Archivi giornalieri: 17 giugno 2015
Inps – ANAC
Protocollo di vigilanza collaborativa Inps-Anac
Il Presidente dell’INPS, Tito Boeri, e il Presidente dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), Raffaele Cantone, hanno firmato oggi, mercoledì 17 giugno, un Protocollo d’azione per lo svolgimento di un’attività di vigilanza collaborativa preventiva finalizzata a verificare la conformità alla normativa di settore degli atti di gara, all’individuazione di clausole e condizioni idonee a prevenire tentativi di infiltrazione criminale e al monitoraggio dello svolgimento della procedura di gara e dell’esecuzione dell’appalto.
Tale attività riguarda il settore dei contratti pubblici di servizi e avrà come oggetto i seguenti procedimenti, che saranno attivati nel corso del 2015:
– servizi di sviluppo, reingegnerizzazione e manutenzione del software applicativo dell’INPS;
– servizi inerenti le componenti infrastrutturali di hardware e software – sistemi e reti – in ordine all’acquisizione e alla manutenzione;
– servizi di Contact center multicanale;
– servizi di gestione degli archivi.
L’INPS, inoltre, in presenza di ricorrenti indici di elevato rischio corruttivo, può promuovere – anche al di fuori delle casistiche individuate nel Protocollo – una verifica preventiva di documentazione e atti di gara o eventuali fasi della procedura di gara o dell’esecuzione dell’appalto, richiedendo l’intervento diretto, anche ispettivo, dell’ANAC.
Il Protocollo avrà una durata di tre anni e potrà essere rinnovato per altri tre nel caso in cui le parti lo ritengano necessario.
INPS e ANAC verificheranno ogni sei mesi l’efficacia delle attività poste in essere, anche al fine di provvedere all’aggiornamento o all’adeguamento dei procedimenti oggetto della collaborazione.
Le attività svolte dall’ANAC nell’ambito dell’attività disciplinata dal Protocollo non costituiscono né determinano ingerenza nella fase decisoria, che rimane prerogativa esclusiva dell’INPS, né in alcun modo ne possono limitare la responsabilità in merito. Restano, pertanto, fermi i poteri di vigilanza, segnalazione e sanzionatori istituzionalmente attribuiti all’ANAC.
Legalità
Legalità: Calabria, in 300 a campi Libera contro ‘ndrangheta
Hanno preso il via a Polistena i campi di volontariato e formazione sui beni confiscati alle mafie nell’ambito della campagna nazionale “E!state Liberi!”, promossa dall’associazione Libera. “Più di 300 volontari, studenti, giovani e adulti – è detto in un comunicato – parteciperanno ad undici settimane di formazione, fino al 7 settembre, nella cooperativa sociale ”Valle del Marro Libera Terra” che opera nella Piana di Gioia Tauro, in un’esperienza unica di impegno civile su terreni e sui beni che una volta appartenevano ai boss della ‘ndrangheta.Gruppi formali e singoli che ad un’estate vacanziera e spensierata preferiscono un’estate vissuta all’insegna della corresponsabilità, della memoria e dell’impegno contro le mafie e la corruzione”.
Il primo gruppo arrivato sui campi di Polistena, è formato da due associazioni – la Sergio Zavatta Onlus e l’associazione Alternoteca – che si occupano di Centri giovani nel Riminese. Nelle settimane successive arriveranno gruppi provenienti dall’Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Liguria e Campania.
Anche quest’anno, per tutto il mese di luglio, l’iniziativa registrerà a Polistena la partecipazione dello Spi-Cgil nazionale, di Calabria, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e della Flai-Cgil nazionale e calabrese, nonché di Cgil Calabria e Lombardia. “L’attività dei campi di volontariato – è detto ancora nel comunicato – si svolge su vari momenti, tra i quali spicca l’attività formativa, basata soprattutto su testimonianze di vita vissuta e d’impegno professionale e umano contro le mafie: testimonianze capaci di iniettare fiducia nel cambiamento, di scuotere le coscienze. I volontari incontreranno e si confronteranno con il Referente di Libera don Pino Demasi, con magistrati e rappresentanti delle orze dell’ordine, giornalisti e scrittori, testimoni di giustizia, operatori di Emergency e rappresentanti del sindacato. Il mercoledì di ogni settimana è dedicato all’incontro con i familiari di vittime di mafia: un giornata concentrata sul dovere della memoria, vera spina dorsale di ogni impegno antimafia. I volontari parteciperanno ad un’esperienza multiforme, fatta di condivisione del lavoro, studio, socialità, creatività. Sui beni che una volta erano strumento e simbolo del potere ‘ndranghetista e del suo modo di soggiogare il territorio, i giovani diventeranno ”protagonisti” con il loro essere informati e consapevoli del fenomeno mafioso,con il loro ”mettersi in gioco” attraverso un impegno concreto di responsabilità e condivisione”.
ansa
Immigrazione
Immigrazione. L’Inca chiede al Prefetto l’immediato accesso alle procedure on line per le domande di cittadinanza
La presidente dell’Inca, Morena Piccinini, ha scritto al prefetto Angelo Di Caprio, della direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze per chiedere che i patronati siano messi in condizione di poter assistere i tanti stranieri per l’invio delle domande di cittadinanza evitando il proliferarsi di un mercato di faccendieri, che già oggi si stanno organizzando per cercare di lucrare il più possibile. Un fenomeno preoccupante che in questi giorni si sta sviluppando in modo vergognoso.
