Archivi giornalieri: 28 marzo 2010

I sardi senza lingua. Sradicati. E quindi poveri.


header_logo_usSu questa stessa pagina, Matteo Porru il 25 febbraio scorso ha denunciato il fatto che in Sardegna, i diritti dei bambini ad apprendere la propria lingua a scuola, garantiti dalla Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia del 1989, diventata in Italia vera e propria legge dello Stato, sono calpestati.
Nonostante i nuovi programmi della Scuola elementare – e, sia pure ancora in misura insufficiente della scuola media e superiore– raccomandino di portare l’attenzione degli alunni “sull’uomo e la società umana nel tempo e nello spazio, nel passato e nel presente, nella dimensione civile, culturale, economica, sociale, politica e religiosa, per creare interesse intorno all’ambiente di vita del bambino, per accrescere in lui il senso di appartenenza alla comunità e alla propria terra”.
“E’ compito della scuola elementare – si afferma ancora – stimolare e sviluppare nei fanciulli il passaggio dalla cultura vissuta e assorbita direttamente dall’ambiente di vita, alla cultura come ricostruzione intellettuale”.
Ciò significa –per quanto attiene per esempio alla lingua materna– partire da essa per pervenire all’uso della lingua italiana e delle altre lingue, senza drammatiche lacerazioni con la coscienza etnica del contesto culturale vissuto, in un continuo e armonico arricchimento della mente e dell’intelletto, per aprire nuovi e più ampi orizzonti alla formazione e all’istruzione.
La pedagogia moderna più attenta e avveduta infatti ritiene che la lingua materna e i valori alti di cui si alimenta siano i succhi vitali, la linfa, che nutrono e fanno crescere i bambini senza correre il gravissimo pericolo di essere collocati fuori dal tempo e dallo spazio contestuale alla loro vita. Solo essa consente di saldare le valenze e i prodotti propri della sua cultura ai valori di altre culture. Negando la lingua materna, non assecondandola e coltivandola si esercita grave e ingiustificata violenza sui bambini, nuocendo al loro sviluppo e al loro equilibrio psichico. Li si strappa al nucleo familiare di origine e si trasforma in un campo di rovine la loro prima conoscenza del mondo. I bambini infatti –ma il discorso vale anche per i giovani studenti delle medie e delle superiori– se soggetti in ambito scolastico a un processo di sradicamento dalla lingua materna e dalla cultura del proprio ambiente e territorio, diventano e risultano insicuri, impacciati, “poveri” sia culturalmente che linguisticamente.  Francesco Casula

Da L’Unione sarda del 25-3-10)

Cgil – Indennizzi e premi Inail

 

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Incontro sindacati confederali con Inail

L’INAIL sta predisponendo le linee-guida, che ha illustrato in linea generale alle parti sociali lo scorso febbraio, inerenti la riduzione dei premi assicurativi a carico delle imprese.

La CGIL, da parte sua,  aveva già scritto al Presidente dell’INAIL per esigere anche la contestuale revisione degli indennizzi e delle rendite per i lavoratori infortunati, tecnopatici e per gli eredi.

Insieme a CISL e UIL adesso la Confederazione di Corso d’Italia è addivenuta finalmente ad una proposta unitaria di incontro sul tema rivolta al Ministro del lavoro Sacconi e al Presidente dell’Inail, Sartori.

LetteraUnitaria.pdf

Abruzzo, tante promesse ma l’economia non riparte

La tragedia delle beffe

Il terremoto dell’aprile 2009 che ha coinvolto un cratere di più di 50 paesi oltre L’Aquila, ha scosso un’economia regionale già molto provata. Ad un anno di distanza da quell’evento il bilancio delle iniziative positive del governo nazionale e del governo regionale è negativo. L’economia è ancora bloccata. Si continuano a perdere posti di lavoro e anche settori che avrebbero dovuto diventare trainanti – come quello dell’edilizia per esempio – sono in crisi profonda. Tra l’altro solo il 20% della forza lavoro utilizzata finora in edilizia dopo il terremoto è abruzzese. La tragedia e la beffa per i lavoratori della regione, mentre l’università, che era il volano dell’Aquila, non si è ancora ripresa (ci vorranno anni per tornare alla normalità), e nel settore sanitario si scontano i ritardi e si rischia di perdere altri posti di lavoro. È questo il quadro dell’economia abruzzese disegnato oggi da Gianni Di Cesare, segretario regionale della Cgil in apertura dell’undicesimo Congresso che si concluderà oggi, 25 marzo, con l’intervento della segretaria confederale della Cgil, Morena Piccinini.

