Archivi giornalieri: 9 febbraio 2010

Visite di controllo dei lavoratori in malattia

 
MODALITA’ DI ACCESSO ALLE VISITE DI CONTROLLO DEI
LAVORATORI IN MALATTIA
INFORMAZIONI PER I DATORI DI LAVORO
Dove si invia la richiesta di visita di controllo (visita fiscale)?
La richiesta di visita di controllo deve essere inviata a cura del datore di lavoro alle sedi
territoriali del Servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’U.L.S.S. n. 1 in relazione alla
residenza o domicilio dichiarato dal dipendente. 

Come richiedere la visita fiscale?
La richiesta deve essere inoltrata tramite FAX all’ufficio territoriale competente del
Servizio Igiene e Sanità Pubblica completa dei seguenti dati:
– denominazione e indirizzo della Ditta o Ente richiedente corredati di partita IVA o
Codice Fiscale;
– nome e cognome del lavoratore (per lavoratrice coniugata è importante indicare il
cognome del coniuge);
– indirizzo di residenza o domicilio del lavoratore durante la malattia;
– prognosi di malattia (se conosciuta);
– eventuali comunicazioni del dipendente in ordine ad assenze dall’indirizzo
comunicato per visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici
programmati;
– indicazioni se trattasi di lavoratori dipendenti della “Pubblica Amministrazione” al
fine dell’individuazione delle fasce orarie di reperibilità (D.Lgs 30 marzo 2001, n.
165 art. 1, c.2) (■)
Per i lavoratori che comunicano di eleggere temporaneamente il proprio domicilio in luogo
diverso dalla residenza, la visita di controllo andrà richiesta alla struttura sanitaria
territorialmente competente con la sede di domicilio.
Le richieste di visite fiscali per un solo giorno di assenza dal lavoro dovranno essere
inoltrate entro e non oltre le ore 10.00. Solo in tal caso la visita potrà essere effettuata in
giornata.
Per le assenze di malattia superiori ad un giorno, le richieste di visita fiscale dovranno
essere inoltrate quanto prima alla sede territoriale competente del Servizio Igiene e Sanità
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Pubblica, al fine di consentire la programmazione degli accessi del medico fiscale entro i
tempi indicati con la prognosi.

Trasmissione dell’esito della visita medica fiscale al datore di lavoro
Il referto di visita medica fiscale verrà di norma inviato al datore di lavoro richiedente entro
otto giorni lavorativi dall’accertamento.
Per le richieste inoltrate da Ditte o Enti non appartenenti alla Pubblica Amministrazione
verrà inoltre allegata al referto la fattura di pagamento.

INFORMAZIONI PER I LAVORATORI
Cosa fare se non si viene reperiti dal medico fiscale?
E’ necessario presentarsi a visita ambulatoriale nel giorno e nella struttura indicati dal
medico nell’invito lasciato al proprio domicilio.
E’ inoltre sempre opportuno avvisare preventivamente il datore di lavoro nel caso in cui ci
si debba sottoporre a visita medica o ad accertamenti sanitari durante gli orari di
reperibilità, avendo cura di farsi rilasciare sempre la certificazione dell’avvenuta
prestazione sanitaria.

Quali sono le fasce di reperibilità del lavoratore entro le quali vengono
effettuate la visite mediche di controllo?

DIPENDENTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (DLgs.150/2009 e DM
18.12.2009, n. 206 )
Dal 4 febbraio 2010 le fasce di reperibilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
sono fissate secondo i seguenti orari:
– tutti i giorni, compresi i non lavorativi e festivi, dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore
15.00 alle ore 18.00
Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i dipendenti per i quali
l’assenza è etiologicamente riconducibile ad una delle seguenti circostanze:
a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
b) infortuni sul lavoro;
c) malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio;
d) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.
Sono altresì esclusi i dipendenti nei confronti dei quali è stata già effettuata la visita fiscale
per il periodo di prognosi indicato nel certificato.

