Archivi giornalieri: 1 luglio 2010

Cgil – Una manovra sempre più iniqua

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Contro il lavoro e contro la citttadinanza

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”Gli emendamenti alla manovra presentati ieri in commissione Bilancio del Senato dal relatore, e i cui contenuti immaginiamo siano stati ampiamente concordati con il governo, non cambiano e per alcuni aspetti aggravano il nostro giudizio negativo sull’iniquita’ del provvedimento e sull’assenza di politiche per l’occupazione e per la crescita”.

E’ il giudizio della segreteria confederale della Cgil sugli emendamenti alla manovra a firma del relatore Antonio Azzollini.    Nell’insieme, afferma in una nota, ”la manovra continua ad essere contro il lavoro e contro la cittadinanza, senza un’idea di futuro. Nel confronto parlamentare, che ci auguriamo continui, serve che si cerchino altre fonti di entrate piu’ eque e distribuite su chi piu’ ha, altrimenti il vincolo dei saldi sulle voci attualmente indicate non permettera’ soluzioni positive ne’ per le autonomie locali ne’ per il lavoro”.

La Cgil analizza nel merito alcuni punti. Per quanto riguarda il Patto di stabilita’ e le risorse a Regioni e Comuni ”si conferma – afferma la nota – la dimensione dei tagli, il che rappresenta l’impossibilita’ nel territorio di mantenere i servizi ai cittadini, di rilanciare lo sviluppo e garantire la coesione sociale”. Quanto al sistema previdenziale, per la Cgil la questione dell’allungamento dell’eta’ pensionabile ”poteva e doveva essere affrontata con la reintroduzione della flessibilita’ in uscita. Cosi’ come non e’ accettabile – dice – che i risparmi vengano sottratti alla previdenza e trasferiti ai fondi della Presidenza del Consiglio”. Inoltre, ”l’assenza della modifica del tetto a 10 mila per i lavoratori in mobilita’, rappresenta una fortissima discriminazione per decine di migliaia di lavoratori che vengono condannati ad essere senza lavoro, senza pensione e senza indennita’ di mobilita”’.

Per quanto riguarda i lavoratori delle pubbliche amministrazioni, la Cgil sostiene che ”nulla cambia sui contratti e la contrattazione per tutti i settori. Le uniche parziali risposte alle forze dell’ordine sono il frutto della mobilitazione unitaria dei sindacati e dei lavoratori del settore. Sull’occupazione non c’e’ alcuna risposta positiva, mentre continua ad essere sbagliato e negativo per la crescita che il patto di stabilita’ su assunzione e turn over sia esteso alle imprese a maggioranza pubblica ed alle municipalizzate”.

ANSA

Diritti sotto scacco

Il costante impegno del Patronato

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Pubblichiamo un articolo di Morena Piccinini, Presidente Inca, sulla manovra finanziaria del Governo Berlusconi, pubblicato sull’Unità del 28 aprile u.s.

“L’ attacco in atto allo Stato sociale, ai diritti individuali delle persone rende sempre più importante rafforzare la collaborazione e l’impegno di tutte le strutture della CGIL per rendere l’opinione pubblica più consapevole circa le conseguenze strutturali ed epocali delle scelte di questo governo e di larga parte del sistema delle imprese.

In questo contesto diventa sempre più importante coniugare la lotta della nostra Confederazione all’azione di tutela individuale del Patronato, per impedire che vengano compressi gli ambiti di esigibilità dei diritti e che si riducano gli spazi di azione del sindacato nella contrattazione.

Pesantissimi esempi di questa involuzione sono i contenuti della manovra economica del governo che incide sulle opportunità sociali e di lavoro per i giovani, riduce le prestazioni sociali e previdenziali  per gli anziani, per le famiglie e per le donne, indebolisce le possibilità di erogazione di welfare locale da parte di Regioni ed Enti locali, senza risparmiare neppure gli invalidi civili, negando a molti di loro il diritto ad avere l’assistenza economica e sociale dovuta dallo Stato e sancito nella nostra Carta Costituzionale.

