Archivi giornalieri: 10 marzo 2010

Ires-Cgil: crisi e lavoratori

Quale futuro per i lavoratori?

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“I lavoratori nel tempo della crisi” ritengono grave la situazione economica e le sue ripercussioni sul lavoro, fanno sacrifici per far quadrare il bilancio contando sulla presenza di un doppio stipendio e si sentono a rischio di lavoro nero. Chi è rimasto disoccupato ritiene che la crisi abbia inciso molto o abbastanza (87%) nella perdita del posto di lavoro e il 66% non riesce a mantenere la famiglia. La crisi pesa, eccome, secondo quanto emerge dalla ricerca sulla condizione del lavoro e dei lavoratori nella crisi, realizzata a cura dell’Ires Cgil in collaborazione con SWG.

L’indagine è stata condotta su 2787 persone, occupati (con un rapporto di lavoro di tipo subordinato o parasubordinato) o disoccupati da meno di un anno. I dati: per il 55% del campione l’attuale crisi economica è abbastanza grave, per il 37% è molto grave (in totale, il 92%).
Quali gli effetti della crisi economica sui lavoratori? Per il 39% gli effetti della crisi si sono sentiti nell’ambito dell’attuale lavoro, per l’8% di un lavoro precedente: le voci segnalate, soprattutto la riduzione dell’orario di lavoro, il passaggio a un periodo di cassa integrazione e la riduzione di benefit quali straordinari o buoni pasto.

Alla domanda “Se dovesse perdere il posto di lavoro, in quanto tempo pensa che riuscirebbe a trovarne un altro simile o comunque accettabile?”, fra chi ha un lavoro a tempo indeterminato il 32% risponde dopo qualche mese, il 21% dopo un anno o più, mentre incombe lo spettro del lavoro nero, poiché il 62% del campione dichiara che si sentirebbe a rischio di dover accettare un lavoro in nero.
Il salario medio percepito tra gli intervistati è di 1320 euro (per il 52% è compreso fra 1000 e 1500 euro). Alla domanda se quello che prende basta per vivere, il 24% risponde generalmente sì, il 26% deve fare sacrifici per far quadrare il bilancio, il 25% risponde di sì perché può contare sullo stipendio del partner o di un altro componente della famiglia, il 16% risponde che non basta e il 9% che basta perché vive nella famiglia di origine. E per il 51% degli intervistati il Governo ha risposto male alla crisi.

Fra i nuovi disoccupati, l’87% dichiara che la crisi economica ha inciso molto (50%) o abbastanza (37%) nella perdita del posto di lavoro. Il 62% non usufruisce attualmente di alcuna forma di ammortizzatore sociale, mentre nel 57% di chi percepisce una indennità questa è compresa fra 500 e 1000 euro (l’indennità media risulta dunque pari a 840 euro).

Alla domanda “Pensando al suo futuro, in quanto tempo pensa che riuscirà a trovare un lavoro quanto meno accettabile?”, il 34% risponde nel giro di qualche mese, il 28% fra un anno o più e il 34% risponde che non sa se lo troverà. Sono i giovani a dimostrare un atteggiamento più ottimista.

Il 54% dei disoccupati poteva contare su un unico stipendio per mantenere la propria famiglia. L’84% di questi manteneva con lo stipendio una famiglia composta da almeno due persone. Il 63% riusciva a vivere con il proprio salario senza aiuti esterni. Oggi, invece, il 66% dei disoccupati non è in grado di mantenere la propria famiglia. Il 34% non ha alcuna forma di reddito: la metà poteva contare su un unico stipendio.

Pari opportunità e parità di trattamento in materia di occupazione e impiego

Buoni propositi

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Il Decreto 5/2010  tenta di ridisegnare una rete di norme  per attuare, con azioni positive, la parità uomo donna in tutti i campi. Il Dipartimento Pari opportunità della Cgil, ha dato un parere  critico del provvedimento, giudicandolo  più un’enunciazione generica di buoni propositi piuttosto che reali misure per combattere la discriminazione.

