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A parità di qualifica e impiego, la differenza di retribuzione tra uomini e donne in Italia si attesta tra il 10 e il 18% ed è dovuta interamente a fenomeni di discriminazione. Il dato è contenuto in una ricerca presentata quest’oggi al convegno della II Commissione politiche del lavoro del CNEL, che esamina il caso italiano e propone misure per una effettiva parità di opportunità nel mercato del lavoro.
Dalla ricerca condotta su 10 mila lavoratori e lavoratrici italiane emerge che il differenziale retributivo di genere misurato sul salario orario dei soli lavoratori dipendenti è pari in media a 7,2 punti percentuali. Un gap che risulta particolarmente elevato tra le donne meno scolarizzate (20%). Ne soffrono sia le giovanissime che le lavoratrici adulte.
Più contenuto il dato riferito alle lavoratrici appartenenti alla fascia di età compresa tra i 30 e i 39 anni che però si giustifica con il periodo in cui le donne devono interrompere la propria attività lavorativa in concomitanza con l’arrivo del primo figlio.
Per il Cnel non è più possibile sprecare una forza qualificata e potenzialmente molto produttiva come quella femminile. I fattori che generano il gender pay gap (differenziale salariale donna/uomo) sono diversi e spesso correlati: fattori culturali e stereotipi di genere favoriscono la segregazione orizzontale e verticale e divaricano il gap di partecipazione al mercato del lavoro tra uomini e donne; la mancanza di politiche di conciliazione costringe le donne ad uscire dal mercato del lavoro, ne impedisce la continuità lavorativa e limita le loro opportunità di carriera. Discriminazioni, queste che sono inaccettabili alla luce del fatto che le donne possiedono requisiti di formazione e di esperienza analoghi se non superiori a quelli degli uomini.