Amianto. Processo Eternit. La difesa: “Piena assoluzione per gli imputati”

Infortuni

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12 ottobre 2011. Continua a Torino il maxi-procedimento per i morti di Cavagnolo, Casale Monferrato, Rubiera e Bagnoli. L’avvocato del barone de Cartier: “Il mio cliente non aveva voce nella gestione delle fabbriche”. Secondo il legale del miliardario Schmidheiny troppo tempo è trascorso dai fatti contestati: “Testimoni scomparsi o non attendibili”

TORINO – “Il barone belga Louis de Cartier, 89 anni, va assolto per non avere commesso il fatto o, in subordine, perché tutti i reati a lui imputati sono caduti in prescrizione”. Lo ha detto lunedì in tribunale a Torino l’avvocato Cesare Zaccone, difensore dell’ex dirigente della Eternit a processo assieme al miliardario elvetico Stephan Schmidheiny, 69 anni, per i morti negli stabilimenti italiani della multinazionale svizzera dell’amianto.

L’accusa ha chiesto vent’anni. Il pool di magistrati torinesi, coordinato dal sostituto procuratore Raffaele Guariniello, prima della pausa estiva ha chiesto per entrambi una condanna a 20 anni di reclusione per i reati di disastro ambientale – per l’inquinamento e la dispersione nell’ambiente delle fibre di amianto – e omissione volontaria di cautele nei luoghi di lavoro nelle fabbriche di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). I reati sarebbero stati commessi nell’arco di 56 anni, dal 1952 al 2008, e l’INAIL, come parte civile, ha chiesto oltre 272 milioni e mezzo di euro di risarcimento ai due imputati e alle società del gruppo. La cifra corrisponde ai ratei di rendita – e alla valutazione relativa alla loro capitalizzazione – pagati a 1.651 lavoratori ammalati per l’attività svolta presso i quattro stabilimenti italiani.

“De Cartier amministratore, ma senza deleghe”. Nella sua arringa Zaccone ha replicato alle accuse sostenendo che “prima del 1971 de Cartier è stato solo amministratore di una società che aveva la partecipazione del 21% in Eternit, ma non c’è prova di alcuna ingerenza da parte sua nella gestione della multinazionale. Quell’anno lui diventò amministratore della Eternit, ma non aveva nessuna delega: era soltanto un normale componente del cda che peraltro stava a mille chilometri di distanza”. Inoltre, ha aggiunto l’avvocato del barone belga, “se anche de Cartier avesse avuto una qualche possibilità di ingerenza all’interno della gestione delle fabbriche, quando è arrivato, secondo i dati epidemiologici consolidati, la gente avrebbe probabilmente già contratto le malattie per l’esposizione all’amianto, visto che ci si ammala oltre 30 anni dopo”.

Sollevate cinque eccezioni di illegittimità costituzionale.  Prendendo la parola ieri mattina, il legale di Schmidheiny, Astolfo Di Amato, ha messo invece in dubbio la validità di un processo celebrato a più di trent’anni di distanza dai fatti contestati agli imputati, perché il tempo trascorso “rende quasi impossibile a chi è accusato difendersi al meglio: i documenti non si trovano, molti testimoni non ci sono più e quelli che ci sono non sono attendibili perché i fatti sono troppo lontani da ricordare”. Per l’avvocato napoletano la legge che consente di fare un processo dopo così tanto tempo è da ritenersi illegittima perché, date le difficoltà di un procedimento di questo tipo, urta con il principio di difesa sancito nella Costituzione e tra i diritti fondamentali della Carta Europea. Da qui la scelta di sollevare cinque eccezioni di illegittimità costituzionale, oltre a due eccezioni di nullità su atti del procedimento e a un’eccezione di competenza territoriale, per spostare il giudizio a Casale Monferrato, Napoli o Reggio Emilia.

“Guariniello esprime giudizi morali”. Secondo il difensore di Schmidheiny, “il fenomeno che caratterizza l’Italia è la forte erosione del principio di legalità nei suoi tribunali”. Erosione a cui avrebbe contribuito anche Guariniello, accusato di esprimere “giudizi morali” e di aver cambiato le carte in tavola: “Siamo partiti dall’imputazione di comportamenti omissivi in fabbrica e ci si siamo ritrovati, nelle conclusioni dei pm, a dover fare i conti con l’accusa di non aver partecipato alle attività di bonifica dell’amianto, in extrema ratio di non aver dato, Schmidheiny, contributi in denaro”. Durante la sua arringa, destinata a concludersi nella seduta del 24 ottobre, Di Amato ha anche anticipato che chiederà l’assoluzione per il suo cliente.  

(sr/roma)

Amianto. Processo Eternit. La difesa: “Piena assoluzione per gli imputati”ultima modifica: 2011-10-13T12:16:00+02:00da vitegabry
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