Archivi giornalieri: 29 luglio 2023

A giugno cala il tasso di inflazione Europa

A giugno cala il tasso di inflazione Europa

L’inflazione in Europa diminuisce, con un lieve aumento solo nel caso della Germania. Sono ancora i beni alimentari a trainare i rincari ma sono comunque in calo, come anche la componente energetica, mentre restano stabili beni industriali e servizi.

 

In Europa si continua a osservare una significativa spinta inflazionistica, che pesa sulle spese familiari e riduce il potere d’acquisto dei cittadini. Tuttavia il dato è in calo da diversi mesi e soprattutto a giugno si è ridotto significativamente. Solo in Germania si è verificato un lieve aumento e in Croazia la situazione è rimasta invariata. Per il resto tutti i paesi membri dell’Ue hanno registrato riduzioni più o meno forti e risultano in calo o stabili tutte le principali componenti del paniere (fatta eccezione per un lieve aumento nel caso dei servizi). I beni alimentari continuano a trainare la spinta inflazionistica.

L’inflazione a giugno 2023

Nel mese di giugno, l’ultimo per cui Eurostat dispone di dati, il tasso di inflazione ha avuto un calo generalizzato in Europa: si è attestato al 6,4% (rispetto al 7,1% registrato a maggio). Il che non vuol dire che i prezzi non siano in aumento, ma soltanto che tale incremento è più contenuto. Significativamente inferiore il dato relativo all’area euro, composta dai 20 stati membri che utilizzano la moneta comunitaria.

5,5% il tasso di inflazione nell’area euro a giugno 2023.

All’interno dell’Unione europea i tassi più alti si registrano, secondo una tendenza ormai consolidata da mesi, nei paesi dell’Europa orientale e centrale. L’Ungheria in particolare è ancora lo stato che segna il valore più elevato a giugno: 19,9%, comunque 2 punti percentuali in meno rispetto al mese precedente. Mentre la Lettonia è il paese che ha registrato il calo più pronunciato tra maggio e giugno: dal 12,3% all’8,1% (-4,2 punti percentuali).

Il valore più basso è invece quello del Lussemburgo (1%). Insieme al Lussemburgo, altri due paesi sono al di sotto del 2%: si tratta di Spagna e Belgio, entrambi con un tasso pari all’1,6%. Con il 6,7%, l’Italia si posiziona al tredicesimo posto in Europa per tasso di inflazione e al decimo come variazione maggiore nel passaggio tra maggio e giugno (-1,3 punti percentuali).

Dopo un picco registrato nella seconda parte del 2022, l’inflazione ha iniziato a diminuire gradualmente nei paesi più popolosi dell’Ue (Germania, Francia, Italia e Spagna).

Ad aprile si era visto un nuovo lieve aumento, ma a maggio i valori hanno ripreso a scendere. La tendenza continua nel mese di giugno: continua a esserci una spinta inflazionistica, ma i valori si sono ridotti. L’Italia ha riportato il dato più elevato da ottobre, ma a giugno 2023 è stata superata dalla Germania, l’unico paese dell’area euro che ha registrato in questo mese un aumento del tasso di inflazione. La Spagna invece continua a riportare il calo più evidente.

Cala l’inflazione per energia e beni alimentari, stabile per servizi e beni industriali

Notoriamente, nel 2022 l’inflazione ha riguardato in particolare la componente energetica, che nell’area euro ha raggiunto un picco pari al 41,3% nel mese di ottobre 2022. Parallelamente al calo di quest’ultima, si è osservato un aumento del tasso di inflazione per i beni alimentari.

A giugno vediamo che l’inflazione per entrambe le sopracitate componenti, pur presente, continua a diminuire, mentre i valori per i beni industriali non energetici e per i servizi rimangono sostanzialmente invariati. Nel caso dei servizi si registra però un aumento, seppur lieve (+0,3 punti percentuali). Sono comunque i beni alimentari che continuano, nonostante il relativo calo, a trainare la spinta inflazionistica.

12,5% il tasso di inflazione per i beni alimentari nell’area euro, a giugno 2023.