“Siamo arrivati all’orribile anno 2009 con una situazione economica, di bilancio e di qualità dell’occupazione e di reddito veramente disastrosa.Secondo il segretario regionale, l’andamento del tasso di attività e di occupazione continua a tenere l’Abruzzo ben lontano dall’obiettivo assegnato dal Consiglio Europea di Lisbona del 24 marzo 2000 ai paesi, alle regioni e alla stessa Europa. Qui, quella che era stata una crescita dell’occupazione fino al 2008 si è comunque realizzata con una presenza nel mercato del lavoro di una notevole quantità di precariato e con una riorganizzazione all’interno dei settori: nel terziario si perde il lavoro più qualificato, basta ricordare la ristrutturazione e riorganizzazione del sistema creditizio, sostituito con il lavoro più povero e i call-center sono un esempio. Nel settore dell’industria diminuisce il peso dell’edilizia a favore dell’impresa manifatturiera.

Intanto le vertenze per il lavoro si moltiplicano in ogni settore, non solo nell’industria. Emblematica, per la Cgil abruzzese, è la vertenza Villa Pini, dove allo spreco di risorse di ieri si risponde con il taglio di oggi che mette in forse 1.600 posti di lavoro, con lavoratrici e lavoratori che non prendono ormai lo stipendio da quasi 12 mesi, pur avendo avuto l’obbligo, anche morale, del lavoro per non lasciare i loro pazienti senza assistenza. “Sulle zone terremotate la Regione non produce alcun intervento con il bilancio ordinario – ha spiegato Di Cesare – dopo un anno dal sisma in Friuli, nel 1976, c’erano già 16 interventi di sostegno di carattere regionale”.

“La costruzione di “case” e luoghi pubblici (progetto case, map, mar, ristrutturazione case A,B,C Musp ecc.) viene realizzata con fondi europei, donazioni e governativi. Ma quale è stato l’effetto sul lavoro degli abruzzesi nelle zone del sisma? Per adesso scarso, il lavoro in edilizia per gli abruzzesi non è cresciuto e i dati della cassa integrazione lo indicano. Hanno lavorato meno del 20% di operai edili delle nostre terre, anche il volano dell’edilizia per adesso non sta incidendo in modo significativo per i nostri lavoratori”.

La crisi abruzzese è a più facce. Di Cesare ha proposto una sua lista precisa delle crisi: il welfare locale e nazionale; la crisi del bilancio regionale; la crisi legata ai processi di globalizzazione e dell’industria; la crisi del terziario, del credito alle piccole imprese; del lavoro precario, soprattutto giovanile e femminile; del reddito; della città con il suo mercato.

Dopo una catastrofe naturale, in una crisi di queste proporzioni, la Cgil propone dunque di ridiscutere il Patto di stabilità. “La nostra Regione deve essere messa in condizione di avere le risorse necessarie per gli investimenti, per la ricostruzione, per il lavoro, per i servizi, per il turismo, per i beni comuni – ha detto Di Cesare nella  relazione introduttiva – e la Cgil non può accettare che questa regione possa seguitare ad avere il massimo della tassazione, non basata sulla progressività e con tariffe che non tengano conto della condizione di reddito delle classi sociali più deboli. Siamo disponibili ad affrontare la riorganizzazione della sanità in Abruzzo, per recuperare risorse dagli sprechi e per allocarle come investimenti in tecnologia e professionalità, realizzando una effettiva integrazione socio-sanitaria nei distretti” .

