Archivi giornalieri: 12 luglio 2012

La scomparsa di Michele Columbu, omine de gabbale.

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COMMEMORAZIONE DI MICHELE COLUMBU A OLLOLAI, il 12 luglio 2012 di Francesco Casula

COMMEMORAZIONE  DI MICHELE COLUMBU A OLLOLAI, il 12-7-2012

di Francesco Casula

La mia non sarà una commemorazione formale quanto piuttosto una testimonianza, un ricordo del Maestro e dell’Amico.

Michele Columbu è stato un protagonista assoluto degli ultimi 60 anni di storia: anzi, ha fatto la storia degli gli ultimi 60 anni in Sardegna: non solo politico-istituzionale-autonomistica ma anche culturale, letteraria, linguistica.

Con lui scompare l’ultimo patriarca del Sardismo, che ha saputo innovare e rinnovare indirizzandolo verso sentieri nazionalitari e indipendentisti. Scompare il prestigioso leader del PSD’Az, che negli anni ’80 è riuscito a salvare se non dal rischio di estinzione, certo dalla marginalizzazione e marginalità.

Con lui scompare il parlamentare (italiano ed europeo) di valore; l’intellettuale originale, straripante, fuori dalle regole. Scompare lo scrittore colto e raffinato, l’affabulatore brillante. affabulator maximus, lo ha definito Natalino Piras, sulla rivista Ichnusa.

Scompare l’amministratore coraggioso ed eroico: basti pensare al suo ruolo di Sindaco di Ollolai negli anni ’60, alla base della mitica “Marcia”. E’ lui stesso a raccontarci la sua avventura: “Insegnando a Cagliari andavo a Ollolai alla fine della settimana…domenica facevo Consiglio…non c’erano assegni né gettone di presenza…io mi sentivo chiamare da tutte le parti «amministratore». Non potevo riparare un selciato, in dissesto e pericoloso, perché non c’era un centesimo nel comune…”.

E poi ci sono i disoccupati “cinquanta capifamiglia” e i pastori colpiti da una grande nevicata. Manda Espressi e Telegrammi agli Assessori regionali. Neppure gli rispondono. Così concepisce e attua la marcia che passerà alla storia: da Cagliari a Ollolai a Sassari, percorrendo a piedi 500 km lungo tutta la Sardegna per chiedere lavoro e sviluppo delle zone interne e montane, per esprimere la protesta della Sardegna interna contro le condizioni di arretratezza in cui era lasciata non solo dal Governo centrale ma anche da quello regionale. Arriveranno attestati di solidarietà da tutta l’isola, specie dal mondo agropastorale. Si svilupperà una vera e propria protesta di massa contro il fallimento dell’Autonomia.

 

Ma io oggi non voglio parlarvi di tutto questo: ovvero del “personaggio”, quanto della “persona”: del Michele Columbu più intimo e meno pubblico. E più ollolaese.

Fino alla mia adolescenza Michele Columbu era un mito. Così emergeva dal racconto, dalla narrazione che mi faceva mia madre, sua parente, vicina di casa, solo di qualche anno più giovane. Per tutti gli Ollolaesi e non solo, era “Su Professore”: il professore per antonomasia, per eccellenza. A significare insieme rispetto affetto e ammirazione. Tutta la popolazione lo considerava, da una parte “altro” da sé, per la sua cultura, il suo ruolo politico, il suo carisma; dall’altra, nel contempo, tutto suo, per la capacità del personaggio di essere perfettamente integrato e inserito e dunque per farsi accettare pienamente dall’ambiente paesano: per la sua capacità di stabilire relazioni e rapporti con tutti, di incrociare anziani e giovani, pastori e contadini; per il suo stesso modo di vestire, per l’utilizzo abituale e usuale della Lingua sarda. Con tutti. Che padroneggiava magistralmente, in tutte le sue varianti. Di cui conosceva le parlate di moltissimi paesi del Nuorese.

Ricordo a questo proposito un episodio. Qualche anno fa a Orani ha presentato un mio libro su Marianna Bussalai. A un pubblico numerosissimo che affollava la sala consiliare chiese:”Volete che vi parli in ollolaese, oranese o nuorese?”. Parlò in perfetto ollolaese ma avrebbe, con la stessa perfezione, parlato anche in oranese o nuorese.