Anche in Italia l’inflazione è trainata dai beni alimentari che tuttavia riportano un tasso inferiore rispetto alla media dell’area euro: 11%. Beni industriali e servizi sono essenzialmente in linea con la media, mentre è la componente energetica ad attestarsi al di sopra del valore complessivo: 2% (rispetto al -5,6% dell’area euro). Quest’ultimo dato segna comunque un calo molto marcato rispetto al mese precedente, quando si attestava ancora all’11,5%.

Foto: Levi Meir Clency – licenza

 

Aumentano le notti tropicali nelle città italiane Ambiente

Aumentano le notti tropicali nelle città italiane Ambiente

Le notti tropicali sono un indicatore degli estremi di temperatura negli ambienti urbani. Nel 2021 Istat ne ha registrate mediamente 44 per ogni comune capoluogo, 6 in più rispetto alla media del periodo 2006-2015.

 

Come evidenzia Istatle aree urbane sono considerate degli hotspot climatici. Vista l’alta concentrazione di edifici, persone e attività produttive, subiscono più intensamente le conseguenze dei cambiamenti climatici. A causa della presenza di traffico veicolare (e delle emissioni di gas serra che ne derivano), della relativa scarsità di verde e del consumo e impermeabilizzazione del suolo, tendono a essere zone più calde rispetto agli ambienti rurali.

Insieme agli eventi climatici estremi (come alluvioni e siccità), il caldo costituisce uno dei principali fattori di pressione ambientale nei centri più urbanizzati. Per misurarlo, da una parte ci sono le temperature medie, che indicano un generalizzato processo di riscaldamento atmosferico. Dall’altra, gli eventi estremi, come i periodi di caldo particolarmente lunghi.

Le notti tropicali nei capoluoghi italiani

Uno degli indicatori che Istat utilizza per misurare questi estremi è quello delle notti tropicali, con cui si intende le notti in cui la temperatura non scende al di sotto dei 20 gradi centigradi.

44 notti tropicali mediamente nei comuni capoluogo (2021).

Ovvero 6 in più rispetto alla media del periodo 2006-2015. Un aumento ancora più marcato rispetto a quello rilevabile per i cosiddetti giorni estivi, ovvero i giorni con temperatura massima al di sopra dei 25 gradi, che nel 2021 sono stati mediamente 120 (+4 rispetto alla media).

La situazione varia sia a livello geografico (tendenzialmente le città meridionali sono più calde e quindi registrano valori più alti) che a livello di densità urbanistica (anche le città grandi e popolose riportano dati più elevati).

Dei primi cinque comuni capoluogo per numero di notti tropicali, quattro si trovano in Sicilia (Catania, Agrigento, Messina e Palermo) e uno in Calabria (Reggio di Calabria). A detenere il record nazionale è Catania, con 117 notti tropicali registrate nel 2021.

Tra i comuni considerati, 45 superano considerevolmente la media nazionale. Tra questi rientrano anche le tre città più popolose del paese (Roma con 59, Milano con 78 e Napoli con 70). Per quanto riguarda gli altri, si trovano principalmente nel sud del paese ma anche nell’area della pianura padana e nella zona nord-occidentale. Sono invece quattro i capoluoghi che non riportano nessuna notte tropicale: Aosta, Belluno, Rieti e Isernia.

Le notti tropicali sono in un aumento

Come accennato, il numero di notti oltre i 20 gradi centigradi è aumentato rispetto alla media del periodo 2006-2015. Anche in questo caso si possono rilevare significative differenze tra i vari comuni capoluogo. Vediamo i dati nei capoluoghi di regione.

In tre capoluoghi di regione italiani si superano variazioni pari a 20 notti tropicali in più rispetto alla media 2006-2015: Cagliari (+23,3), Bologna (+21,8) e Milano (+20,5).

I comuni più influenzati da questo fenomeno si trovano nelle aree del meridione e vicini all’area della pianura padana. Non sono quindi solo le aree in cui questa dinamica viene registrata di più ma anche quelle in cui, nel tempo, c’è stato l’aumento maggiore. Restano invece invariate all’Aquila mentre diminuiscono in due capoluoghi alpini: Bolzano (-0,8) e Aosta (-1,5).

Considerando tutti i comuni capoluogo e non soltanto quelli di regione, il dato più elevato si registra a Oristano, in Sardegna (+40), seguita da varie città siciliane (in particolare Catania e Siracusa, entrambe con un aumento pari circa a 28 notti). Mentre Caserta ha registrato un calo molto importante (-28,5), seguita da Verona (-25).

