Archivio mensile:luglio 2009

La voce della Lega

La  voce della Lega

 

Grillo? Ve lo invidio

 

Grillo dice: «Mi candido» e tutti allora a

urlacchiare: «No tu no! Lui non può!

Non ha i numeri!Ha parlato male di noi!

Lo fa solo per farsi pubblicità…». Io penso

che questi capi manipolo dei rossi

hanno capito che corrono il rischio di

essere messi da parte.«Grillo è un comico,

fariderela gente…»ma andiamo!Cari

membri del politburo nostrano, anche

voi avete fatto ridere. Grillo avrebbe

bisogno d i accrescere la sua popolarità?

Ne ha fin troppa. Ha parlato male

divoi?Meno male,avreste dovuto farlo

voi, senza aiuti esterni, suggerendo

finalmente un cambiamento

di rotta alla

vostra politica stantìa basata solo sull’

anti- berlusconismo. Meno male che

non lo vogliono, è

una voce nuova e autorevole

e potrebbe

portargli molti consensi.

 

Rag. Fantozzi

Mobbing

mobbing.jpgPrevenzione e rischi

Come difendersi dal mobbing: guida pratica per tutelarsi e avere sostegno

13 luglio 2009. Realizzato dall’agenzia Umbria ricerche per conto della Regione, lo strumento offre informazioni e notizie utili per riconoscere il fenomeno e denunciarlo. Secondo una ricerca condotta due anni fa dalla Cgil Umbria un lavoratore su tre ne è vittima, in particolare le donne tra 30 e 40 anni

PERUGIA – Mobbing: come riconoscerlo e quali sono gli strumenti a disposizione del lavoratore per tutelarsi. Informazioni tanto semplici quanto necessarie, contenute nell’opuscolo informativo che l’agenzia Umbria ricerche ha realizzato su incarico della Regione e presentato a Perugia nei giorni scorsi. La guida, curata dal ricercatore Giuliano Bussotti, oltre a illustrare il fenomeno del mobbing e la sua evoluzione negli ultimi anni, offre informazioni sulla tutela giuridica, consigli e numeri utili di strutture istituzionali e sanitarie di riferimento alle quali il lavoratore “mobbizzato” può rivolgersi per avere sostegno.

Secondo una ricerca condotta due anni fa dalla Cgil Umbria, un lavoratore su tre subisce mobbing in varie forme, più o meno pesanti. Le vittime sono soprattutto donne, nella fascia di età compresa tra i 30 e i 40 anni.  Un dato accomuna le lavoratrici e i lavoratori “mobbizzati”: la difficoltà a chiedere subito aiuto e a rivolgersi alle istituzioni o al sindacato; in molti casi si preferisce, infatti,  parlarne solo con i familiari o  con gli amici. “Tra pochi mesi sarà pronta una ricerca esaustiva sul fenomeno del mobbing  in Umbria”, anticipa Giuliano Bussotti. “La base da cui siamo partiti è proprio l’ultima indagine realizzata dalla Cgil Umbria. Il primo dato che si può segnalare è che sono circa il 10% i lavoratori che rientrano nei parametri di definizione del mobbing, relativamente alla sistematicità e alla frequenza degli atti persecutori. Un elemento di preoccupante continuità è dato dalla prevalenza delle donne, nella maggior parte dei casi giovani, nel pieno della vita lavorativa e, spesso, con una famiglia”.

L’Umbria, accanto al Friuli Venezia Giulia e all’Abruzzo, ha emanato nel 2005 una legge regionale, (18/2005, ndr) in cui vengono delineati compiti, responsabilità e percorsi mirati a prevenire il fenomeno, monitorare la sua evoluzione grazie all’Osservatorio regionale dei casi di mobbing e fronteggiare le conseguenze psicologiche e fisiche sui lavoratori. “Nonostante il vuoto normativo a livello europeo, l’Umbria si è mossa prima e più in fretta delle altre regioni italiane”, continua Bussotti, “e sicuramente una delle novità contenute nella legge è proprio l’istituzione dell’Osservatorio che, oltre ai compiti di ricerca, deve fornire direttive precise alle strutture sanitarie pubbliche, chiamate a dare assistenza medico-legale e psicologica alle vittime del mobbing, annoverato dall’INAIL tra le  malattie professionali”.

