Archivi giornalieri: 30 gennaio 2013
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Articolo 1
Uguali diritti per tutti
Oggi pomeriggio alle ore 16:05 su RadioArticolo1 nella trasmissione Elleservizi si parlerà di cittadinanza negata a immigrati con sindrome di down. Intervengono A. Sinno, Aipd e C. Piccinini, Inca.
Il Coordinatore dell’Area Immigrazione dell’Inca Cgil nazionale e il rappresentante dell’AIPD parleranno della vicenda che ha interessato recentemente un ragazzo straniero con sindrome di Down a cui è stato negato il diritto di cittadinanza.
Il ragazzo di origine albanese al compimento del 18esimo anno di età non ha potuto completare la pratica per ottenere la cittadinanza perché ritenuto incapace di prestare il giuramento necessario per diventare italiano a tutti gli effetti. Una situazione, questa, che non riguarda solo i giovani con sindrome di Down, ma tutti coloro che, a causa di una disabilità intellettiva, si vedono negare la cittadinanza proprio perché ritenuti impossibilitati ad esprimere con piena coscienza e consapevolezza l’atto personale del giuramento, che nella nostra attuale legislazione rappresenta un passaggio imprescindibile nell’iter per ottenere la cittadinanza. Difficile dire quante persone sono coinvolte, ma secondo i dati del Ministero dell’Istruzione relativi all’anno scolastico 2009/10 si stimavano nelle classi italiane oltre 10.500 alunni immigrati con disabilità intellettiva.
Fondi sociali
Fondi sociali: in 5 anni risorse in calo del 75%
I Fondi nazionali per gli interventi sociali hanno perso negli ultimi 5 anni il 75 per cento delle risorse complessivamente stanziate dallo Stato. Il Fondo per le politiche sociali – che costituisce la principale fonte di finanziamento statale degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie – ha subito la decurtazione piu’ significativa, passando da una dotazione di 923,3 milioni di euro a quella di 69,95 milioni.
È quanto emerge da un’indagine dello Spi-Cgil sul welfare nel nostro paese. Il Fondo per la non autosufficienza, la cui dotazione finanziaria nel 2010 era di 400 milioni di euro, invece e’ stato del tutto eliminato dal governo Berlusconi e non e’ stato rifinanziato dal governo Monti nonostante le reiterate promesse in tal senso. Ulteriori decurtazioni di risorse sono state apportate al Fondo per le politiche della famiglia (da 185,3 milioni a 31,99 milioni) e a quello per le politiche giovanili (da 94,1 milioni a 8,18 milioni).
A livello locale la situazione del Welfare non e’ nelle migliori condizioni. Nei Comuni italiani si e’ infatti registrata una diminuzione della spesa per i servizi sociali in senso stretto nel 2012 del 3,6 per cento. Del 6,8 per cento e’ stata invece la diminuzione di risorse stanziate per il welfare allargato (servizi sociali, istruzione, sport e tempo libero), con punte dell’11 rilevate in diverse zone del Mezzogiorno. Piu’ contenuta e’ stata la riduzione a carico delle spese per l’amministrazione generale (auto-amministrazione, costi della politica), che si e’ attestata al 2,9 è per cento. La riduzione delle risorse destinate ai servizi di assistenza non ha portato pero’ ad una diminuzione delle entrate tributarie, che nel 2012 sono aumentate del 9,5%. Complessivamente il gettito derivante dall’addizionale comunale Irpef e’ aumentato del 7,8 per cento. Nei Comuni del Mezzogiorno tale aumento e’ stato del 9,3 per cento mentre in quelli del Centro-nord e’ stato dell’8,2 per cento. La tassa sui rifiuti ha mostrato invece aumenti medi pari a circa il 4,2 per cento ma se si considera il quinquennio 2008-2012 il trend supera mediamente il 35 per cento. Al sud tali aumenti sono stati mediamente del 4,9 per cento mentre al centro-nord del 3,1%. In termini di spesa a valori costanti nei Comuni italiani nell’ultimo quinquennio la spesa corrente prevista e’ diminuita del 10,9% mentre le entrate tributarie sono aumentate del 6,7 per cento.
