Archivi giornalieri: 2 luglio 2023

Di cosa ci siamo occupati a giugno 2023 Fondazione openpolis

Di cosa ci siamo occupati a giugno 2023 Fondazione openpolis

È stato un mese intenso per openpolis. Abbiamo presentato un report sull’agricoltura in Italia, continuando a occuparci del Pnrr ma anche dei minori stranieri non accompagnati, in occasione della giornata mondiale del rifugiato.

Pnrr

In queste settimane si è discusso molto delle difficoltà di spesa, dei ritardi e delle incertezze sul Pnrr. Ostacoli che abbiamo ricostruito attraverso la relazione della corte dei conti e quella del governo al parlamento. Abbiamo poi continuato ad analizzare la distribuzione delle risorse del piano nei territori, in particolare in tema di turismo e di assunzione di personale tecnico a sostegno dei comuni.

Governo e parlamento

Abbiamo ripercorso in parte la carriera politica di Silvio Berlusconi in occasione della sua scomparsa, osservando in particolare come sia stato l’esponente che ha trascorso più giorni da presidente del consiglio dal 1948 a oggi. Abbiamo visto inoltre il peso che il suo partito, Forza Italia, ricopre per l’attuale maggioranza di centrodestra. Ci siamo soffermati sul ricorso alla fiducia del governo Meloni, sui decreti attuativi mancanti e sulla corte dei conti.

Mappe del potere

Per seguire meglio il dibattito sulle riforme istituzionali abbiamo iniziato il mese di giugno analizzando Il ruolo del presidente della repubblica nella nomina del governo. Successivamente ci siamo occupati di alcuni cambiamenti nella struttura amministrativa dello stato. Prima rispetto ai ministeri, poi alla governance del Pnrr. Infine ci siamo occupati dei dirigenti di vertice dei ministeri e della presidenza del consiglio e in particolare della disparità di genere in queste posizioni.

Povertà educativa

Giugno è il mese degli esami di stato. Per questo abbiamo visto come arrivano gli studenti alla maturità 2023, attraverso le rilevazioni degli apprendimenti in quinta superiore. In occasione della giornata mondiale del rifugiato, poi, abbiamo ricostruito a che punto è l’accoglienza per i minori stranieri non accompagnati. Abbiamo inoltre analizzato quanti sono i minori senza tetto e senza fissa dimora e la possibilità di accesso all’istruzione pre-scolare, nel confronto tra Italia e Ue e a livello locale.

Cooperazione e migranti

Il tema dell’insicurezza alimentare nel 2022 ha afflitto circa 258 milioni di persone nel mondo. Un fenomeno che non fa che aggravarsi negli anni.

Sul fenomeno migratorio in Italia ci siamo concentrati sull’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (Msna), tornando anche sulla questione della doppia vulnerabilità a cui sono esposte le donne straniere in ambito lavorativo. Infine siamo tornati sul sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, alla luce delle ultime novità normative.

Bilanci dei comuni

Nella nostra rubrica dedicata alle amministrazioni locali ci siamo occupati delle spese per la gestione degli organi interni delle amministrazioni, oltre che dell’ufficio tecnico, che ha il compito di coordinare gli interventi di costruzione delle opere pubbliche. La formazione dei lavoratori che lavorano in questi ambiti è cruciale e abbiamo approfondito le uscite relative a questo ambito. Ci siamo anche occupati delle spese dei comuni per il turismo. Infine abbiamo scritto della componente di conto capitale, una parte importante delle entrate per i comuni.

Europa

Siamo tornati sul tema del lavoro, approfondendo in particolare la questione del divario retributivo di genere e delle ore lavorative nelle regioni Ue. Abbiamo poi analizzato come funzionano i fondi europei di coesione, proseguendo il nostro monitoraggio dell’inflazione nell’area euro.

Ecologia e innovazione

Abbiamo scritto della controversa questione legata alle terre rare, importanti per la transizione ecologica ma la cui estrazione comporta delle problemi ambientali. Abbiamo poi parlato della protezione delle aree costiere e marine e delle perdite idriche nel nostro paese. Inoltre abbiamo avviato una nuova collaborazione, con l’Associazione italiana coltivatori (Aic), pubblicando il report “Agricoltura oggi: sfide per il futuro“, dove parliamo delle numerose sfide dell’agricoltura odierna e degli strumenti a disposizione per affrontarle.

 

San Bernardino Realino

 

San Bernardino Realino


Nome: San Bernardino Realino
Titolo: Sacerdote
Nome di battesimo: Bernardino Realino
Nascita: 1 dicembre 1530, Carpi
Morte: 2 luglio 1616, Lecce
Ricorrenza: 2 luglio
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
Canonizzazione:
1947, Roma, papa Pio XII

Nacque a Carpi, ridente cittadina del Modenese, nel 1530 da Francesco Realino e da Elisabetta Bellentoni.

