Archivi giornalieri: 2 febbraio 2010

ALCOA

Fabbriche

Nuovo round per Alcoa. Lavoratori a Roma

  

Incontro a Palazzo Chigi per decidere il destino degli stabilimenti italiani della multinazionale. Circa 700 operai nella capitale dalla Sardegna e dal Veneto. Oltre duemila posti a rischio. “Non ce ne andremo senza notizie certe”

 alcoa2_98892.jpg
Circa 500 operai dell’Alcoa di Portovesme sono diretti a Roma su un traghetto partito intorno alle 18 del 1 febbraio dal porto di Cagliari. Sbarco a Civitavecchia alle ore 9 del 2 febbraio, poi viaggio in pullman fino alla capitale per un presidio in occasione del tavolo convocato a Palazzo Chigi con il governo, l’azienda e i sindacati.

Altri 200 lavoratori dell’Alcoa di Fusina (Ve) raggiungono Roma dal Veneto.

L’obiettivo è costringere la multinazionale dell’alluminio a non smantellare gli stabilimenti in Italia e a mantenere l’impegno produttivo e, comunque, a garantire in ogni modo la continuità produttiva dei siti di Portovesme e di Fusina.

Lo scorso autunno il colosso americano dell’alluminio aveva annunciato la chiusura dei siti italiani in risposta alla richiesta di rimborso da parte della Ue, che chiedeva indietro gli aiuti di Stato ricevuti sulle tariffe elettriche. Un decreto legge approvato dal governo il 22 gennaio scorso ha però ridotto le tariffe energetiche andando incontro proprio alle richieste dell’azienda. I sindacati hanno sottolineato in quell’occasione che Alcoa “non ha più alibi” e ci sono le “condizioni per la salvaguardia della produzione e dell’occupazione in Italia”.

I posti a rischio, tra diretti e indotto, sono oltre duemila. Il sit-in, che si annuncia molto agguerrito, si terrà probabilmente in piazza Montecitorio, anche se i lavoratori avevano chiesto la disponibilità di piazza Colonna, davanti alla sede dell’esecutivo.

Ancora incerto l’orario del vertice: inizialmente era stato fissato per le 20.30, ma potrebbe anche essere anticipato alla mattinata del 2 febbraio. Insieme agli operai ci sono anche molti familiari, oltre ai lavoratori della filiera, Eurallumina e Otefal, in cassa integrazione già da un anno. Per il 2 febbraio sono in programma anche manifestazioni in tutto il Sulcis, con gli studenti e i commercianti che dimostreranno la loro solidarietà agli operai. I Consigli comunali di tutto il territorio saranno riuniti in sessioni straordinarie e fungeranno da punto di ritrovo per chi non ha potuto recarsi al presidio di Roma.

“Siamo attrezzati anche per dormire nella piazza, con sacchi a pelo e tutto il necessario: fino a quando non arriveranno notizie certe sul futuro della fabbrica non ce ne andremo”. A dirlo è Roberto Puddu, della segreteria della Camera del lavoro del Sulcis”, raggiunto al telefono mentre il traghetto era in partenza verso la penisola. “Bisogna capire che la chiusura equivale a una vera e propria catastrofe sociale per il nostro territorio. Il governo deve trovare la soluzione. Se Alcoa dovesse chiudere, vorrebbe dire che non sono state create le condizioni per continuare la produzione”.

Oggi la produzione di alluminio nell’isola è ancora attiva, ma l’azienda ha annunciato lo stop degli impianti, che equivarrebbe alla fine del sito industriale: “Se la fabbrica si ferma – spiega Puddu – ci vorranno troppi soldi per riattivarla, e se pure qualcuno ce li mettesse, tra un po’ di tempo sarebbe inutile, perché nel frattempo Alcoa avrebbe perso tutto il mercato e non ci rientrebbe più”. Il nodo da sciogliere resta quello del costo dell’energia. “In altri paesi l’alluminio gode di tariffe basse perché è materia prima. Il governo deve fare in modo che anche da noi ci si sia un prezzo competitivo come in Spagna, ad esempio. E deve dare ad Alcoa la garanzia per anni, non mesi, di poter continuare a produrre con prezzi concorrenziali”.

Stamane si è tenuta un’affollata assemblea nella mensa dello stabilimento veneziano nella quale Giorgio Molin della Fiom Cgil ha sottolineato come Alcoa, già l’anno scorso, avesse iniziato un processo per disimpegnarsi in Italia. “Prima la Cassa integrazione – ha detto – e poi, quando doveva ripartire la produzione di alluminio, il crollo da 80mila a 40mila laminati l’anno. Bisogna bloccare l’offensiva di Alcoa – ha aggiunto Molin – per questo bisogna essere, istituzioni comprese, sotto le finestre di Palazzo Chigi domani”.