Il patronato Inca vuole aggiungere le proprie considerazioni sulle modifiche legislative al T.U. che hanno una ricaduta evidente sul suo lavoro di tutela:

in merito all’art. 2 del decreto 5/2010 dove si stabilisce che : “ ‘ E vietata qualsiasi discriminazione per ragioni connesse al sesso,…..(omissis)..con particolare riguardo ad ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza , nonché di maternità o di paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti”, il patronato della Cgil rileva che il contatto quotidiano con le lavoratrici lo pone costantemente in contatto con donne che vengono pesantemente discriminate sul posto di lavoro al rientro dal congedo obbligatorio, fino ad arrivare alla decisione  di licenziarsi, senza contare poi  sulle difficoltà nell’usufruire del congedo parentale o dei congedi per malattia  del figlio fino a tre anni. Se le nuove norme non venissero sostanziate, potrebbero rimanere  un’espressione di buone intenzioni, disattese nei fatti. Non servono, quindi, a nostro parere,  generiche invocazioni alla parità in un situazione economica e sociale come quella che stiamo vivendo, ma  concrete misure occupazionali e di welfare, assenti da questo provvedimento governativo;

in merito al divieto di licenziamento (c. 9, art. 54 T.U.)  il nuovo decreto aggiunge che
“In caso di adozione internazionale, il divieto opera dal momento della comunicazione di proposta di incontro con il minore adottando, ovvero della comunicazione dell’invito per recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento.” Rileviamo che la modifica in senso migliorativo di questo articolo del T.U., con l’aggiunta del testo citato, riflette l’attenzione e l’importanza  già attribuita alle adozioni ed agli affidamenti, nazionali ed internazionali, che ha elevato sia i limiti di età per le adozioni, sia la durata del congedo di maternità e paternità ci trova concordi, perché registriamo quotidianamente le difficoltà che si vengono a creare per le coppie di lavoratori all’estero, tra burocrazia e vari impedimenti;

in merito al DL n.  784,   la Cgil che ha partecipato ad un’audizione al Senato sul Disegno di legge n. 784 : “Misure urgenti a sostegno della partecipazione delle donne alla vita economica e sociale nonché deleghe al Governo in materia di tutela della maternità delle lavoratrici autonome e di rispetto della parità di genere”,  ha rilevato che nel testo del Decreto vi sono alcune  modifiche interessanti, come le misure di incentivazione del part-time al rientro della maternità  in alternativa al congedo parentale, il 100% della retribuzione per il congedo parentale invece dell’attuale 30%, il congedo di paternità esclusivo ed obbligatorio di dieci giorni, sgravi ed incentivi per l’imprenditoria femminile.

Una tantum collaboratori

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Testo della news
Data pubblicazione: 10/03/2010

Testo NewsLa legge finanziaria 2010 ha disciplinato l’indennità destinata ai collaboratori a progetto iscritti in via esclusiva alla gestione separata introdotta, in via sperimentale, dal decreto legge 185/2008, ampliandone i requisiti e la misura. Tra i requisiti richiesti per avere diritto al beneficio, descritti in dettaglio dalla Circolare numero 36 del 09-03-2010.pdf   quello che prevede che i collaboratori abbiano svolto la propria attività per un unico committente, con un reddito, riferito all’anno 2009, compreso tra 5.000 e 20.000 euro; inoltre, i collaboratori devono risultare senza contratto di lavoro da almeno due mesi.
La prestazione consiste nella liquidazione di un’indennità una tantum pari al 30% del reddito percepito nel 2009, comunque non superiore a 4.000 euro. La domanda deve essere presentata entro 30 giorni dalla data in cui risultano verificate le condizioni indicate nella circolare, la quale contiene in allegato anche il
modulo per la domanda.

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Sospensione dell’obbligo contributivo nell’apprendistato durante i periodi di congedo di maternità e parentale

Data pubblicazione: 09/03/2010

Testo NewsI periodi di congedo di maternità e di congedo parentale sospendono la durata del rapporto di apprendistato.
In questi casi, il termine finale del rapporto subisce uno slittamento di durata pari a quella della sospensione, ferma restando la durata complessiva originariamente prevista.
L’Inps precisa che analogo slittamento subisce, per tutto il periodo della sospensione, anche l’obbligo di versare la contribuzione in favore dell’apprendista.

Nuove indicazioni per l’assegno di maternità comunale alle cittadine non comunitarie

 Data pubblicazione: 09/03/2010

Testo NewsL’assegno di maternità di base concesso dai Comuni viene pagato anche alle cittadine non comunitarie residenti in Italia in possesso della “carta di soggiorno di familiare di cittadino dell’Unione” quinquennale oppure della “carta di soggiorno permanente per i familiari non aventi la cittadinanza di una Stato membro”, che presentano la domanda di assegno di maternità entro sei mesi dall’evento. La domanda delle cittadine non comunitarie che siano in attesa del rilascio del “permesso di soggiorno CE” è invece tenuta in sospeso dal Comune di residenza fino all’avvenuto rilascio del permesso.
Circolare numero 35 del 09-03-2010.pdf

 Nuove indicazioni per l’assegno di maternita’ comunale alle cittadine non comunitarie.pdf