Archivi giornalieri: 3 febbraio 2010

Operai ALCOA

Fabbriche

Alcoa, il confronto continua lunedì

 

Tavolo riconvocato l’8 febbraio. Il governo ha chiesto di non chiudere prima della prossima riunione, altrimenti potrebbe requisire gli impianti. Da domani partono le verifiche ambientali e sanitarie. Gli operai restano in presidio a Montecitorio

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E’ stato riconvocato per lunedì 8 febbraio alle 19.30 il tavolo per la vertenza Alcoa. Il governo ha chiesto all’azienda di non chiudere gli impianti prima della prossima riunione. L’incontro di ieri sera si è concluso verso l’1.30 di notte, ma senza novità decisive: il negoziato resta in salita.

Un piccolo presidio di lavoratori continua a stazionare in piazza Montecitorio. Guardati a vista da diversi poliziotti (alcuni dei quali in borghese) una decina di operai hanno montato alcune tende, un gazebo e acceso un piccolo fuoco per combattere il freddo. “Resterermo fino all’8 febbraio”, spiega uno di loro.

Camusso (Cgil), requisire impianti se azienda chiude
Il sindacato ha chiesto al governo di garantire la continuità del lavoro, anche a costo di ‘requisire gli stabilimenti’ di Alcoa. Lo annuncia la segretaria confederale della Cgil, Susanna Camusso, secondo cui gli impianti ‘devono rimanere in funzione. Per questo la Cgil chiederà ai lavoratori di presidiare gli stabilimenti affinchè non ci sia la tentazione di procedere ad una chiusura, almeno prima della prossima convocazione fissata per l’8 febbraio’. Camusso riferisce quindi che il governo ha chiesto all’azienda di mantenere l’apertura, dopo le garanzia ottenute dall’Ue, inizialmente ‘fino al 22 marzo, ma anche fino al 28 febbraio, data indicata dalla stessa Alcoa come termine per una risposta definitiva da parte della Commissione europea, ma l’azienda ha risposto picche e il governo ha chiesto all’ad di Alcoa Italia di andare in Usa per discutere direttamente con la direzione della multinazionale americana’.

Partono verifiche ambientali e sanitarie
‘Da domani (4 febbraio) avvieremo le procedure per ogni opportuna verifica della situazione ambientale e sanitaria’. Lo dichiara il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, a margine della riunione. ‘Saremo al fianco del governo – aggiunge – per porre in essere tutte le iniziative fino alla requisizione degli impianti. Ciascuno si deve assumere le proprie responsabilità in una situazione molto critica, in cui sono in gioco migliaia di posti di lavoro’.

“L’atteggiamento di Alcoa è inqualificabile” – ha denunciato il segretario generale della Cgil Sarda Enzo Costa, che ieri notte era presente al vertice a Palazzo Chigi: “Nonostante la disponibilità dimostrata dai governi nazionale e regionale nel farsi carico dell’abbattimento dei costi energetici, la multinazionale si dimostra poco interessata a mantenere attivi gli impianti e assume, per di più, un atteggiamento irriverente nei confronti dei propri interlocutori e soprattutto degli lavoratoti che hanno atteso a Roma fino a tarda notte l’esito della trattativa”.

“Le continue garanzie che Alcoa chiede
– aggiunge Costa – appaiono più pretesti che condizioni per continuare le produzioni negli stabilimenti di Portoscuso e Fusina: non sono stati neanche in grado di garantire la marcia degli impianti fino al prossimo incontro”.

La Cgil isolana chiede al governo nazionale e regionale un atteggiamento di totale severità nei confronti di “un gruppo che, dopo aver sfruttato impianti, territorio e lavoratori realizzando utili considerevoli, gira le spalle alla Sardegna e all’Italia, incurante dei disastri sociali e ambientali che si lascia alle spalle”.

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» VIDEO, le immagini del sit-in

NEWS

Cassazione – Quando l’infarto del miocardio integra la causa violenta

Utili indicazioni dalla Cassazione

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Nell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la causa violenta consiste in un evento che con forza concentrata e straordinaria agisca, in occasione di lavoro, dall’esterno verso l’interno dell’organismo del lavoratore, determinando una rottura dell’equilibrio organico.

Con riguardo a un infarto cardiaco, che di per sé non integra la causa violenta, va accertato se la rottura dell’equilibrio nell’organismo del lavoratore sia da collegare causalmente a specifiche condizioni ambientali e di lavoro improvvisamente eccedenti la normale adattabilità e tollerabilità.

Con ricorso depositato in data 17.5.2000, C.E., in proprio e quale genitrice esercente la potestà sulle figlie minori M.A. e R., conveniva in giudizio l’INAIL ed esponeva che il proprio coniuge M.A. era deceduto improvvisamente per arresto cardiaco, mentre prestava servizio di vigilanza presso gli uffici del Giudice di Pace di …. Il defunto era socio della cooperativa …… ed era stato esposto, nell’adempimento del servizio, a
continuo stress psicologico, aveva subito ripetuti atti di intimidazione e nel periodo in cui il decesso si era verificato gravava sul lavoratore un’afa eccessiva; inoltre il luogo di lavoro non era dotato di sistemi di aereazione.

Il ricorso deduceva in sostanza che il decesso era da qualificarsi come infortunio sul lavoro, o in ipotesi come conseguenza di malattia contratta a causa di servizio, motivo per il quale chiedeva la corresponsione delle indennità di legge.

In primo grado veniva riconosciuto il caso come infortunio sul lavoro mentre la Corte di Appello, su ricorso dell’INAIL, perveniva a modificare il giudizio, sopratutto sulla base della mancanza della dimostrazione di condizioni lavorative che configurassero la causa violenta.

Nel respingere il caso purtuttavia la Cassazione ha fornito utili indicazioni in merito alle caratteristiche che deve assumere l’infortunio e più specificamente l’infarto come infortunio.

7° 201072010numeronewsletter.pdf