Archivi giornalieri: 4 novembre 2015

Legge Stabilità

 

 

Legge Stabilità: il Regime dei Minimi 2016

 

Guida al Regime dei Minimi 2016 nella Legge di Stabilità: focus su soglie di reddito più alte, accesso dei lavoratori dipendenti con meno paletti, aliquota al 5% per le start-up.

 – 3 novembre 2015
Pmi TVLegge di Stabilità: soddisfatto il ministro Alfano
 

 

professioni

Il Regime dei Minimi 2016 diventa più favorevole rispetto alla riforma dell’anno scorso, con innalzamento dei tetti di reddito e maggiore accessibilità da parte dei lavoratori dipendenti: la Legge Stabilità 2016 corregge dunque il tiro sulla Riforma del Regime dei Minimi avviata nel 2015 e corretta in corsa (fino al 31 dicembre resta possibile l’adesione al “vecchio” regime agevolato), anche a causa delle proteste di autonomi e professionisti.Aliquota al 15% ma limiti più alti per il reddito, 10mila euro in più per ogni categoria di attività e 15mila (raddoppio) per i professionisti, che erano stati fra i più penalizzati nel 2015.

=> Stabilità 2016: Partite IVA e nuovo Regime dei Minimi 2016

 

Il criterio per determinare reddito e imponibile resta lo stesso previsto nel 2015: ai ricavi annui, che devono restare in determinati limiti, si applica un coefficienteche varia per le diverse attività professionali. La Legge di Stabilità innalza poi i tetti annui. Ecco in tabella limiti di redditi e coefficienti:

Attività Codice ATECO Limite ricavi Coefficiente
Industrie alimentari e delle bevande 10-11 45mila  40%
Commercio all’ingrosso e al dettaglio 45 – (46.2 a 46.9) – (da 47.1 a 47.7) – 47.9 50mila  40%
Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande 47.81 40mila  40%
Commercio ambulante di altri prodotti 47.82 – 47.89 30mila  54%
Costruzioni e attività immobiliari 41 – 42 – 43 – 68 25mila  86%
Intermediari del commercio 46.1 25mila  62%
Servizi di alloggio e ristorazione 55 – 56 50mila  40%
Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione 64 – 65 – 66 – 69 – 70 – 71 – 72 – 73 – 74 – 75 – 85 – 86 – 87 – 88 30mila  78%
Altre attività 01 – 02 – 03 – 05 – 06 – 07 – 08 – 09 – da 12 a 33 – 35/39 -49/53 – 58/63 – 77/82 – 84 – 90/99. 30mila 67%

Ricordiamo che non ci sono più limiti temporali per la permanenza nel Regime dei Minimi: si continua ad applicare l’aliquota agevolata al 1% fino a quando i ricavi restano al di sotto dei tetti previsti.

Per calcolare l’imponibile non bisogna dedurre le spese e i costi dai ricavi, ma basta applicare a questi ultimi il coefficiente relativo alla propria categoria. Esempio: un commerciante che incassa 40mila euro, applica l’aliquota del 40%, ottenendo un imponibile pari a 16mila euro. L’imposta forfettaria, applicando l’aliquota del 15%, sarà quindi pari a 2400 euro.

C’è un quinquennio agevolato per start up e nuove attività, con aliquota al 5%. Il beneficio è fruibile anche da parte delle nuove iniziative nate nel 2015, ma in tal caso l’aliquota al 5% si applica per i successivi quattro anni. Quindi, nel caso in cui l’attività inizi nel 2016, l’aliquota agevolata si applica per cinque anni, se invece l’apertura risale allo scorso anno, beneficio per quattro anni.

L’altra novità di rilievo riguarda l’accesso al Regime dei Minimi 2016 dei lavoratori dipendenti: la soglia è a 30mila euro di reddito dipendente. Sotto questa cifra, è possibile unire al lavoro dipendente un’attività autonoma in Regime dei Minimi. La compatibilità vale per il lavoro dipendente e assimilato, il limite non rileva più nel caso in cui il rapporto di lavoro risulti cessato. Vengono eliminate le precedenti clausole, che escludevano i casi in cui il reddito dipendente dell’anno precedente fosse superiore al reddito d’impresa o autonomo, e ponevano un tetto a 20mila euro annui per la somma dei redditi (dipendente + autonomo).

