Archivi giornalieri: 5 aprile 2024

Che cosa sono i crediti d’aiuto

Che cosa sono i crediti d’aiuto

I crediti d’aiuto, o concessionali, sono dei prestiti a condizioni particolarmente favorevoli per i paesi che li ricevono. Per questo sono considerati una forma di aiuto pubblico allo sviluppo.

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Definizione

Non tutto l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) è costituito da risorse a dono. Una parte dell’Aps infatti è composto dai cosiddetti crediti d’aiuto, ovvero prestiti che devono però includere una componente a dono, secondo le regole stabilite dal comitato Dac dell’Ocse.

The grant element method

L’elemento a dono viene conteggiato sulla base del tasso di interesse che deve essere inferiore a quello del mercato. Il periodo di grazia, ovvero il periodo di tempo durante il quale non deve essere restituito il capitale prestato e l’interesse, deve essere esteso in modo da avere un alto elemento a dono. Mentre il periodo di rimborso dovrà essere di lungo termine. Il tutto attualizzato con un tasso di sconto.

Minore è il grado di sviluppo del paese destinatario maggiore dev’essere la componente a dono. Così se per i paesi a più basso tasso di sviluppo (Ldcs e Lics) la componente a dono deve rappresentare almeno il 45%, per i paesi a reddito medio-basso (Lmics) la quota di dono deve arrivare al 15% mentre per quelle a reddito medio-alto (Umics) e per le organizzazioni internazionali la quota di dono si limita al 10%.

I paesi destinatari di risorse dell’aiuto pubblico allo sviluppo sono suddivisi in diversi raggruppamenti a seconda del livello di reddito. Vai a “Che cosa sono i paesi Ldcs”

In Italia i crediti d’aiuto, così come gli altri aspetti principali dell’aiuto pubblico allo sviluppo, sono disciplinati dalla legge 125/2014.

Il Ministro dell’economia e delle finanze […] su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale […] autorizza la società Cassa depositi e prestiti Spa a concedere, anche in consorzio con enti o banche estere, a Stati, banche centrali o enti pubblici di Stati […] nonché a organizzazioni finanziarie internazionali, crediti concessionali a valere sul fondo rotativo

Dal testo della norma emerge chiaramente che il ministero degli esteri e della cooperazione internazionale e il ministero dell’economia mantengono un ruolo di indirizzo, mentre è Cassa depositi e prestiti (Cdp) a occuparsi in termini operativi di questo tipo di risorse. Cdp in effetti è generalmente considerata come il braccio finanziario della cooperazione.

Come evidenziato dalla corte dei conti le procedure previste per arrivare alla concessione dei crediti d’aiuto sono piuttosto lunghe e possono richiedere anche 3 o 4 anni. L’iter di approvazione infatti è condizionato dalla natura politica dell’accordo tra governi, ma anche dalla frammentazione delle competenze e dalla molteplicità dei quadri regolatori di riferimento.

Dati

Le risorse a disposizione di Cdp per concedere crediti d’aiuto sono contenute in un apposito fondo rotativo posto fuori dal bilancio dello stato che, a fine giugno 2023, ammontava a poco meno di 2 miliardi e 630 milioni. Stando ai dati forniti dal ministero dell’economia attualmente lo stock di crediti d’aiuto forniti dall’Italia ai paesi beneficiari ammonta a circa 2 miliardi e 770 milioni. Queste risorse comprendono tutti i crediti esistenti che, date le scadenze a lungo termine, riguardano anche prestiti storici che non sono ancora stati pienamente ripagati (come ad esempio quello allo Zimbabwe con crediti d’aiuto precedenti al 2006 che ammontano a 94 milioni).

Nel corso dell’ultimo decennio i crediti concessionali hanno rappresentato circa il 9,1% delle risorse del canale bilaterale italiano, una quota che ha subito alcune oscillazioni nel corso degli anni.

9,1% la quota del canale bilaterale italiano destinata ai crediti d’aiuto tra 2013 e 2022 (gross disbursement).

Tra 2006 e 2013 i crediti d’aiuto sono stati piuttosto elevati rispetto alla media, raggiungendo un minimo del 5,2% nel 2011 e un massimo del 21,5% nel 2007. Poi tra 2014 e 2019 questo tipo di flusso è rimasto piuttosto basso, raggiungendo al massimo il 9,2% nel 2017. Il dato è tornato ad aumentare nel 2020 quando i crediti concessionali hanno raggiunto il 26,3% dell’aiuto bilaterale, assestandosi poi attorno al 12-13% nel biennio successivo. D’altronde il dato elevato del 2020 è anche frutto di un anno in cui le risorse a dono hanno raggiunto livelli estremamente bassi, aumentando l’importanza relativa dei prestiti.

L’Italia comunque risulta meno concentrata su questa forma di aiuto rispetto alla media dei paesi Ocse Dac che complessivamente, negli ultimi 10 anni, hanno erogato risorse tramite crediti concessionari per quasi il 16% del canale bilaterale. Ancora più elevato il dato raggiunto dall’Unione europea, che supera il 28%.

Come anticipato i prestiti concessi ai paesi a più basso tasso di sviluppo devono prevedere condizioni per loro più favorevoli. Inoltre, la possibilità che questi paesi non siano in grado di ripagare il debito è più elevata. Anche per queste ragioni quindi la quota di crediti concessionari destinati ai paesi a più basso tasso di sviluppo è minore rispetto a stati in cui il livello di reddito è un po’ più elevato.