“Ma occorre fare di più, la legge da sola non basta”, sottolinea il ricercatore. “E’ necessario inserire la politica di monitoraggio e di vigilanza nelle “pieghe” dei contratti collettivi nazionali di lavoro, delineando così  una buona prassi di gestione del rischio mobbing, sia nel pubblico che nel privato”.  Una prassi che dovrebbe far parte integrante, in particolare, degli accordi integrativi aziendali di secondo livello e dei codici di condotta, più vicini al territorio e alle realtà lavorative della regione. Come dire, ogni azienda deve ritenersi responsabile nella prevenzione delle varie forme di mobbing, così come ogni lavoratore deve informarsi adeguatamente per poter chiedere una tutela immediata, limitando il più possibile le conseguenze sulla sua salute psico-fisica.

“La diffusione dell’opuscolo informativo è stata comunque l’occasione per riunire attorno allo stesso tavolo tutti gli attori istituzionali coinvolti nel problema”, conclude Bussotti, “dalle Asl ai sindacati, dalle istituzioni regionali al mondo delle imprese. Una sinergia necessaria che potrebbe tornare utile subito, a partire dalla messa a regime di un nuovo sistema di valutazione dei rischi e delle criticità, adottabile da tutti e trasversale a ogni realtà lavorativa”.

(Red.soc/Umbria) 

 

Mobbing: Cassazione, ecco come ottenere il risarcimento del danno

La Corte di Cassazione ha stilato un vademecum su quelle che debbono essere le regole per ottenere il risarcimento del danno in caso di mobbing in ufficio. Secondo la Corte, per evitare cause inutili, occorre considerare in primo luogo che per “per ‘mobbing’ si intende una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazione e di persecuzione psicologica, da cui puo’ conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalita’”. Fatta questa precisazione la Corte (sentenza 3785/2009) spiega che per avere maggiori possibilità di successo in una causa per mobbing occorre innanzitutto che vi sia una “molteplicita’ dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistamatico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio”.
In secondo luogo occorre sapere che per poter parlare di mobbing occorre che una determinata azione sia stata lesiva “della salute o della personalita’ del dipendente”. Ma non basta, la Suprema Corte sottolinea anche la necessità di acertare l’esistenza del “nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrita’ psico-fisica del lavoratore”. Da ultimo occorre avere la prova dell’elemento soggettivo ossia dell’intento persecutorio. E’ stato così respinto il ricorso di un postino che nel fare causa alle
poste per un infornunio aveva anche sostenuto di essere stato vittima di vari episodi di mobbing. La Cassazione pur avendo accertato che vi erano stati dei contrasti tra la dirigente d’ufficio e il lavoratore, tali contrasti di per sè “non sono tali da provare la sussistenza di un intento vessatorio del dirigente dell’ufficio”.

Corte di cassazione civile
sentenza 3785/09 del 17/02/2009


Per “mobbing” (nozione elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza giuslavoristica) si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità.

Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono pertanto rilevanti i seguenti elementi:

la molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche liciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio;

l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente;

 il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore;

 la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.

 

Cass. civ. Sez. lavoro, 17-02-2009, n. 3785

…omissis…

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 41 Cost. e art. 2087 c.c., nonchè vizi di motivazione, e sostiene: che l’obbligo del datore di lavoro di adottare tutte le misure idonee ad impedire infortuni non si esaurisce nella mera osservanza di norme di legge o contrattuali, ma si estende all’adozione di tutte quelle misure che siano idonee a garantire l’incolumità dei lavoratori in base alla comune esperienza ed alle regole della tecnica; che sul lavoratore infortunato grava solo l’onere di provare il danno e la sua derivazione dall’ambiente di lavoro, mentre spetta al datore di lavoro l’onere di provare di aver adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro in concreto svolto dal dipendente, si rendano necessarie per tutelarne l’integrità fisica;