Alcoa: l’azienda scrive a Berlusconi, servono garanzie
Il presidente e amministratore delegato dell’Alcoa, Klaus Kleinfeld, ha scritto una lettera al premier Silvio Berlusconi, in risposta a quella che il presidente del Consiglio aveva scritto venerdì scorso ai vertici della multinazionale sollecitando la permanenza dell’azienda in Italia. Nella lettera il manager afferma che la chiusura temporanea degli impianti italiani di Alcoa, annunciata per il 6 febbraio, potrà essere rinviata solo in presenza di una “approvazione scritta da parte della commissione europea” a garanzia che la soluzione proposta sull’abbattimento dei costi energetici “è sicura e legale'”, oppure di una “assicurazione scritta” da parte dei vertici della commissione stessa “che si esprimano sulla proposta entro la fine di febbraio”.

“Se non riceviamo questa assicurazione scritta entro questa settimana – spiega il numero uno della multinazionale statunitense alla vigilia del confronto a Palazzo Chigi -, implementeremo la cassa integrazione a partire dal 5 febbraio e inizieremo una chiusura ordinata degli impianti che ci permetta di riavviarli il più in fretta possibile una volta che la questione verrà risolta”. E l’ad di Alcoa non è fiducioso: “Le esperienze passate – osserva l’ad – ci lasciano poca speranza che la Commissione agirà velocemente”. In ogni caso, “Alcoa desidera rimanere in Italia”, scrive Klaus Kleinfeld confidando nel buon esito dell’intervento di Berlusconi presso la Commissione europea. Però, aggiunge l’ad, “non possiamo continuare a mantenere in vita le nostre attività italiane senza una soluzione competitiva di lungo termine che includa energia ad un prezzo non superiore ai 30 euro mw/h”.

Alcoa, oltre 500 operai in viaggio da Cagliari a Roma

  

di M.M.

Circa 500 operai dell’Alcoa di Portovesme sono diretti a Roma su un traghetto partito intorno alle 18 del 1 febbraio dal porto di Cagliari. Sbarco a Civitavecchia alle ore 9 del 2 febbraio, poi viaggio in pullman fino alla capitale per un presidio in occasione del tavolo convocato a Palazzo Chigi con il governo, l’azienda e i sindacati. I posti a rischio, tra diretti e indotto, sono circa duemila. Il sit-in, che si annuncia molto agguerrito, si terrà probabilmente in piazza Montecitorio, anche se i lavoratori avevano chiesto la disponibilità di piazza Colonna, davanti alla sede dell’esecutivo.

Ancora incerto l’orario del vertice: inizialmente era stato fissato per le 20.30, ma potrebbe anche essere anticipato alla mattinata del 2 febbraio. Insieme agli operai ci sono anche molti familiari, oltre ai lavoratori della filiera, Eurallumina e Otefal, in cassa integrazione già da un anno. Per il 2 febbraio sono in programma anche manifestazioni in tutto il Sulcis, con gli studenti e i commercianti che dimostreranno la loro solidarietà agli operai. I Consigli comunali di tutto il territorio saranno riuniti in sessioni straordinarie e fungeranno da punto di ritrovo per chi non ha potuto recarsi al presidio di Roma.

“Siamo attrezzati anche per dormire nella piazza, con sacchi a pelo e tutto il necessario: fino a quando non arriveranno notizie certe sul futuro della fabbrica non ce ne andremo”. A dirlo è Roberto Puddu, della segreteria della Camera del lavoro del Sulcis”, raggiunto al telefono mentre il traghetto era in partenza verso la penisola. “Bisogna capire che la chiusura equivale a una vera e propria catastrofe sociale per il nostro territori. Il governo deve trovare la soluzione. Se Alcoa dovesse chiudere, vorrebbe dire che non sono state create le condizioni per continuare la produzione”.

Oggi la produzione di alluminio nell’isola è ancora attiva, ma l’azienda ha annunciato lo stop degli impianti, che equivarrebbe alla fine del sito industriale: “Se la fabbrica si ferma – spiega Puddu – ci vorranno troppi soldi per riattivarla, e se pure qualcuno ce li mettesse, tra un po’ di tempo sarebbe inutile, perché nel frattempo Alcoa avrebbe perso tutto il mercato e non ci rientrebbe più”. Il nodo da sciogliere resta quello del costo dell’energia. “In altri paesi l’alluminio gode di tariffe basse perché è materia prima. Il governo deve fare in modo che anche da noi ci si sia un prezzo competitivo come in Spagna, ad esempio. E deve dare ad Alcoa la garanzia per anni, non mesi, di poter continuare a produrre con prezzi concorrenziali”.