GRAFICO
DA SAPERE

L’Aps allocabile è quella parte di aiuto pubblico allo sviluppo in cui può essere identificato un paese specifico come destinatario. Una componente dell’Aps allocabile è rappresentata dai crediti d’aiuto, ovvero prestiti che devono includere una componente a dono, secondo le regole stabilite dal comitato Dac dell’Ocse. Questo stesso comitato suddivide ciascun paese beneficiario di Aps tra diverse fasce di reddito per cui sono previste regole specifiche. Tra queste si trovano i paesi a più basso tasso di sviluppo (Least developed countries, Ldcs); altri paesi a basso reddito (Low income countries, Lics); paesi e territori a reddito medio-basso (Lower middle income countries, Lmics); paesi e territori a reddito medio-alto (Upper middle income countries, Umics) e paesi più avanzati (More advanced developing countries, Madcts).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: venerdì 22 Dicembre 2023)

 

In effetti se si considera il totale dell’Aps allocabile (ovvero quella parte dell’aiuto bilaterale per cui può essere identificato uno specifico paese beneficiario) risulta che oltre il 43% delle risorse è destinato ai paesi a più basso tasso di sviluppo (Ldcs).

Osservando solo i crediti d’aiuto invece questa quota si riduce al 17%. La maggior parte di queste risorse viene invece destinata a paesi a reddito medio-basso (Lmics, 47,8%) ma anche a paesi a reddito medio-alto (Umics, 35,1%).

Considerando i singoli paesi, nel corso dell’ultimo decennio è stata la Tunisia ad ottenere più risorse da parte dell’Italia attraverso i credi di aiuto, con 286 milioni di dollari (a prezzi costanti 2021). A seguire l’Ucraina (229 milioni), l’Argentina (202), l’Iraq (172) e il Senegal (91).

Diversamente da quando si parla di altre forme di aiuto bilaterale, nel caso dei crediti d’aiuto sono perlopiù i governi di questi paesi a ricevere i prestiti. Le Ong e le imprese che operano in questi territori quindi potranno accedere a queste risorse solo indirettamente, attraverso i programmi adottati dai governi grazie ai prestiti ricevuti. Tra 2011 e 2021, in effetti, il 77% dei crediti d’aiuto italiani sono stati destinati ai governi centrali di questi paesi e il 22% a organi multilaterali come banche regionali di sviluppo.

Analisi

Che sia più o meno opportuno che i crediti d’aiuto rientrino tra gli strumenti della cooperazione allo sviluppo è stato un tema dibattuto, in particolare intorno agli anni 2000. In quella fase infatti un organo consultivo istituito dal congresso statunitense e noto come commissione Meltzer sostenne, tra le varie cose, l’opportunità di cancellare il debito dei paesi in via di sviluppo suggerendo inoltre che l’Aps dovesse avere esclusivamente carattere a dono.

Le conclusioni della commissione tuttavia furono ampiamente criticate da chi sosteneva l’utilità dei crediti d’aiuto per la politica di cooperazione. Dal loro punto di vista infatti i crediti d’aiuto non tolgono nulla alla cooperazione a dono, rappresentando invece uno strumento aggiuntivo. Peraltro i rimborsi generati possono essere reinvestiti nel comparto contribuendo alla sostenibilità delle politiche di cooperazione. Inoltre il meccanismo dei prestiti sarebbe tale da migliorare la disciplina fiscale dei paesi beneficiari.

Anche la solidità di queste posizioni però è stata contestata. A oggi comunque anche le tesi critiche nei confronti dei crediti di aiuto non contestano tanto lo strumento in sé, preferendo piuttosto mettere in guardia rispetto a un suo corretto utilizzo.

In particolare i finanziamenti a dono dovrebbero essere considerati preferibili quando i beneficiari sono esposti a un debito eccessivo, quando si tratta di paesi a basso tasso di sviluppo (Ldcs) o quando l’oggetto del finanziamento riguarda politiche sociali.

Con una decisione assunta alla fine del 2014, questo dibattito è stato almeno in parte recepito dal comitato Ocse Dac. Infatti, mentre in precedenza i criteri per considerare un prestito come Aps erano univoci, oggi le regole cambiano a seconda che il paese ricevente rientri tra quelli a più basso tasso di sviluppo (Ldcs) piuttosto che a paesi a reddito medio-basso (Lmics) o medio alto (Umics).

Inoltre, grazie a questa decisione, a partire dal 2018 è stata applicata una nuova metodologia per rendicontare i crediti concessionali. Tradizionalmente, infatti, le risorse a dono e i crediti d’aiuto erano considerati in modo equivalente nel quadro di un approccio basato sui flussi annuali in entrata/uscita (metodo cash-flow), con la sola differenza che la progressiva restituzione del credito contava poi negativamente sull’Aps del paese donatore. A partire dal 2018 invece è diventato operativo un nuovo metodo di calcolo, noto come grant equivalent, che si applica ai crediti concessionali e che consente di scontare si dall’inizio (front loading) i ripagamenti e quindi di rendicontare subito solamente la componente a dono.

L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.