Come si vede, il paletto è stato parecchio allentato: l’attuale limite a 30mila euro riguarda il solo reddito da lavoro dipendente o assimilato, mentre il tetto del reddito autonomo deve a sua volta rientrare nei limiti sopra descritti per l’applicazione del Regime dei Minimi.

Infine, ai contribuenti Minimi si applica il regime contributivo ordinario e possono beneficiare della riduzione al 35% degli oneri contributivi.

 

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Legge di Stabilità

Legge di Stabilità: le richieste delle PMI

 

IMU, superammortamenti, incentivi, semplificazioni: le richieste dal mondo delle imprese nel corso delle audizioni sulla Legge di Stabilità 2016.

 – 3 novembre 2015
Pmi TVLegge di Stabilità: soddisfatto il ministro Alfano
 

 

legge di stabilità
Il mondo delle imprese apprezza la natura espansiva della Legge di Stabilità ma non senza critiche: le PMI di Rete Imprese Italia lamentano il mancato intervento IMU sui beni strumentali, Confindustria considera insufficienti gli sforzi per il Mezzogiorno e la Ricerca, i sindacati quelli per occupazione e pensioni. Vediamo con precisione i pareri espressi da parti sociali, imprese e sindacati nel corso delle audizioni sulla Legge di Stabilità davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

=> Legge di Stabilità 2016 in Senato: il testo

 

 

Rete Imprese Italia

Sia Rete Imprese Italia sia Confindustria reputano la manovra espansiva, esprimendo apprezzamento sull’impostazione generale. Le PMI però avanzano una serie di richieste specifiche, partendo dall’abolizione IMUbeni strumentali all’attività d’impresa. Si tratta di un costo sul quale si chiede che sia

«almeno riconosciuta la piena deducibilità dalle altre imposte indirette».

Altre richieste: superammortamenti per beni immateriali, semplificazioni per la Sabatini Bis (incentivi investimenti in macchinari), fondo per il finanziamento di sgravi contributiviper incentivare la contrattazione di secondo livello, a copertura del nuovo regime fiscale dei premi di produttività e per l’ampliamento del welfare aziendale.

Bene invece l’innalzamento dell‘uso del contante a 3mila euro, auspicabile la fissazione di un tetto unico a livello europeo.

=> Tutte le misure della Legge di Stabilità

Confindustria

Per Confindustria, invece, i grandi assenti della manovra sono il Mezzogiorno e laRicerca e Innovazione. Positivo il giudizio complessivo su una manovra che il presidente,Giorgio Squinzi, definisce espansiva, ma per quando riguarda le politiche per il Sud:

«se l’obiettivo è ridurre il divario di crescita con il resto del Paese, l’accelerazione della spesa cofinanziata da fondi strutturali, su cui punta il Governo, appare del tutto insufficiente».

=> Stabilità 2016: numeri, impegni, risorse

Sindacati

Cgil, Cisl e Uil, invece, non ritengono la manovra espansiva, anzi. Per il segretario della Cgil, Susanna Camusso, la manovra:

«favorisce chi ha di più e crea difficoltà alle persone che hanno necessità».

No dei sindacati ai tagli a patronati e CAF, i centri di assistenza fiscale, grande preoccupazione per l’innalzamento dell’uso del contante a 3mila euro, misure per l’occupazione giovanile, le pensioni, il Mezzogiorno.

 

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Patronati

Tagli ai Patronati – Inca Francia, è ora di dire basta!

Un film già visto nel corso del 2014 e che, ripetendosi, ormai ciclicamente ci consegna incertezza, disagio, preoccupazione, in particolare per le migliaia di nostri concittadini che vivono all’estero e ci chiedono tutela.

E’ vero, l’anno scorso, dopo una lunga ed incisiva battaglia sia in Italia che all’estero eravamo tutti convinti che il Governo avesse compreso le nostre ragioni  pur arrivando ad un taglio pesantissimo di 35 milioni di euro che ci ha obbligato ad impegnarci ancora di più per garantire la tutela ai nostri assistiti.

Siamo increduli nel constatare che a distanza di un anno, si ripropone un altro taglio ancora più sostenuto che porterebbe la decurtazione globale a 83 milioni di euro all’anno. 