NEWS INCA

Invalidità civile- Illegittima la disposizione dell’Inps

Lettera del CEPA, CIPAS, CIPLA, COPAS all’INPS

invalidit.jpg

I Patronati, dei raggruppamenti CEPA,CIPAS,CIPLA e COPAS, hanno  inviato una lettera  al Commissario straordinario,al Direttore generale  ed al Presidente del CIV dell’INPS  chiedendo di eliminare la disposizione che consente alle Associazioni dei disabili di presentare le domande tese ad ottenere i benefici concessi a seguito del riconoscimento di invalidità civile, disabilità ed handicap.

La lettera dei patronati, confermando l’apprezzamento  per la semplificazione, la modernizzazione e la velocizzazione dei procedimenti che l’INPS ha messo in atto, ha presentato formale richiesta di annullare la nuova funzione accordata alle Associazioni, (circolare INPS n. 131 del 28 dicembre 2009).

INVALIDITA’ CIVILE.pdf

Eurispes –  Italia cantiere senza progetto

L’Italia al 23mo posto per gli stipendi

poveraItalia1.jpg

L’Italia è un paese immobile, senza idee e progetti, che non ha interesse a coltivare il cambiamento. E’ quanto emerge dal Rapporto Italia 2010 dell’Eurispes. “Proprio la mancanza di un progetto – sottolinea il testo – segna pesantemente il presente, mortifica le attese degli italiani e impedisce di immaginare e costruire il futuro”. Secondo l’istituto di ricerca, il nostro paese è “un cantiere aperto” con costi altissimi per l’economia e “un rischio per la tenuta stessa della democrazia”. “La perdita di posizioni nelle graduatorie internazionali del reddito e della competitività – rileva il Rapporto –, il peggioramento delle condizioni di vita per fasce sempre più ampie della popolazione e ora le conseguenze e le prospettive della grande crisi economico-finanziaria mondiale iniziata nel 2007 rendono non più rinviabili riforme di profondità”.

L’Eurispes vede gli italiani in difficoltà ma, sorprendentemente, più fiduciosi rispetto al futuro. In confronto ai risultati del sondaggio realizzato nel 2008, è quasi raddoppiata la percentuale di quanti si dicono convinti di un futuro economico migliore per l’Italia (18,3% rispetto al 10,9% del 2008). E si riduce al 36,3% la quota di quanti prevedono che la situazione peggiori nei prossimi dodici mesi.

Eppure è lo stesso Rapporto a ricordare dati già noti e che agli italiani dovrebbero ispirare un certo pessimismo. Ad esempio sugli stipendi, che sono i più bassi dei paesi industrializzati. “Dalla classifica 2008 relativa agli stipendi percepiti dai cittadini appartenenti alle economie che fanno parte dell’Ocse emerge che, a parità di potere d’acquisto, l’Italia occupa il ventitreesimo posto sui trenta paesi monitorati, con un salario medio netto annuo che ammonta a 21.374 dollari, pari a poco più di 14.700 euro”.

Analizzando le buste paga, ecco i primi dieci paesi secondo l’Eurispes: Corea del Sud (39.931 dollari), Regno Unito (38.147), Svizzera (36.063), Lussemburgo (36.035), Giappone (34.445), Norvegia (33.413), Australia (31.762), Irlanda (31.337), Paesi Bassi (30.796) e Usa (30.774). I lavoratori italiani percepiscono uno stipendio annuo inferiore di 18.557 dollari rispetto ai coreani e 16.773 dollari in meno rispetto agli inglesi. Molto più accentuato è il divario con la Norvegia, Irlanda, Paesi Bassi, Germania, Austria, Svezia, Grecia, Belgio e Francia. Un italiano prende il 44% in meno di un collega inglese, il 32% in meno di un irlandese, il 28% in meno di un tedesco e il 19% in meno di un greco. In generale, l’Italia è sotto la media Ocse del 17%. E’ inferiore del 23% alle Ue-15 e del 13% alla Ue-19. Secondo l’Ilo, negli ultimi venti anni il valore degli stipendi italiani è sceso del 13% rispetto al Pil, con una flessione media dell’8% riferita alle 19 economie più avanzate.