 

AranSegnalazioni Newsletter n. 7 del 5 aprile 2024

 

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Newsletter n. 7 del 5 aprile 2024
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Attività istituzionale dell’Agenzia
Orientamenti applicativi
Comparto SanitàQuali sono le corrette modalità applicative della disciplina in materia di Diritto allo Studio di cui all’art. 62 del CCNL comparto sanità 2019-2021?Vai al documento
Orientamenti applicativi
Area SanitàLe disposizioni del comma 10, nel disciplinare il trattamento economico del dirigente con rapporto di lavoro a impegno orario ridotto in misura proporzionale alla prestazione lavorativa, riconoscono ex novo in misura intera l’indennità di esclusività?Vai al documento
Orientamenti applicativi
Area SanitàLa disposizione contrattuale contenuta nell’articolo 27, con particolare riferimento al comma 3, introduce importanti novità sull’orario di lavoro e necessita di precisazioni ulteriori soprattutto con riferimento al processo attraverso il quale si perviene alla definizione dell’eventuale impegno orario prestato in eccesso rispetto all’orario ordinario di lavoro, agli eventuali sistemi di remunerazione, alle correlazioni tra tale processo ed il ricorso alle prestazioni aggiuntive di cui al comma 8 del medesimo articolo ed all’eventuale “ulteriore impegno orario” che “non può essere programmato” nonché in merito agli effetti dell’eventuale mancato recupero di tale ulteriore impegno orario nei termini indicati anche nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro.Vai al documento
Orientamenti applicativi
Area SanitàQuali periodi di lavoro devono essere computati nell’anzianità di servizio per l’individuazione dei termini di preavviso di cui all’art. 83 del CCNL?Vai al documento
Orientamenti applicativi
Area SanitàQuale preciso ambito di competenza ha la contrattazione integrativa di cui al comma 3 dell’art. 90 del CCNL 23.1.2024 in merito agli incentivi economici da attribuire al personale dirigenziale dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo?Vai al documento
Orientamenti applicativi
Area SanitàCome deve interpretarsi l’articolo 90, comma 2, lett. i) che stabilisce che “un’ulteriore quota della tariffa da attribuire ai sensi dell’art. 9, comma 5, lett. d) (Contrattazione collettiva integrativa: soggetti e materie) così come previsto dall’art. 5, comma 2, lett. e) del DPCM del 27/3/2000.”, atteso che il DPCM 27/3/2000 all’art. 5, comma 2, lett. e) prevede espressamente che “i criteri per la determinazione delle tariffe e le modalità della loro ripartizione, sono stabiliti in conformità ai contratti collettivi nazionali di lavoro e alla contrattazione decentrata, garantendo, comunque, una percentuale pari al 5% della massa dei proventi dell’attività libero-professionale, al netto delle quote a favore dell’azienda, quale fondo aziendale da destinare alla perequazione per quelle discipline mediche e veterinarie che abbiano una limitata possibilità di esercizio della libera professione intramuraria; analogo fondo è costituito per le restanti categorie”? Devono essere mantenuti due fondi separati per la ripartizione di tali somme?Vai al documento
Orientamenti applicativi
Area Funzioni LocaliUn dirigente amministrativo tecnico e professionale assunto a tempo determinato può chiedere, compatibilmente con la durata del proprio contratto di lavoro e con le esigenze di servizio, di avvalersi della aspettativa di cui all’art. 23 del CCNL del 17.12.2020?Vai al documento
Orientamenti applicativi
Area Funzioni LocaliAl dirigente nei cui confronti sia stata disposta la sospensione cautelare in caso di procedimento penale, ai sensi dell’art. 38 del CCNL del 17.12.2023 può essere riconosciuta l’indennità alimentare? Su quali voci economiche si calcola la predetta indennità?Vai al documento
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Sezione giuridica
Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 4256/2024
Impiego pubblico – Funzioni Locali – art. 36 Cost. – art. 2126 c.c. – art. 52 del Dlgs 165/2001 – art. 17, comma 2 lettera f) del CCNL dell’1.4.1999 Regioni ed Enti Locali – Mansioni di fatto di Posizione Organizzativa
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La posizione organizzativa si distingue dal profilo professionale ed individua nell’ambito dell’organizzazione dell’ente funzioni strategiche e di alta responsabilità che giustificano il riconoscimento di un’indennità aggiuntiva. Ove il dipendente venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento di formale attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa.Vai al documento
Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 5680/2024
Impiego pubblico – Funzioni Centrali – art. 55-septies comma 5bis del Dlgs 165/2001 – DM 206/2009 – Pubblica Amministrazione e Innovazione 