In questi mesi trascorsi dal terremoto la giunta regionale non ha espresso chiaramente una proposta concreta e non solo per l’intervento delle varie lobby ma anche per la confusione generata da tempo dal sovrapporsi di poteri e dalle varie gestioni commissariali. “È comunque possibile fare scelte nella direzione giusta – presegue Di Cesare – conferire risorse adeguate a tutti i servizi di medicina preventiva nei luoghi di lavoro occupando in questo modo un buon numero di lavoratori; non procedere alla privatizzazione dell’Ospedale di Sant’Omero; superare l’anomalia della psichiatria assegnata prevalentemente al privato per riportare la stessa allo spirito e alla lettera della legge 180; prevedere come da piano una riabilitazione con la presenza importante del pubblico; spostare l’attenzione delle politiche sanitarie verso il principio del diritto alla salute. E questo comporta respingere, anche dall’Abruzzo, il progetto delineato nel libro bianco del Ministro Sacconi, quello di uno Stato sociale minimo a partire dalla sanità. Oggi l’investimento nello stato sociale è la forma più certa per contrapporsi alla disoccupazione in modo qualitativo considerando la sanità, come la scuola, scelte nazionali e non opzioni da proporre regione per regione”.

La politica nazionale e quella regionale vanno però in un’altra direzione. In attesa della “riforma” Sacconi dello Statuto dei lavoratori, anche in Abruzzo si applica infatti l’accordo separato del 22 gennaio. “Proprio in questi giorni – ci ha informato Di Cesare – abbiamo già avuto un esempio emblematico: la Banca Intesa san Paolo assume lavoratori a L’Aquila con il 40% in meno di stipendio (20% perché è in apprendistato, 20% in applicazione dell’accordo separato). Più ore di lavoro e meno ferie. I lavoratori dell’Aquila avrebbero bisogno di più salario e più diritti, e non va spiegato perché”. Vista la situazione così grave, e visto che il terremoto, insieme alla grande crisi, sta cambiando gli assetti dell’economia della regione, secondo Di Cesare “non è possibile fermarsi a proposte estemporanee”: è per questo che ha lanciato l’idea di una conferenza di programma della Cgil regionale che vada oltre gli appuntamenti istituzionali del sindacato. “Alla luce di questa emergenza – ha concluso – ci vuole uno scatto all’altezza della situazione”.

Rassegna.it

Oltre 2 milioni di disoccupati, record dal 2001

 

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Crisi e ancora crisi ….

La crisi non è finita. Nonostante da più parti si parli di ripresa, almeno per il versante dell’occupazione i segnali continuano a essere totalmente negativi.

Soltanto così si possono leggere gli ultimi dati diffusi dall’Istat che sottolinea come nel quarto trimestre del 2009 continui sia il calo dell’occupazione sia l’aumento della disoccupazione. Il numero delle persone in cerca di lavoro ha raggiunto la cifra record di 2.145.000 unità (addirittura +20,8 per cento sullo stesso periodo di un anno prima) e il tasso di disoccupazione è arrivato all’8,6 per cento (dato grezzo): si tratta, per entrambi i valori, del livello più elevato dal quarto trimestre del 2001. Sempre nel quarto trimestre dell’anno scorso, prosegue l’Istat, il numero degli occupati risulta pari a 22.922.000 unità, segnando un calo annuo pari all’1,8 per cento (-428mila unità), per un tasso di occupazione pari al 57,1 per cento.

“Per il secondo anno consecutivo – osserva l’istituto di ricerca – il numero dei disoccupati cresce in misura consistente. Nella media del 2009 aumentano del 15 per cento (+253.000 unità) le persone in cerca di occupazione in confronto a un anno prima. L’incremento interessa prevalentemente le regioni settentrionali (+181.000) e dipende in misura significativa da quanti hanno perso il posto. Decisamente meno accentuata è la crescita della disoccupazione nelle regioni centrali (+60.000) e soprattutto in quelle meridionali (+12.000), dove si concentra esclusivamente nella componente maschile. Al protrarsi del calo dell’occupazione autonoma, dei dipendenti a termine, dei collaboratori – spiegano i ricercatori – si associa anche l’amplificarsi della riduzione dei dipendenti a tempo indeterminato, in particolare nelle piccole imprese”.

Il calo dell’occupazione riguarda in maniera molto accentuata gli italiani (-530mila unità), a fronte di una crescita, con ritmi inferiori al passato, di quella straniera (+103mila). Se poi guardiamo all’intero anno 2009, il tasso di disoccupazione sale al 7,8 per cento dal 6,7 per cento del 2008. Nella media sui dodici mesi aumentano del 2,3 per cento anche gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+329.000 unità).