Se effettivamente attuato, questo ennesimo intervento porterebbe inevitabilmente a una tragicomica situazione tutta tesa a cancellare una straordinaria esperienza di sostegno ai cittadini e alle nostre comunità.

Il tutto in un’inconcepibile assenza di confronto e di chiarezza, impedendo nei fatti qualsiasi possibilità di riorganizzazione.  E gli operatori e le operatrici dell’INCA Francia ben sanno quanto importante sia la nostra presenza sul territorio e l’ampliarsi della richiesta di servizi essenziali che vanno al di là dell’attività cosiddetta “statisticabile”.

Con il nostro appello, che nei prossimi giorni verificheremo con tutti gli altri Patronati presenti in Francia, intendiamo dire ai nostri connazionali che “vogliono semplicemente far pagare a loro sia la tutela sia il diritto di accesso ai servizi sociali”.

Saremo con i nostri Patronati in Italia e all’estero per reagire a quanto sta accadendo, coinvolgendo i cittadini e le istituzioni tutte, per precisare senza equivoci il senso di questo ulteriore sciagurato intervento. Perché ciò che deve essere chiaro è che si vanno a tagliare le possibilità concrete per le persone a garantirsi l’esigibilità dei loro diritti.

Inca Francia

San Carlo Borromeo


San Carlo Borromeo

Nome: San Carlo Borromeo
Titolo: Vescovo
Ricorrenza: 04 novembre
Protettore di:catechisti, direttori spirituali, malati di stomaco, meleti, seminaristi, vescovi

S. Carlo, fulgida gloria della Chiesa, nacque ad Arona sul Lago Maggiore il giorno 2 ottobre 1538 dal conte Gilberto Borromeo e Margherita de’ Medici.

Dopo i primi studi, fu inviato all’Università di Pavia per il diritto; qui gli giunse notizia che un suo zio materno, il cardinal de’ Medici, era stato fatto Papa col nome di Pio W. Dobbiamo riconoscere che egli cedette alquanto alle consuetudini mondane del suo secolo; ma la morte del fratello Federico gli mostrò la vanità delle cose umane, ed egli docile alla voce di Dio riformò completamente se stesso e i suoi familiari, dandosi ad una vita austera e penitente.

Poco più che ventenne fu creato cardinal segretario del Papa ed in seguito fatto arcivescovo di Milano. Come segretario lavorò con zelo indefesso per il Concilio di Trento, e poi per la pratica attuazione dei decreti di quel concilio.

Morto Pio IV, suo zio, S. Carlo lasciò Roma per recarsi alla sua sede arcivescovile allora ridotta in tale stato da scoraggiare qualsiasi tentativo di riforma; ma l’Arcivescovo non indietreggiò. Con prudenza e con fortezza si diede ad abbattere e poi a riedificare. Pubblicò subito i decreti del Concilio di Trento, praticandoli egli per primo : eliminò dal suo palazzo ogni pompa secolaresca e vendette quanto aveva di superfluo, dandone il ricavato ai poveri.

Sapeva che il mezzo migliore per riformare il popolo era quello di formare dei buoni sacerdoti, ed a questo scopo, seguendo le norme del concilio, fondò diversi seminari ed istituì la Congregazione degli Oblati.

Infiammato dal suo zelo apostolico percorse più volte la sua vasta archidiocesi per le visite pastorali. Sarebbe certo suggestivo poterlo seguire nei suoi innumerevoli viaggi a Roma, in Piemonte, a Trento, nella Svizzera e dovunque vi fosse del bene da compiere. Visitava i più celebri santuari che incontrava sul suo cammino, lasciando ovunque segni di grande pietà.

Però dove maggiormente rifulsero la sua carità e il suo zelo, fu nella terribile peste scoppiata a Milano, mentre egli si trovava in visita pastorale nel 1572. Tutti i personaggi più distinti fuggivano terrorizzati: San Carlo invece, tornato prontamente in città, organizzò l’assistenza agli appestati, il soccorso ai poveri, l’aiuto ai moribondi, dappertutto era il primo, ovunque dava l’esempio. Per invocare poi l’aiuto divino, indisse processioni di penitenza, alle quali partecipò a piedi scalzi e prescrisse preghiere e digiuni. Alla peste seguì la più grave miseria, e il santo prelato, dopo aver dato quanto possedeva, vendette i mobili dell’arcivescovado, contraendo anche forti debiti.

