Archivi giornalieri: 21 giugno 2015

Responsabilità morale

 

Ambiente e salute 

20 giugno 2015

  

Proponiamo una nostra traduzione dell’articolo — intitolato Climate Change and Moral Responsibility — scritto dal patriarca ecumenico e dal primate della Comunione anglicana, pubblicato nell’edizione del 19 giugno del «The New York Times».

di Bartolomeo e Justin Welby

Martedì la rivista medica britannica «The Lancet» pubblicherà un rapporto storico che sottolineerà il legame inalienabile e innegabile tra cambiamento climatico e salute umana.

Apprezziamo profondamente il messaggio di speranza di questo rapporto, che conferma che il cambiamento climatico è più di una semplice sfida tecnica o finanziaria (proprio come ha detto Papa Francesco nella sua Lettera enciclica giovedì) e rafforza l’elemento della salute nel dibattito sul cambiamento climatico. Di fatto, la premessa centrale del lavoro della commissione di «The Lancet» è che affrontare il cambiamento climatico potrebbe essere la più grande opportunità per la salute del xxi secolo.

Oltre a evidenziare gli effetti del cambiamento climatico, dobbiamo affrontare il problema alla radice. Così facendo, scopriremo come i benefici di assumere la responsabilità morale e prendere misure immediate — non solo nelle questioni relative alla salute, ma anche per quanto riguarda l’economia mondiale e le politiche globali — sono di molto superiori al prezzo che ha il restare indifferenti e passivi. È dunque questo legame essenziale che viene dimostrato in modo definitivo e autorevole dal rapporto di «The Lancet». In sintesi, dimostra che la nostra risposta al cambiamento climatico — in termini sia di mitigazione sia di adattamento — ridurrà la sofferenza umana, preservando al contempo la diversità e la bellezza del creato di Dio per i nostri figli. La creazione generosa e abbondante di Dio, che tanto spesso diamo per scontata, è un dono a tutte le creature e le cose viventi. Pertanto, dobbiamo assicurare che le risorse del nostro pianeta siano — e continuino a essere — sufficienti, affinché tutti abbiano una vita in abbondanza.

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Al centro dello sviluppo

 

 Il Pontefice denuncia la piaga della disoccupazione e ricorda che il progresso deve essere a misura d’uomo

20 giugno 2015

Per un sistema economico attento all’ambiente e libero dalla corruzione e dal malaffare

Papa Francesco è tornato a denunciare «corruzione e malaffare» che inquinano l’economia e a ricordare che al centro di ogni modello di sviluppo dev’esserci l’essere umano. Nel discorso rivolto ai membri della Federazione dei cavalieri del lavoro — ricevuti in udienza nella mattina di sabato 20 giugno, nella Sala Clementina — il Pontefice ha lanciato un monito agli imprenditori, invitandoli a promuovere un’etica produttiva «radicata nella giustizia e nel rispetto della legge». Solo così, ha assicurato, si può realizzare «un autentico sviluppo, che non emargini individui e popoli» e «non trascuri di preservare l’ambiente naturale».

Per il Papa la giustizia non può limitarsi «all’astensione dalle iniquità» o all’osservanza delle leggi. «Veramente giusto», infatti, è chi oltre a rispettare le regole «agisce con coscienza e interesse per il bene di tutti»: chi «si prende a cuore la sorte dei meno avvantaggiati e dei poveri», chi «non si stanca di operare ed è pronto a inventare strade sempre nuove».

Nelle parole di Francesco anche un esplicito riferimento alla crisi economico-finanziaria, che ha prodotto «una pesante stagnazione» e «una vera recessione», in un contesto segnato oltretutto «da disuguaglianze e dalla disoccupazione», in particolare da quella giovanile. A proposito di quest’ultima il Pontefice ha parlato di «una vera e propria piaga sociale», in quanto «priva i giovani di un elemento essenziale per la loro realizzazione» e allo stesso tempo sottrae al settore economico «l’apporto delle sue forze più fresche».

