Legge Pinto

Legge Pinto, prima e dopo

Le pressioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), hanno obbligato lo Stato italiano ad introdurre nel marzo 2001 una norma che tuteli il cittadino. Questa norma, nota come Legge Pinto (89/2001), ha introdotto il diritto per un cittadino, che ha in corso una causa da più di 5-6 anni, di ottenere un risarcimento per danni sia “morali “ che “patrimoniali”.

Il decreto sviluppo, n. 83/2012, ha introdotto due novità importanti proprio su questo provvedimento legislativo sia sui termini che sull’indennizzo.
E’ di questi giorni, infatti,  la notizia che due Corti d’Appello, quella di Bari e quella di Reggio Calabria, hanno sollevato dubbi di legittimità costituzionale su questi due aspetti. 
Il primo rilievo avanzato dalla Corte di Bari,  parte dal caso di una lavoratrice dipendente di una società fallita che, in base alla “nuova” Pinto non potrà chiedere il suo indennizzo finché il decreto di fallimento non diventa esecutivo. Ma questo, a dire delle due Corti d’appello confliggerebbe con l’articolo 3 della Costituzione, perché “chi non riesce a vedere concluso il suo procedimento sopporta un danno più grave rispetto a chi ottiene la pronuncia dal momento che, secondo la nuova Pinto, non ha tutele. Senza contare che viene violato anche l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo perché la nuova legge priva il cittadino della garanzia di ricorsi interni idonei a offrire una riparazione adeguata e sufficiente.

Il secondo rilievo è stato sollevato dalla Corte d’appello di Reggio Calabria in merito all’art. 2 comma3 bis della nuova Pinto secondo cui in caso di irragionevole durata di un processo, la misura dell’indennizzo non può superare il valore della causa o, se inferiore quello del diritto accertato dal giudice. Il caso in specie riguarda la domanda di indennizzo di un cittadino soccombente sia nel primo che nel secondo grado di giudizio. Applicando la nuova Pinto, è necessario respingere la domanda di indennizzo perché accertare che il diritto è inesistente equivale ad affermare che esso equivale a zero. Una conclusione in contrasto sia con le pronunce della Corte di Strasburgo che della Cassazione che hanno ritenuto irrilevante la soccombenza per il riconoscimento dell’equo indennizzo, affermando che, indipendentemente dall’esito della causa, il cittadino ha subito comunque una diminuzione della qualità di vita in attesa della decisione definitiva del processo.

Legge Pintoultima modifica: 2013-04-15T18:37:25+02:00da vitegabry
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