Lavoro: la Cgil presenta proposta sui giovani
L’adozione della “Youth Guarantee” , la “Garanzia Giovani” contenuta nel pacchetto giovani lanciato nei mesi scorsi dalle istituzioni europee, che prevede l’impegno da parte delle istituzioni pubbliche ad accompagnare il percorso di attivazione e inserimento lavorativo di ogni giovane.
Questo il punto centrale della proposta che la Cgil presenterà giovedì 31 gennaio nel corso dell’iniziativa “Garantiamo noi!” alla presenza del segretario generale, Susanna Camusso.
Il programma della giornata che sarà trasmessa in diretta da RadioArticolo1 a partire dalle 10.30 prevede l’introduzione del segretario confederale, Elena Lattuada. Seguiranno poi gli interventi di: Salvatore Marra (Comitato Giovani CES); Susanna Holzer (Sindacato Svedese TCO); Massimiliano Mascherini (Eurofound); Michele Raitano (Università degli Studi La Sapienza).
Sarà poi la responsabile politiche giovanili della Cgil, Ilaria Lani, a presentare la proposta del sindacato. Chiude la giornata l’intervento del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.
La politica fra ruberie, mazzette e “americanizzazione”.
Come combatterla? Qualche proposta.
di Francesco Casula
“Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede e vivere con integrità e non con astuzia ciascuno lo intende: non di manco si vede per esperienza, ne’ nostri tempi, quelli principi avere fatto grandi cose che della fede hanno tenuto poco conto e che hanno saputo con l’astuzia aggirare e’ cervelli degli uomini e alla fine hanno superato quelli che si sono fondati sulla realtà”
Certo – continua Machiavelli – “se gli uomini fossero tutti buoni” questi precetti non sariano buoni”, ma poiché “sono ingrati, volubili, fuggitori di pericoli, cupidi di guadagno” occorre che il principe impari “a non essere buono” e “a entrare nel male”.
I politici dunque costretti “all’infamia”, a imbrogliare i cittadini, a non tener fede alla parola data, a ricorrere a qualsiasi forma di ruberie e latrocini perché costretti dalla malvagità altrui e dalla condizione umana? E comunque per il superiore interesse politico “del Partito” e dello Stato? Quante volte abbiamo sentito l’apoftegma craxiano – e non solo – che “la politica ha i suoi costi” et duncas occorre pagarla e sostenerla con le tangenti e con quant’altro? Oggi si va oltre: si ruba ancor più di ieri e senza neppure l’alibi del Partito da foraggiare, semplicemente per arricchirsi personalmente.
Sbaglia comunque chi ritiene che, ieri come oggi, il cancro della politica stia essenzialmente – o comunque si esaurisca – nella “immoralità machiavelliana”, tradotta oggi nell’affarismo, nel malaffare et similia.
Certo, quest’aspetto è quello più volgarmente visibile e corposo e giustamente colpisce e impressiona l’opinione pubblica e i cittadini creando un’istintiva reazione di rifiuto e di reiezione della “politica” tout court, vista come “cosa sporca”, “affare per mestieranti”, da cui dunque stare alla larga e da evitare. Salvo continuare da parte di quelli stessi cittadini a sostenere e votare quelli stessi politici che abominano, perché evidentemente sperano comunque di ottenerne un qualche vantaggio.
No, il cancro della politica sta oggi in ben altro: le ruberie, la ricerca esclusiva del proprio “particolare” in qualche modo costituiscono l’aspetto “patologico” dell’azione politica, una sorta di bubbone che potremmo chirurgicamente recidere attraverso l’azione della magistratura o con un controllo più oculato. O anche eliminando le occasioni delle ruberie stesse: ad iniziare dall’abolizione del finanziamento pubblico dei Partiti, surrettiziamente e furbescamente mascherato come “rimborsi elettorali” di milioni e milioni di Euro, sottratti al contribuente e devoluti e concessi, in barba a un Referendum popolare in cui pressoché all’unanimità i cittadini si erano pronunciati con nettezza contro quel finanziamento..