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, trattando il caso di una dipendente pubblica, affetta da una grave patologia, richiedente terapia salvavita, alla quale era stata decurtata la retribuzione e irrogata la sanzione disciplinare, per essere risultata irreperibile, in occasione di un’assenza di lavoro per malattia, alla visita medica di controllo del medico INPS ha ritenuto ammissibile l’integrazione a posteriori del certificato rilasciato dal medico curante.Vai al documento
Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 5746/2024
Impiego Pubblico – Funzioni Locali – Assegnazione obiettivi – Retribuzione di risultato – artt. 9 e 10 del CCNL del comparto Regioni Autonomie Locali del 31 marzo 1999
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La giurisprudenza ha già chiarito che, nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, gli artt. 9 e 10 del CCNL del comparto Regioni-Autonomie Locali del 31 marzo 1999, attribuiscono ai dipendenti assegnatari di posizioni organizzative una retribuzione di risultato, la cui erogazione è subordinata alla valutazione positiva dell’Amministrazione circa il raggiungimento di obiettivi gestionali previamente programmati, sicché il lavoratore non può rivendicare il riconoscimento dell’emolumento, ove ometta di indicare l’obiettivo assegnatogli e l’avvenuto conseguimento dello stesso, senza che assuma rilievo, in tale evenienza, la mancata costituzione, da parte dell’ente, di un nucleo di valutazione del risultato (Cass., Sez. L, n. 10969 del 27 maggio 2015). Il dipendente, però, pur non potendo esercitare l’azione di adempimento, potrà dolersi della condotta inadempiente della P.A. e, così, chiedere il risarcimento del danno. Al riguardo, il creditore lavoratore dovrà dimostrare solo la fonte (negoziale o legale) del proprio diritto, limitandosi alla mera allegazione dell’inadempimento dell’amministrazione. Qualora dovesse risultare che la P.A. non abbia posto in essere alcuna attività alla quale era tenuta e, in questo caso, non abbia dedotto che non vi fossero ragioni obiettive per prevedere una retribuzione di risultato o non abbia allegato di essersi trovata nell’impossibilità di individuare gli obiettivi in esame per causa a lei non imputabile, essa sarà inadempiente rispetto al proprio obbligo di attivare il procedimento che avrebbe dovuto portare alla fissazione degli obiettivi in esame. Il dipendente, allora, potrà chiedere non già una tutela in forma specifica – essendo la condotta menzionata oggetto di un facere discrezionale e infungibile dell’amministrazione – ma una mera tutela per equivalente, ossia risarcitoria. La Suprema Corte inoltre precisa che “l’indennità di risultato non costituisce una componente fissa del trattamento retributivo fondamentale ed è sottratta all’applicazione del principio di irriducibilità della retribuzione, essendo condizionata dalla scelta degli obiettivi ad opera della P.A. e alla verifica della loro realizzazione da parte del dipendente (in tema di indennità per specifiche responsabilità, prevista dal CCNL per il personale del comparto degli enti locali, (cfr. Cass., Sez. 6-L, n. 30344 del 14 ottobre 2022). Il suo versamento in maniera indiscriminata nei termini indicati dalla ricorrente sarebbe, pertanto, indebito e porrebbe, a carico della P.A., un obbligo di recupero, con tutte le conseguenze del caso.Vai al documento
Corte di Cassazione
Sezione IV
Ordinanza 5653/2024
Pubblico Impiego – Funzioni Locali – Prove concorsuali – Prova pratica e teorica – Legge 56/1987; art. 27, comma 2, DPR 487/1994, art. 6, commi 2 e 3 DPCM 2712/1988 e CCNL 31.3.1999
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La Suprema Corte richiama la giurisprudenza amministrativa secondo cui la determinazione del contenuto delle prove di esame costituisce l’espressione di un ampio potere discrezionale della Commissione, sindacabile in sede giurisdizionale solo per assoluta illogicità o incongruenza manifesta. Secondo la Corte la prova pratica si contrappone a quella teorica, in quanto è finalizzata a valutare non il grado di conoscenza astratta dei principi di una determinata disciplina, bensì la capacità di assumere in concreto comportamenti necessari in un determinato contesto; detta capacità può essere verificata anche attraverso una prova scritta, di per sé non incompatibile con il carattere della praticità, atteso che il discrimine tra teoria e pratica è dato, in detto tipo di prova, dal contenuto delle domande formulate e delle risposte richieste (v. Cass. 22 luglio 2016, n. 15223; Cass. n. 23875/2022 e Cass. n. 22907/2022); si è in particolare evidenziato che la prova pratica deve tendere ad accertare esclusivamente l’idoneità del lavoratore a svolgere le relative mansioni e non comporta valutazione comparativa (v. Cass., n. 11906/2017). In altri termini la “prova pratica” non coincide necessariamente con la “prova manuale” e si contrappone a quella teorica perché è finalizzata a valutare non il grado di conoscenza astratta dei principi di una determinata disciplina, bensì la capacità di assumere in concreto i comportamenti necessari in un determinato contesto; detta capacità può essere verificata anche attraverso una prova scritta, di per sé non incompatibile con il carattere della praticità, atteso che il discrimine fra teoria e pratica è dato, in detto tipo di prova, dal contenuto delle domande formulate e delle risposte richieste (Cass. n. 22907 del 2022).Vai al documento
Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 6468/2024
Principio generale – Licenziamento – Giusta causa – Utilizzo improprio permessi ex Legge 104/1992
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha ribadito che può costituire giusta causa di licenziamento l’utilizzo, da parte del dipendente, che si assenta dal lavoro per i permessi ex lege n. 104/1992, in attività diverse dall’assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso. I permessi dal lavoro dedicati all’assistenza di familiari disabili pur non dovendosi interpretare nella perfetta e assoluta coincidenza tra le ore di permesso con l’effettiva e continua assistenza al disabile, non possono giustificare una carente (e assente) assistenza al disabile. Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità e di merito formatasi sul tema, il recesso del datore di lavoro è pienamente legittimo. L’assenza di effettiva e continuativa assistenza al disabile giustificava il licenziamento disciplinare della dipendente per inosservanza dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto di lavoro, soprattutto in un caso di uso dei permessi per scopi estranei a quelli per i quali sono stati concessi e previsti dal Legislatore. Tanto premesso, per la Suprema Corte il beneficio sopra richiamato “…comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela; ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e, dunque, si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto (cf. Cass. n. 17968/2016), o, secondo altra prospettiva, di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro (che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale) che dell’Ente assicurativo (v. Cass. n. 9217/2016)”. La Corte di Cassazione nell’ordinanza di cui si discorre ha dunque inteso applicare un principio più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità e di merito in tema. L’abuso e/o l’illecito utilizzo dei permessi di cui alla L. n. 104/1992 legittima, una volta accertato, il licenziamento per giusta causa.Vai al documento
Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 6525/2024
Impiego Pubblico – Funzioni Locali – Attività extramoenia in violazione dell’art. 53, comma 7, del Dlgs 165/2001
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