 

Alla fine degli anni ’70 iniziai a frequentare e conoscere personalmente Michele Columbu: grazie anche al fatto che abitavamo molto vicino (lui a Capitana e io a Flumini).

In lui ho sempre ammirato la saggezza, il moderato ottimismo, mai vacuo però e anzi temperato da un alone di scetticismo.

Mi ha sempre colpito il suo occhio sorridente, mai cattivo né arcigno, che spesso si fa ustorio ma che preferisce sempre l’ironia all’indignazione e all’invettiva; lo sberleffo satirico all’aggressione verbale; la canzonatura e il motteggio – quasi sottovoce – allo sbraitare e alzare la voce con urla e ai berci. Egli è evidentemente convinto che la messa in ridicolo frusti e tagli più netto e con più energia del serioso o dello sparare a mitraglia. Ciò anche sulla scia della tradizione sarda.

 

Negli ultimi 10 anni ho letto e riletto i suoi scritti, anche per motivi contingenti: ho inserito Michele Columbu nella mia “Letteratura e civiltà della Sardegna” (2 volumi, Grafica del Parteolla editore, pubblicati recentemente) cui ho dedicato una decina di pagine.

E ho scoperto-riscoperto uno scrittore raffinato e colto, con un linguaggio carico di deflagrazioni umoristiche e dalle grandi capacità allusive, impregnato di immagini ardite, di metafore, di parabole, di simboli e di proverbi. O, meglio, di Dicios. Quel linguaggio che aveva saputo mutuare – sia pure con grande originalità – dalla cultura tradizionale e dall’oralità.

Sia nei Racconti che nei Saggi. Sia in quelli scritti in italiano che in quelli scritti in sardo: fra questi ultimi penso in modo particolare ai piccoli saggi Istados e nassiones, In chirca de una limba e Sardos malos a creschere.

Ma penso soprattutto ai racconti di L’aurora è lontana (1968) e al romanzo Senza un perché (1992), che entrerà fra i finalisti del Premio nazionale letterario Giuseppe Dessì. Dominato, specie quest’ultimo dall’umorismo e dall’ironia. Mi sembra anzi quest’ultima la cifra predominante nella vita e nella scrittura di Michele. Quell’ironia che trova fondamento nella tradizione umoristica sarda. Perché Michele Columbu avrebbe potuto ripetere e far suo quanto sostenuto da Emilio Lussu: ”Nella letteratura non ho maestri. L’ironia che mi viene attribuita come caratteristica dei miei scritti non è mia ma sarda. E’ sarda atavicamente…”.

A proposito di Lussu e del rapporto di Michele con il cavaliere dei rossomori solo un cenno.  Nel 1948 Columbu non segue Lussu nella scissione del Psd’az, nonostante fosse “lussiano” dal punto di vista della politica sociale e anche per la simpatia che sentiva per l’uomo: è infatti in disaccordo per quanto atteneva “alla politica delle alleanze e di collaborazione con i partiti esterni”. Ma la stima reciproca non scemerà.

L’eredità di Michele Columbu è dunque come abbiamo visto, politica, etica e letteraria, ma soprattutto, e con questo mi avvio alle conclusioni, identitaria. E il lascito identitario è metaforicamente e esemplarmente rappresentato oggi dal ritorno delle sue spoglie a “casa”, a Ollolai. Per ricongiungersi con la sua terra. Con i parenti e soprattutto con sua madre, Tzia Anna Mazzone: mi l’amento comente siat oje, cando in Su ‘e papassinu nos brigaiat, a mene e a Zizzu Columbu, su nepode e compare e amigu meu corale, chi est innoghe.

Michele è tornato alle radici. Dopo essersi dotato di robuste ali e a aver volato in Italia e in Europa, a Roma e a Strasburgo. Aperto al respiro del mondo grande e terribile.

Così mi piace ricordare Michele. Anche al di là dei suoi successi politici. Del suo essere stato deputato e parlamentare europeo. Perché al  di là del suo cursus honorum Michele Columbu era, è stato soprattutto un’omine de gabbale. Antzis: UN’OMINE. Senza ulteriori aggettivi e specificazioni. In sardu, un’OMINE narat totu.