che dunque ha errato il giudice di appello non ravvisando alcuna responsabilità delle Poste, malgrado queste non avessero assolto all’onere probatorio su di loro incombente.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2087, 2043 e 2049 c.c., violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè vizi di motivazione, e sostiene: che il giudice di appello non ha fatto buon governo delle prove testimoniali raccolte omettendo di prendere in esame quelle dalle quali emergeva il comportamento vessatorio della direttrice dell’Ufficio (testimonianze di L. D., R.G., I.L. e T.C.) e fondando invece il suo giudizio su testimonianze, o su passi di testimonianze, favorevoli alla società, peraltro senza motivare in alcun modo tale scelta.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che l’art. 2087 cod. civ., non configura una ipotesi di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, con la conseguenza di ritenerlo responsabile ogni volta che il lavoratore abbia subito un danno nell’esecuzione della prestazione lavorativa, occorrendo invece che l’evento sia pur sempre riferibile a sua colpa, per violazione di obblighi di comportamento, concretamente individuati, imposti da norme di legge e di regolamento o contrattuali ovvero suggeriti dalla tecnica e dall’esperienza, il cui accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato (Cass. n. 6018/2000, n. 1579/2000). Quanto all’onere della prova, al lavoratore che lamenti di aver subito un danno alla salute a causa dell’attività lavorativa svolta incombe l’onere di provare l’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro e il nesso causale fra questi due elementi; quando il lavoratore abbia provato tali circostanze, grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (Cass. n. 16881/2006, n. 7328/2004, n. 12467/2003).

A questi principi si è correttamente attenuta la Corte di Appello laddove ha osservato che, mentre nessuna norma, legale o contrattuale, impone alle Poste di dotare i portalettere di scarpe antiscivolo, non è neppure ravvisabile la responsabilità della società per violazione di norme di comune prudenza, in quanto la presenza di ghiaccio sulla strada è una situazione legata a particolari condizioni climatiche e ambientali non facilmente prevedibili in anticipo, anche perchè il portalettere, dovendo spostarsi sul territorio, può incontrare condizioni, sia atmosferiche che ambientali, molto diverse e variabili nel corso della giornata lavorativa. La Corte Territoriale ha così dato congrua spiegazione della mancanza di colpa del datore di lavoro nella produzione dell’evento dannoso subito dal dipendente e tale accertamento di fatto, per essere congruamente e logicamente motivato, non è suscettibile di censura in sede di legittimità.

Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso. Per “mobbing” (nozione elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza giuslavoristica) si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili, che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono pertanto rilevanti i seguenti elementi: a) la molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche liciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.

La Corte di Appello ha ritenuto che le testimonianze raccolte, pur evidenziando l’esistenza di contrasti tra la dirigente dell’ufficio ed il G. in ordine alle modalità di svolgimento delle prestazioni di lavoro da parte del dipendente, non sono tuttavia tali da provare la sussistenza di un intento vessatorio del dirigente dell’ufficio postale di (OMISSIS) nei confronti del lavoratore.

Con la censure in esame il ricorrente assume che il giudice del gravame non abbia valutato correttamente le prove, trascurando le prove testimoniali o le parti delle prove testimoniali favorevoli alle tesi del G. e privilegiando invece quelle a questi contrarie. Una siffatta censura non tiene conto però della costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui il vizio di omessa o insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte. Al riguardo è appena il caso di ricordare che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di individuare le fonti del proprio convincimento scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti e di dare la prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, spetta in via esclusiva al giudice del merito; di conseguenza la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata, per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito (cfr. tra le tante Cass. n. 6064/2008, n. 17076/2007, n. 3994/2005, n. 11933/2003, n. 5231/2001).

Nella specie le valutazioni delle risultanze probatorie operate dal giudice di appello sono congruamente motivate e l’iter logico- argomentativo che sorregge la decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione. Per contro, le censure mosse dal ricorrente si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di un diverso apprezzamento delle stesse prove e delle stesse circostanze di fatto già valutate dal giudice di merito in senso contrario alle aspettative del medesimo ricorrente e si traducono nella richiesta di una nuova valutazione del materiale probatorio, del tutto inammissibile in sede di legittimità.

In definitiva, il ricorso deve essere respinto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore del resistente, delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 22,00 per esborsi ed in Euro duemila per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2008.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2009

 

 

Infezione ossee

Lavoro e sicurezza

Infezioni ossee, in Sicilia protocollo INAIL a sostegno dei lavoratori

Radigrafia13 luglio 2009. L’Istituto ha avviato una piattaforma operativa con Anio Onlus che offrirà all’infortunato la possibilità di usufruire di consulenze di centri specializzati di ortopedia in ambito nazionale. Nel 2008 nella regione sono state 3.672 le persone affette da patologie di questo tipo, a fronte di 19.380 casi in tutto il Paese

PALERMO – Più tutele e qualità della vita per i malati di infezioni ossee. INAIL Sicilia e Anio Onlus hanno firmato un protocollo d’intesa per l’avvio di una piattaforma operativa che offrirà all’infortunato sul lavoro – nei casi di complicazioni da fratture ossee – la possibilità di usufruire delle consulenze di centri altamente specializzati di ortopedia in ambito nazionale. L’accordo è stato siglato questa mattina presso la direzione regionale INAIL di Palermo dal nuovo direttore di INAIL Sicilia,  Mauro Marangoni, e dal presidente nazionale dell’Anio (Associazione nazionale per le infezioni osteo-articolari),  Girolamo Calsabianca.