La giurisprudenza di legittimità ha già chiarito che, in tutti i casi di conferimento di incarichi retribuiti ai dipendenti pubblici, la P.A. è tenuta a verificare necessariamente ex ante le situazioni, anche solo potenziali, di conflitto di interessi, al fine di assicurare il più efficace rispetto dell’obbligo di esclusività, funzionale al buon andamento, all’imparzialità e alla trasparenza dell’azione amministrativa. Ne consegue che il privato conferente l’incarico e il dipendente pubblico, anche se in part-time, hanno entrambi, comunque, l’obbligo di comunicare al datore il conferimento dell’incarico, onde consentire all’ente di concedere la relativa autorizzazione, previa valutazione dell’assenza di una possibile situazione di conflitto di interessi del medesimo incarico con l’attività lavorativa (Cass., Sez. 2, n. 9552 del 7 aprile 2023; Cass., Sez. 2, n. 11811 del 18 giugno 2020). L’autorizzazione deve essere concessa in via preventiva. Inoltre come già affermato dalla S.C., l’azione proposta dalla P.A. per la ripetizione delle somme indebitamente percepite dal dipendente pubblico per lo svolgimento di attività extraistituzionale non autorizzata dall’amministrazione di appartenenza, ai sensi dell’art. 53, comma 7, del D.Lgs. n. 165 del 2001, rientra nell’alveo della responsabilità contrattuale da inadempimento agli obblighi di fedeltà e ha una funzione riparatoria ed integralmente compensativa del danno; ne consegue che il recupero, pur assumendo tratti sanzionatori, atteso che regola gli effetti della duplice violazione dell’avere accettato un incarico senza autorizzazione e di averne introitato le remunerazioni, non costituisce sanzione amministrativa e non è, pertanto, assoggettato alle regole di cui alla legge n. 689 del 1981 (Cass., Sez. L, n. 24377 del 5 agosto 2022). Ne deriva che, venendo in rilievo un’attività svolta dal dipendente pubblico nonostante il suo obbligo di fornire la sua prestazione lavorativa esclusivamente nei confronti dell’ente datore di lavoro, quest’ultimo ha il diritto di riscuotere quanto percepito dal lavoratore, rappresentando, alla fine, tale importo la misura del valore delle energie lavorative che il menzionato dipendente, indebitamente, non ha utilizzato per adempiere agli obblighi su di lui gravanti in forza del contratto di lavoro.Vai al documento
Corte di Cassazione
Sezione Lavoro
Ordinanza 7181/2024
Impiego Pubblico – Sanità – Legge 8 agosto 1992, n. 359 – CCNL Comparto Sanità – Calcolo TFR e quota mensa
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Deve escludersi che il servizio mensa o l’indennità sostitutiva della stessa abbiano natura ontologicamente retributiva, essendo rimessa alla fonte legale o contrattuale l’individuazione delle voci da includere nella retribuzione base per il calcolo degli istituti di retribuzione indiretta o differita.Vai al documento
TAR Lazio
Sezione III
Sentenza n. 5686 del 21/03/2024
Impiego Pubblico – Procedura mobilità esterna – Giurisdizione amministrativa – Giurisdizione ordinaria – artt. 30 e 63 del Dlgs 165/2001
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
Il TAR richiama la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha ritenuto appartenere al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto la mobilità esterna (relativa al trasferimento del dipendente pubblico tra enti del medesimo comparto o tra enti di comparti diversi), configurandosi quest’ultima come cessione del contratto di lavoro, che si verifica nel corso di un rapporto già instaurato e non determina la costituzione di un nuovo rapporto di pubblico impiego o una nuova assunzione, ma comporta solo la modificazione soggettiva di rapporti di lavoro già in atto (cfr., ex multis, Cons.Stato, Sez. V, 6 maggio 2015, n. 2271 ; Cons. Stato, Sez. III, 28 novembre 2014, n. 5907; Cons. Stato, Sez.III, 28 novembre 2014, n. 5903; Cons. Stato, Sez. V, 17 gennaio 2014, n. 178). In linea con questo indirizzo anche la giurisprudenza di legittimità, secondo cui: “Deve, infatti, essere data continuità ai principi affermati da queste Sezioni Unite che, con riferimento al tema di mobilità per passaggio diretto tra pubbliche amministrazioni, disciplinata attualmente dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 30, hanno affermato che integrando siffatta procedura una mera modificazione soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti e, quindi, una cessione del contratto, la giurisdizione sulla controversia ad essa relativa spetta al giudice ordinario, non venendo in rilievo la costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di procedura selettiva concorsuale e, dunque, la residuale area di giurisdizione del giudice amministrativo di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 64, comma 4” (Cass. n. 16452/2020, conf. Cass. n. 32624/2018; n. 33213/2018). La Suprema Corte ha osservato che in tutti i casi in cui vengano in considerazione atti amministrativi presupposti, ove si agisca a tutela di posizioni di diritto soggettivo in materia di lavoro pubblico, è consentita esclusivamente l’instaurazione del giudizio davanti al giudice ordinario, nel quale la tutela è assicurata dalla disapplicazione dell’atto e dagli ampi poteri riconosciuti a tale giudice dal secondo comma dell’art. 63 del D.Lgs. n. 165 del 2001 (Cass. SS.UU. n. 13169 del 2006; Cass. n. 5468 del 2009). Va, altresì, ricordato, con riferimento all’art. 63, comma 4, D.Lgs. n. 165 del 2001 che le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione (Cass. n. 8522/2012 e n. 26270/2016) hanno più volte affermato che detta norma si interpreta alla stregua dei principi enucleati ex art. 97 Cost. dal giudice delle leggi, nel senso che per “procedure concorsuali di assunzione”, ascritte al diritto pubblico ed all’attività autoritativa dell’amministrazione, si intendono quelle preordinate alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro, e quelle che prevedono procedimenti concorsuali interni destinati a consentire l’inquadramento dei dipendenti in aree funzionali o categorie più elevate, con novazione oggettiva dei rapporti di lavoro. Fattispecie non ricorrente nel caso in esame.Vai al documento
INPS
Messaggio numero 1107 del 14.3.2024
Pubblico Impiego – Incentivo al posticipo del pensionamento
Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale
L’Istituto ha fornito le istruzioni per l’applicazione della nuova disciplina del trattamento di pensione anticipata flessibile, prevista dalla legge di Bilancio 2024, con la circolare n. 39 del 27 febbraio 2024. In particolare, al paragrafo 6 della citata circolare, è stato illustrato che, per effetto di quanto dispone l’articolo 1, comma 140, della legge di Bilancio 2024, i lavoratori dipendenti, iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (AGO) o a forme sostitutive ed esclusive della medesima, che maturano il diritto alla pensione anticipata flessibile nell’anno 2024 e scelgono di proseguire l’attività lavorativa dipendente, hanno facoltà di rinunciare all’accredito contributivo della quota dei contributi previdenziali a loro carico relativi all’Assicurazione generale per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) o a forme sostitutive ed esclusive della medesima.Vai al documento
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Sezione economica
Ufficio Parlamentare di Bilancio
Il riparto del fabbisogno sanitario nazionale tra nuovi criteri e attuazioni incompiute – Focus n. 3/2024
Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità
