mia, a te danno da mangiare fandonie, invece di pane. Dimmi, quanto ti devono adesso le tue nobili padrone?»

«Nulla mi devono. Io devo tutto a loro.»

«Zitto, se no ti scaravento dentro il fiume. Senti, adesso continuerete a far debiti, per mantenere il ragazzo: prenderete denari da Kallina, il demonio l’affondi. Venderete il podere. Ricordati che lo voglio io. Se non mi avverti a tempo, se farete come altre volte che invece di vendere a me per il prezzo giusto avete venduto a metà agli altri, bada, ti avverto, Efisè, ti taglio le canne della gola. Sei avvertito.»

L’uomo, dietro, ansava, oppresso da un peso ben più grave della bisaccia di cui don Predu aveva voluto liberarlo.

«Dio, Signore! Perché parla così, don Predu? Come un nemico delle sue povere cugine?»

«Al diavolo le cugine e la loro testa piena di vento! Son loro che mi han trattato sempre da nemico. E nemico sia. Ma tu ricordati, Efix: il poderetto lo voglio io…»

Il martirio durò tutta la strada, finché Efix, stanco più che avesse viaggiato a piedi, scivolò dalla groppa del cavallo e tirò giù la bisaccia.

Entrando nel recinto rivide la solita scena: le sue dame sedevano sulla panchina con le mani in grembo, Kallina filava, coi piedi nudi entro le scarpette a nastri; nell’interno delle capanne le donne sedute per terra bevevano il caffè, cullavano i bimbi, e sull’alto del belvedere, sullo sfondo del cielo dorato, la figura nera di prete Paskale salutava col fazzoletto turchino.

«Si divertono?», domandò Efix, deponendo la bisaccia ai piedi delle sue padrone. «E lui?»

«Balliamo sempre», disse donna Ester, e donna Ruth si alzò per riporre la roba.

Di Giacinto parlò commossa l’usuraia.

«Che giovane affabile! Di poche parole, ma buono come il miele. Si diverte come un bambino e viene qui a mangiare il mio pane d’orzo. Eccolo che adesso ritorna con Grixenda dalla fontana.»

Si vedevano infatti in lontananza, tra il verde delle macchie, lui alto e verdognolo, lei piccola e nera, tutti e due con in mano le secchie scintillanti che di tanto in tanto si toccavano e di cui l’acqua, traboccando, si mischiava e sgocciolava. E i due pareva provassero piacere a quel contatto perché guardavano le secchie a testa bassa e ridevano.

Efix ebbe un presentimento. Andò su dal prete a portargli un cestino di biscotti, regalo di una paesana, e vide di lassù don Predu, indugiatosi ad abbeverare il cavallo alla fontana, raggiungere Giacinto e Grixenda e curvarsi a dir loro qualche cosa. Tutti e tre ridevano, la fanciulla a testa bassa, Giacinto toccando il collo del cavallo.

«Efix», disse il prete, sbattendosi il fazzoletto sul petto per togliervi il tabacco, «ecco don Predu. Meno male, avremo un po’ di maldicenza. E il vostro Giacinto è un bravo ragazzo; viene a messa e alla novena. Ben educato, affabile. Ma mi raccomando, attenzione!»

Le serve del prete corsero fuori per aiutare don Predu a scaricar le bisacce, mentre le altre donne affacciavano i visi pallidi alle porticine e il cane, dopo aver un po’ abbaiato, si slanciava alto davanti al cavallo quasi volesse baciarlo.

«Piano, donne!», disse don Predu. «C’è dentro le bisacce qualche cosa che si rompe a toccarla, come voi…»

«La tocchi la saetta, don Predu!», imprecò Natòlia, pur guardandolo con occhi languidi per tentarne la conquista.

Ah, se le riusciva! Si sarebbe così vendicata di Grixenda, che si era preso tutto per sé lo straniero.

Grixenda a sua volta sembrava eccitata per l’arrivo di don Predu.