DIPENDENTI PRIVATI
Tutti i giorni, compresi i non lavorativi e festivi, dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore
17.00 alle ore 19.00.
(■) D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165 art. 1, comma 2.
“Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane e loro consorzi e
associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le
amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.”

Pensionati italiani all’estero

 – Importante inviare la certificazione di esistenza in vita

I patronati all’estero in difesa dei diritti dei nostri connazionali

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La dialettica fra l’Amministrazione dell’INPS ed i suoi assicurati all’estero è più attiva che in un recente passato e se vi è stato un miglioramento nei servizi offerti dall’Istituto – spesso grazie alle sollecitazioni dei Patronati che seguono da vicino i nostri connazionali all’estero – vi è, tuttavia, un’attenzione altrettanto presente nei riguardi delle scadenze burocratiche cui accade talvolta – considerata l’azianità degli assistiti e l’ampiezza del contesto territoriale mondiale – che i pensionati non diano seguito.

E’ questo il caso delle certificazioni di “esistenza in vita” richieste nel 2009 dall’INPS per evitare l’esborso di somme non dovute nel caso di decesso dell’assicurato. In questi ultimi mesi l’INPS ha optato per il blocco del pagamento delle pensioni agli assicurati che non hanno inviato la certificazione richiesta, con l’eccezione di coloro che vivono in  Argentina, Brasile e Venezuela,  dove il pensionato è tenuto normalmente a manifestare il proprio status.

Sulla questione Luigina De Santis, responsabile del settore Previdenza dell’INCA CGIL ed esponente del Collegio di Presidenza dell’INCA, fornisce alcuni chiarimenti  sulle procedure messe in atto dall’INPS e sul ripristino degli assegni di pensione.

“Dobbiamo fare un passo indietro – sottolinea l’esponente della Presidenza INCA CGIL – infatti è necessario sapere che è obbligatorio che l’istituto accerti se le pensioni che paga vanno effettivamente a persone viventi. A seguito dell’attuazione del sistema della delega, dell’accredito automatico su conto corrente, l’stituto si è convinto dell’esigenza di fare questo controllo e lo ha affidato all’istituto centrale Banche Popolari Italiane,  che ha vinto l’appalto per il pagamento delle pensioni all’estero”.

“Alla luce della decisione assunta dall’INPS, l’istituto bancario ha inviato ai 275.000 pensionati e pensionate residenti all’estero una lettera in cui si chiedeva di dimostrare la loro esistenza in vita. Da questo controllo,   sono stati esclusi alcuni Paesi, perché per prassi nazionale il pensionato è tenuto a manifestare la propria esistenza in vita”.

“In molti casi, purtroppo, la lettera dell’Istituto bancario non è pervenuta ai pensionati per una serie di difficoltà di tipo amministrativo. Per esempio in Venezuela, gli indirizzi sono molto complessi e quindi c’è stata difficoltà nella ricezione della lettera da parte dei pensionati”.

“In un primo momento l’INPS ha lasciato correre, anche se l’accordo con l’Istituto bancario prevedeva, dopo tre mesi dalla richiesta della documentazione senza alcun esito, la sospensione della pensione. Poi, sul finire del 2009, l’INPS  ha cominciato a richiedere  la sospensione delle pensioni”.

“Molte persone, a questo punto,  si sono presentate ai nostri uffici preoccupate del blocco, ma – prosegue la De Santis – posso garantire che la prestazione è stata immediatamente ripristinata a coloro per i quali gli stessi uffici di patronato  hanno dimostrato l’esistenza in vita ed il conseguente diritto a pensione”.

Di qui l’invito dell’esponente del patronato INCA ad amici e parenti dei pensionati all’estero ad attivarsi immediatamente per dimostrare con la documentazione (rilasciata dal Consolato, dal Comune di appartenenza, o attraverso la ricevuta all’ente per l’utenza domestica) di  provare che la  pensione è stata riscossa da una persona in vita.