Il cancro più pericoloso, proprio perché ormai oggi “fisiologico”, strutturale, dentro la “politica stessa” e che, sia pure in misura diversa, attiene a tutti i Partiti e all’intera partitocrazia, sta in ben altro. L’opinione pubblica tale aspetto, spesso non riesce a coglierlo, altre volte si abitua considerandolo non un “cancro” ma un aspetto positivo di “modernizzazione” della politica.
Qual è dunque questo cancro, questo cambiamento “genetico” della politica, da più di qualche decennio?
Il sistema politico italiano – le cui articolazioni e succursali sarde non fanno eccezione, seguono anzi supine e subalterne le dinamiche continentali e italiote – da un po’ di tempo tende sempre più a “modernizzarsi”, “americanizzandosi”. Ricorre cioè a un uso più consolidato e più spregiudicato dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, di tecniche più sofisticate di psicologia di massa, di linguaggio, di controllo dell’informazione. Attraverso tali tecniche e linguaggi, Partiti uomini politici e programmi vengono “venduti”, prescindendo dai contenuti: quello che conta, che si valorizza – come in tutte le operazioni di marketing – è l’involucro, la confezione, l’immagine, il louk.
Berlusconi e Monti, Bersani,Casini e Fini, vengono scelti e votati in quanto immagini rappresentative e simboliche del moderno autoritarismo e del gioco simulato, dietro tecniche di comunicazione, in larga misura mutuate dalla pubblicità.
La politica si svuota così e di contenuti – restano solo quelli simulati – e diventa pura e asettica gestione del potere: il conflitto tra i Partiti – più apparente che reale – diventa lotta fra gruppi, spesso trasversali, in concorrenza fra loro per assicurarsi questa gestione. La battaglia politica perciò diventa priva di “telos”, di finalità. E poiché i gruppi politici si battono fra loro avendo come unico scopo la conquista e la gestione del potere e l’occupazione di Enti, di qualsivoglia genere – da quelli bancari a quelli culturali – purché rendano in termini di soddisfacimento degli appetiti plurimi dei vassalli e “clienti” più fidati, dei pretoriani, dei parenti e famigli. Così le idee politiche, le ideologie, i programmi e i progetti si riducono a pura simulazione: sono effimeri e interscambiabili. Tanto che qualche anno fa i due “poli” di centro-destra e di centro-sinistra si scambiarono reciproche accuse di plagio dei programmi e nell’ultimo anno abbiamo assistito a un consociativismo, o meglio a un’union sacré indecorosa: tutti insieme PDL-PD-UDC a sostenere la politica di macelleria sociale di Monti.
Così la politica diventa autonoma dunque non solo dall’etica ma dall’intera società e dai suoi bisogni: e si riduce a “gioco” simulato e insieme a “mestiere” – ben remunerato – per “professionisti”: non a caso nasce il termine “i politici”.
La legittimazione per i Partiti e i “Politici” non nasce più dalla libera aggregazione dei cittadini attorno a finalità e programmi e progetti discussi, concordati e condivisi, né dal consenso popolare, né da una delega concessa su obiettivi determinati, né dalla difesa di interessi di classi, categorie o gruppi sociali.
La legittimazione tende ad essere tautologica: si è legittimati a governare, per il fatto stesso di essere al governo. E i Partiti sono legittimati per il fatto stesso di essere all’interno del sistema dei Partiti – o della partitocrazia che dir si voglia – più florida che mai nonostante i supposti propositi e i disegni di colpirla.
Tutto ciò è servito e serve a consolidare l’opinione che i Partiti sono “tutti eguali”, omologhi, senza caratteristiche peculiari e dunque ad alimentare l’assoluta sfiducia delle persone nei partiti. Come documenta il Quotidiano La Repubblica il 21 Maggio scorso, da cui risulta che hanno fiducia nei Partiti il 17% degli italiani e addirittura solo il 9% ritiene che i politici siano capaci di governare nell’interesse del Paese. Dati dopo circa un anno che occorre ulteriormente abbassare!
