Archivi giornalieri: 28 aprile 2012

LA FESTA

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del 28 aprile 2012

SA DIE E I SARDI

CHE UN GIORNO

SI RIBELLARONO

di FRANCESCO CASULA

Gramsci aveva chiamato

“I nipotini di padre

Bresciani ” – il gesuita

ultrareazionario che

insegnò nell’Università

di Sassari – molti scrittori italiani

del primo novecento che si

muovevano, sul versante culturale e

politico, sulle sue orme.

Parafrasando il grande intellettuale

di Ales, sarei tentato di etichettare

come “I nipotini di Giuseppe

Manno e Vittorio Angius” coloro

che si attardano ancora, a proposito

de sa Die de sa Sardigna, a parlare di

una ricorrenza fondata su un evento

storico debole. Furono proprio i due

storici sardi filosavoia a considerare

“robetta”, l’avvenimento del 28

aprile del 1794, alla stregua cioè di

una congiura. “Simile

interpretazione offusca – scrive

Sotgiu – le componenti politiche e

sociali e, bisogna aggiungere senza

temere di usare questa parola,

«nazionali». Insistere sulla congiura

– cito sempre lo storico sardo –

potrebbe alimentare l’opinione

sbagliata che l’insurrezione sia stato

il risultato di un intrigo ordito da un

gruppo di ambiziosi…”. A parere di

Sotgiu, questo modo di concepire

una vicenda complessa e ricca di

suggestioni non consente di

cogliere il reale sviluppo dello

scontro sociale e politico né di

comprendere la carica

rivoluzionaria che animava larghi

strati della popolazione di Cagliari e

dell’Isola nel momento in cui

insorge contro coloro che avevano

dominato da oltre 70 anni. Non fu

quindi congiura o improvviso

ribellismo: ad annotarlo è anche

Tommaso Napoli, padre scolopio,

vivace popolaresco scrittore ma

anche attento e attendibile

testimone, che visse quelli

avvenimenti in prima persona.

Secondo il Napoli “l’avversione

della «Nazione Sarda» – la chiama

proprio così – contro i Piemontesi,

cominciò da più di mezzo secolo,

allorché cominciarono a riservare a

sé tutti gli impieghi lucrosi, a violare

i privilegi antichissimi concessi ai

Sardi dai re d’Aragona …”. Questo a

livello storico. Ma ancor più

importante è il significato

simbolico: i Sardi, dopo secoli di

rassegnazione e di asservimento, di

abitudine a curvare la schiena,

subendo ogni genere di soprusi,

umiliazioni e sfruttamento, con un

moto di orgoglio identitario, e un

colpo di reni, di dignità e di fierezza,

si ribellano e dicono: basta! In nome

dell’Autonomia e dunque, pro esser

meres in domo nostra. E cacciano i

Piemontesi che rappresentano il

dominio e con esso l’arroganza e la

prepotenza.