Archivi giornalieri: 22 giugno 2015

Jobs act

Jobs act: discriminazioni per i disabili

D’ora in poi, le aziende potranno scegliere i disabili da assumere, con chiamata nominativa, evitando di rispettare la graduatoria delle liste speciali dei Centri per l’impiego, stilata in base alle percentuali di gravità degli handicap. Dopo l’articolo 23 sui controlli a distanza sui lavoratori, adesso fa discutere anche l’articolo 6 del Jobs act, contenuto sempre nei decreti attuativi della legge di riforma del mercato del lavoro, che va a modificare la legge 68 del 1999, la legge per il diritto al lavoro dei disabili.

“Se ne scopre una al giorno. Ieri il Grande Fratello, oggi una norma di civiltà, che doveva dare diritti e integrazione alle persone portatrici di handicap, crea nuove discriminazioni: è un’ingiustizia soprattutto per i disabili più gravi”, è il duro commento della leader Cgil, Susanna Camusso.

Ma cosa succede in concreto con l’articolo 6? “Accade che tra un disabile al 20 e un altro al 60% l’azienda sceglierà il primo, meno grave. Significa che tra un disabile fisico e uno psichico, probabilmente la scelta cadrà sul primo. Insomma, parliamo di una discriminazione in ogni caso odiosa”, rileva Virginio Massimo, presidente dell’Associazione ”Tutti nessuno escluso”.

La legge attuale obbliga tutte le imprese, sia pubbliche che private, tranne quelle sotto i 15 addetti, a riservare delle quote ai lavoratori disabili: fino a 50 dipendenti, si tratta di uno o due posti, che salgono al 7% della forza lavoro nel caso di aziende più grandi. “Un prescrizione largamente disattesa – afferma Nina Daita, responsabile nazionale Cgil per le politiche della disabilità –: niente ispettori, niente sanzioni, ma di certo non s’incentiva una norma discriminando e lasciando mano libera alle imprese”.

Già oggi alcune aziende possono fare assunzioni nominative, scegliendo nelle liste speciali senza obbligo di rispetto della graduatoria (le imprese fino a 50 addetti per il 50%, quelle con più di 50 dipendenti fino al 60), ma adesso tale riserva salta del tutto e i sindacati temono una vera e propria deregulation. “L’impresa arriverà a scegliersi i più sani tra i meno sani, un fatto gravissimo per noi”, denuncia Daita.

Gli iscritti nelle liste speciali dei Centri per l’impiego sono quasi 700.000: per il loro collocamento, il Governo ha stanziato circa 20 milioni nel 2014, risorse ritenute largamente insufficienti dalle associazioni di sostegno.     

rassegna.it

Inail

Inail, potenziare banca dati per efficacia vigilanza

“Disponibilità di banche dati, procedure statistiche, protocolli per il risk management sono strumenti da potenziare anche per rendere efficace l’attività di vigilanza”. Lo ha detto il presidente dell’Inail, Massimo De Felice, intervenendo al seminario internazionale organizzato dall’Istituto, con il patrocinio dell’Issa, International social security association.

“E’ riconosciuto in generale che la vigilanza -a spiegato non possa più essere soltanto sanzionatoria. Deve essere azione rilevante nel processo complessivo di controllo e valutazione della rischiosità, di aiuto alle imprese, per fornire conoscenza sui cosiddetti ”risk driver” caratteristici dei macchinari e dei processi di lavoro”.

“Come per la vigilanza in altri campi – ha chiarito – anche nella tutela della sicurezza dei processi di lavoro, la qualità dei controllati dipende dalla qualità dei controlli e dei controllori. Ispettori altamente qualificati, processi di controllo ben articolati e standardizzati possono essere strumenti efficaci per migliorare le politiche aziendali. E’ un’azione da coordinare con l’attività di formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro sui temi della prevenzione”.
“Sarebbe bene arrivare – ha aggiunto De Felice – a una sorta di rating della sicurezza nelle imprese. Qualche esperienza è già stata maturata in Danimarca e richiede un approfondimento per omogeneizzare tecniche e criteri”.

Per il presidente dell’Istituto, “le cause di infortunio possono essere abbastanza agevolmente schematizzate e definite”. “Il problema – sottolinea – è quello della rilevazione adeguata del dato relativo alle cause e poi dell’elaborazione tecnica di questi dati per tentare di individuare gli ambiti di maggiore rischio”.

“Per quanto riguarda la prevenzione degli infortuni – ha detto Francesco Rampi, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inail – la comparazione con paesi che hanno sistemi politici organizzativi così diversi dai nostri, come il Regno Unito la Germania e la Danimarca, evidenzia un grosso nucleo di omogeneità, ma anche alcune differenze”.