E non poteva essere diversamente visto che oramai sono ridotti a comitati elettorali, ad apparati autoreferenziali, interessati solo all’autoconservazione di un ceto politico, privi di qualsiasi democrazia interna, che selezionano il gruppo dirigente attraverso la cooptazione, in base al tasso di fedeltà al capo e non alle capacità e meriti.
A tal fine si son dotati del “Porcellum” con cui gli oligarchi dei Partiti, “nominano” direttamente i Parlamentari. Agli elettori è rimasto il potere di stabilire le quote da assegnare ai singoli partiti! Così Casini – a proposito di famigli – può candidareuna cognata e il fidanzato di una figlia! Naturalmente “perché son bravi”!
Questa la diagnosi. E la prognosi? Qualche suggerimento e proposta: per combattere la cattiva politica dei Partiti occorre non l’antipolitica ma la buona politica. Che – questa almeno è la mia impressione – occorrerà oggi fare fuori dai Partiti. Perché quando i canali sono ostruiti occorre rimuovere l’ostruzione, ma quando ciò non è possibile, occorre costruire canali nuovi, totalmente nuovi da inventare e reinventare: Movimenti, Aggregazioni di base, Club politico-culturali, Collettivi, Fondazioni (segnalo in modo particolare la Fondazione Sardinia) che autorganizzino i cittadini permettendo loro la reattività politica, il protagonismo sociale, l’impegno culturale e civile, il volontariato. L’importante è non limitarsi ad agitare al vento discorsi che non riescono a far muovere i mulini per macinare grano o pestare acqua nel mortaio. L’importante è praticare l’obiettivo, fare le cose non limitarsi a denunciarle, sperimentare e non solo predicare. L’importante è incrociare la gente, i lavoratori, i giovani, i precari, costruire trame che organizzino e compattino i soggetti sui bisogni e gli interessi, Una politica fatta dal basso: come tentano di fare tanti Movimenti Indipendentisti (in primo luogo ProgRes, Sardigna Libera di Claudia Zuncheddu, Sardigna Natzione, IRS) ma anche Gruppi politici come LA BASE di Efisio Arbau di Ollolai ed altri. Affermo ciò non per piaggeria verso qualcuno, ma perché seguo e apprezzo le loro iniziative.
Salvaguardati, pronta la modulistica
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha pubblicato la circolare n. 6 del 25 gennaio 2013 che illustra le fasi e modalita’ operative per l’accesso ai benefici per i lavoratori cd. salvaguardati, in particolare con riferimento ai lavoratori di cui alla lettera d), comma 1, art. 2 del decreto interministeriale 8 ottobre 2012.
Con la circolare n. 6/2013 il Ministero del lavoro, in applicazione al Decreto interministeriale 8 ottobre 2012 (cfr. ) fornisce le istruzioni operative alle Direzioni territoriali del lavoro e il modello di istanza che dovrà essere presentata dai lavoratori di cui alla lettera d), c. 1, art. 2 del decreto citato e precisamente dai lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2011:
– in ragione accordo individuale sottoscritto anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile senza successiva rioccupazione in qualsiasi altra attività lavorativa;
– in applicazione di accordo collettivo di incentivo all’esodo stipulato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale senza successiva rioccupazione in qualsiasi altra attività lavorativa.
Le istanze potranno essere trasmesse, direttamente dai lavoratori interessati o dai soggetti abilitati (es. patronati ex lege n. 152/2001; consulenti del lavoro/dottori commercialisti ex lege n. 12/1979), alle competenti Direzioni Territoriali del Lavoro all’indirizzo di posta elettronica certificata delle medesime (per esempio:DPL.Roma@mailcert.lavoro.gov.it) o all’indirizzo di posta elettronica dedicata (per esempio: DTLRm.salvaguardati@lavoro.gov.it) o, in via alternativa, inviate tramite Raccomandata A/R.
da Ipsoa
Lavoro a tempo determinato. L’Europa chiede all’Italia il rispetto delle norme UE
La Commissione europea ha chiesto all’Italia di applicare appieno la direttiva sul lavoro a tempo determinato (1999/70/CE) che obbliga tutti gli Stati membri a porre in atto l’accordo quadro sottoscritto dalle organizzazioni europee che rappresentano sindacati e datori di lavoro, in cui si delineano i principi generali e i requisiti minimi applicabili ai lavoratori con contratto a tempo determinato.