Nella lettera, la presidente Piccinini sottolinea che “il contemporaneo e repentino blocco dell’accettazione delle domande in modalità cartacea da parte delle prefetture, a partire dal 18 giugno, contribuirà ad aumentare ulteriormente il flusso dei cittadini stranieri che si rivolgeranno a noi”.
“Ad oggi – denuncia la Presidente – i nostri uffici non sono abilitati ad operare sulle istanze di cittadinanza con le credenziali già in nostro possesso utilizzate per altre attività con lo stesso Ministero; in assenza di queste i patronati si troveranno a fronteggiare ulteriori complicazioni nell’assistere le persone che hanno bisogno del nostro aiuto”.
Per queste ragioni, l’Inca chiede l’immediato accesso per gli operatori di patronato alle procedure di invio delle istanze di cittadinanza o, in subordine, un prolungamento del periodo che veda la possibilità di inviare le domande sia in modalità on line sia in modalità cartacea, almeno fino a quando non si giunga a una definitiva risoluzione rispetto al coinvolgimento e accesso dei patronati alla procedura.
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Badanti
Badanti, 830mila in Italia per quasi 2/3 con contratti irregolari
“L’irregolarità contrattuale riguarda quasi due terzi delle 830mila assistenti familiari operanti nel nostro Paese”. E’ quanto emerge dal rapporto ”Lavoro domestico e di cura: Buone pratiche e benchmarking per l’integrazione e la conciliazione della vita familiare e lavorativa”, frutto della ricerca realizzata da Soleterre, in collaborazione con l’Istituto per la ricerca sociale e finanziato dal Fondo europeo per l’Integrazione.
“Oltre un quarto (26%) – rileva – lavora e, trattandosi di straniere senza permesso di soggiorno valido, risiede irregolarmente in Italia (216.000 lavoratrici), circa un terzo (30,5%), pur risiedendo in mani era regolare perché italiana o straniera con permesso valido, lavora senza contratto (253.000). Inoltre, vi è chi lavora in regola con un contratto, che rappresenta il 43,5% del totale (361.000)”.
Tenendo presente che “una parte di queste 830 mila lavoratrici può assistere anche due persone, in maniera più o meno intensa, il numero di anziani assistiti da una badante si può ragionevolmente stimare intorno al milione. Si tratta di circa il doppio degli anziani che beneficiano dell’assistenza domiciliare integrata, quasi cinque volte gli ultra 65enni non autosufficienti ricoverati in strutture residenziali e quasi sei volte il numero di persone anziane seguite a domicilio dai servizi di assistenza domiciliare comunali. Nonostante la crisi e la perdita potere d”acquisto delle famiglie, il lavoro privato di cura rimane quindi una risposta essenziale alla non autosufficienza”.
“La stragrande maggioranza delle assistenti familiari (badanti) – si legge – che lavorano nelle case degli italiani, proviene dall’Europa dell’Est (in particolare Ucraina, Romania e Moldavia) e dal Sud America (soprattutto Ecuador e Perù). Negli ultimi anni si registra un aumento delle provenienze dai Paesi dell’Est, in particolare dalla Romania, e una contestuale riduzione del peso delle sudamericane, i cui flussi sono stati consistenti all’inizio degli anni Duemila per poi degradare”.
“Si tratta in larga parte – continua il rapporto – di donne ultraquarantenni, madri, i cui figli risiedono, nella maggior parte dei casi, nel Paese d’origine. Questo significa che molte donne sono ”madri a distanza” che hanno dovuto lasciare i figli in patria affidandoli, se minori, alla cura del marito o dei parenti più stretti”.
“L’irregolarità – sottolinea – si alimenta di reciproche convenienze, per le famiglie e per le donne lavoratrici. Le famiglie pagano meno e sono libere da vincoli, le badanti rinunciano a un insieme di garanzie e di tutele, in cambio di una paga più vantaggiosa. Alla base di queste scelte sta il costo troppo elevato della regolarizzazione e la mancanza di un ritorno economico per le lavoratrici”.