«Quello, vede», disse sottovoce a Giacinto, mentre attraversavano il cortile, «quello, suo zio, è un uomo che si diverte e spende, nelle feste. Non sta melanconico come lei! Cento lire ha, cento lire butta, così!»

Prese un po’ d’acqua con le dita, e gliela buttò sul viso, senza ch’egli cessasse di sorridere con gli occhi dolci pieni di desiderio, mostrandole fra le labbra rosee i denti bianchi quasi volesse morderla.

«Che cosa son cento lire? Io ne ho spese mille in una notte e non mi sono divertito…»

Grixenda depose la secchia sul sedile, e si gettò sopra il bambino che le sorrideva dal giaciglio agitando le gambine in aria e tentando di afferrarsele con le manine sporche: gli baciò le cosce, affondando le labbra nella carne tenera ove i solchi segnavano striscioline rosee e viola; lo sollevò in alto, lo riabbassò fino a terra, lo sollevò ancora, lo fece ridere, lo portò fuori stringendoselo forte al petto.

Fuori Giacinto s’era messo a sedere a gambe aperte, e vi dondolava in mezzo le mani, ascoltando Kallina che lo invitava a mangiare con lei le fave cotte col latte: parlavano piano, come di cosa grave, ma donna Ruth si affacciò alla porticina con in mano una coscia d’agnello bianca di grasso col rognone violetto coperto dal velo, e interruppe il colloquio.

«Bisogna chiamar Efix perché faccia uno spiedo di legno: Giacintino, va’!»

Grixenda corse lei a chiamare il servo, gli si fregò addosso come una gattina, gli diede da baciare il bambino.

«Come sono contenta, zio Efix! Stanotte balleremo ancora! Ma guardate il vostro padroncino: pare faccia la corte a Kallina!»

Efix la guardava con tenerezza; vide Giacinto sollevar gli occhi pieni d’amore e di desiderio, e in cuor suo benedisse i due giovani. Sì, divertitevi, amatevi: alla festa si va per questo e la festa passa presto…

Seduto all’ombra del muro cominciò a intagliare lo spiedo: le donne ridevano intorno a lui, Giacinto come sempre taceva e pareva intento alla voce della fisarmonica che riempiva di lamenti e di grida il cortile. Ma arrivò Natòlia, dondolando i fianchi.

«Il mio padrone e don Predu invitano don Giacintino a pranzo.»

Ed egli si alzò, dopo aver sbattuto bene l’orlo dei calzoni. Donna Ester lo seguì con gli occhi e guardò a lungo verso il belvedere, come affascinata dal luccichio dei bicchieri e del vassoio d’argento che Natòlia agitava lassù come uno specchio; l’idea che il cugino ricco facesse caso del nipote povero bastava per renderla felice.

Le donne lodavano Giacinto, e l’usuraia traendo il filo fra il pollice e l’indice e girando il fuso sul ginocchio diceva con dolcezza insolita:

«Un ragazzo così docile non l’avevo mai conosciuto. E bello, poi! Rassomiglia al Barone antico…».

«A chi? Al Barone morto che vive ancora nel castello?»

Ma donna Ruth si mise l’unghia dell’indice sulla bocca: non bisognava parlar di morti, alla festa.

«Altro che spirito: è vivo e ha le mani che si muovono, non è vero, Grixè? Chi? Don Giacintino!»

Ma Grixenda, appoggiata al muro, col bimbo che le morsicava i bottoni della camicia, guardava anche lei il vassoio luccicante su nel belvedere, e i suoi occhi parevano affascinati come quelli della vecchia nonna quando nelle notti di luna spiavano il passaggio dei folletti giù verso il fiume.

Efix tornò ancora tre giorni dopo. Questa volta non era solo: quasi tutti quelli del paese scendevano alla festa, e le donne portavano sul capo vassoi con torte e cestini pieni di galline legate con nastri rossi.