In particolare, la direttiva contiene una disposizione assoluta che impone di prendere in considerazione i lavoratori con contratto a tempo determinato in sede di calcolo della soglia a partire dalla quale, ai sensi delle disposizioni nazionali, devono costituirsi gli organi di rappresentanza dei lavoratori. Le pertinenti norme italiane violano i requisiti della direttiva poiché tengono conto solo dei contratti a tempo determinato superiori a nove mesi ai fini di tale calcolo. Ciò significa che i lavoratori con contratto di durata inferiore a nove mesi non vengono conteggiati all’atto di valutare se un’impresa sia sufficientemente grande per essere tenuta a istituire organi di rappresentanza dei lavoratori.
La richiesta della Commissione si configura quale parere motivato a norma delle procedure d’infrazione dell’UE. L’Italia dispone ora di due mesi per notificare alla Commissione le misure adottate per dare piena attuazione alla direttiva. In caso contrario la Commissione può decidere di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia europea.
Riconoscimento delle patologie psichiche correlate al lavoro: confronto europeo
Uno studio di Eurogip i cui risultati sono stati pubblicati nei giorni scorsi, ha analizzato le modalità di riconoscimento da parte degli Enti Nazionali Assicurativi, delle patologie psichiche correlate al lavoro in dieci paesi europei quali: Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, e Svizzera.
Lo studio si completa con la presentazione delle statistiche disponibili relative alle domande di riconoscimento ed ai casi riconosciuti sia come infortunio sul lavoro che come malattia professionale.
La fattispecie di riconoscimento dell’origine professionale più semplice è quella in cui la patologia (disturbo psichico correlato al lavoro) è presente nelle tabelle delle malattie professionali. In tal modo la patologia beneficia di una presunzione di origine professionale (presunzione che è più o meno forte secondo le normative dei diversi paesi).
Uno solo dei paesi oggetto dell’indagine, la Danimarca, ha inserito nel 2005 il “disturbo post-traumatico da stress” all’interno della tabella nazionale delle malattie professionali.
La maggior parte degli altri paesi pervengono al riconoscimento di tale fattispecie nell’ambito della normativa di tutela degli infortuni sul lavoro e non delle malattie professionali.
Sindrome Down
Cittadinanza negata a immigrati con sindrome Down
“Riteniamo grave negare il diritto di cittadinanza a una persona straniera con sindrome di Down, per un pregiudizio di incapacità nell’effettuare il giuramento richiesto”. Così la coordinatrice nazionale Aipd (Associazione Italiana Persone Down) commenta la vicenda del ragazzo di origine albanese, con sindrome di Down, che al compimento del 18esimo anno di età non ha potuto completare la pratica per ottenere la cittadinanza perché ritenuto incapace di prestare il giuramento necessario per diventare italiano a tutti gli effetti”. Una situazione, questa, che non riguarda solo i giovani con sindrome di Down, ma tutti coloro che, a causa di una disabilità intellettiva, si vedono negare la cittadinanza proprio perché ritenuti impossibilitati ad esprimere con piena coscienza e consapevolezza l’atto personale del giuramento, che nella nostra attuale legislazione rappresenta un passaggio imprescindibile nell’iter per ottenere la cittadinanza. Difficile dire quante persone sono coinvolte, ma secondo i dati del Ministero dell’Istruzione relativi all’anno scolastico 2009/10 si stimavano nelle classi italiane oltre 10.500 alunni immigrati con disabilità intellettiva.
In linea di principio, chi richiede la cittadinanza, pur in presenza di una disabilità intellettiva, potrebbe comunque venire giudicato dai soggetti coinvolti nell’iter (l’ufficiale giudiziario, il funzionario della prefettura, ecc) come capace di compiere il giuramento con piena consapevolezza: ciò potrebbe venire in particolare in casi di disabilità non particolarmente marcate. Nella prassi però, almeno a quanto è dato sapere, in presenza di una qualunque disabilità intellettiva viene invocata l’incapacità naturale del soggetto, rendendo di fatto impossibile l’acquisizione della cittadinanza.