Sull’altro versante vediamo come è sempre più frequente il tentativo di imprese, in una situazione occupazionale difficile come l’attuale e nel nome della maggiore produttività, di comprimere diritti e tutele a partire dalla salute e alla sicurezza nei posti di lavoro, fino ad arrivare alla attuale vicenda di Pomigliano, dove sono a rischio anche diritti costituzionalmente garantiti.

Per queste ragioni è sempre più importante unire alla azione sindacale collettiva di contrattazione e di costruzione di proposta alternativa per il futuro del paese, il costante e incisivo impegno che ogni giorno i tanti operatori di patronato mettono a disposizione di lavoratori, pensionati, giovani e donne per rendere effettivamente esigibili i diritti individuali e per una tutela che renda tutti consapevoli della esigenza di mantenere alta l’attenzione per la difesa dei diritti.”

Istat – E’ crisi…

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Oltre 2 milioni in cerca di lavoro

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Il tasso di disoccupazione nel primo trimestre del 2010 è salito al 9,1% rispetto al 7,9% dello stesso periodo del 2009, e raggiunge il livello più alto dal primo trimestre del 2005. Lo rileva oggi (24 giugno) l’Istat, sottolineando che il tasso destagionalizzato è invece pari all’8,4%, record dal terzo trimestre del 2003. Sempre nel primo trimestre di quest’anno, prosegue l’istituto di ricerca, il numero di persone in cerca di occupazione ha raggiunto quota 2,273 milioni, con un aumento del 14,7% rispetto allo stesso periodo del 2009. Con questa cifra si ritorna ai livelli del 2001.

Il segno negativo è la sintesi di una significativa riduzione della componente italiana (-391mila unità) e di una sostenuta crescita di quella straniera (+183mila unità). In totale, in questi tre mesi sono stati bruciati 208mila posti rispetto allo stesso periodo del 2009. “C’è ancora il segno meno, ma la caduta è meno intensa”, fa notare sempre l’Istituto precisando che erano al lavoro 22 milioni e 758 mila persone. Quindi, il calo degli occupati rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente è pari allo 0,9%.

Secondo l’Istituto di statistica, il tasso di disoccupazione maschile sale dal 6,8% del primo trimestre del 2009 all’8,1, mentre quello femminile passa dal 9,5% al 10,5. Nel Nord l’indicatore cresce dal 5,1% al 6,4%; nel Centro si porta all’8,4% dal 7,6 di un anno prima; nel Mezzogiorno risulta invece pari al 14,3%, dal 13,2. Per quanto riguarda gli stranieri, il tasso di disoccupazione aumenta per la quinta volta consecutiva, portandosi al 13% (10,5% nel primo trimestre 2009). La disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni raggiunge il 28,8%, con un massimo del 43,6 per le donne del Mezzogiorno.

Se l’Istat certifica le difficoltà attuali, anche le previsioni degli industriali sono fosche. Tra quest’anno e il prossimo, infatti, l’onda lunga della crisi potrebbe portare a un’ulteriore riduzione di 246mila posti di lavoro. Lo stimano sempre oggi gli economisti di Confindustria, ipotizzando la domanda di lavoro attesa e il possibile processo di riassorbimento dalla cassa integrazione (solo al 50% per la cig straordinaria, quasi completo per l’ordinaria). “Il numero di persone occupate – secondo i calcoli del Csc – calerà di 144mila unità dal quarto trimestre 2009 al quarto del 2010, e di altre 102mila nel corso del 2011”. Nonostante una forza lavoro prevista in crescita nel 2011 (+0,2%), infine, il tasso di disoccupazione è atteso in aumento all’8,7% a fine 2010 e al 9,4%

“Diario operaio”. Il paese dei senza lavoro

I lavoratori “fuori gioco”

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Da molti anni ormai si parla della “fine del lavoro”, quasi che il lavoro fosse un concetto astratto che prescinde dalle persone che lo svolgono. In realtà non è il “lavoro” che finisce: sono i lavoratori che vengono messi fuori gioco. In particolar modo in questi mesi, con la crisi mondiale che morde e che ha già cancellato e continua a cancellare – per restare soltanto al nostro paese – centinaia di migliaia di posti di lavoro. E non soltanto dalle fabbriche,ma anche da aziende del terziario avanzato come l’informatica o le telecomunicazioni.