Secondo Papa Francesco «il mondo del lavoro dovrebbe essere in attesa di giovani preparati e desiderosi di impegnarsi e di emergere». Al contrario, il messaggio che emerge e che le nuove generazioni hanno ricevuto in questi anni è un altro: «di loro non c’è bisogno». Sintomo questo, ha avvertito il Pontefice, «di una disfunzione grave, che non si può attribuire soltanto a cause di livello globale e internazionale».

In realtà, il «fine ultimo del vivere associato» è il bene comune. Che «non può essere raggiunto — ha chiarito Francesco — attraverso un mero incremento dei guadagni o della produzione», ma «ha come presupposto imprescindibile l’attivo coinvolgimento di tutti i soggetti che compongono il corpo sociale». In definitiva, al centro dello sviluppo c’è sempre la persona. E «finché uomini e donne restano passivi o ai margini, il bene comune non può considerarsi pienamente conseguito». Sta qui «la portata sociale del lavoro»: la capacità, cioè, di «coinvolgere le persone e affidare responsabilità, in modo da stimolare l’intraprendenza, la creatività, l’impegno».

Il discorso del Papa

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI 
MEMBRI DELLA FONDAZIONE DEI CAVALIERI DEL LAVORO

Sala Clementina
Sabato, 20 giugno 2015

[Multimedia]


 

Illustri Signori e Gentili Signore,

sono lieto di accogliervi in questa Udienza speciale, che mi offre l’opportunità di incontrare alcuni qualificati rappresentanti del mondo del lavoro in Italia. Saluto e ringrazio in particolare il vostro Presidente per le sue cortesi parole.

Il conferimento dell’Ordine “al Merito del Lavoro” costituisce da più di cent’anni un importante riconoscimento, da parte delle più alte cariche dello Stato, a chi come voi si è distinto nel mondo imprenditoriale ed economico, contribuendo a creare lavoro e a far crescere il valore dei prodotti italiani nel mondo. Quest’opera, per la quale siete stati insigniti dell’alta onorificenza, è più che mai preziosa in un tempo – quale è il nostro – che a seguito della crisi economico-finanziaria ha conosciuto una pesante stagnazione e anche una vera recessione, in un contesto sociale già segnato da disuguaglianze e dalla disoccupazione, in particolare quella giovanile.

Soprattutto quest’ultima è una vera e propria piaga sociale, in quanto priva i giovani di un elemento essenziale per la loro realizzazione e il mondo economico dell’apporto delle sue forze più fresche, che sono i giovani. Il mondo del lavoro dovrebbe essere in attesa di giovani preparati e desiderosi di impegnarsi e di emergere. Al contrario, il messaggio che in questi anni essi hanno spesso ricevuto è che di loro non c’è bisogno. E questo è il sintomo di una disfunzione grave, che non si può attribuire soltanto a cause di livello globale e internazionale.

Ora, il bene comune, fine ultimo del vivere associato, non può essere raggiunto attraverso un mero incremento dei guadagni o della produzione, ma ha come presupposto imprescindibile l’attivo coinvolgimento di tutti i soggetti che compongono il corpo sociale. L’insegnamento sociale della Chiesa richiama continuamente questo criterio fondamentale: che l’essere umano è il centro dello sviluppo, e finché uomini e donne restano passivi o ai margini, il bene comune non può considerarsi pienamente conseguito. Voi vi siete distinti perché avete osato e rischiato, avete investito idee, energie e capitali, facendoli fruttare, affidando compiti, chiedendo risultati e contribuendo a rendere altri più intraprendenti e collaborativi. Ecco la portata sociale del lavoro: la capacità di coinvolgere le persone e affidare responsabilità, in modo da stimolare l’intraprendenza, la creatività, l’impegno. Questo ha effetti positivi sulle nuove generazioni e fa sì che una società ricominci a guardare avanti, offrendo prospettive e opportunità, e quindi speranze per il futuro.