Foto: Askar Dave – licenza

 

Sull’abbandono scolastico pesano ancora i divari interni #conibambini

Sull’abbandono scolastico pesano ancora i divari interni #conibambini

Nel 2022 l’abbandono scolastico si è attestato all’11,5%, in diminuzione rispetto alla rilevazione precedente (12,7%). L’Italia passa così dal terzo al quinto posto tra i 27 stati membri con più incidenza del fenomeno. Tuttavia le differenze interne al paese sono ancora ampie.

 
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L’abbattimento del tasso di abbandono scolastico resta una delle principali sfide a livello europeo di questo decennio. A maggior ragione nel mondo post-Covid, il livello di istruzione appare una variabile sempre più determinante per le condizioni di vita delle persone e per lo sviluppo dei paesi.

Per questo motivo l’Unione europea ha aggiornato i suoi obiettivi in materiaabbassando di un punto il target da raggiungere a livello continentale.

9% il nuovo obiettivo Ue di uscite precoci dal sistema di istruzione e formazione da conseguire entro il 2030.

I dati più recenti indicano un percorso di avvicinamento da parte dell’Ue nel suo complesso. Nel 2022 il 9,6% degli europei tra 18 e 24 anni aveva lasciato la scuola con al massimo la licenza media, senza ulteriori titoli di studio, qualifiche professionali e senza essere comunque inserito in un percorso di istruzione o formazione.

Per l’Italia la quota di giovani tra 18 e 24 anni che hanno lasciato la scuola prima del tempo si è attestata all’11,5% nel 2022. Un dato che testimonia un miglioramento – del nostro paese e dell’Unione europea nel suo complesso – rispetto ad alcuni anni fa.

Sebbene la costruzione dell’indicatore risenta di revisioni nelle metodologie di stima, la tendenza discendente è chiaramente visibile sul lungo periodo. Alla metà degli anni 2000, alla vigilia della grande recessione, quasi un giovane su 5 in Italia si trovava in condizione di abbandono, mentre in Ue il dato si attestava al 14-15%.

Da allora le cose sono indubbiamente migliorate, anche sulla scorta degli obiettivi europei in materia, stabiliti dall’agenda Europa 2020 prima e dal nuovo quadro strategico sull’istruzione e la formazione per il decennio 2021-2030 poi.

Tuttavia il miglioramento complessivo non deve far trascurare due aspetti. Il primo è che, mentre calano gli abbandoni “espliciti”, dopo il Covid sono aumentati quelli “impliciti”. Ovvero gli studenti che, pur completando il percorso di studi, non raggiungono competenze adeguate. Un fenomeno visibile soprattutto tra gli studenti svantaggiati. Inoltre, restano ampie le distanze sia a livello Ue che all’interno del nostro paese.

Gli abbandoni precoci in Italia e in Ue

Nonostante il calo del tasso di abbandono nel corso degli ultimi 2 decenni, all’interno dell’Unione europea l’Italia rientra tra i paesi dove il problema delle uscite precoci dal sistema di istruzione e formazione resta più consistente. Nel 2022 è il quinto paese con più abbandoni (11,5%), dopo Romania (15,6%), Spagna (13,9%), Ungheria (12,4%) e Germania (12,2%).

Al contrario, sono 6 i paesi dell’Unione in cui la quota di abbandoni precoci è inferiore al 5%: Lituania e Polonia (entrambe al 4,8%), Grecia e Slovenia (4,1%), Irlanda (3,7%) e Croazia (2,3%, quest’ultima statistica segnalata come a “bassa affidabilità” nei dataset Eurostat).

Rispetto a quanto rilevato negli anni precedenti, il miglioramento dell’Italia è anche posizionale. Tanto nel 2020 quanto nel 2021, il nostro paese era risultato terzo per tasso di abbandoni precoci, appena dietro a Romania e Spagna. Nel 2022 è quinto dopo Romania, Spagna, Ungheria e Germania.

11,5% i giovani tra 18 e 24 anni che hanno lasciato la scuola prima del tempo nel nostro paese (2022).