Gli alberelli intorno erano carichi di frutti acerbi e la festa pareva si stendesse per tutta la valle.

Arrivando, Efix trovò il recinto intorno alle capanne già ingombro di carri con tende formate da sacchi e da lenzuola, e i rivenditori di dolci e di vino dritti accanto ai loro piccoli banchi all’ombra della chiesa.

Una fila di mendicanti vigilava il sentiero e le loro figure accovacciate, terree e turchine, alcune con orribili occhi bianchi, altre con piaghe rosse e tumori violacei, coi petti nudi come scorticati, con le braccia e le dita brancicanti nerastre come ramicelli bruciati, si disegnavano fra un cespuglio e l’altro sulla linea azzurrognola e lattea dell’orizzonte. Ma al di là l’occhio spaziava sul verde, e i gruppi dei cavalli e dei puledri rendevano più grandioso il paesaggio.

Il suono della fisarmonica arrivava fin laggiù; il motivo saltellante e voluttuoso richiamava alla danza, ma a volte si mutava in lamento, come stanco di gioia, come rimpiangendo il piacere che passa e gemendo per l’inutilità di tutte le cose: allora anche l’occhio melanconico delle giumente pareva pieno di una dolcezza nostalgica.

Efix si fermò un momento in mezzo a un gruppo di paesani del Nuorese: le donne sedevano in fila davanti alle capanne, aspettando l’ora della messa cantata, e i loro corsetti di scarlatto davano un tono rosso all’ombra del muro.

Ma la messa tardava. Su nel belvedere i preti ridevano e il vassoio di Natòlia passava e ripassava scintillando fra l’azzurro e il nero.

Efix trovò la capanna deserta: le padrone erano in chiesa ed egli andò a cercarle, ma si trovò preso in mezzo fra don Predu, il Milese e Giacinto, davanti a un rivenditore di vino, e vide tre bicchieri gialli intorno al suo viso.

«Bevi, babbeo!»

«Per me è presto.»

«Non è mai presto per un uomo sano. O sei malato?»

Don Predu gli batté così forte alle spalle che egli balzò avanti e il vino traboccò dai bicchieri e gli si versò addosso. Sia tutto per l’amor di Dio! Egli si asciugò le vesti con la mano e bevette; e con sorpresa e soddisfazione vide Giacinto trarre il portafogli e porgere al rivenditore un biglietto da cinquanta lire. Dio sia lodato, vuol dire che il ragazzo aveva denari davvero.

Del resto fu tutta una giornata di gioia: gioia composta e quasi melanconica nelle donne, verso le quali gli uomini, divertendosi rumorosamente fra loro, dimostravano una certa noncuranza.

Tutto il giorno la fisarmonica suonò accompagnata dai gridi dei rivenditori, dall’urlo dei giocatori di morra, dai canti corali o dai versi dei poeti estemporanei.

Raccolti entro una capanna, seduti per terra a gambe in croce intorno a una damigiana verso cui si volgevano come a un idolo, i poeti improvvisavano ottave pro e contro la guerra di Libia: eran parecchi e si davano il turno, e intorno a loro si accalcavano uomini e ragazzi: di tanto in tanto qualcuno si curvava per prendere di terra un bicchiere di vino.

«Bibe, diauu!»

«Salute!»

«Che possiamo conoscerla cento anni di seguito, questa festa, sani e allegri.»

«Bibe, forca!»

Il poeta Serafino Masala di Bultei, col profilo greco e vestito come un eroe di Omero, cantava:

Su turcu non si cheret reduire,

Anzis pro gherrare est animosu,

S’arabu inferocidu est coraggiosu,

Si parat prontu né cheret fuire

I bicchieri passavano da una mano all’altra; qualche donna s’affacciava timidamente alla porta.