Nell’ottobre 1584 si ritirò sul monte Varallo per un corso di esercizi spirituali. Ivi s’ammalò e trasportato a Milano spirò il giorno 3 novembre.

PRATICA. Riconosciamo nei sacerdoti, e specialmente nei vescovi, il diritto di pascere le anime e condurre i popoli a Dio, e siamo docili alle loro direttive. 

PREGHIERA. Custodisci, o Signore, la tua Chiesa colla continua protezione di S. Carlo, confessore e vescovo, sicchè, come la sollecitudine pastorale lo rese glorioso, così la sua intercessione ci renda sempre fervorosi nel tuo servizio. 

Ecco le città che dicono addio alle auto

Da Oslo ad Amburgo. Ecco le città che dicono addio alle auto

MOBILITÀ 

Pubblicato il 02 NOV 2015

 

di 

 

 

RUDI BRESSA
Una rivoluzione verde quella che sta coinvolgendo i centri di molte città europee. Puntando su trasporto pubblico, ciclabile e sullo sharing.

L’ultima in ordine cronologico è Oslo. L’annuncio di qualche giorno fa viene direttamente dalle stanze dell’amministrazione pubblica della capitale norvegese, in carica dallo scorso settembre: entro il 2019 il centro città sarà chiuso alle auto private. Sempre entro quella data in città saranno costruiti ulteriori 60 chilometri di piste ciclabili per favorire la mobilità ciclabile.

 

oslo bike sharing

 

“Vogliamo avere un centro senza auto”, ha dichiarato Lan Marie Nguyen Berg, del partito dei Verdi. “Vogliamo migliorare per i pedoni e i ciclisti. Sarà meglio per negozi e per tutti”, riporta l’Indipendent. Questo non è che l’ultimo dei segnali verso il drastico taglio delle emissioni e a favore di una mobilità sostenibile. Oslo è stata una delle prime città a scommettere sulla mobilità elettrica, tanto da avere già 4000 colonnine installate per la ricarica dei veicoli elettrici.

 

Non si tratta dell’unica città a voler chiudere il centro all’auto privata. Nel 2025sarà Helnsinki, altra capitale della penisola scandinava, a rendere la città car free. Lo farà incrementando i mezzi pubblici che diventeranno on demand e grazie ad una fitta rete di servizi di condivisione della bicicletta.

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Anche in Inghilterra si sta cercando di portare avanti un’iniziativa del genere. ACambridge è possibile entrare in città in auto attraverso una sola via, mentre l’accesso è libero se si arriva a piedi, in bici o con i mezzi pubblici. L’esperimento sta funzionando talmente bene che il centro è rinato, servizi commerciali compresi.

 

bike bicycle cambridge

 

Per passare poi ad Amburgo, la città candidata a diventare la più verde d’Europa. Parchi pubblici, aree verdi e una rete ramificata di piste ciclabili che porteranno, secondo gli amministratori, ad abbandonare l’auto nel giro di 20 anni. A Parigi invece entro il 2020 saranno raddoppiate le piste ciclabili, mentre  la maggior parte delle strade percorribili delle auto avranno il limite dei 30 km/h.

 

E in Italia? Milano ha visto ridurre il traffico veicolare grazie ad Area C, all’incremento dei servizi di auto e bici condivise e all’apertura di altre due linee della metropolitana. “Dieci anni fa a Milano si contavano 65 auto private per 100 abitanti, oggi il rapporto è di 51 a 100. Nel 2014 le auto immatricolate a Milano sono state 686 mila, 15 mila in meno rispetto all’anno precedente e 38 mila in meno rispetto al 2011. Questo dimostra come l’offerta di nuove opportunità per muoversi in città sia decisiva per una mobilità più sostenibile”, ha dichiarato l’assessore alla mobilità Pierfrancesco Maran.

 

milano bikemi

 

“Pensiamo al bike sharing che proprio in questi giorni raggiunge i 40mila iscritti, al car sharing, utilizzato da 300 mila persone, allo scooter sharing, l’ultima grande novità sulle strade di Milano: qualunque mezzo di trasporto deve essere disponibile in modalità di condivisione. Questo, insieme alle politiche sul trasporto pubblico, ci consente di competere con le grandi città europee con cui ci confrontiamo oggi in tema di sostenibilità”.