Con una quota che però rimane comunque superiore alla media europea (9,6%) e che si colloca a 2 punti e mezzo dalla soglia del 9% fissata a livello continentale. Un ritardo nei confronti degli standard Ue che è soprattutto il risultato di distanze molto ampie, interne al paese.

I divari interni all’Italia sull’abbandono scolastico

Una parte delle regioni italiane si trova già al di sotto delle soglie stabilite in sede Ue sull’abbandono scolastico.

Sono 10 quelle con un tasso inferiore alla soglia del 10%, prevista nell’ambito di Europa 2020: Lombardia (9,9%), Veneto (9,5%), Emilia-Romagna (9,5%), Abruzzo (9,3%), Molise (8,3%), Friuli-Venezia Giulia (7,7%), Lazio (7,4%), Umbria (7,3%), Marche (5,8%), e Basilicata (5,3%). Come si nota 6 di queste si attestano anche al di sotto della nuova soglia del 9%. Al contrario, il problema è molto più ricorrente in alcune parti del paese, nello specifico nelle maggiori aree del mezzogiorno.

La quota nazionale dell’11,5% viene infatti ampiamente superata nel sud continentale (13,8% in media) e nelle isole (17,9%). Nello specifico in 2 regioni, Sicilia e Campania, oltre il 15% dei giovani ha lasciato la scuola prima del tempo. Sull’isola la quota sfiora il 19%, mentre in Campania si attesta al 16,1%. Seguono Sardegna e Puglia con quasi il 15% di uscite precoci. Anche la Valle d’Aosta (13,3%) si colloca al di sopra della media nazionale.

La necessità di un monitoraggio ancora più capillare

I divari territoriali nell’abbandono scolastico sono sintomatici dei problemi di parte del paese – in particolare del mezzogiorno, ma non solo – nel contrasto della povertà educativa.

Pur in un miglioramento visibile negli ultimi anni, gli elevati tassi di abbandono scolastico si accompagnano spesso ad altre tendenze: dalla carenza di servizi educativi all’impatto della dispersione implicita. Parliamo del fenomeno per cui alcuni studenti – pur non rientrando tra gli abbandoni in senso stretto, in quanto completano il ciclo di studi – non raggiungono comunque livelli di competenza adeguati.

Intervenire su questi aspetti è una necessità resa urgente da questioni economiche, oltre che educative e sociali. Sono i dati sull’occupabilità di chi ha abbandonato a renderlo palese. Tra 2008 e 2020 il tasso di occupazione dei giovani che hanno lasciato la scuola prima del tempo è crollato, in Italia ancora più che nel resto dell’Ue.

51% occupati nel 2008 tra i 18-24enni con al massimo la licenza media. Nel 2020 la quota è stata pari al 33,2%.

Tali tendenze avranno un impatto sulla coesione sociale e territoriale del paese, in un futuro che non sembra affatto remoto. Per intervenire tempestivamente sul fenomeno, è necessario disporre di dati disaggregati e aggiornati sulle disparità educative.

Da questo punto di vista, se molti indicatori – su tutti i risultati delle prove Invalsi – sono stati negli anni rilasciati con cadenza periodica e con granularità locale, altri dispongono ancora oggi di minore profondità territoriale. Come l’indicatore europeo sugli abbandoni, prezioso nei confronti tra paesi membri e regioni, ma ancora poco disaggregato in chiave locale. Supplire a tale carenza offrirebbe uno strumento fondamentale nelle politiche di contrasto della povertà educativa.

 

Santa Maria di Betania

 

Santa Marta di Betania


Nome: Santa Marta di Betania
Titolo: Vergine
Nascita: I Secolo, Israele
Morte: 29 luglio 84, Marsiglia, Francia
Ricorrenza: 29 luglio
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Patrona di:
VarisellaTalana

Era sorella di Lazzaro e di Maria. Era questa una famiglia molto distinta e caritatevole che Gesù molto amava e sovente onorava con la sua presenza.

A Marta era affidata la cura delle faccende domestiche. Ella mostrava ogni impegno per servire bene Gesù, e S. Luca narra che una volta, vedendo che la sorella Maria non l’aiutava nelle sue faccende, si lamentò dolcemente col Maestro Divino dicendo:

« Signore, non t’importa che la mia sorella mi lasci sola a servire? ». Ma Gesù, pur non biasimando la sua sollecitudine, le disse: « Marta, Marta, tu ti affanni e t’inquieti di troppe cose. Una sola cosa è necessaria ».