La madre si premurò di dare al suo Bernardino una buona educazione. Gli insegnò a recitare il Rosario quand’era ancora piccolo.

Si rivelò un giovane di vivo ingegno e di cuore caritatevole. Studente a Modena fece la prima triste esperienza della corruttela dell’ambiente studentesco. Corse pericolo di livellarsi alla condotta dei più, ma s’accorse in tempo e seppe vincere. Più tardi da Modena passò alla facoltà di medicina nell’università di Bologna. Per assecondare il desiderio di Cloride, la donna da lui amata, interruppe gli studi di medicina per dedicarsi alla giurisprudenza. Alla fine di questo periodo di studi si deve collocare un triste episodio che il Santo non dimenticherà mai. Incontratosi un giorno con un certo Galli, che aveva commesso una ingiustizia troppo aperta a danno dei Realino, ne nacque una discussione animata. Bernardino si sentì bollire il sangue nelle vene e tratta la spada lo colpì alla fronte, senza però ucciderlo.

Nel mondo dei dotti già fin da giovane era salutato come un umanista di gusto e di gran sapere, da meritarsi l’elogio di « raro ingegno in giovanile etade ». Fu un uomo superiore alle cose umane: ben più alti ideali albergavano nella sua mente. Compiuti gli studi e laureatosi in giurisprudenza, fu podestà prima a Felizzano, poi a Cassine e in seguito a Castelleone, dovunque facendosi amare per la sua onestà e carità, amministrando con equanime e paterna giustizia. Negli anni del breve governo a Cassine, a contatto con le strettezze economiche e miserie morali del popolo, ne fu talmente impressionato che giunse a non mangiare e non dormire, fuggendo gli amici, disgustato della vita. Fu allora che maturò in lui la vocazione religiosa. Gli eterni destini dell’uomo si affacciavano insistentemente alla sua considerazione.

A Napoli, la predica di uno zelante gesuita lo colpì profondamente e gli rivelò chiaramente la divina chiamata. Fu la decisione. Chiese di divenire gesuita. L’amor filiale per il vecchio babbo gli fece passare momenti di penosa esitazione. Salì l’altare il 24 maggio del 1567.

Divenuto sacerdote, la fama di santo che andava acquistando a Napoli gli procurava richieste incessanti del ministero sacerdotale che lo teneva occupatissimo. Trasferito a Lecce fu presto riconosciuto dal popolo come sacerdote zelantissimo e pieno di inesauribile carità. Preferiva le classi umili e sofferenti, e si occupò con una estrema pazienza persino degli schiavi turchi addetti alle galere.

Negli anni maturi e nella vecchiaia Bernardino, che fu sempre devotissimo della Madre Divina, conservò nell’amore alla Madonna quell’ingenuità infantile che spiccava come nota particolare della sua pietà. Con Maria e per Maria guadagnò le anime a Dio. Tra i tanti efficaci insegnamenti che dava sulla devozione mariana, diceva che era una vergogna che una donna per bene non trovasse tempo a dire la corona tre volte la settimana ad onore della Madonna. I magistrati di Lecce si recarono un giorno alla Casa dei Gesuiti, per pregare il Santo, ormai vecchio e quasi paralizzato, di accettare l’incarico e l’onore di essere il patrono della loro città in Paradiso. Morì il 2 luglio 1616 alla veneranda età di 86 anni.

PRATICA. – Impariamo a passare per le vicende di questo mondo senza essere vittime del suo spirito.

PHECHIERA. – Concedici, o Dio onnipotente, che dopo aver ammirato i santi esempi di carità, amore e pietà di S. Bernardino, per la sua intercessione siamo vivificati da quella carità, amore e pietà che innalza i cuori fino al cielo, ove speriamo di giungere per la tua misericordia.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Lecce, san Bernardino Realino, sacerdote della Compagnia di Gesù, che rifulse per carità e bontà e, rigettati gli onori mondani, si dedicò alla cura pastorale dei prigionieri e degli infermi e al ministero della parola e della penitenza.

Quale sardo?

Quale sardo?

1 Luglio 2023

[Francesco Casula]

Ritorna in modo ossessivo, quando si parla di lingua sarda, segnatamente in relazione al possibile insegnamento nelle scuole, un interrogativo: quale Sardo?

   Domanda che spesso viene posta in genere dai nemici della lingua sarda in modo strumentale: la cui risposta sottesa è, per loro, che non esisterebbe un solo sardo ma molti. E’ però anche una domanda legittima fatta da molti che lo amano invece il sardo, ma che sono frastornati e confusi, in modo particolare dai Media, in genere su questa problematica pressapochisti e poco informati.

    Occorre rispondere con nettezza che il Sardo è uno e uno solo: consta di due fondamentali varianti o parlate: il logudorese e il campidanese. Se vogliamo semplificare: perché in realtà ci sono tante parlate, quanti sono in paesi e le città sarde.

