Archivi giornalieri: 13 novembre 2015

I tagli al Patronato e le inefficienze dell’Inps

Le traversie dei lavoratori dello spettacolo e dello sport  e le inefficienze dell’Inps

di Fulvia Colombini

I lavoratori dello spettacolo (attori, musicisti, cantanti) e sportivi professionisti, calciatori ed altri, fino a qualche anno fa versavano i propri contributi presso un Ente Previdenziale a loro dedicato: l’Enpals provvedeva a liquidare tutte le prestazioni spettanti e in particolare le pensioni, che venivano e vengono tutt’ora calcolate con modalità del tutto particolari in considerazione del tipo di lavoro svolto.

Questi lavoratori hanno rapporti di lavoro estremamente discontinui, con diversi datori di lavoro, che spesso cambiano nel corso dell’anno; pensiamo agli attori che vengono scritturati dai teatri per le varie stagioni, agli attori di cinema e di televisione, cui vengono assegnati ruoli di  comparse o di caratteristi, ai musicisti che vengono ingaggiati per le stagioni estive, per le feste, sulle navi, ma nonostante tutte queste complicazioni legate al lavoro, potevano contare su prestazioni previdenziali puntuali, in particolare nel momento agognato in cui si raggiunge il diritto a pensione. 

Come è noto, da alcuni anni, l’Enpals è stato assorbito dall’Inps perché, giustamente, si sono voluti semplificare gli istituti previdenziali in Italia; si ricorderà che anche l’Ente per i dipendenti pubblici ex-Inpdap è stato assorbito dall’Inps. 

Da quel momento, purtroppo, sono cominciati i guai previdenziali per i lavoratori dell’ex Enpals: pensioni non liquidate, opzioni donna che aspettano i conteggi da due anni, reversibilità che non vengono pagate, enormi ritardi per qualsiasi risposta e, soprattutto, nessuna forma di assistenza da parte dell’Inps. 

Tutto questo avviene perché l’Inps ha deciso di colpo di integrare le posizioni previdenziali di tutti questi lavoratori, utilizzando, per i conteggi, le stesse procedure informatiche che vengono usate per tutti gli altri lavoratori dipendenti, disperdendo le professionalità preesistenti all’interno dell’Istituto. Peccato che le procedure generali per loro non funzionino e si rivelano del tutto inadeguate e non attendibili.

Come Patronati riceviamo nei nostri uffici centinaia di persone preoccupate di non poter ottenere quanto spetta loro.  Stiamo seguendo e sollecitando settimanalmente all’Istituto centinaia di pratiche che non sono state evase, che sono state ingiustamente respinte, che sono sbagliate e dietro le quali ci sono donne e uomini che attendono di ricevere un reddito, al quale hanno diritto ma che non arriva mai. Abbiamo evidenziato da tempo tutti i problemi all’Istituto ma la soluzione ai problemi non arriva mai.

Il Governo propone nella legge di stabilità di tagliare, ancora una volta, le risorse ai Patronati e noi ci chiediamo come faranno, per esempio, tutte queste persone a sollecitare i loro diritti se non avranno più il Patronato a sostenerli.

L’Inps, nonostante la propaganda, ha al proprio interno alcune sacche di inefficienza che non riesce a recuperare e, soprattutto, non è in grado di mantenere “un rapporto” degno di questo nome con i cittadini che, invece, si rivolgono a noi fiduciosi che, con la nostra esperienza e capacità, siamo in grado di dare loro una mano per venire a capo di una burocrazia spesso ottusa e nociva. 

Patronati

Tagli ai Patronati: L’Emilia Romagna si mobilita e incontra i Parlamentari

Cgil, Cisl e Uil dell’Emilia Romagna unitamente a Inca, Inas e Ital, nell’ambito della mobilitazione contro la proposta del Governo di tagliare ulteriormente, con la Legge di Stabilità, il fondo di finanziamento dei Patronati, incontreranno i Parlamentari eletti nelle circoscrizioni della Regione, lunedì 16 novembre. L’impegno che chiediamo – affermano – è quello di sostenere l’emendamento già presentato in Commissione al Senato di abrogazione del comma della Legge di Stabilità ripristinando i fondamenti che sono alla base della Legge Istitutiva dei Patronati”.

Secondo i sindacati, “il taglio proposto di 48 milioni di euro, che  si aggiunge a quello di 35 milioni della Legge Finanziaria del 2015, renderebbe insostenibile l’attività di tutela e di accesso alle prestazioni fino ad ora svolte, con l’unico obiettivo dichiarato, ancora una volta, di far ricadere il costo sui cittadini, spazzando via qualsiasi concetto di universalismo e gratuità”.