L’Ufficio parlamentare di bilancio ha pubblicato un Focus sul nuovo sistema di riparto del fabbisogno sanitario nazionale nel quale analizza le implicazioni del nuovo meccanismo di distribuzione delle risorse e gli effetti della riforma. Con il nuovo sistema vengono effettivamente affiancati al criterio capitario, che tiene conto dell’influenza dell’età sui consumi sanitari, il tasso di mortalità sotto i 75 anni e alcuni indicatori delle condizioni socio-economiche, quali la povertà relativa, la bassa istruzione e la disoccupazione. La stessa mortalità prematura, ossia sotto una soglia di età, riflette a sua volta la presenza di forme di emarginazione sociale. L’applicazione dei nuovi parametri produce un incremento delle risorse per le Regioni in cui sono più diffuse le condizioni di emarginazione socioeconomica, dunque principalmente nel Mezzogiorno. Tuttavia, si deve pure ricordare che una parte crescente del finanziamento, la cosiddetta quota premiale, è ripartita sulla base di negoziazioni tra le Regioni e i criteri alla base del riparto della quota premiale non sono necessariamente resi noti. L’UPB chiosa quindi che nel caso di una rivisitazione del meccanismo e dei parametri adottati per l’allocazione delle risorse, potrebbe essere utile inoltre, una stima dei pesi congiunti delle variabili età e deprivazione sulla base dei consumi rilevati a consuntivo ai fini della valutazione del ruolo rispettivo delle due determinanti del bisogno sanitario, malgrado il consumo stesso non rifletta pienamente i bisogni. Anche in questo caso andrebbero rafforzate le basi informative, in coerenza con le disposizioni che regolano il trattamento dei dati personali e sensibili.Vai al documento
Ministero dell’Economia e delle Finanze – Ragioneria Generale dello Stato
Missioni, programmi e azioni delle amministrazioni centrali dello Stato – 2024/2026
Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità
Con la legge di bilancio 2024-2026 è stato confermato il numero delle missioni (34) mentre è diminuito, rispetto alla legge di bilancio 2023-2025, quello dei programmi (180), per rispondere ai nuovi assetti organizzativi derivanti dai decreti di organizzazione emanati nel 2023, con le modalità previste dall’art. 1, comma 2 del DL 22 aprile 2023, n. 44, Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2023, n. 74. Tali modifiche hanno comportato la soppressione di 58 azioni, la creazione di 53 nuove azioni e la ridenominazione di 5 azioni. I programmi 32.2 Indirizzo politico e 32.3 Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza sono presenti in tutti gli stati di previsione e sono gli unici programmi condivisi tra amministrazioni, in quanto per la particolare tipologia di attività in essi contenute, rappresentano l’unica eccezione a quanto previsto dall’art. 21, comma 2, della legge n. 196/2009. Le modifiche sui programmi e sulle azioni, nonché sulle attività sottostanti i programmi sono dettagliatamente illustrate nelle diverse Tavole per Stato, Amministrazione e Cdr di cui si compone il documento in allegato. In particolare, la Tavola per Amministrazione espone, per singola Amministrazione, le Azioni in corrispondenza ai Programmi di spesa e ai relativi Centri di responsabilità, con evidenziazione delle modifiche intervenute rispetto al 2023.Vai al documento
Ministero dell’Economia e delle Finanze – Ragioneria Generale dello Stato
Bilancio semplificato dello Stato – Anno 2024 – Quadro generale
Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità
RGS ha pubblicato il bilancio semplificato dello Stato che riporta i dati delle previsioni del bilancio per il triennio 2024-2026. Il documento si compone di tre sezioni: la prima espone i risultati differenziali; la seconda contiene una analisi dettagliata delle entrate e la terza contiene una analisi della spesa per voci economiche e per missioni e programmi. Per le entrate, analogamente alla struttura di bilancio prevista dalla vigente normativa contabile, nell’ambito di ciascun titolo viene esposta la ripartizione tra entrate correnti ed in conto capitale, tipica della contabilità nazionale, al fine di porre in evidenza il carattere di continuità ovvero di straordinarietà o di occasionalità che connota i cespiti di entrata in relazione alla loro acquisizione al bilancio dello Stato. Le spese sono classificate: per Ministeri e categorie economiche; per voci economiche, che si articolano in un ampio aggregato analitico, che evidenzia i principali interventi di spesa (le voci sono rappresentate come un dettaglio delle categorie economiche); per missioni e programmi, attraverso un’articolazione che evidenzia la composizione in programmi delle 34 missioni del bilancio dello Stato.Vai al documento
BCE 
Bollettino economico n. 2/2024
Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità
Nell’ultima riunione il Consiglio direttivo ha deciso di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Nelle proiezioni macroeconomiche di marzo 2024 l’inflazione è stata rivista al ribasso, in particolare per il 2024, principalmente per effetto del minore contributo dei prezzi dell’energia. Gli esperti ora indicano che si collocherebbe in media al 2,3 per cento nel 2024, al 2,0 nel 2025 e all’1,9 nel 2026. Anche l’inflazione al netto dei beni energetici e alimentari è stata corretta al ribasso, collocandosi in media al 2,6 per cento nel 2024, al 2,1 nel 2025 e al 2,0 nel 2026. Nonostante l’ulteriore allentamento di gran parte delle misure dell’inflazione di fondo, le pressioni interne sui prezzi rimangono elevate, in parte in ragione della forte crescita salariale. Le condizioni di finanziamento sono restrittive e i passati incrementi dei tassi di interesse continuano a incidere sulla domanda, contribuendo al calo dell’inflazione. Gli esperti della BCE hanno rivisto al ribasso la proiezione relativa alla crescita per il 2024, allo 0,6 per cento. L’attività economica dovrebbe rimanere moderata nel breve periodo, per poi salire all’1,5 per cento nel 2025 e all’1,6 nel 2026, sostenuta inizialmente dai consumi e in seguito anche dagli investimenti.Vai al documento
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Osservatorio internazionale
OCSE
Anti-Corruption and Integrity Outlook 2024
Segnalazione da Direzione Contrattazione 1
Negli ultimi anni, i paesi dell’OCSE hanno rafforzato i propri quadri di integrità e lotta alla corruzione. Tuttavia, secondo gli standard dell’OCSE, i sistemi di monitoraggio e attuazione delle misure di integrità devono essere migliorati in aree cruciali, il che significa che i paesi non stanno mitigando i rischi di corruzione così come potrebbero. Pertanto, i paesi OCSE soddisfano in media il 76% dei criteri OCSE per le normative sui conflitti di interessi, ma solo il 40% dei criteri in termini di attuazione. Allo stesso modo, soddisfano in media il 67% dei criteri OCSE per la gestione del rischio e l’audit, ma solo il 33% dei criteri per l’attuazione. Devono, quindi, aggiornare e modernizzare i propri quadri di integrità di fronte ai nuovi rischi di corruzione legati soprattutto alla transizione verde e all’intelligenza artificiale, al fine di sostenere la crescita economica e la governance democratica. Inoltre, senza un monitoraggio e una raccolta di dati efficaci, i paesi non possono sapere se, nella pratica, le loro politiche e processi stanno effettivamente mitigando i rischi di corruzione e migliorando l’integrità. Una mancata raccolta dati impedisce anche alle imprese e ai cittadini stessi di avere accesso a informazioni utili riguardo gli sforzi che il governo sta compiendo per combattere la corruzione. Tuttavia, sono solo dodici i paesi dell’OCSE che raccolgono dati per determinare se le raccomandazioni formulate dai revisori interni sono seguite dagli enti pubblici. Allo stesso modo, i paesi non monitorano adeguatamente le dichiarazioni di interessi obbligatorie. E solo nove paesi tengono traccia dei lavori che gli ex funzionari pubblici di alto rango assumono dopo aver lasciato il servizio pubblico, nonostante i rischi di conflitti di interessi. Se gli indicatori di integrità pubblica dell’OCSE mirano ad attirare l’attenzione su questa mancanza di dati, è fondamentale rafforzare gli sforzi di raccolta dati a livello nazionale. Un quadro di integrità non sufficientemente efficace limita la capacità delle autorità pubbliche di affrontare adeguatamente queste grandi sfide. È fondamentale, infine, adeguare i quadri di integrità con l’obiettivo di preservare la prosperità e la democrazia nei paesi OCSE.Vai al documento