Secondo i dati statistici del 2008 il fenomeno delle infezioni ossee in Italia ha riguardato 19.380 mila nuovi casi, 3.672 dei quali in Sicilia. I traumi da infortunio sul lavoro che interessano l’apparato osteo-articolare possono essere aggravati, infatti, da infezioni ossee ed articolari (osteomielite) a causa delle fratture e ferite esposte a contaminazioni batteriche. Finalità del protocollo è fornire agli infortunati l’assistenza necessaria e l’assunzione di ogni utile proposta per realizzare comuni iniziative di studio, ricerca e campagne di informazione per contrastare il dilagare della patologia.

“E’ un accordo che ritengo molto importante perché finalizzato a cercare di alleviare in qualche modo la sofferenza di chi si infortuna e dando nello stesso tempo maggiore garanzia di un inserimento più rapido nel posto di lavoro”, afferma Marangoni. “La collaborazione con l’Anio, che dispone di una grossa banca dati sulla malattia, porterà enormi benefici effetti sia all’assistito che all’intero Istituto”. “Il lavoro che da oggi parte è significativo perché rappresenta l’intento comune grazie alla sensibilità mostrata dall’INAIL di rispondere nella maniera più tempestiva a chi soffre di questa malattia”, Calsabianca. “E’ l’inizio di una cooperazione che propone un futuro di sostegno al malato che prima non c’era. Se una frattura esposta viene curata secondo un iter altamente professionale, si possono raggiungere dei risultati molto positivi”.

Le infezioni dell’apparato scheletrico sono oggi fra le patologie a maggiore impatto sociale per frequenza, costi, lunghezza e difficoltà del trattamento e invalidità residue. La malattia è  soprattutto conseguenza di interventi chirurgici e di eventi traumatici. L’impegno concreto che INAIL Sicilia e l’Anio porteranno avanti sarà quello di migliorare la qualità dei servizi istituzionali da offrire al lavoratore infortunato, al fine di attuare in sinergie politiche sanitarie più efficaci e che sappiano rispondere, al contempo, anche ad esigenze di risparmio della spesa pubblica.

Danni da vaccini

Danni da vaccini. Il Tar contro il criterio unico per i risarcimenti

Il tribunale amministrativo contro il parametro unico ministeriale 

Non è conforme alla legge adottare un parametro uguale per tutti (il 12,5 percento) nel risarcire chi ha subito danni irreversibili da vaccino. Lo ha stabilito il Tar del Lazio accogliendo un ricorso di una ragazza danneggiata in maniera irreversibile dalla vaccinazione obbligatoria.

Dichiarando illegittima la riduzione ministeriale, i giudici hanno stabilito per la ragazza un risarcimento anche per i danni esistenziali, pari al 20 percento delle somme pagate in ritardo o non pagate.

Il 23 luglio scorso, i genitori della ragazza si erano rivolti al Tar chiedendo di annullare la parte del decreto che non prevede una priorità nei pagamenti, né una diversificazione dell’indennizzo decennale in relazione alla gravità dei danni.

I giudici hanno ritenuto che “non appare conforme alla ratio della legge – si legge nella sentenza – adottare un parametro uguale per tutti”, e sottolineato come la diversa rilevanza e gravità dei danni sembra invece essere presa in considerazione da un ulteriore articolo della legge “in funzione della indicazione di una misura massima e quindi sul presupposto di una ragionevole diversificazione”.

“Si tratta di una sentenza di portata innovativa – ha spiegato Marcello Stanca, presidente Amev – in quanto lo Stato, caso unico, è stato condannato a pagare una multa del 20 percento delle somme pagate in ritardo o non pagate; e questo vale per almeno 350 di 700 persone cui sono dovuti 200.000 euro di arretrati”, ha detto l’avvocato Stanca preannunciando una richiesta di risarcimento al ministro della Salute in persona, per tutti i soci Amev ingiustamente e colpevolmente pretermessi”. (ANSA).

Notizie

Indennità INPS per i lavoratori talassemici

Utilità dei periodi maturati in Stati membri dell’Unione Europea, nonché in stati extra-UE convenzionati.