Lodevole proposito della vostra Federazione Nazionale è che i suoi membri mettano in evidenza, oltre al ruolo sociale del lavoro, ora richiamato, anche la sua portata etica. Infatti, solo se radicata nella giustizia e nel rispetto della legge l’economia concorre a un autentico sviluppo, che non emargini individui e popoli, si tenga lontano da corruzione e malaffare, e non trascuri di preservare l’ambiente naturale. La pratica della giustizia – ci insegnano sapientemente i testi biblici – non si limita all’astensione dalle iniquità o all’osservanza delle leggi (anche se questo già è tanto!), ma va addirittura oltre. È veramente giusto chi, oltre a rispettare le regole, agisce con coscienza e interesse per il bene di tutti, oltre che per il proprio. È giusto chi si prende a cuore la sorte dei meno avvantaggiati e dei più poveri, chi non si stanca di operare ed è pronto a inventare strade sempre nuove: quella creatività, tanto importante. La pratica della giustizia, in questo senso pieno, è quello che ci auguriamo per ogni operatore economico e per tutti i cittadini.

Con tali auspici, invoco su di voi, sulle vostre famiglie e sulle vostre attività l’intercessione di san Benedetto da Norcia, Patrono dei Cavalieri del Lavoro, e di cuore vi benedico. E per favore, non dimenticate di pregare per me.

[Benedizione]

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San Luigi Gonzaga

San Luigi Gonzaga


San Luigi Gonzaga

Nome: San Luigi Gonzaga
Titolo: Religioso
Ricorrenza: 21 giugno

Nacque da Maria Santena di Chieri e dal marchese Ferdinando, discendente dalla nobile e potente famiglia dei Gonzaga, nel 1568. Dalla madre, insieme col latte succhiò pure i primi germi di santità, facendo prevedere l’eccelso grado di perfezione a cui sarebbe sì rapidamente asceso. 

Ancora piccolo, molte volte fu veduto dai servi e dalla stessa madre in un angolo remoto del palazzo assorto in preghiera. 

Il marchese suo padre, intanto, ignaro di tutto il lavoro soprannaturale che la grazia divina operava nel suo caro Luigino, e sedotto dal desiderio di grandezza, intendeva fare del figlio una celebrità. Perciò non cessava di mandarlo or da questo, or da quell’altro grande, senza avvedersi che un tale modo di agire contribuiva mirabilmente a rendere uggiosa al giovane principe la vita pomposa, vuota e sciocca delle corti. 

Luigi contava appena sedici anni quando chiese al padre di entrare nella Compagnia di Gesù. Questi, vedendo fallite e deluse tutte le sue speranze, si oppose, ma invano. Il nostro Santo insistè con tanto coraggio e fermezza, che vinse le opposizioni paterne. Ed eccolo finalmente, dopo la bufera, approdare al porto desiderato della Compagnia di Gesù. Fin dal suo primo ingresso nella religione, egli si prefisse un programma di vita: dietro l’illuminata guida dei suoi superiori, avrebbe fatto tutto quello che tornasse gradito al Signore e fuggito come peste e veleno tutto ciò che in qualche modo potesse offenderlo. 

Nonostante la sua innocenza, non risparmiò duri colpi di flagello al suo corpo, perché noi tutti, non innocenti e dalla carne .guasta, imparassimo quale è il mezzo per spegnere la triste fiamma della passione. A questo aggiunse una semplice ma affettuosa devozione a Maria SS, a cui consacrò il suo giglio profumato col voto di perpetua verginità. Ventiquattrenne fu trovato maturo per il cielo. In Roma serpeggiava la peste micidiale, che seminava ovunque le sue vittime. Il santo giovane chiese di essere mandato in soccorso dei poveri appestati, e fu accontentato, ma egli stesso contrasse il morbo. Dopo pochi giorni di malattia, circondato dai confratelli, se ne volava serenamente al cielo il 21 giugno del 1591. 

Dal Papa è stato proposto a modello di tutta la gioventù. 

PRATICA — Per custodire la purezza occorre la preghiera, la mortificazione e la fuga delle occasioni pericolose. 

PREGHIERA. — O angelico S. Luigi, facci comprendere che la cosa più importante su questa terra e il farci santi.