“I principi del sistema di sicurezza sul lavoro – ha spiegato – sono uguali per tutti e quattro i Paesi presi in esame: il datore di lavoro deve adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica, la personalità e il benessere psicologico dei lavoratori”. Le cose si differenziano quando si analizzano i diversi sistemi sanzionatori.

“In Danimarca – ha chiarito Rampi – vengono comminate sanzioni che vanno dall’invito a risolvere fino a chiusura dell’attività per i recidivi o gli inadempienti. Nel Regno Unito, invece, le sanzioni, nei casi di recidività o inadempienza, possono portare alla chiusura dell’attività. In Germania – ha continuato il presidente del Civ Inail – gli ispettori svolgono un”attività di consulenza che, se non attuata, dà luogo a sanzioni pecuniarie e nei casi più rilevanti all’arresto”.

“In Italia il Servizio ispettivo e il Servizio sanitario svolgono funzioni di ufficiale giudiziario e comminano sanzioni, l’Inail rilascia o nega omologhe per attrezzature e impianti. Mentre i vigili del fuoco e il ministero dello Sviluppo rilasciano o negano autorizzazioni di esercizio”.

In generale, ha ricordato Francesco Rampi, “il sistema assicurativo varia da Paese a Paese: mentre in Germania e Italia c’è il monopolio pubblico; in Danimarca si stipula una polizza con le compagnie private con contratto tipo fissato per legge”. “Mentre nel Regno Unito vige un sistema misto con un livello minimo garantito dalla fiscalità generale e con una polizza con compagnia privata con un contratto tipo fissato dalla legge”, ha concluso.

Una giornata memorabile

 

 

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di Francesco Casula

Un fiume di emozioni. Straripanti da un mare di ricordi. De amentos de su tempus colau. Di quando eravamo pitzinnos alligros e sanos/sighinde jogu, iscola e cresia/preghiande a Zesusu e a Maria (dalla poesia di Michele Podda).

Quando Abiles semenatores/aratores,putatores/de sas prendas costoitas/vin sos Padres Gesuitas (dalla poesia di Gino Farris).

Una giornata memorabile per assaporare sa durcura ‘e sa prima pitzinnia/cando biadu, mi sonni aia/orizzonte luntanos tintos d’oro  (dalla poesia di Santino Marteddu)

Siamo diventati nostalgici? Forse sì. Perché a dispetto dei realisti e cinici, la nostalgia – come scrive Borges – è la relazione migliore che un uomo possa avere con il suo passato. (E con la sua Terra).

Ma poi, il passato è passato del tutto? O non è ancora incarnato e incardinato nel nostro presente? Nella nostra cultura? Nel nostro fare, agire e pensare e non solo come memoria storica? Aggrappandosi con i suoi artigli alle nostre persone?

Avremmo noi potuto interrare, seppellire, rimuovere e dimenticare gli anni più belli della nostra adolescenza e giovinezza? Anni di studio matto e disperatissimo – per evocare un’espressione leopardiana – e insieme anni di altissimi ideali e sogni e speranze e progetti?

Bene, la giornata del 14 giugno scorso è stata una giornata memorabile: di ricordi e di emozioni. In 28  ex alunni dei Gesuiti ci siamo ritrovati a Cagliari: sardi e piemontesi. Con molti non ci si vedeva da 55/50 anni. Una vita. Dopo essere stati insieme, giorno e notte, gomito a gomito. A studiare, giocare, pregare. 

A Bonorva o a Cagliari. A Cuneo o a Torino. E persino ad Avigliana. Dove abbiamo messo le basi della nostra cultura. Del nostro essere omines e cristiani: nel senso più compiuto. A quel periodo, a quegli anni, strategici e determinanti per la nostra formazione, per la nostra crescita intellettuale e umana, dobbiamo interamente quello che poi ciascuno nella sua professione, siamo diventati.

Ci siamo ritrovati la mattina del 14 nella Chiesa di San Michele: di cui abbiamo ammirato la meravigliosa architettura esterna come l’interno a pianta ottagonale irregolare con quattro cappelle per lato, comunicanti tra loro che colpisce per la ricchezza delle decorazioni con gli elementi lapidei scolpiti, gli stucchi, gli affreschi e i marmi policromi.

Tre colte guide  ci hanno poi illustrato la sagrestia, edificata alla fine del Settecento, di forma rettangolare, in stile rococò ricchissima in arredi, pavimentazione, affreschi, portali e dipinti: tra questi sono degni di pregio i dipinti raffiguranti i Misteri del Rosario e le sculture in legno dell’artista sardo Giuseppe Antonio Lonis, rappresentanti i Misteri della Passione, che vengono portate in processione durante i riti della Settimana Santa.