L’indennità  INPS prevista per i lavoratori talassemici, la cui domanda va presentata alla sede INPS competente per il territorio di residenza del richiedente, è erogata se il richiedente ha: 10 anni di anzianità contributiva (pari a 520 settimane), il requisito sanitario attestato da strutture sanitarie pubbliche (ASL), l’età anagrafica pari o superiore a 35 anni.
Il requisito contributivo si perfeziona con contributi derivanti da: lavoro dipendente; lavoro autonomo; lavoro parasubordinato; contribuzione figurativa; versamenti volontari e periodi assicurativi versati da Stati membri della UE o Stati non comunitari legati all’Italia da Convenzioni bilaterali di sicurezza sociale.
Per quanto riguarda il requisito sanitario, le ASL devono attestare una delle seguenti patologie: talassemia major; drepanocitosi; talasso-drepanocitosi; talassemia intermedia in trattamento trasfusionale o con idrossiurea.
L’importo dell’indennità, erogata dall’INPS per 13 mensilità, é pari all’importo annuale del trattamento minimo. L’indennità, esente IRPEF, può essere cumulata con la retribuzione e con qualsiasi prestazione pensionistica.

Aumento indennizzi

Infortuni sul lavoro: gli aumenti degli indennizzi in Capitale e delle rendite

Con il Decreto del 27 marzo 2009 del Ministero del Lavoro, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 120 del 26 maggio 2009, sono aumentati dell’8,68% gli indennizzi in capitale e le rendite INAIL da danno biologico. A guardare gli aumenti sulla tabella di rivalutazione, pubblicata sul sito dell’Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro, si tratta di incrementi modesti, se raffrontati al bilancio dell’Inail che ha un “tesoretto”, depositato per intero presso la Tesoreria dello Stato, che ammonta ad oltre 13 miliardi di euro. L’Istituto assicuratore, ogni anno, ha un avanzo di bilancio di quasi due miliardi di euro.

Sono quasi 30 mila i lavoratori che ogni anno rimangono invalidi sul lavoro, che molte volte devono avviare ricorsi legali contro l’Inail per vedersi riconosciuti i propri diritti e ottenere una rendita in seguito a infortunio.

Peraltro, l’iter per il riconoscimento dell’invalidità è un percorso difficile che sottopone il lavoratore offeso a continui esami, valutazioni, ricorsi, visite mediche e raccolte di documenti.

Il 24 giugno 2009 l’Inail ha presentato alla Camera dei Deputati, il Rapporto Annuale 2008 sugli infortuni sul lavoro. Secondo l’Istituto assicuratore, sia gli infortuni sul lavoro, che quelli mortali sono diminuiti: per quanto riguarda i decessi, si è passati da 1207 casi del 2007, a 1120 del 2008; gli incidenti invece sono diminuiti da 912419 del 2007, ad 874.940 del 2008.

Nel Convegno Inca-Cgil, che si è tenuto a Roma il 24 giugno 2009 (proprio il giorno di presentazione del Rapporto Annuale Inail), dal titolo “Il lavoro offeso”, dove è stata presentata la ricerca Ires-Cgil e Fillea Cgil, è emerso che i dati ufficiali non danno una rappresentazione reale del dramma.

Franca Gasparri, della Presidenza dell’Inca Cgil, è convinta che ci sia una sostanziale sottovalutazione del fenomeno. “La nostra esperienza ci dice che -spiega- il 30% degli infortuni sul lavoro in Italia non vengono dichiarati come tali. Inoltre c’è una sottostima del problema delle malattie professionali”.
Per Raffaele Minelli, Presidente delI’Inca-Cgil, “gli infortuni sul lavoro sono molti di più; si potrebbe addirittura raddoppiare il dato INAIL, perchè spesso gli incidenti non vengono denunciati e il sistema delle tutele e degli indennizzi così come quello del controllo e della prevenzione è del tutto indadeguato”.

Marco Bazzoni, Rls – Firenze

La voce della lega….