Legge 104 – Giro di vite sui permessi per assistere i disabili gravi

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Una legge su misura per ridurre diritti e tutele

Giro di vite su chi potrà usufruire dei permessi per assistere le persone disabili gravi. Il “collegato lavoro” alla manovra finanziaria 2009 (ddl 1167-b), approvato dal Senato dopo il sì  della Camera,  modificainfatti, tra le altre cose, anche l’art. 33 della legge 104/92. Il provvedimento, in attesa di essere firmato dal Presidente della Repubblica e quindi non ancora in vigore, ha stabilito che, a condizione che la persona disabile non sia ricoverata a tempo pieno, i parenti e gli affini entro il terzo grado potranno usufruire dei permessi per l’assistenza solo se gli altri familiari hanno compiuto 65 anni d’età, sono affetti da patologie invalidanti, sono deceduti o mancanti. La legge resta invariata invece per il coniuge, i genitori e i parenti entro il secondo grado. Altra modifica apportata: nella scelta della sede di lavoro si può far valere la vicinanza al domicilio della persona da assistere e non più a quello del lavoratore.

E ancora: “il diritto a fruire dei tre giorni di permesso mensile retribuito non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona disabile, mentre per l’assistenza al figlio con handicap grave il diritto è riconosciuto a entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente”, si legge nel testo approvato. Per i genitori di bambini di età inferiore ai tre anni rimangono invariate le disposizioni precedenti. Inoltre sono scomparsi dalla normativa i requisiti di assistenza esclusiva e continuativa richiesti, in precedenza, nel caso il lavoratore non fosse convivente con la persona disabile. Tutti quelli che non rientrano in questa casistica, e che finora hanno fruito dei permessi grazie alla precedente normativa, si vedranno revocare le agevolazioni concesse.

Secondo il nuovo testo, poi, il datore di lavoro o l’Inps possono richiedere controlli, mentre le pubbliche amministrazioni devono comunicare al dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio i nominativi dei dipendenti cui sono accordati i permessi in base alla legge 104, se sono fruiti da parenti per l’assistenza di una persona disabile (e allora serve anche il suo nome) o dal lavoratore disabile stesso e il monte ore o giorni di permesso fruito da ciascun lavoratore nel corso dell’anno e per ciascun mese. Lo scopo? Istituire una banca di dati (nel rispetto della privacy) che consenta di avere il quadro della spesa sostenuta dallo Stato per questo genere di benefici.

Tra le altre novità introdotte dal “collegato lavoro” 2010 ci sono, infine, le deleghe al governo per la ridefinizione del pensionamento anticipato per chi svolge lavori usuranti, la realizzazione del “polo salute e sicurezza” in sinergia con l’Inail, la riforma degli ammortizzatori sociali, la certificazione per via telematica delle assenze dal lavoro per malattia (viene abbandonato il certificato su carta per fare posto a quello on line che il medico dovrà inviare all’Inps), la facoltatività del tentativo di conciliazione nelle controversie individuali di lavoro e in particolare dell’arbitrato (che diventa così volontario) e la possibilità di assolvere agli obblighi scolastici con il contratto di apprendistato.

Sul danno differenziale

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Due anni di sperimentazione della CGIL Roma sud

Il 31 marzo dalle ore 9.00 alle ore 14.00 nella sede della CGIL di Roma sud si presenteranno i risultati della sperimentazione sul danno differenziale (il danno risarcibile al lavoratore, ottenuto dalla differenza tra quanto versato dall’Inail a titolo di indennizzo per infortunio sul lavoro o malattia professionale, e quanto è possibile richiedere al datore di lavoro a titolo  di risarcimento del danno in sede civilistica) a cura dell’unità valutativa composta da F. Aiello, D. Cordoni, R. Maffei, G. Norcia, T. Pampena e T. Santulli.

Interverranno E. Moroni, responsabile dell’UVL nazionle, Sara Taranto, responsabile dell’UVL di Roma e Lazio, Adele Caccioti, responsabile INCA CGIL regionale, Sandro Grugnetti, Presidente del CAAF Roma e Lazio. Concluderà Vincenzo Giuli, responsabile del Sistema Servizi CGIL di Roma e Lazio