Tuttavia, ci possono essere Paesi in cui l’ente locale non rilasci alcuna documentazione, oppure i pensionati vivano lontano dagli enti cerificatori.
“In questi casi – afferma la De Santis – abbiamo avuto un confronto serrato con l’INPS, perchè fosse ammessa   una qualsiasi prova utile a dimostrare l’esistenza in vita anche senza la presentazione di una documentazione rilasciata dal consolato. Con il sostegno dell’INCA e degli altri patronati all’estero potrebbero essere utilizzate  le più diverse documentazioni. Non dimentichiamo infatti che alcuni operatori dell’INCA hanno l’autorizzazione a verificare che la persona che si è presentata all’ufficio è proprio quella che richiede la prestazione pensionistica”. 

Intervista rilasciata a Italian Network

Migrantes

Migrantes – Permesso di soggiorno a punti: “In questa Italia sarà inefficace”

Senza una politica di integrazione ogni strumento rischia di essere estemporaneo

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Uno strumento che in sé può anche essere positivo, ma che in una realtà come quella italiana appare come estemporaneo e inefficace. Così a mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Migrantes, si presenta il permesso di soggiorno a punti annunciato ieri dai ministri dell’Interno e del Lavoro.

Nel nostro paese, a suo giudizio, mancano infatti quei paletti fondamentali, quelle strutture essenziali per l’integrazione, che rappresentano un prerequisito per fare in modo che strumenti come il permesso di soggiorno a punti possano avere successo. Per dirla con un paragone, quello della patente a punti, la condizione dell’immigrato sarebbe quella di dover acquisire un permesso di guida valido vivendo però una situazione in cui mancano strade adeguate, non ci sono cartelli stradali, non vi è alcuna indicazione che aiuti nell’utilizzo dello strumento conseguito.
 
“Prima di lavorare su strumenti che rendono nella pratica più difficoltoso il percorso di incontro, regolarizzazione e integrazione – spiega Perego – bisogna lavorare nel concreto sui cardini della cittadinanza e della residenza, costruendo una vera struttura intorno a ciò e destinando risorse: investimenti che finora però non abbiamo visto”.

Per il direttore di Migrantes “di fronte ad un paese che anziché dopo 40 giorni ti dà il permesso di soggiorno dopo un anno e in cui gli Sportelli immigrazione sono gravati da moltissimo lavoro, la cosa principale è di non aggravare ancora la burocrazia ma di costruire una politica legata al territorio, con la collaborazione di comuni e associazioni, e con un forte rilancio di strumenti come quello delle 150 ore, in accordo con il mondo imprenditoriale e quello sindacale”.

In particolare lo strumento delle 150 ore (che lega istruzione e formazione professionale) potrebbe giocare un ruolo importante anche nella valutazione del tipo di presenza sul territorio, del perché una persona è arrivata in Italia, delle sue esigenze di sicurezza sul lavoro. E quanto ai comuni, sarebbe già importante dare loro un ruolo nelle procedure di rinnovo di un permesso di soggiorno già accordato (dando così rilievo al requisito della residenza su un determinato territorio).

“Senza una politica di integrazione – dice – ogni strumento rischia di essere o estemporaneo o tale da aggravare l’inefficacia di una situazione già di per sé assai precaria”. Il permesso di soggiorno a punti va dunque “nell’ottica del pacchetto sicurezza”, mira a “credere che la sicurezza passa attraverso uno strumento in più e non attraverso una politica diversa: e noi invece dobbiamo affermare proprio questo, anche perché penso che dal punto di vista del contrasto alla irregolarità questo strumento certamente non aiuti”.
 
Perego fa anche due altre considerazioni. Anzitutto, c’è da sciogliere un pregiudizio, dal momento che “non è vero che il mondo dell’immigrazione non è attento ad imparare la lingua o a iscriversi al Servizio sanitario nazionale”: anzi, tale attenzione è molto forte e deve essere facilitata creando attorno le condizioni perché tali risultati possano essere raggiunti. Da questo punto di vista “lo strumento per far ciò non può essere quello di ordinare qualcosa, non almeno in via prioritaria, ma quello di creare attorno alle persone condizioni favorevoli”.