Lavoratori marittimi novità: malattia e calcolo dei flussi retributivi

Lavoratori marittimi novità: malattia e calcolo dei flussi retributivi

L’Istituto ha comunicato le novità per la malattia in favore dei lavoratori marittimi e la dismissione del servizio “Comunicazione dei flussi retributivi”.

Pubblicazione: 5 aprile 2024

La circolare INPS 4 aprile 2024, n. 55 fornisce istruzioni e dati, ai lavoratori marittimi, per la determinazione della retribuzione media giornaliera da considerare ai fini del calcolo delle indennità previste per la malattia e il calcolo dei flussi retributivi.

Inoltre, l’Istituto informa che è stato dismesso, per i datori di lavoro interessati, l’obbligo di trasmissione dei dati retributivi tramite il servizio finora in uso “Comunicazione dei flussi retributivi”.

Nel caso di assenza di flussi UNIEMENS, le strutture territoriali devono provvedere alla liquidazione provvisoria delle prestazioni dovute sulla base dei minimi contrattuali di categoria.

In seguito alla ricezione del flusso UNIEMENS del mese di competenza, la prestazione viene ricalcolata in automatico.

Infine, la circolare precisa che le imprese armatoriali e della pesca possono assolvere agli obblighi contributivi mensili entro 60 giorni dalla scadenza del mese cui i contributi si riferiscono.