Adiosu Michè, o mezus, adiosu Su Professò.

E, che la terra ti sia lieve.




 

del 11-7-2012


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L’ADDIO A COLUMBU

 PATIARCA SARDISTA.

 

di Francesco Casula

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Michele Columbu ci ha lasciato. In un ospedale cagliaritano, il pomeriggio del 10 luglio scorso il suo cuore non ha più retto. Con lui scompare l’ultimo grande patriarca e leader del Sardismo ma anche l’intellettuale, lo scrittore e l’affabulatore ironico. Michele Columbu nasce a Ollolai l’8 febbraio 1914. Si laurea all’Università di Cagliari in Lettere classiche. Partecipa alla seconda guerra mondiale sul fronte russo. Nel 1948, non segue Lussu nella scissione del Psd’az, nonostante fosse “lussiano” dal punto di vista della politica sociale e anche per la simpatia che sentiva per l’uomo: è infatti in disaccordo per quanto atteneva “alla politica delle alleanze e di collaborazione con i partiti esterni”. Ma amareggiato e a disagio per quanto era successo, abbandona la Sardegna e si reca a Milano dove insegnerà nelle scuole medie. Rientrato in Sardegna – è lui a ricordarlo –  dal 1964 fa il professore a Cagliari e il Sindaco di Ollolai. Ecco come racconta la sua doppia “professione”:“Insegnando a Cagliari andavo a Ollolai alla fine della settimana…domenica facevo Consiglio…343646.jpg

non c’erano assegni né gettone di presenza…io mi sentivo chiamare da tutte le parti «amministratore». Non potevo riparare un selciato, in dissesto e pericoloso, perché non c’era un centesimo nel comune…”. E poi ci sono i disoccupati “cinquanta capifamiglia” e i pastori colpiti da una grande nevicata. Manda Espressi e Telegrammi agli Assessori regionali. Neppure gli rispondono. Così concepisce e attua la marcia che passerà alla storia: da Cagliari a Ollolai a Sassari, percorrendo a piedi 500 km lungo tutta la Sardegna index.jpg

per chiedere lavoro e sviluppo delle zone interne e montane, per esprimere la protesta della Sardegna interna contro le condizioni di arretratezza in cui era lasciata non solo dal Governo centrale ma anche da quello regionale. Arriveranno attestati di solidarietà da tutta l’isola, specie dal mondo agropastorale. Si svilupperà una vera e propria protesta di massa contro il fallimento dell’Autonomia. Chiamato al Centro regionale della programmazione come esperto dei problemi del mondo agropastorale, lascia quando nel 1972 fu eletto deputato come indipendente  nelle liste del PCI, in rappresentanza del Partito sardo d’azione, di cui diventerà segretario prima e presidente poi. Nel 1984 venne eletto parlamentare europeo nella lista Federalismo Europa dei Popoli. Ha scritto numerosi racconti (i più famosi sono quelli della silloge L’aurora è lontana (1968) e un  romanzo Senza un perché (1992), che entrerà fra i finalisti del Premio “Giuseppe Dessì”. Columbu scrive prevalentemente in italiano ma anche in lingua sarda, che padroneggia magistralmente. Al di là dei contenuti e della lingua utilizzata, quello che emerge dalle opere di Columbu, che amava ironicamente definirsi “un pastore per pura combinazione laureato”, è uno scrittore raffinato e colto, con un linguaggio carico di deflagrazioni umoristiche e dalle grandi capacità allusive, impregnato di immagini ardite, di metafore, di parabole, di simboli e di proverbi. In lui ho sempre ammirato la saggezza, il moderato ottimismo, mai vacuo però e anzi temperato da un alone di scetticismo, il suo occhio sorridente, mai cattivo né arcigno, che spesso si fa ustorio ma che preferisce sempre l’ironia all’indignazione e all’invettiva, lo sberleffo satirico all’aggressione verbale.