In secondo luogo, non bisogna considerare il migrante sempre e solo come una persona interessata a fermarsi a lungo sul territorio nazionale: tale idea è solamente una ipotesi, che per alcune categorie di immigrati (Perego porta l’esempio delle ucraine specializzate nei servizi alla persona, tutte di età fra 45 e 55 anni, e tutte interessate a far rientro nel proprio paese dopo un certo periodo di tempo) non si realizza affatto. Ecco allora la necessità, per comprendere il fenomeno dell’immigrazione nella sua complessità, di guardare alle storie dei migranti e alle loro stesse esigenze.

NEWS

Comparto scuola: collocamento a riposo d’ufficio con 40 anni di anzianità contributiva

La circolare ministeriale n.94 del 2009

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Il Ministero precisa che il collocamento a riposo d’ufficio per il personale con 40 anni di anzianità contributiva potrà essere differito in data successiva a quella della  maturazione  dello scatto stipendiale  (c.d. gradone), purché ciò avvenga entro l’arco temporale di vigenza della legge.

Il MIUR con la direttiva ministeriale, del 4 dicembre 2009, registrata alla Corte dei Conti il  14 gennaio 2010, afferma che chi  perfeziona  il requisito contributivo di quarant’anni entro il 31 agosto 2010 ma maturerà il  diritto  allo scatto stipendiale il 1° gennaio 2011 sarà collocato a riposo d’ufficio il 1° settembre 2011.

Nella nota di accompagno alla direttiva ministeriale si fa riferimento, quale termine ultimo per la maturazione dello scatto, alla data del 1° gennaio 2012. In effetti, nella generalità dei casi lo scatto viene attribuito il 1° gennaio,  dell’anno successivo a quello in cui si è perfezionato il diritto. Vi sono però situazioni nelle quali l’automatismo economico viene riconosciuto in periodi diversi nel corso dell’anno.

A nostro avviso, la deroga dovrebbe applicarsi a tutti i soggetti che maturano il diritto al miglioramento economico entro il 31 luglio 2012, con relativo scatto al primo giorno del mese successivo (1° agosto). La FLC-CGIL è impegnata ad ottenere dal MIUR un chiarimento in tal senso.

In altre parole, il ministero ha inteso tutelare la posizione di quei soggetti che maturano il diritto  allo scatto stipendiale successivamente al raggiungimento dell’anzianità massima contributiva, a condizione però che l’automatismo ricada nell’ambito temporale di applicazione della legge (31 luglio 2012).

Per contro, laddove il gradone si è già raggiunto o lo si maturerà dopo il 31 luglio 2012, l’amministrazione procederà d’ufficio alla risoluzione del rapporto di lavoro il 1° settembre successivo al raggiungimento  dell’anzianità massima contributiva di quarant’anni. 

Per quanto concerne il trattenimento in servizio per un biennio oltre l’età pensionabile, la nota ministeriale chiarisce non si configura più come un diritto soggettivo del lavoratore   ma è rimesso alla potestà discrezionale dell’amministrazione.

Al riguardo la direttiva ministeriale precisa che  il trattenimento in servizio fino al 67° anno di età può essere concesso ai dipendenti purché non abbiano  40 anni di anzianità contributiva, fermo restando il vincolo  di non creare od aumentare personale in esubero.

Pertanto, nel caso di un dipendente che  al momento dell’istanza di trattenimento in servizio ha maturato 39 anni di anzianità contributiva potrà essere concesso il prolungamento di un anno fino al raggiungimento dell’anzianità massima contributiva di 40 anni.

Le sedi del patronato INCA CGIL sono comunque a disposizione per tutti coloro che volessero avere più approfondite notizie nel merito.