L’Eurispes segnala anche che in Italia c’è un elevato livello di corruzione che tende ad aumentare. Lo scorso anno, secondo “Transparency International” citata dal dossier, il nostro paese è risultato al 63esimo posto su 180 paesi nella classifica mondiale della corruzione, continuando nella discesa iniziata nel 2007 (41esimo posto) e proseguita nel 2008 (55esimo). Dato e tendenza analoghe si leggono nel Rapporto della Banca Mondiale, “Worldwide Governance Indicators 1996-2007”. A ulteriore conferma, l’Eurispes ha rielaborato anche i dati del servizio anticorruzione e trasparenza del ministero per la Pubblica amministrazione: l’abuso d’ufficio è il reato più grave registrato nel 2006 dalla Corte di Cassazione, con 1.403 sentenze su un totale di 3.454 sentenze di condanna per atti contro la Pa.

Sintesi rapporto Italia 2010.doc

NEWS

Fisco – La Cgil chiede uno sgravio per pensionati e dipendenti

Non si può aspettare……

fisco1.jpg

Il leader della Cgil Guglielmo Epifani chiede uno sgravio per i dipendenti e i pensionati ”in media di 500 euro netti a testa, entro aprile, attraverso una detrazione aggiuntiva”.

Così, spiega Epifani in un’intervista ”se il governo prendesse l’impegno a restituire subito una parte del prelievo fiscale, ad aumentare il massimale della cassa integrazione e a confrontarsi sull’accoglienza, la Cgil valuterebbe la possibilita’ di fare marcia indietro sullo sciopero” generale previsto per il 12 marzo.

Secondo Epifani, ”non si puo’ aspettare il 2013 come chiede Giulio Tremonti”. ”Nel 2009 – spiega – dipendenti e pensionati hanno pagato un punto in più di tasse. Se passano altri tre anni senza che il governo faccia nulla, ne pagheranno altri tre.

Se alla fine, nel 2013, ci dovessero dare qualche sgravio, forse non sarebbe neppure la restituzione di quanto nel frattempo abbiamo pagato in piu”. Per questo, osserva Epifani, ”va bene aprire la discussione sulla riforma di sistema, ma intanto bisogna fare qualcosa ora”.

(ANSA)

Italia senza immigrati: cantieri fermi e malati senza assistenza

Non solo braccia

immigrati11.jpg

Nei cantieri navali di Monfalcone, in provincia di Gorizia, è nata la prima rappresentanza sindacale composta interamente da bengalesi. Non per creare un ghetto, ma perché su 45 operai dell’Adriatica, una delle 350 imprese che lavorano in appalto, solo uno è italiano. È dai cantieri in cui vengono costruite le navi da crociera più grandi del mondo, orgoglio del made in Italy, che parte l’inchiesta di Terre di mezzo – street magazine, dal titolo “Senza di loro? Provateci” (www.terre.it). Sulla copertina del mensile,  il fiocco giallo, simbolo della “Giornata senza di noi”, che si terrà il primo di marzo in Italia, Francia, Spagna e Grecia. L’inchiesta mostra cosa accadrebbe se non ci fossero migranti nel nostro Paese. Cantieri fermi e malati senza assistenza nelle corsie degli ospedali. Nei prossimi anni avremo bisogno di 70mila infermieri.

Ma gli immigrati non sono solo braccia e rivendicano i loro diritti. I sindacalisti bengalesi lottano per uno stipendio giusto e per condizioni di lavoro migliori. Che quasi mai sono garantite nelle imprese appaltatrici, dove vige di solito la “paga globale”: mille euro al mese per 14 ore al giorno. Niente malattie, ferie, straordinari o altri diritti previsti dal contratto nazionale dei metalmeccanici.

Il reclutamento degli infermieri sono un business per agenzie interinali e cooperative. Un giro d’affari di 300mila euro all’anno. Nelle cooperative, però, si annida il rischio di sfruttamento: c’è chi percepisce anche il 40% in meno dello stipendio previsto e chi lavora di giorno in una clinica e di notte in un’altra.

Premio di occupazione

1 febbraio 2010

Premio di occupazione/formazione in azienda D.L. 78/2009, convertito nella legge 102/2009
Lavoratori percettori di trattamento di sostegno al reddito coinvolti in progetti di formazione in azienda    

Pubblicato il Decreto Interministeriale del 18/12/2009, relativo alla possibilità di utilizzo dei lavoratori percettori di sostegno al reddito, in progetti di formazione, di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 01/07/2009, n.78, convertito, con modificazioni, nella legge 03/08/2009, n. 102.
 
Il decreto è corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Decreto Interministeriale del 18 dicembre 2009 (formato .pdf  164 Kb)20090803_L_102.pdf

Per ulteriori informazioni vai alla Sezione del sito dedicata