E Gregorio Giordano di Dualchi, bel giovane rosso vestito come un trovatore, si lisciava i lunghi capelli con tutte e due le mani, se li tirava sul collo, e cantava quasi singhiozzando come una prèfica:

Basta, non poto pius relatare,

Discurro su chi poto insa memoria,

Chi àppana in dogni passu sa vittoria.

De poder tottu l’Africa acquistare;

Tranquillos e sanos a torrare,

Los assistansos Santos de sa Gloria,

E cun bona memoria e vertude

Torren a dom’issoro chin salude!

Applausi e risate risuonavano; tutti ridevano ma erano commossi.

All’ombra della chiesa Efix invece sentiva altri gruppi di paesani parlare dell’America e degli emigranti.

«L’America? Chi non l’assaggia non sa cosa è. La vedi da lontano e ti sembra un agnello da tosare: ci vai vicino e ti morsica come un cane.»

«Sì, fratelli cari, io ci andai con la bisaccia a metà piena e credevo di riportarla colma; la riportai vuota!»

Un Baroniese smilzo alto e nero come un arabo, invitò Efix a bere e gli raccontò episodi della guerra, di cui era reduce.

«Sì», diceva, guardandosi le mani, «ho strappato il ciuffo ad un Sirdusso, uno che adorava il diavolo. Io avevo fatto voto di prenderglielo, il ciuffo; di prenderlo intero, con la pelle e con tutto. E così lo presi, che possiate vedermi cieco, se mentisco! Lo portai al mio capitano, tenendolo come un grappolo; sgocciolava sangue nero come acini d’uva nera. Il capitano mi disse: bravo, Conzinu!»

Efix ascoltava, con in mano una rosellina di macchia. Si fece il segno della croce con lo stelo del fiore, e disse:

«Ti confesserai, Conzì! Hai ucciso un uomo!».

«Nella guerra non è peccato. È forse di nascosto? No.»

Allora cominciarono a discutere, ed Efix guardava la rosellina come parlando a lei sola.

«Ad uccidere tocca a Dio.»

Ma dovette interrompere la discussione perché da lontano donna Ester gli accennava di avvicinarsi. Era l’ora del pasto; Giacinto era invitato dal prete e tutti, chi più chi meno, mangiavano in buona compagnia. Dalle capanne uscivan nuvole di fumo odoroso d’arrosto.

L’angolo più tranquillo era quello delle dame. Sedute nella loro capanna mangiavano con Efix l’arrosto di agnello e parlavano di Noemi lontana e di Giacinto, del prete e del Milese, sorridendo senza malizia.

«I primi giorni», disse donna Ruth. tagliando una piccola torta in tre porzioni eguali, «Giacinto parlava sempre d’andarsene a Nuoro, ove diceva d’aver un posto nel molino. Adesso, da due giorni non ne parla più.»

«Ma è che da due giorni non si vede quasi più; e sempre con Predu e con altri compagni.»

«Lasciamolo divertire», disse Efix.

Fuor dalla porta si vedeva Kallina seduta, insolitamente oziosa sulla sua pietra, e Grixenda col bambino in grembo, pallida e triste fissava il belvedere del prete.

Ah, Giacinto si divertiva lassù, dimentico di lei: e a lei pareva di star accovacciata sul limite di un deserto, davanti a un miraggio.

Efix uscì e le disse:

«Perché non ti diverti?»:

Ella accomodò sulla cuffietta del bimbo il nastrino giallo contro il malocchio, e gli occhi le si riempivano di lagrime.

«Per me è finito tutto!»

Dalle capanne le parenti la chiamavano:

«Grixenda, vieni! Che dirà tua nonna vedendoti così magra? Che non ti diamo da mangiare?».

«Eh, bocconi soli ci vogliono», disse Kallina a Efix, dopo averlo chiamato ammiccando. «Vieni, Efix, bevi un bicchiere di vernaccia. Sai chi me l’ha regalata? Il tuo padroncino. Buono come il pane, e affabile: ma senti, bisogna dirgli che Grixenda non è adatta per lui!»