Quindi la Messa, concelebrata da sei Gesuiti, fra cui Padre Enrico Deidda, cagliaritano e Padre Prefetto a Cagliari a fine anni ’50 e tre nostri “compagni”: i sardi Salvatore Zanda, di Desulo e attualmente “maestro” di spiritualità a Roma, Giampietro Cherchi di Villanova Monteleone ora ad Alghero e Antonino Taliano, piemontese, missionario in Madagascar.

La Messa è stata conclusa dal Canto in lingua sarda, suggestivo e struggente di Deus ti salvet Maria,

Dopo la Messa tutti a un Ristorante del Poetto di Cagliari: a gustare un delizioso pranzo a base di pesci ma soprattutto a conversare e a ricordare, emozionati, fatti, episodi, avventure di 50-55 anni fa, che hanno segnato in modo indelebile la nostra esistenza. E ancora continueranno a segnarla.

A condire e “innaffiare” il pranzo, oltre il vermentino e il cannonau, è stata la poesia sarda: di tre valenti poeti in limba, ex alunni e nostri “compagni”: Santino Marteddu, Michele Podda e Gino Farris (di cui pubblichiamo i testi).

Dopo il pranzo un gruppo numeroso visita il Museo Archeologico Nazionale di Cagliariper ammirare i Giganti di Mont’ ‘e Prama.

 

Chiudo con un ringraziamento a tutti gli ex alunni (molti con rispettive consorti) che hanno voluto partecipare all’Incontro ma segnatamente voglio ringraziare i Gesuiti di San Michele, Ignazio Pinna e Stefano Bergesio che hanno fortissimamente voluto e organizzato l’iniziativa.

 

 Qui di seguito le poesie scritte da tre ex alunni appositamente per l’Incontro del 14 giugno a Cagliari: Santino Marteddu di Orotelli, Gino Farris di Lodè e Michele Podda di Ollolai.

 

Salude, amicos caros !

Salude, amicos caros ! Non podia

mancare a custu apellu e no m’isporo,

fintzas si como m’istracat su coro,

de che torrare ancora àtera ‘ia.

A poi ‘e sessant’annos ssaporo

sa durcura ‘e sa prima pitzinnia,

cando, biadu, mi sonniaia,

orizontes luntanos tintos d’oro.

 

Comente e cando afranzo a nepodeddos

astringher bos cheria in amistade

pro bos intender su coro a tocheddos.

 

Sa forte emotzione,a custa edade,

leat respiros, tropeit faeddos,

ma su ‘entu ‘e s’amore, in libertade,

olat in artu supra a sos isteddos.

S’auguriu est chi, che frore ‘e campu,

nascat a nou in tempus benidore

un’aterunu Innasssiu, in d’unu lampu.

E si non bastan a li dare onore

sos versos mios fatos mesu a trampu,

Deus e Santos l’apan in favore.

 

E pro nois, Sennore ‘e su perdonu,

pro more ‘e Giampietro chi at sichidu

sa ‘oche Tua cando l’as mutidu,

irmentica s’ofesa e sias bonu !

 

Santino Marteddu

 

 

         ATTOPPU

 

 

Duas coseddas solu de sos chentu e chentu vonos ammentos de su tempus de sa pitzinnia colata in s’iscola de sos Padres Gesuitas. Bois de sicuru ammentates chi in cuss’iscola bi vini pitzinnos de guasi tottu sas iddas de sa Sardigna. B’it unu tzertu Salvatore Sechi de s’Alighera, romasu e longhiriddone, ma in s’iscola vit meta de memoria. Sa contierra chin mecus vit pro su vattu chi isse naraiat chi sa idda sua vit meta menzus de sa mea, jeo so de Lodè, no mi lassaia cumminghere e isse no la poniat chin Deus chi jeo no arepo crumpesu chi non b’aiat paragone tra s’Alighera e Lodè e jeo puru non crumpedia comente mai isse no aret crumpesu chi sa idda mea vit ed est sa menzus de su mundu. Ma sa situatzione s’est impeorata cando m’at natu chi in bidda mea vimos tottu prenos de machine. Jeo l’aio rispostu, comente rispondiat  un’omine saviu de idda, chi vit beru chi aiamos unu pacu de machine ca Deus nos l’aiat pathitu pacu a donzunu, imbetzes in bidda sua su machine l’aiat datu tottu a isse e in prus aia annantu chi a   bidere a isse gai romasu chi andaiat rue rue, in sa idda sua bi deviat aere peri gana. Nde l’amos finita in causa addainnatis de su Rettore e apo intu sa causa ca su Rettore,  omine de bonu sentzu, at sententziatu chi pro donzunu sa idda sua est sa menzus de su mundu. Dae sa die chin s’aligheresu, pitzinnu pacu crumpesu, no amos prus briatu,  ma sa erita li vringhiat e jeo bi godia, vimos creschende.