Rinaldo Gianola, giornalista dell’Unità, ha voluto saperne di più sull’Italia della crisi. Si è messo in viaggio ed è andato a vedere coi suoi occhi cosa sta succedendo nel Belpaese.

È nato così Diario operaio, edito da Ediesse, un’inchiesta sulle condizioni del lavoro in Italia che a ogni tappa gli ha permesso di disegnare la carta geografica di una crisi che colpisce il Sud, ma che non risparmia le ricche aree del Nord.

“Un’inchiesta coraggiosa che rompe il silenzio sul dramma sociale del paese” la definisce il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Dal Sulcis a Termini Imerese, da Pomigliano d’Arco a Porto Marghera, dal distretto del divano in Puglia alle acciaierie di Piombino, dall’Emilia Romagna al prospero Nord Est, passando per Arcore e la Brianza, non si fa distinzione: le prime vittime della crisi sono, come al solito, i lavoratori.

Cambiano gli scenari e le ambientazioni ma il copione e i protagonisti sono sempre gli stessi: le aziende chiudono, scattano i licenziamenti, la cassa integrazione (per i più “fortunati”); i lavoratori si mobilitano, organizzano presìdi e proteste, salgono sui tetti delle fabbriche e fanno scioperi della fame. Resta saldo, per fortuna, il senso di solidarietà e di unità che permette di lottare insieme.Ma i numeri dei licenziati, dei cassintegrati, dei senza lavoro sono inesorabili: leggerli è come sgranare un drammatico rosario.

Tagli a welfare in Europa

Rischio morti premature

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I tagli radicali alla spesa governativa per il welfare, voluti per ridurre i deficit di bilancio nazionali, potrebbero costare vite umane e comportare problemi economici. Lo sostiene uno studio pubblicato recentemente.

I ricercatori britannici hanno trovato che i livelli di spesa sociale in Europa sono fortemente associati al rischio di morti premature, in particolare da malattie come attacchi di cuore o patologie legate all’abuso di alcol.

In uno studio pubblicato dal British Medical Journal, i ricercatori hanno calcolato che circa ogni 80 euro di tagli della spesa pubblica per persona, le morti dovute all’alcol aumenterebbero del 2,8% mentre le morti causate da patologie cardiache dell’1,2%.

Sul sito www.reuters.it

Manovra: raggiunto primo traguardo

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Disabilità – Un punto in favore delle persone svantaggiate

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Un  primo traguardo nei confronti della Manovra è stato raggiunto: è stata annunciato l’abrogazione del comma 1 dell’articolo 10 del Decreto Legge 78/2010, che prevedeva l’innalzamento della percentuale di invalidità (dal 74% all’85%) ai fini della concessione dell’assegno d’invalidità. Ad annunciarlo è stato il Presidente della Commissione Bilancio del Senato, Antonio Azzollini.

Le mobilitazioni della CGIL e delle associazioni delle persone con disabilità stanno dando i primi risultati. Ma non è abbastanza – ha commentato la Cgil –   anche se la FAND e la FISH hanno sospeso la manifestazione prevista per il primo luglio prossimo, insieme a loro continueremo a protestare contro i tagli alla spesa sociale, alle Regioni, alla scuola ed alle ore di sostegno. Questi tagli colpirebbero direttamente le persone maggiormente svantaggiate, e questo non possiamo permetterlo.

Certificazioni mediche on line

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Regioni in ordine sparso

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Regioni in ordine sparso anche sulla certificazione on line. A poche ore dal via al mese di rodaggio che nel calendario del decreto Brunetta dovrebbe concludere la fase sperimentale, la mappa sul territorio è un guazzabuglio di colori.

In Piemonte, per esempio, è partita la distribuzione ai medici di famiglia dei “pin” per l’accreditamento al sistema e qualcuno si è già cimentato con la certificazione on line, ma le Asl hanno comunicato che i generalisti avranno tempo fino al 31 luglio per ritirare i codici e dunque il rodaggio potrebbe prolungarsi oltre l’estate.

In Emilia Romagna invece è tutto fermo in attesa che un incontro tra Regione e i medici di famiglia della Fimmg definisca le modalità tecniche della trasmissione, che si avvarrà delle infrastrutture telematiche locali (Sole).