«E lasciateli divertire! Siamo alla festa!»

«Qui si viene a far penitenza, non a peccare. Sì, le parenti danno da mangiare a Grixenda, ma non badano ov’essa va giorno e notte con don Giacinto.»

«E le mie padrone? Non s’accorgono?»

«Loro? Sono come i santi di legno nelle chiese. Guardano, ma non vedono: il male non esiste per loro.»

«È vero!», ammise Efix. Bevette, ma si sentì triste e andò a coricarsi sotto un lentischio della brughiera.

Di là vedeva l’erba alta ondulare quasi seguendo il motivo monotono della fisarmonica, e i cavalli immobili al sole come dipinti sullo smalto azzurro dell’orizzonte.

Le voci si perdevano nel silenzio, le figure sfumavano nella luce: ed eccone una di donna sorgere accanto a un cespuglio: un’altra di uomo la raggiunge e le si accosta tanto che formano un’ombra sola.

Efix sentì un brivido alla schiena, eppure staccò una margheritina, ne masticò lo stelo e guardò senza invidia Grixenda e Giacinto abbracciati. Dio li benedica e li avvolga sempre così, di sole e di luce.

Nel pomeriggio la festa fu ancora più animata. Gli uomini si mostravano più espansivi con le donne, trascinandole al ballo, e il sole obliquo tingeva di rosa il cortile che ronzava come un alveare.

Al cader del sole il popolo si raccolse nella chiesa e migliaia di voci salirono in una sola, fondendosi come fuori si fondevano i profumi dei cespugli; Efix, inginocchiato in un angolo, provava la solita estasi dolorosa: e accanto a lui Grixenda, inginocchiata, rigida come un angelo di legno, cantava gemendo d’amore.

La luce rossa dei crepuscolo, vinta verso l’altare dal chiaror dei ceri, copriva la folla come di un velo di sangue, ma a poco a poco il velo si fece nero, rischiarato appena dall’oro dei ceri. La folla non si decideva ad uscire, sebbene il prete avesse finito le sue orazioni, e continuava a cantare intonando le laudi sacre. Era come il mormorio lontano del mare, il muoversi della foresta al vespero: era tutto un popolo antico che andava, andava, cantando le preghiere ingenue dei primi cristiani, andava, andava per una strada tenebrosa, ebbro di dolore e di speranza, verso un luogo di luce, ma lontano, irraggiungibile.

Efix con la testa fra le mani cantava e piangeva. Grixenda guardava avanti a sé con gli occhi umidi che riflettevano la fiammella dei ceri, e cantava e piangeva anche lei. E la pena dell’uno era uguale a quella dell’altra: e la pena di entrambi era la stessa di tutto quel popolo che ricordava come il servo un passato di tenebre e sognava come la fanciulla un avvenire di luce: pena d’amore.

Poi tutto fu silenzio.

Zuannantoni, impaziente di riprendere la fisarmonica, fu il primo a balzar fuori con la berretta in mano. Ma sulla porta si fermò, guardò in su e diede un grido. Tutti si precipitarono a guardare. Era la luna nuova che rasentava il muro e pareva volesse scender là dentro.

Dopo cena ricominciarono i canti e le grida attorno ai fuochi: ballava persino don Predu, rendendo felici tutte le donne che speravano d’esser scelte da lui.

Solo Giacinto non ballava; seduto accanto all’usuraia faceva dondolar le mani fra le sue ginocchia, pallido e stanco: intanto Efix sentiva le donne discutere su chi quel giorno aveva più speso denari e s’era più divertito, e qualcuno diceva:

«È don Predu».

«No, è don Giacinto. Più di trecento lire, ha speso. Ma è ricco. Dicono che ha una miniera d’argento; ma come s’è divertito!»

«Pagava da bere a tutti, anche a chi non conosceva.»

«Perché lo fa?»

«Oh bella, perché chi ne ha ne spende.»