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Pillole di saggezza

di Rag. Fantozzi

Amici sovversivi, prendete esempio dalla nostra santa cultura leghista. Eccovi alcuni spezzoni tipo, delle conversazioni nei bar della Santa Padania: «Una volta la sera si poteva uscire tranquilli, ora no. Ci sono i maledetti extracomunitari!». «E poi il clima è cambiato, fa freddo in agosto». Una vecchia dal fondo: «Non si sa più come ci si deve vestire», il barista: «Non ci sono più le stagioni». Un vigile saggio: «E intanto il tempo vola», un frate che sta rubando il portafoglio a un disgraziato: «Oggi ci siamo domani… chissà». Il sindaco: «Io i giovani non li invidio; il sabato sera nelle fetide discoteche si ubriacano elemosinando pasticche a destra e a manca!». «E ti credo! – interviene un postino – sono infelici perché hanno tutto e non sanno più cosa desiderare!»

11 luglio 2009

Lavoro Occasionale

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Applicazione del sistema di regolazione del lavoro accessorio
Il D.L. n. 112/2008 convertito in Legge n. 133/2008 ha disciplinato la regolamentazione delle prestazioni di lavoro occasionale di tipo accessorio, individuando nell’INPS il ruolo di concessionario del servizio.

L’applicazione della disciplina, avviata in via sperimentale in occasione delle vendemmie 2008, svolte da studenti e pensionati, è stata estesa dalla circolare INPS n. 94 del 27 ottobre 2008 a tutte le attività agricole di carattere stagionale, sempre effettuate da studenti e pensionati, nonché alle attività agricole – anche non stagionali – svolte a favore dei produttori agricoli aventi un volume di affari non superiore a 7000 euro.

Dal 1° dicembre 2008, la Circolare n. 104 ha esteso l’ambito di applicazione del lavoro accessorio ai settori del commercio, turismo e servizi.

La Circolare n. 44 del 24 marzo 2009 ha fornito indicazioni per l’applicazione del lavoro occasionale accessorio nel settore domestico.


La Circolare n. 76 del 26 maggio 2009 ha chiarito le modalità applicative per l’impresa familiare operante nell’ambito del commercio, del turismo e dei servizi.

Lavoro e sicurezza

Lavoro e sicurezza

“L’imprenditore è responsabile anche in presenza dell’addetto alla sicurezza”

Sentenza10 luglio 2009. Sentenza della Cassazione: nei cantieri edili l’incaricato deve essere una persona tecnicamente preparata e la sua nomina deve risultare da precisi documenti aziendali. Senza questi requisiti minimi, il titolare è sempre chiamato a rispondere in caso di incidenti di un suo operaio

MILANO – Non basta la nomina di un addetto alla sicurezza sui cantieri per cancellare tutte le responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio. Con la sentenza decalogo n. 27819/2009 in materia di obblighi degli imprenditori, la Cassazione ha confermato la condanna della Corte d’Appello di Milano nei confronti del titolare di una società di opere stradali accusato di omicidio colposo per la morte di un operaio. I giudici della quarta sezione penale hanno sottolineato, infatti, che la presenza in cantiere del responsabile della sicurezza non è di per sé motivo sufficiente per esonerare il titolare dell’azienda dalle colpe di un eventuale incidente.

In particolare, se è vero che l’imprenditore può delegare ad altri i suoi doveri di “osservanza e sorveglianza” delle norme anti-infortuni, tuttavia questo incarico non può essere affidato a chiunque. Deve invece trattarsi di una “persona tecnicamente capace dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento”. In sostanza: se l’incaricato non possiede dei “requisiti minimi”, la sua attività è come se non ci fosse e le responsabilità restano interamente a carico del proprietario della ditta. La delega, inoltre, deve risultare da un documento chiaro e formalmente accettato dal destinatario. Nel caso specifico che ha motivato il giudizio, il cantiere stradale non era segnalato in modo da “garantire l’incolumità dei lavoratori”: un omissione che, secondo i giudici, fu la causa del travolgimento di un operaio da parte di un camion.

La Suprema Corte ha sottolineato, ancora, una serie di disposizioni che riguardano i compiti del datore di lavoro. Essendo questi titolare di una posizione di garanzia, deve istruire il personale circa i rischi inerenti all’attività svolta, adottando nel contempo le opportune misure precauzionali. Le disposizioni, poi, devono essere sempre da lui controllate e osservate per evitare trascuratezze e, tanto meno, disapplicazioni. Il “capo” ha l’obbligo, infine, di controllare in maniera continua ed effettiva che la strumentazione professionale venga utilizzata correttamente e che i processi di lavoro si svolgano senza problemi.