Sant’ Omobono di Cremona

 


Sant' Omobono di Cremona

Nome: Sant’ Omobono di Cremona
Titolo: Laico
Ricorrenza: 13 novembre
Protettore di:mercanti, sarti

Dopo il Mille, e per più di 4 secoli, l’Italia tornò ad essere nel mondo guida di civiltà e modello di benessere. Si ebbe infatti la rottura del sistema feudale, chiuso e accentrato, nel quale l’unico mestiere era quello delle armi, e le popolazioni erano costrette in servitù. E fu una vera, anche se lenta, rivoluzione, affidata, più che alle armi, all’opera di abili artigiani e di mercanti intraprendenti, efficacemente appoggiati dalla Chiesa.

Il lavoro dei campi, riscattato, dette maggior frutto, e le città rette in liberi Comuni prosperarono per nuove e redditizie attività. Le zone di scambio si allargarono da città a città, da regione a regione, da nazione a nazione, diffondendo i prodotti che la crescente ricchezza richiedeva in crescente quantità. E gli artigiani italiani si dettero a conciar le pelli, a sbalzare il rame, a batter l’argento, a cesellare l’oro, a soffiare il vetro, a tinger le stoffe, a fucinar le armi. Soprattutto, a filare e tessere panni di seta e più che altro di lana, che i mercanti, lungo le rinnovate strade, dai ripristinati porti, commerciavano in tutti i paesi del mondo. 

La figura di Sant’Omobono, mercante di Cremona, per quanto Santo umile e commerciante modesto, diventa così l’espressione caratteristica, anzi ideale, di un’intera società, che rese l’Italia ricca di mezzi, di opere, di gloria, di arte e — come sempre accade — di frutti spirituali e tesori di santità. 

Nella seconda metà del XII secolo, anche Cremona, come tutte le città d’Italia, era un alveare di fervida attività. Per le viuzze medievali, accanto agli arcigni palazzi della vecchia nobiltà, ogni porta che non fosse una bottega artigiana, era il fondaco di un mercante o il « banco » di un banchiere. 

Uno di questi fondaci cremonesi apparteneva ad un mercante buono anche nel nome: Omobono. Un piccolo commerciante, che non avrebbe potuto rivaleggiare, per esempio, con il suo ricco contemporaneo Pietro Bernardone, padre di San Francesco, che da Assisi trafficava grosse partite di lana acquistata sui mercati di Francia, e detta perciò « francesca ». 

Omobono era un mercante scrupolosissimo, come se ne trovano pochi — dicono i maligni. — E la mercatura, che faceva ricca l’Italia, rendeva bene anche al mercante cremonese, nonostante la sua specchiata onestà negli affari; anzi, proprio per questa sua onestà. Egli rispettava gli Statuti delle Corporazioni cittadine, osservava le leggi civili, ma soprattutto seguiva quella legge della coscienza che la Chiesa insegnava — e insegna ancora — non solo ad Omobono e non solo a Cremona, ma a tutti i cristiani di tutto il mondo.

I proventi della mercatura, non dovevano però servire soltanto ad aumentare la ricchezza di Omobono. Dovevano soddisfare un altro insegnamento della religione cristiana, ancora più alto: quello della carità. Carità materiale, nell’assistenza generosa dei poveri e dei bisognosi; e carità spirituale verso gli afflitti, i tribolati, gl’ignoranti, i dubbiosi. Privo di figli, Omobono aveva una moglie, onesta e virtuosa sì, ma non al punto di approvare l’inesauribile generosità del marito e di non rimpiangere tutto ciò di cui egli si privava. Cosicché uno dei meriti di sant’Omobono fu quello di persuadere anche la moglie alla carità evangelica da lui praticata. 

Né aspettava, per recarsi in chiesa, di esser libero dai suoi affari. Anzi, si dedicava al lavoro solo quando era libero dalle pratiche di cristiana pietà. E un giorno del 1197, mentre era alla Messa, in ginocchio davanti all’altare, giunto al « Gloria in Excelsis », allargò le braccia e le richiuse come in un abbraccio. Al Vangelo, non fu veduto rialzarsi. Se ne era andato così, in pace e in silenzio, verso la gloria dei Cieli. 

Allora, solo allora, i cittadini di Cremona, gli artigiani indaffarati, i mercanti preoccupati, si resero conto che era vissuto tra di loro, nel fondaco oscuro e modesto, un vero Santo, un Santo di nuovo tipo. E con professionale decisione e rapidità, presentarono al Papa la causa di canonizzazione. 

Così, appena due anni dopo, nel 1199, Omobono era Santo, le sue reliquie riposte nel Duomo di Cremona, centro di devozione e di prodigi. Egli è invocato come protettore dei mercanti, subito dopo il grande figlio di Pietro Bernardone, mercante di lana francesca. E i sarti l’hanno preso come loro Patrono, non perché Sant’Omobono fosse sarto, ma perch