Efix provava soddisfazione e inquietudine. Sedette accanto a Giacinto e gli riferì le chiacchiere delle donne.

«Una miniera d’argento? Sì, rende, ma non come una miniera di petrolio. Una signora che conosco io sognò che in tal posto ce n’era una, in un terreno d’un signore decaduto. Questi era così disperato che stava per uccidersi. Ma scavò dove quella aveva sognato e adesso è così ricco che passa ventimila lire al mese a una donna…»

«Perché non ha sposato quella del sogno? O aveva già marito?», domandò Efix pensieroso.

Le donne ballavano: si vedeva Grixenda col viso acceso ridere come la creatura più folle della festa; ed Efix mormorò toccando il ginocchio di Giacinto:

«Vossignoria… dicono… guarda quella ragazza… È buona, ma è povera. Eppoi anche orfana…».

«La sposerò», disse Giacinto, ma guardava per terra e pareva sognasse.


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Disoccupazione

Le vere cifre della disoccupazione in Italia e in Europa

La disoccupazione non cessa di aumentare in tutti i paesi d’Europa. Secondo Eurostat, ufficialmente sono ormai più di 26 milioni gli uomini e le donne disoccupati nell’Unione europea, di cui 19 milioni nella sola zona euro. Rispetto a un anno prima, il numero dei disoccupati nei 27 paesi Ue è aumentato di 1,8 milioni. I tassi di disoccupazione più bassi sono stati registrati in Austria (4,8%), Germania (5,4%), Lussemburgo (5,5%) e Paesi Bassi (6, 2%). I più alti in Grecia (26,4%), Spagna (26,3%) e Portogallo (17,5%). La Francia raggiunge il suo massimo storico, 10,8%, mentre l’Italia si attesta ufficialmente al 11,6%.

Perché diciamo “ufficialmente”? Perché altri dati pubblicati in questi giorni sempre da Eurostat mostrano chiaramente quanto i sindacati vanno dicendo da anni, ossia che le cifre ufficiali nazionali lasciano in ombra una grossa fetta della disoccupazione.

8,8 milioni di persone, infatti, vorrebbero e sarebbero disposte a lavorare, ma hanno smesso di cercare un’occupazione poiché scoraggiate dalle difficili prospettive del mercato del lavoro. Altri 9,2 milioni sono occupati part-time e vorrebbero invece lavorare a tempo pieno (600mila in Italia). In totale fa 18 milioni di “sottoccupati”.

Dall’inizio della crisi economica, il numero dei disoccupati che hanno smesso di cercare lavoro è cresciuto costantemente (7,3 milioni nel 2008, 8,8 nel 2012), così come è cresciuta la percentuale di lavoratori part-time che vogliono lavorare di più (18,5% del 2008, 21,4 % nel 2012).

In Italia questo fenomeno riguarda ormai il 12,1% della popolazione attiva totale, contro una media del 4,6% in Europa, ossia 3 milioni di disoccupati non ufficiali: tanti quanti se ne possono contare sommando insieme il resto della zona euro, ossia Belgio, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e in Finlandia.

www.osservatorioinca.org

Casson

Amianto: Casson, Parlamento agisca per tutelare le vittime

”Non dimenticare le vittime dell’amianto – lo ha sollecitato il senatore del Pd Felice Casson ricordando la giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto. ”Si tratta di una vera e propria strage – ha spiegato – a danno di una moltitudine di lavoratori che sono stati considerati come merce. Secondo i dati stilati dall’Organizzazione internazionale del lavoro sono circa 120.000 i decessi ogni anno, di cui 3.000-4.000 in Italia. Tra l’altro, poiché tali patologie presentano tempi di latenza molto lunghi, il picco è previsto per il 2020-2025”.