AdnKronos
La carovana antimafie riprende il suo viaggio per i diritti
LAVORO – FISCALE17/06/2015
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Contributi omessi
Contributi omessi: imprenditore in carcere
L’imprenditore che, accusato di omissione contributiva, non versa tutte le rate concordate nel piano di rientro con l’INPS è punibile con il carcere e la pena non può essere convertita in pecuniaria. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24900/2015. Il caso riguardava un imprenditore milanese condannato, in via definitiva, per aver mancato di versare regolarmente i contributi ai propri dipendenti, per un totale di 3 mila euro. Tale debito era stato rateizzato, ma l’imprenditore aveva mancato di versare alcune rate. Condannato alla reclusione, l’imprenditore aveva chiesto che la pena venisse convertita in pecuniaria.
Le richieste sono state respinte dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, che non ha mancato di sottolineare la gravità già della mancanza iniziale dell’imprenditore: l’omissione contributiva dell’imputato. Ancora più grave la permanenza del debito e il mancato versamento delle rate all’INPS. A nulla è valsa la difesa dell’imprenditore che adduceva uno stato di crisi economico-finanziaria basata però solo sull’intervenuto fallimento dichiarato, tra l’altro, circa sei anni dopo la commissione del reato.
Pmi.it
Sorveglianza sanitaria
Sorveglianza sanitaria, presentato il rapporto dei medici competenti
Spostare cose da una parte all’altra e stare molte ore al computer, sono questi i rischi principali per i lavoratori italiani. A dirlo è il report “Allegato 3B del D.Lgs 81/08. Lo studio, redatto da Inail, ministero della Salute e Coordinamento interregionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, contiene tutte le informazioni relative alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori (in Italia sono complessivamente cinque milioni e mezzo) effettuata dai medici competenti nel 2012 e nel 2013 (ma qui prenderemo in esame solo il 2013), dati trasmessi alla Asl territoriale, alla Regione di appartenenza e all’Inail.
I medici competenti coinvolti sono 5 mila, le comunicazioni effettuate ad Asl e Inail oltre 450 mila (un numero praticamente pari alle unità produttive gestite). Le aziende maggiormente presenti sono ovviamente quelle del Nord produttivo, la classe dimensionale più rappresentata è da 4 a 10 addetti (un terzo del totale). Il rapporto segnala una chiara predominanza di lavoratori sorvegliati in Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, mentre le quote si riducono sensibilmente nelle altre regioni.
La percentuale di “copertura” dei lavoratori italiani è piuttosto eterogenea a livello regionale: si va dal quasi 60 per cento di Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Lombardia, giù fino al 20 per cento di Toscana, Molise e Calabria. Anche rispetto al genere la situazione è variabile: le donne sono meno “sorvegliate” degli uomini, ma la forbice ha un’ampiezza molto ridotta in alcune regioni (come Piemonte, Liguria e Calabria) e più elevata in altre (come Basilicata, Trentino Alto Adige e Umbria)
Dato sicuramente interessante è quello relativo al “tasso di idoneità” registrato dai lavoratori in seguito alle visite mediche. In generale le donne risultano più idonee degli uomini (83 per cento contro 80), mentre questa percentuale è più alta nelle regioni meridionali e più bassa in quelle settentrionali e centrali. Nel gruppo dei non idonei prevalgono le “inidoneità con limitazioni permanenti” (13,6 per cento per i maschi, 10,6 per le femmine), mentre i non idonei assoluti sono lo 0,3-0,4 per cento del totale.
Molto importante è la sezione relativa ai rischi lavorativi. Il rapporto evidenzia come i maggiori pericoli per la salute e sicurezza dei lavoratori provenga dalla movimentazione manuale di carichi, dall’utilizzo di videoterminali, dal rumore e dall’uso di agenti chimici e biologici. Le donne sono più soggette ai rischi derivanti da videoterminali (23 per cento contro 10 degli uomini) e dagli agenti chimici e biologici (14 per cento contro 7), gli uomini prevalgono nel rischio rumore (13 per cento contro 3 delle donne), mentre non si registrano differenze significative rispetto alla movimentazione manuale dei carichi.
Concludiamo la breve analisi del corposo rapporto con le malattie professionali. Si evidenzia una notevole differenze di genere: la quasi totalità (85 per cento) delle patologie femminili rientra nella categoria “malattie del sistema osteo-muscolare, del tessuto connettivo e del sistema nervoso periferico”; per gli uomini questa categoria rappresenta solo il 45 per cento del totale, ed è affiancata dalla ipoacusia da rumore (41 per cento). Tra le altre malattie certificate si evidenziano le patologie non neoplastiche dell’apparato respiratorio (8,2 per cento per gli uomini, 4,1 per le donne), mentre i tumori rappresentano l’1,7 per cento delle malattie maschili e lo 0,4 di quelle femminili.
rassegna.it