Istat: il 72% degli italiani favorevoli alla cittadinanza per i bambini nati in Italia

2-07-2012

NEWS

 

Gli italiani mostrano grande apertura verso la società multiculturale, le seconde generazioni e il riconoscimento della cittadinanza. Il 72% degli intervistati dall’Istat per la rilevazione “I migranti visti dagli italiani” è infatti favorevole all’acquisizione della cittadinanza italiana per i figli di stranieri nati nel Paese.

La quasi totalità delle risposte è che sia giusto dare la cittadinanza agli immigrati che ne fanno richiesta dopo un certo numero di anni di residenza regolare in Italia. Sono sufficienti 5 anni per il 38% dei rispondenti, 10 per il 42%, 15 anni per il 10% degli intervistati.

Ma si ferma al 42,6% la quota di quanti si dichiarano molto o abbastanza d’accordo a riconoscere il diritto di voto nelle elezioni comunali agli immigrati che risiedono da alcuni anni in Italia, anche se non hanno la cittadinanza italiana.

Riguardo agli immigrati irregolari che non hanno commesso reati, il 54% degli intervistati risponde che non devono essere espulsi, “seppure un numero comunque elevato (46%) ritiene che, invece, ciò debba avvenire”. 

Dalle risposte fornite emerge il riconoscimento di un ruolo positivo della società multiculturale. Oltre il 60%, infatti, ritiene che “la presenza degli immigrati sia positiva perché permette il confronto con altre culture”. L’affermazione per cui “ogni persona dovrebbe avere il diritto di vivere in qualsiasi paese del mondo abbia scelto” trova d’accordo (molto 54%, abbastanza 33%) la quasi totalità dei rispondenti.

L’apertura verso il multiculturalismo, emerge in particolare da alcune risposte.  La maggior parte degli intervistati (82%), infatti, si dichiara poco (24%) o per niente d’accordo (58%) con l’affermazione che “è meglio che italiani e immigrati stiano ognuno per conto proprio”, manifestando chiaramente di apprezzare la convivenza tra culture diverse. Una quota simile (81%) si dichiara poco (27%) o per niente d’accordo (54%) con chi ritiene che “l’Italia è degli italiani e non c’è posto per gli immigrati”.

da redattore sociale

 

ILO – Altri 4 milioni di posti lavoro a rischio

11-07-2012

NEWS

 

Il numero dei disoccupati nell’eurozona potrebbe passare dagli attuali 17,4 milioni a 22 milioni nei prossimi 4 anni, se non ci sarà un cambiamento     concertato delle politiche. E’ quanto afferma il Rapporto dell’ILO (International Labour Organization) ”La crisi dell’occupazione nell’Eurozona: tendenze e risposte politiche”.

Lo studio avverte che, se non ci sarà un cambiamento di rotta delle politiche nell’insieme dei Paesi della moneta unica, nuove difficoltà sorgeranno sia in quelli che attualmente sono sotto pressione che in quelli in cui la situazione è più stabile.

”Non è solo l’Eurozona a trovarsi in difficoltà’, ma è l’intera economia globale che rischia di essere contagiata”, ha affermato il Direttore Generale dell’ILO, Juan Somavia. ”Se non saranno avviate misure per aumentare gli investimenti nell’economia reale, la crisi economica peggiorerà e non sarà possibile nessuna ripresa dell’occupazione. Abbiamo anche bisogno di un consenso globale che ci conduca ad un nuovo modello di globalizzazione e di crescita ricca di occupazione.

Secondo il Rapporto, la promozione di una strategia di crescita nell’eurozona basata sulla creazione di posti lavoro è ancora possibile con una moneta unica. Alcuni gli interventi principali, secondo l’Ilo,  per uscire dalla trappola dell’austerità.

Innanzitutto il risanamento del sistema finanziario deve essere subordinato alla riattivazione del credito a favore delle piccole imprese. Poi è necessario ”promuovere gli investimenti e il sostegno alle persone in cerca di lavoro, in particolare i giovani. In breve tempo potrebbe essere creato un sistema di ”garanzia per i giovani”, con un costo stimato inferiore allo 0,5 % del PIL dell’eurozona. Per finanziarlo, si potrebbe ricorrere ai fondi strutturali europei e alla mobilitazione di risorse della Banca Europea degli investimenti. Infine bisogna affrontare le differenze di competitività tra i Paesi dell’eurozona.