 ”Di recente – ha ricordato Casson – è stato presentato dall’ex ministro della Sanità un Piano nazionale amianto che presentava sicuramente degli aspetti positivi, ma mancava di qualsiasi indicazione di carattere
economico-finanziario per tutelare da una parte le vittime dell’amianto, dall’altro per intervenire sull’inquinamento da amianto, sullo smaltimento dei relativi rifiuti e sulla sorveglianza sanitaria”.

”Su questo fronte – ha sottolineato Casson – è bene ricordare che ho depositato un disegno di legge, già sottoscritto da oltre 30 senatori afferenti non soltanto al Pd, con il quale si richiama il governo al rispetto degli impegni già presi in Parlamento  per tutelare tutte le vittime dell’amianto, intervenire per il censimento e lo smaltimento dei rifiuti d’amianto e per la sorveglianza sanitaria”. ”Sarebbe inoltre opportuno – ha concluso Casson – che venisse approvata al più presto l’istituzione di una Commissione di inchiesta per i morti e gli infortuni sul lavoro per far luce e monitorare un fenomeno che chiama direttamente in causa giustizia ed equità.

Immigrazione

Immigrazione: in 4 anni forte crescita disoccupati e inattivi

In Italia negli ultimi 4 anni l’occupazione straniera è cresciuta del 39,7%, anche se nell’ultimo anno la crescita si è notevolmente ridotta (+4,9%).
Assieme agli occupati, però, crescono anche i disoccupati e gli inattivi “etnici”, soprattutto extra europei. E’ quanto emerge dalla nota semestrale sul mercato del lavoro degli immigrati del Ministero del Lavoro.

Nel terzo trimestre 2012 i lavoratori stranieri occupati in Italia erano 2,357 milioni, di cui 783 mila di nazionalità europea e 1,574 milioni di origine extraUe, pari complessivamente al 10,2% degli occupati.
I lavoratori immigrati occupati, rispetto al terzo trimestre del 2011, sono aumentati di 81 mila unità (+3,5%) mentre gli stranieri disoccupati sono passati dai 264 ai 318 mila, con una crescita della componente Ue (+5 mila) ma soprattutto di quella extra Ue (+48 mila disoccupati). Nel lungo ciclo di crisi economica, tra il terzo trimestre 2008 e il terzo trimestre 2012, gli occupati stranieri sono aumentati di 480 mila unità; gli inattivi sono passati dai 765 mila del terzo trimestre 2008 a ben 1,25 milioni del terzo trimestre 2012 (+ 38,8%), a fronte di una diminuzione della popolazione inattiva italiana. In particolare, gli occupati di provenienza europea sono aumentati del 4,9%, 37 mila unità in più, mentre i lavoratori extraeuropei del 2,8%, pari a 44 mila unità.

La distribuzione per settore vede una significativa presenza di lavoratori immigrati nelle costruzioni, in agricolture, nei servizi, nell’industria e nel commercio, anche se nei servizi alla persone si concentra il 28% di tutti gli occupati stranieri, in larga maggioranza donne. Sul territorio si registra una presenza dominante nel Nord Italia (59,8% degli occupati stranieri), seguito dal Centro (26,6%), mentre nel Sud e isole si concentra poco più del 13% degli occupati stranieri.

Secondo il documento, inoltre, le imprese tendono sempre di più a privilegiare contratti di tipo determinato rispetto alle posizioni permanenti. Per quanto riguarda i lavoratori di provenienza Ue la percentuale di attivazioni con contratto a tempo determinato passa, infatti, dal 74% del terzo trimestre 2011 al 76,7% del terzo trimestre 2012 mentre per i lavoratori di provenienza extra Ue la percentuale sale dal 55,4% al 58%.

Mafie

Mafie: Don Ciotti, la lotta si fa innanzitutto in Parlamento!

”La lotta alla mafia si fa innanzitutto a Roma e in Parlamento con leggi giuste e interventi giusti”. Lo ha detto don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, a Napoli per scoprire una lapide in memoria di Gaetano Montanino, ucciso nell’agosto del 2009 mentre svolgeva il suo lavoro.