Un’altra regione dove si sta già sperimentando è la Sardegna, dove comunque la certificazione on line segue un doppio binario: i medici che hanno ricevuto la Tessera sanitaria abilitata a Carta dei servizi passeranno dal portale dedicato, chi non ne è provvisto sta ricevendo i “pin” tradizionali. E questi ultimi sembrerebbero i più fortunati, perché dai primi test la certificazione tramite Tessera sanitaria sembra non funzionare.

Una strada tutta sua la sta seguendo anche il Veneto: qui infatti Regione e Fimmg hanno concordato un contributo per l’adeguamento informatico degli studi pari a 2.400 euro a medico; finora hanno provveduto a erogarlo soltanto dodici Asl su ventuno e di conseguenza soltanto i generalisti di queste aziende ritireranno e registreranno i propri “pin”. In più, il sindacato ha concordato con l’Inps regionale regole proprie per la compilazione dei certificati: i Mmg del Veneto, in sostanza, non saranno tenuti a indicare né il datore di lavoro né l’indirizzo di reperibilità del lavoratore.

Chiude infine la Puglia, dove invece soffiano venti di guerra. I “pin” sono in distribuzione, ma i medici di famiglia della Fimmg non li ritireranno. La protesta, che verrà ufficializzata nelle prossime ore, serve ad attirare l’attenzione sull’inadeguatezza infrastrutturale della Regione, dove molte zone non sono raggiunte dall’Adsl e nessuna postazione di Continuità assistenziale risulta collegata al Web.

Sportelli per i poveri

Gli italiani tornano a superare gli stranieri

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Nel 2009 gli italiani assistiti dalle organizzazioni no profit lombarde hanno superato gli stranieri: 55,7% contro il 44,3%. Nel 2008 era l’opposto: gli immigrati infatti erano il 65,6%. Complessivamente sono 270 mila le persone seguite dalle 1.587 organizzazioni lombarde: 150.390 gli italiani e 119.610 stranieri. La metà dell’utenza si concentra nella sola provincia di Milano. Sono i dati che emergono dal rapporto 2009 dell’Osservatorio regionale sull’esclusione sociale, presentato questa mattina al Pirellone. L’indagine dell’Osservatorio è stata condotta su un campione di 246 organizzazioni, rappresentative della totalità di quelle operanti in regione.

Nell’arco del 2009 l’insieme delle persone assistite dal campione di enti è aumentato di 4.988 unità rispetto al 2008. Proiettato sul totale delle organizzazioni, l’utenza è cresciuta di circa 32.200 persone: per ogni singola associazione c’è stata una variazione percentuale compresa tra il 10% e il 13%. Tra gli assistiti si osserva una prevalenza delle donne rispetto agli uomini (55% contro 45%), e circa una persona su cinque ha tra 0 e 17 anni, segno che la povertà sta colpendo particolarmente le famiglie con un minore a carico.
Nel campione di enti intervistato dall’Ores le coppie con almeno un figlio non maggiorenne pesano per il 43%, seguite dagli adulti soli (19,8%), dai monogenitori con figli conviventi (15,8%) dagli anziani soli (10,4%) e dalle coppie con figli tutti maggiorenni (8,1%). 

La disoccupazione è la causa principale di impoverimento (dichiarata dal 26% delle associazioni), seguita da reddito insufficiente (25%), problemi di salute fisica (14,8%) e psichica (9,4%), dipendenze da alcol e droga (8,6%), separazione o divorzi (2,5%). In un anno le prospettive per le persone in difficoltà sono peggiorate. Nel 2009 gli enti in cui gli assistiti hanno avuto la possibilità di reinserirsi in un sistema di vita migliore sono diminuiti del 10%: è accaduto in quasi la metà delle organizzazioni intervistate (46,7%, mentre nel 2008 erano il 56,8%).

A causa dell’aumento di utenza, le stesse organizzazioni no profit sono in difficoltà. Sebbene il numero dei volontari che collaborano negli enti campione sia cresciuto nel 50% delle fondazioni, nel 40% di comitati o gruppi e nel 32% delle cooperative sociali, il 43,5% degli enti dichiara di essere in difficoltà da sovraccarico. Solo il 14,6% del totale ritiene di avere risorse aggiuntive per rispondere a ulteriori richieste di aiuto.