 

S’ateru ammentu curtzu curtzu est custu. Bois ammentates chi sas tràmutas dae unu locu a s’ateru ( dae sa cresia a s’istudiu, dae su refettoriu a su drommitoriu) deviana essere fattas chena vaeddare, mutos che pisches. Una orta o vortzis prus d’una,  s’ardia (su Prefetto) mi paret chi vit propiu Padre Deidda m’at sichitu in crimines. Sa punitzione vit: una die intrea chena manicare. Su manzanu e su mesudie nde l’apo affrontata discretamente, ma su sero e su notte sa gana pitzinnina m’at trebutatu tantu chi apo detzisu un’azzardu. Cando mi so abizatu chi s’ardia vit drommita ca corcaiat paris chin nois mi nde so pesatu dae lettu e a bellu a bellu so achirratu a su refettoriu. Ischia chi onzunu su sero lassaiat in d’una ispetzia de parastazu restos de pane pro lu manicare su manzanu imbeniente chin su caffellatte. Ischia ive vit postu e tzertu no ipo abaitande si vit tostu. M’apo prenatu sas pettorras de pane e so torratu lepiu comente un’umbra a su drommitoriu. Neune s’est sapitu de nudda e sa chena l’apo ata mancare a tardu in d’unu gabinetto, su locu non fit su prus adattu ma mi so thathatu. Su manzanu vit unu andali e beni de lamentas chin su Prefetto ca a metas mancaiat su pane ch’aian lassatu su sero prima. Non credo apan pessatu a soriches ma jeo, mutu che pische, no so mai istatu imputatu e nemmancu mi nde so ocatu a tempus colatu. Oje, lu conto ca  diamos narrere “il reato è prescritto” . Chin salute.

 

 

                                               SONETTO

                                     (Pro s’attoppu de sos apostolicos )

 

                                                               Unu pacu apo brullatu

                                      de su tempus ch’est colatu

                                      tempus vit de minorìa

                                      e de vona massarìa

 

                                      Abiles semenatores

                                      aratores, putatores

                                      de sas prendas costoitas

                                      vin sos Padres Gesuitas

                  

                                      Mai apo immenticatu

                                      sa cara risulana

                                      de Puggioni Padre amatu

 

                                      Tra sos santos collocatu

                                      intro luche soverana

                                      preco siat onoratu.

Gino Farris

                                              

 

BENEBENNIOS !

 

Benebènnios a sos de Continente

e a sos Tomasinos isolanos

dande de coro astrintas de manos

àteros annos torrande a sa mente

intrande in tempus como in su presente

tando pitzinnos alligros e sanos

sighinde jogu, iscola e cresia

preghiande a Zesusu e a Maria.

 

Cuddu terrazzu e cuddu campu mannu

brincos e curtas ja nd’an bidu duos

tando sos libros donzunu sos suos

affideaos po colare s’annu

imbenucraos in bancu o iscannu

de funtziones a fagher concruos

ostia cunfessione e pentimentu

donzi die nos daban su cuntentu.

 

Paret eris e sunu chimbant’annos

chi fimus semper paris notte e die

totus ordiminzande che a mie

in presse a crescher e fagher a mannos

a ponner cantu prima cuddos pannos

e mover in missione pro a chie

non fit a tretu de andare a chelu

no ischinde ite esseret Evanzelu.

 

A perdonare, Babbu Soberanu

si no amus sighidu sa mutida

cudda idea no l’amus traida

galu semus in cherta ‘e ponner manu

po li porrire a donzi cristianu

azudu in custu mundu e in custa vida

a ponner paghes e fagher acontzos

belle chi semus preides iscontzos.

 

Benvenuti, a quelli del Continente/e agli ex S. Tomaso isolani/porgendo di cuore strette di mano/

richiamando alla mente altri tempi/avanzati con l’età al presente/allora ragazzi sani e spensierati/

a praticare gioco, scuola e chiesa/e a pregae Gesù e Maria.

 

Quella terrazza e quel grande campo/salti e corse ne han visto in quantità/poi i libri e lo studio individuale/impegnati a superare l’anno/inginocchiati in banchi o sedie/per assolvere ai doveri religiosi/

ostia confessione e pentimento/ogni giorno ci davano serenità.

 

Sembra ieri e sono cinquant’anni/che eravamo insieme giorno e notte/tutti a ripromettersi come me/

di crescere in fretta e diventare adulti/per indossare quanto prima quell’abito/e partire in missione in favore di chi/

non era in grado di conquistarsi il cielo/non avendo conoscenza del Vangelo.

 

Perdonaci, Signore Dio Padre/se non abbiamo seguito la chiamata/quell’idea non l’abbiamo abbandonata/

ancora cerchiamo di impegnarci/per porgere a tutte le persone/aiuto in questo mondo e in questa vita/

favorendo pace e aggiustamenti/anche se siamo preti mancati.