”La legge sulla corruzione è uno schiaffo – ha affermato – con cui si uccidono una seconda volta le persone che hanno perso la vita. La democrazie nel Paese è un “pochettino” pallida – ha aggiunto – Serve una democrazia vera, autentica che sappia ascoltare il grido che si alza per mettere in grado di operare di più e meglio”.

”Abbiamo sei milioni di persone analfabete in Italia – ha sottolineato – e c’è da saltare sulla sedia quando parliamo di migliaia di giovani che non hanno prospettive di lavoro e di l’Italia che è uno dei paesi con il più alto tasso di dispersione scolastica”.

”Le mafie – ha concluso don Ciotti – hanno le radici al Sud, ma raccolgono i loro frutti al Nord perché i rami dell’albero sono là”.

Amianto

Amianto: processo ex Fiat Savigliano, tutti assolti ….

La morte per amianto di sei ex lavoratori dello stabilimento ferroviario di Savigliano ex Snos ed ex Fiat (oggi Alstom) non ha colpevoli: la Corte d’appello di Torino, confermando la sentenza di primo grado pronunciata dal tribunale di Saluzzo nel 2011, ha assolto tre dirigenti dall’accusa di omicidio colposo. I giudici hanno respinto i ricorsi presentati dalla Fiom-Cgil e dall’Associazione italiana esposti amianto.

I lavoratori avevano prestato servizio in azienda a partire dagli anni Sessanta, ma i tre dirigenti chiamati in causa ricoprirono l’incarico di direttore di stabilimento solo a partire dal 1983.
L’avvocato difensore ha dimostrato che già nei primi anni Ottanta la produzione non comportava più l’impiego di amianto, concludendo così che la responsabilità dell’esposizione al minerale nocivo non poteva essere attribuita agli imputati.

La parte civile, ha replicato che nel 1995 l’Asl di Savigliano verbalizzò l’esistenza di materiale a base di asbesto stoccato in un magazzino interrato e anche la presenza, nel parco sosta all’esterno della sede, di un vecchio locomotore con parti in amianto, ma secondo il tribunale di Saluzzo questa circostanza non permette nemmeno di ipotizzare che sia la causa della malattia. Il tempo medio di latenza, come ha sottolineato un consulente interpellato durante i processi, è di circa 20-30 anni.

Malattie Professionali

Malattie professionali, ogni anno 2 milioni di morti

Ogni anno nel mondo ci sono oltre due milioni di morti dovute a malattie professionali. E’ quanto emerge dal rapporto diffuso il 26 aprile dall’Ilo, in occasione della Giornata mondiale per la salute e sicurezza sul lavoro del 28 aprile.

Le malattie professionali, stima l’organizzazione, sono la principale causa di morte legata al lavoro. In generale, sono 2,34 milioni le persone che ogni anno perdono la vita a causa di incidenti e malattie professionali: tra questi si contano circa 321mila incidenti.

La maggioranza, ovvero 2,02 milioni, muore invece a causa di malattie professionali di varia natura. Ogni giorno mediamente si verificano 6.300 decessi dovuti al lavoro, di cui oltre 5.500 provocati da svariate malattie professionali.

Ci sono anche le malattie professionali non letali: in questo caso, l’Ilo stima inoltre che ogni anno siano 160 milioni i casi di malattie professionali. Si tratta, viene sottolineato, di un ‘inaccettabile deficit di lavoro dignitoso’. Infatti, ‘le malattie professionali o correlate al lavoro continuano ad essere pressochè totalmente trascurate rispetto agli incidenti sul lavoro, nonostante ogni anno mietano un numero di vittime sei volte superiore’.

Anche i costi sono moto alti. Nella stima dell’organizzazione, infatti, gli infortuni e le malattie professionali determinano ogni anno a livello globale una perdita del 4% del Pil, pari a circa 2.800 miliardi di dollari, tra costi diretti e indiretti per risarcimenti e cure.