San Vincenzo Ferreri

 

San Vincenzo Ferreri


San Vincenzo Ferreri

autore: Alonso Cano anno: 1644 titolo: San Vincenzo Ferrer Predicazione
Nome: San Vincenzo Ferreri
Titolo: Sacerdote
Nascita: 23 gennaio 1350, Valencia, Spagna
Morte: 5 aprile 1419, Vannes, Francia
Ricorrenza: 5 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Canonizzazione:
3 giugno 1455, Roma, papa Callisto III
S. Vincenzo Ferreri nacque a Valenza nella Spagna il 23 gennaio 1350 da Guglielmo Ferreri e Costanza Miguel. Prima ancora che nascesse, la madre aveva avuto un segno della futura grandezza di lui: perciò lo tenne sempre come dono speciale di Dio e come tale lo andava educando. Frequentò le prime scuole nella natia Valenza, ove studiò la grammatica e la dialettica; in questa, per felice disposizione del suo carattere, superò tutti i condiscepoli.

A 17 anni vestì l’abito di S. Domenico, mostrandosi per tutta la vita un modello di osservanza religiosa. Per l’elevatezza del suo ingegno, venne tosto designato a maestro di filosofia dei suoi condiscepoli di Valenza. A 28 anni conseguiva la laurea di dottore. Il cardinal Pietro De Luna lo ebbe carissimo e lo volle con sè in importanti uffici. Rifiutò però ripetutamente le dignità ecclesiastiche che di continuo gli venivano offerte.

Spinto da celeste visione, domandò ed ottenne titolo e facoltà di missionario apostolico per cui, novello Paolo, si diede a evangelizzare tutti i paesi più importanti d’Europa: Spagna, Francia, Inghilterra, Italia, Germania; i principi e i vescovi andavano a gara per averlo. La predicazione fu il campo dove impiegò il suo grande ingegno e profuse l’ardente suo zelo: la sua fu una vita veramente apostolica, poiché in mezzo a tante fatiche, viaggi e predicazioni, non smorzò mai il rigore con cui trattava se stesso.

Molto si adoperò per l’estinzione dello scisma d’Occidente e per far convocare un concilio generale a questo scopo: concilio che fu poi convocato nel 1417, a Costanza, e nel quale venne eletto Papa, con unanime consenso, Martino V. A lui Vincenzo rese prontamente omaggio della dovuta ubbidienza come al solo pastore legittimo.

Oltre che essere un uomo di grande zelo S. Vincenzo era pure un uomo di pari virtù: era solito dire di sé; « Io sono un servo inutile e un povero religioso: tutta la mia vita non è che fetore, io non sono che corruzione nel corpo e nell’anima ». Digiunava tutti i giorni eccetto la domenica, e vegliava buona parte della notte in orazione. Il demonio, invidioso di tanta virtù, cercò coi più formidabili assalti di indurlo a peccare, ma fu tutto inutile, essendo egli forte della preghiera e della devozione a Maria SS. Immacolata.

Dio fece molti miracoli per mezzo di lui, a conferma della sua santa vita e predicazione.

Dopo tante fatiche, avendo speso tutte le sue forze per il servizio di Dio, andò a ricevere il premio degli Apostoli il 5 aprile del 1419. Fu canonizzato nel 1453 da Callisto III, al quale, ancor giovanetto, Vincenzo predicatore aveva profetizzato il pontificato e la propria canonizzazione per mezzo suo.

PRATICA. Facciamo frutto della parola divina.

PREGHIERA. Dio, che ti sei degnato illustrare la tua Chiesa coi meriti e la predicazione del tuo confessore Vincenzo, concedi a noi, tuoi servi, di essere ammaestrati dai suoi esempi e di essere liberati per il suo patrocinio da tutte le avversità.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Vannes, nella Bretagna minore, san Vincénzo Ferréri, dell’Ordine dei Predicatori, Confessore, il quale, potente per le opere e per la predicazione, convertì a Cristo molte migliaia di infedeli.

ICONOGRAFIA

San Vincenzo Ferreri

titolo San Vincenzo Ferreri
autore seguace di G.B.Gaulli anno sec.XVII

Nell’iconografia di San Vincenzo Ferreri viene spesso raffigurato in compagnia di angeli e con l’abito domenicano (saio bianco e mantello nero), con l’indice della mano rivolto verso il cielo e con la fiamma dello Spirito Santo ardente sul capo o a volte sulla mano. Quasi sempre stringe una croce o regge un giglio.

San Vincenzo predica al popolo

titolo San Vincenzo predica al popolo
autore Guglielmo Borremans anno 1722

Nei molteplici dipinti, affreschi e statue a lui dedicati spesso è raffigurato come angelo dell’apocalisse. Raffigurato con le ali e regge la tromba e a volte il libro della Bibbia aperto al versetto di Apocalisse di Giovanni: «Timete Deum et date illi honorem quia venit hora judici eius» (‘Temete Dio e dategli onore poiché è giunta l’ora del suo giudizio’).

San Vincenzo predica alle folle

titolo San Vincenzo predica alle folle
autore Saverio De Musso anno XVIII sec.
San Vincenzo

titolo San Vincenzo
autore Giuseppe Antonio Luchi detto il Diecimino anno 1756
San Vincenzo Ferreri

titolo San Vincenzo Ferreri
autore Antonio Magnoni anno 1745
San Vincenzo Ferreri

titolo San Vincenzo Ferreri
autore Juan Masip anno 1445/1450
San Vincenzo Ferreri

titolo San Vincenzo Ferreri
autore Graziani E. junior anno sec. XVIII

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