Umbria Olii: presidio della CGIL al processo

La strage infinita

Martedì 24 novembre prende finalmente il via il processo per una delle stragi sul lavoro più dolorose della recente storia italiana, quella che ha visto la morte di 4 lavoratori di una ditta esterna alla Umbria Olii di Campello sul Clitunno (Pg), il 25 novembre del 2006.

Martedì, tre anni dopo la tragedia, la CGIL sarà davanti al tribunale di Spoleto, dove si celebrerà il processo, insieme ai familiari delle vittime, all’associazione Articolo21, all’onorevole Antonio Boccuzzi, operaio sopravvissuto alla strage della Thyssen di Torino, ad alcune forze politiche del territorio e a tutti i cittadini che vorranno essere presenti per chiedere con forza che il processo all’amministratore delegato dell’azienda, Giorgio Del Papa, possa finalmente partire davvero.

Nel frattempo la CGIL dell’Umbria, quella di Perugia e la Fiom CGIL provinciale hanno formalizzato la loro costituzione di parte civile nel processo Umbria Olii.

“Quello che è successo recentemente a Gubbio dimostra che è necessario mantenere altissima la vigilanza sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, perché c’è un forte rischio di allentamento dovuto anche alla crisi – ha affermato Mario Bravi, segretario generale della CGIL di Perugia – Purtroppo però – ha proseguito – dobbiamo registrare un atteggiamento di Governo e Confindustria del tutto inaccettabile, che punta ad una deresponsabilizzaizione delle imprese, come si è visto con lo smantellamento del Testo Unico per la sicurezza. Da questo punto di vista – conclude Bravi – la vicenda Umbria Olii è una battaglia emblematica che intendiamo portare avanti con tutte le nostre forze, perché i familiari dei 4 operai uccisi possano avere giustizia”.

La CGIL torna anche a chiedere a tutti i soggetti istituzionali e a tutte le forze sociali, a partire dalla Confindustria, di “prendere le distanze dall’atteggiamento tenuto sin qui dall’imputato, Giorgio Del Papa, che oltre ad aver avanzato l’inaccettabile richiesta di 35 milioni di euro di risarcimento ai parenti delle vittime, ha anche tentato in tutti i modi di dilazionare i tempi della giustizia e di sottrarsi al giudizio della magistratura. E’ ora di dire basta”.

Infine, la CGIL ricorda che mercoledì 25 novembre, a tre anni esatti dalla tragedia, si terrà presso il Comune di Campello sul Clitunno un’iniziativa promossa dallo stesso Comune insieme ai sindacati e all’associazione Articolo21, per ricordare Maurizio Manili, Tullio Mottini, Giuseppe Coletti e Vladimir Todhe e per chiedere che per loro sia fatta giustizia.

Notizie

Immigrazione. In Senato emendamento bipartisan per sanatoria

Sono 360 mila i lavoratori extracomunitari esclusi dai flussi

Un disegno di legge bipartisan, trasformato in un emendamento da veicolare nel ddl 1167 (lavoro privato e pubblico, all’esame già della prima Commissione) è stato presentato in Senato per mettere in regola i circa 360 mila lavoratori extracomunitari “incapienti”, cioè quelli rimasti esclusi dai decreti flussi del 2007 e 2008 allorché vennero presentate 740 mila domande di assunzione di fronte a una disponibilità che i decreti stabilivano in circa 320 mila posti.

In calce al sub-emendamento ci sono le firme dei senatori Emma Bonino e Pietro Ichino (Pd) e Mario Baldassarri (PdL). Nel ddl originario ci sono le firme di Anna Finocchiaro e Maura Leddi (Pd), Gianpiero D’Alia (Udc), Luigi Compagna, Barbara Contini Ferruccio Saro (PdL).

L’obiettivo del provvedimento, hanno spiegato Emma Bonino, Pietro Ichino e Mario Baldassarri in una conferenza stampa, è di portare all’assoluta regolarità la situazione di persone che ne hanno tutti i requisiti.

“Crediamo che ci sia la necessità di regolarizzare tutti quei migranti irregolari che sul territorio nazionale lavorano per le nostre famiglie e le nostre imprese: sono persone che  fanno le badanti, le colf, le baby sitter, ma anche che lavorano nelle fonderie e nelle imprese agricole in tante parti del Mezzogiorno”. Lo chiede Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato che ha firmato l’emendamento bipartisan che punta a risolvere il caso sollevato dall’ introduzione del reato di clandestinità nella legge sulla sicurezza, varata il 2 luglio.