   Ma il fatto che esistano tante parlate non mette minimamente in discussione l’esistenza di una lingua sarda sostanzialmente unitaria, in quanto la lingua, per la linguistica scientifica è considerata un sistema o un insieme di sistemi linguistici. Inoltre, la struttura del campidanese e del logudorese è sostanzialmente identica: quando vi sono delle differenziazioni di tratta di differenziazioni o lessicali (dovuta alla diversa penetrazione delle lingue dei popoli dominatori, soprattutto spagnolo e italiano) o differenze fonetiche, di pronuncia. Cioè differenze minime. Peraltro, presenti anche nei diversi paesi della stessa “zona linguistica”. Ma non differenze sostanziali a livello grammaticale o sintattico.

   Del resto, qualcuno può affermare che l’Italiano non sia una lingua unitaria perchè viene parlata con una pronuncia che varia – e molto! – da regione a regione, da paese a paese, da città e città? Qualcuno può pensare che la lingua sarda non sia unitaria perché “adesso” in campidano risulta “immoi” e nel logudoro “como”? Che dire allora dell’italiano “unitario” a fronte di: adesso, ora, mo’, per indicare lo stesso termine? Il fatto che in sardo per indicare asino si utilizzino molti lessemi (ainu, molente/i, poleddu, burricu, bestiolu, burriolu, urragliu, chidolu, cocitu, unconchinu) non è forse segno di ricchezza lessicale piuttosto che di disunità del Sardo? Una lingua fatta di somme e di accumuli in virtù delle influenze plurime indotte dalla presenza nei secoli, di svariati popoli, ognuno dei quali ha influenzato e contaminato la lingua sarda?

   Ma poi, dopo essere stata riconosciuta anche giuridicamente e politicamente come lingua, chi impedisce al Sardo di assurgere al piano e al ruolo anche pratico, di lingua unificata? Così come è successo storicamente a molte lingue, antiche e moderne, nel mondo e in Europa, prima pluralizzate in molte parlate e dialetti e in seguito unificate?

   Negli ultimi 150 anni della nostra storia è successo nell’800 e nel primo ‘900, tanto per fare qualche esempio, al rumeno, all’ungherese, al finlandese, all’estone; e recentemente al catalano, le cui varietà (il barcellonese, il valenzano, il maiorchino per non parlare del rossiglionese, del leridano e dell’algherese) erano assai diverse fra loro e assai più numerose delle varietà del Sardo di oggi.

   Dopo l’incerto procedere, fra molte incomprensioni e non pochi pregiudizi, che accompagnò una prima proposta di standardizzazione della lingua, dal 2006 la Regione si è dotata di Sa limba sarda comuna, uno standard linguistico per i documenti in uscita dall’Amministrazione e di riferimento per le decine di varietà del sardo. Si tratta non di un cocktail di varianti ma di una lingua effettivamente parlata nel centro dell’Isola, qualcosa che sta al sardo come il lucchese stava all’italiano nascente. È un primo incoraggiante inizio: occorrerà proseguire in tale direzione.

   Si potrà ancora obiettare che tra logudorese e campidanese potrebbero esserci differenze poco sostanziali, ma come la mettiamo con il Catalano di Alghero, il Tabarchino di Carloforte e Calasetta, e lo stesso Gallurese e Sassarese?

   I linguisti rispondono a questa obiezione con chiarezza e scientificità: si tratta di Isole alloglotte. Ovvero di lingue diverse dalla lingua sarda, pur presenti nello stesso territorio sardo. Un fenomeno del resto presente in tutto il territorio italiano – e non solo – dove vi sono molte isole alloglotte in cui si parla: albanese, catalano, greco, sloveno e croato oltre che francese, franco-provenzale, friulano, ladino e occitano.

   Questo fenomeno ha radici storiche precise: per quanto attiene al catalano di Alghero è da ricondurre al fatto che nel 1354 Alghero fu conquistata dai catalani che cacciarono i Sardi e da quella data si parlò il catalano, appunto.

   Il Tabarchino parlato a Carloforte (Isola di San Pietro) e a Calasetta (Isola di Sant’Antioco) è ugualmente da ricondurre a motivazioni storiche: alcuni pescatori di corallo provenienti dalla Liguria e in particolare dalla città di Pegli (a ovest di Genova, ora quartiere del comune capoluogo) intorno al 1540 andarono a colonizzare Tabarca (un’isoletta di fronte a Tunisi) assegnata dall’imperatore Carlo V alla famiglia Lomellini. Nel 1738 una parte della popolazione si trasferì nell’Isola di San Pietro. Nel 1741 Tabarca fu occupata dal bey di Tunisi. La popolazione rimasta fu fatta schiava, Carlo Emmanuele di Savoia, re di Sardegna, ne riscattò una parte portandola ad accrescere la comunità di Carloforte. Di qui il tabarchino.

   Diverso è invece il discorso che riguarda il sassarese, considerato dai linguisti un sardo-italiano e il gallurese ritenuto un corso-toscano. E da ricondurre ugualmente a motivazioni storiche.