Cristo nella casa di Marta e Maria
autore Alessandro Allori anno 1605 titolo Cristo nella casa di Marta e Maria

Alla morte del fratello Lazzaro le due sorelle rimasero molto contristate e non c’era chi potesse consolarle nel loro dolore. Fosse almeno stato presente Gesù! Egli, avvisato, non era ancora ritornato. Ma quattro giorni dopo, ecco arrivare il Maestro. « Marta, narra l’evangelista S. Giovanni, appena seppe della venuta di Gesù, gli andò incontro, mentre Maria se ne stava in casa a piangere. Disse a Gesù: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto. Ma anche ora so che tutto quello che domanderai a Dio, te lo concederà. Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà. Rispose Marta: Lo so che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno. E Gesù: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se morto vivrà e chi vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo? Ella rispose: Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il figliuolo di Dio vivo, che sei venuto in questo mondo ».

Gesù, per rinfrancare la fede di Marta e di Maria e per mostrare ai Giudei ch’egli era veramente padrone della vita e della morte, giunto al sepolcro, disse ai circostanti: « Togliete la pietra ». E a Marta che gli osservava: « Signore, già puzza, perchè da quattro giorni è lì ». Gesù rispose: « Non ti ho detto che se credi. vedrai la gloria di Dio? ». Gesù richiamò in vita Lazzaro, e « molti Giudei, conchiude l’Evangelista, venuti da Maria e da Marta, avendo visto quanto aveva fatto Gesù, credettero in Lui ». Non si può certo descrivere la gioia delle due sorelle nel riavere vivo il loro amato fratello che tanto avevano pianto. Esse per tutta la vita serbarono al Redentore la più viva gratitudine.

Molto probabilmente Marta fu presente al Calvario con sua sorella Maria, e con lei vide il Salvatore risorto. Dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, Marta, con la sorella Maria ed il fratello Lazzaro, fu dai Giudei gettata in mare, perchè venisse sommersa dalle onde; ma la nave miracolosamente protetta e guidata giunse incolume nel golfo di Marsiglia. In questa città S. Marta fondò una comunità di vergini che governò santamente, finchè ricca di meriti, il 29 luglio dell’84, passò al gaudio sempiterno. Le sue reliquie si venerano a Tarascona, sul Rodano.

Marta fu anche nota per aver sconfitto un drago, la Tarasca, che aveva terrorizzato gli abitanti di Tarascona. Metà bestia e metà pesce, il mostro era intento a divorare un uomo, quando fu annientato da Marta, armata di aspersorio e acquasantiera.

PRATICA. Il rimprovero del Maestro fatto a Marta ci porti ad attendere con maggior cura alle cose spirituali.

PREGHIERA. Esaudiscici, Dio nostro Salvatore, affinchè, come ci rallegriamo della festa della tua beata vergine Marta, così veniamo ammaestrati nella vera devozione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Memoria di santa Marta, che a Betania vicino a Gerusalemme accolse nella sua casa il Signore Gesù e, alla morte del fratello, professò: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

ICONOGRAFIA

Nell’ iconografia tradizionale Santa Marta è ritratta quasi sempre in veste monacale con il famoso drago Tarasca ai suoi piedi, il secchiello e l’aspersorio nelle mani. Secondo la leggenda, la Santa ammansì la Tarasca mostrandole la Croce e irrorandola, mediante l’aspersorio, con l’acqua benedetta contenuta nel secchiello; il drago ammansito, seguì poi docilmente S. Marta che, tenendolo legato alla propria cintura, lo condusse in città dove gli abitanti lo fecero a pezzi.

 Santa Marta

titolo Santa Marta
autore Carlo Mercurio anno secolo XVII

Santa Marta

titolo Santa Marta
autore Ambito lombardo anno Secolo XVII

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Domande Frequenti

  • Quando si festeggia Santa Marta di Betania?

     

  • Chi è il santo protettore delle casalinghe?

     

  • Quando nacque Santa Marta di Betania?

     

  • Dove nacque Santa Marta di Betania?

     

  • Quando morì Santa Marta di Betania?

     

  • Dove morì Santa Marta di Betania?

     

  • Di quali comuni è patrona Santa Marta di Betania?

     

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