Della questione l’Aipd ha di recente investito alcuni qualificati giuristi in modo da valutare le opportune azioni da compiere per consentire anche alle persone con sindrome di Down che venissero giudicate incapaci di intendere e di volere di poter completare l’iter per la cittadinanza. Crediamo che questo episodio – dice l’Aipd – cozzi con lo spirito di accoglienza verso i giovani stranieri auspicato di recente dallo stesso presidente Napolitano e tanto più necessario nei confronti di persone in difficoltà: il nostro paese è noto per le sue scelte inclusive nei confronti di persone con disabilità e – conclude – non vogliamo tornare indietro”.
Redattore sociale
Cgil – Una nuova stagione del lavoro
“L’idea del Piano del lavoro è ricostruire una prospettiva, per rimettere in moto questo Paese. Mettiamo a disposizione la nostra conoscenza, il nostro sapere”. Susanna Camusso ha così concluso la Conferenza di programma della Cgil rilanciando il Piano del lavoro sul quale si è svolto il dibattito nel corso dei due giorni al PalaLottomatica di Roma.
“E’ diventato insopportabile e dilagante il tema della precarietà – scandisce il segretario generale della Cgil -. Le preoccupazioni dei pensionati sono anche per i figli e nipoti, che sono precari e non trovano lavoro. Per dare una prospettiva ai nostri figli devono studiare, per tentare di risalire la scala sociale”.
“Molti migranti – aggiunge Camusso – hanno perso il loro lavoro, e per la crudeltà della legge Bossi-Fini rischiano di tornare al loro paese. Negli ultimi mesi il governo non ha voluto vedere cosa stava succedendo, perché per lui ci sono solo i numeri della finanza ma non le persone in carne e ossa. Allora il lavoro deve diventare una grande questione per il paese. Abbiamo sentito che i giovani devono accettare qualunque lavoro, non essere “schizzinosi”, questo sottende due idee negative: che il lavoro è solo fatica e che il lavoro non conta, non vale la professionalità. Dentro il Piano del Lavoro c’è anche questo: non scegliamo un punto o un altro, ma consideriamo il mondo del lavoro nel suo complesso. Come nel 1950, non bisogna guardare solo a chi ha lavoro, ma anche a chi lo cerca o ha paura di perderlo”.
Per Camusso “oggi serve rappresentanza sui luoghi di lavoro. Non basta dire che ci sono troppi accordi separati, ma dobbiamo dire che il contratto nazionale è una prospettiva forte solo se include tutti i lavoratori. I precari ci chiedono di cambiare la situazione del paese, anche loro devono poter scioperare, fare una piattaforma, conquistare un contratto. Abbiamo un’idea di società, per questo parliamo a tutto al paese, non solo a una parte”.
“Abbiamo fatto una grande proposta con il Piano del Lavoro – ricorda Camusso -. Vogliamo interloquire con le forze politiche, anche in questa stagione di campagna elettorale. Bisogna mettere in sicurezza il territorio, ma non con l’idea dei ‘cerotti’: non basta un intervento straordinario, ma serve un’idea concreta e duratura”.
Quanto alla patrimoniale, Camusso ribadisce che “serve: sappiamo che è difficile parlarne vicino alle elezioni, ma è indispensabile farla in questo Paese. La lotta all’evasione – ha aggiunto – è oggi più che mai necessario, non solo per creare risorse ma anche per spezzare il legame con la criminalità e coltivare la legalità”.
“Lanciamo il Piano del Lavoro – ha concluso il segretario Cgil – perché la rassegnazione non è la nostra prospettiva, siamo convinti che possiamo trovare le risorse, risorse pubbliche per rispondere alle persone che lavorano o cercano lavoro. Molti sono intervenuti raccontando la crisi delle loro aziende, hanno fornito uno specchio della realtà. Per noi c’è un legame stretto tra lavoro e istruzione: la scuola di base deve essere importante e centrale. Abbiamo bisogno di un governo che faccia provvedimenti per uscire dalla crisi, con il lavoro al centro per riconsegnarlo alle persone”.