“Questi lavoratori – sottolinea Anna Finocchiaro –  non possono essere regolarizzati attraverso i decreti sui flussi. Come sanno tutte le famiglie italiane che hanno in casa un collaboratore domestico  e che hanno cercato di regolarizzarlo scontrandosi con problemi burocratici e con questa impossibilità, i decreti sui flussi riguardano  solo coloro che risiedono all’estero e che vengono chiamati nominativamente in Italia per lavorare”.

Dunque, gli irregolari che già lavorano per le nostre famiglie e le nostre aziende – precisa Finocchiaro – rischiano di diventare non solo soggetti senza alcun diritto, ma anche persone invisibili perché non hanno il diritto di esistere dal punto di vista anagrafico”.

“Anche nelle file del centrodestra, al di là della propaganda, – osserva Finocchiaro riferendosi al fatto che l’emendamento è firmato anche da esponenti della maggioranza – c’è qualcuno che comincia a capire che questo è un problema che va risolto anche per il bene delle famiglie italiane”.

Sui benefici che l’emersione dal nero porterebbe alle casse dell’erario, che potrebbe rimpinguarle con quasi 1 miliardo di euro, si è invece soffermato il senatore del Pd Pietro Ichino.

Per emma Bonino”L’emendamento presentato al ddl 1167 offre la possibilità ai datori di lavoro di regolarizzare tutti quei lavoratori in regola con i documenti nel 2007, ma rimasti nel limbo e mandati all’inferno dalla nuova legge sulla sicurezza”. “Ci sarebbe tempo fino a dicembre – ha specificato – per presentare le domande, poi le questure avrebbero due mesi di tempo per verificare la correttezza della documentazione, poi un altro mese per convocare il richiedente e consegnargli il nulla osta per il contratto di lavoro”.

“Qualora non lo facessero – ha concluso Bonino -, lo stesso presentatore della domanda potrebbe utilizzare una sorta di silenzio assenso e richiedere il nulla osta”. (ANSA)

Novità peggiorative per la tutela degli invalidi civili

DECRETOleggeanticrisi26-giugno2009.pdf

Decreto anticrisi. Ulteriori incarichi all’Inps

Il decreto-legge 78 del 1 luglio 2009, ai più noto come “decreto anticrisi”, affida all’Inps ulteriori incarichi in materia di invalidità civile, cecità, sordità, handicap e disabilità. E’ la prima volta che una disposizione riguardante tali soggetti  viene inserita in un decreto con provvedimenti anticrisi  sotto un titolo che non ha bisogno di essere commentato: “Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile”.

Per l’Inca si tratta di norme che invece di semplificare la procedura sono  funzionali al contenimento della spesa a carico dello stato per l’assistenza  dei cittadini affetti da minorazioni e per la loro tutela.

L’articolo 20 del Decreto-Legge 1 luglio 2009, n. 78 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 1 l.7.2009. n. 150, non riforma la materia né reintegra la possibilità del ricorso amministrativo, ma dispone che dal 1 gennaio 2010 le Commissioni Mediche delle Asl, incaricate ad effettuare gli accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità, sordità, handicap e disabilità saranno integrate  da un medico dell’Inps quale componente effettivo.

In ogni caso l’accertamento definitivo sarà effettuato dall’Inps che controllerà anche la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti di questi soggetti.

Inoltre, dal 1 gennaio 2010  le domande di accertamento sanitario dovranno essere presentate all’Inps che le trasmetterà telematicamente alla Asl competente.

In base ad un accordo quadro tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, la  Conferenza Stato – Regioni, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, saranno affidate all’Inps (su tutto il territorio nazionale) le competenze in materia di concessione dei benefici previsti per le minorazioni civili, handicap e disabilità .

Nei procedimenti giurisdizionali la notifica degli atti introduttivi va inoltrata solo all’Inps e non più all’Avvocatura dello Stato. Inoltre, l’eventuale consulente tecnico d’ufficio, dovrà informare, pena la nullità,  il  Direttore provinciale dell’Inps per permettere al medico legale dell’Ente di assistere all’indagine.

Entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze istituiranno una Commissione che, senza ulteriori oneri per lo Stato, dovrà aggiornare le tabelle indicative delle percentuali di invalidità civile approvate con Decreto 5 febbraio 1992.

Va sottolineato che il decreto, entrato in vigore il 1 luglio 2009, dovrà essere convertito in legge entro la fine di agosto, ma in ogni caso alcune delle disposizioni avranno efficacia dal 1 gennaio 2010.