Casula Francesco

Casula Francesco

 
 

La tensione della lotta indipendentista e la continua testimonianza di un’autodeterminazione storica e linguistica della Sardegna sono i passi che guidano l’impegno politico e culturale di Francesco Casula, una delle voci più attive del panorama contemporaneo indipendentista. Intellettuale militante, promotore di storiche battaglie identitarie, il suo è un percorso che si muove fra l’ininterrotta scrittura giornalistica e saggistica, e l’attività di insegnante, sostenitore di una riqualificazione in chiave identitaria della scuola italiana in Sardegna.

Casula nasce a Ollolai (Nuoro) e dopo gli studi medi-superiori dai Gesuiti, si laurea a Roma, nel 1970, in Storia e Filosofia. Tornato in Sardegna inizia a insegnare, dapprima a Macomer e dopo a Cagliari dove per più di trent’anni avrà la cattedra di Italiano e Storia negli Istituti superiori, in modo particolare all’Istituto “Martini”.

Il suo è un lungo percorso politico. La sua prima esperienza – dopo gli anni del ’68 vissuto a Roma – la fa con l’MPL (Movimento politico lavoratori) di Livio Labor, già Presidente delle ACLI. Qui Casula si candida nel 1972, a soli 26 anni, e nello stesso anno a Macomer fonda il Circolo politico–culturale “Camillo Torres”, in onore del sacerdote cattolico colombiano guerrigliero, morto combattendo le unità antiguerriglia governative.

Al Circolo aderiscono soprattutto studenti e insegnanti con cui Casula entrerà nel PDUP (Partito di unità proletaria) che confluirà poi in Democrazia Proletaria, di Mario Capanna, Vittorio Foa e altri nomi del panorama di sinistra. 

Per circa un decennio sarà uno dei leader in Sardegna di questo nuovo soggetto partitico, che soprattutto grazie alla sua opera ben presto si “sardizzerà” diventando Democrazia proletaria sarda (DPS), formazione autonoma rispetto a quella Italiana, ma federata.

Sono di questi anni le sue prime grandi battaglie politiche e culturali, in modo particolare quelle per la lingua sarda e il bilinguismo, ma anche contro la militarizzazione dell’Isola e l’ingresso di scorie nucleari in Sardegna. 

Giunta al termine l’esperienza con Democrazia Proletaria sarda, a seguito dello scioglimento, Casula aderirà per qualche anno al Partito sardo d’azione (di cui sarà il responsabile nazionale del Settore scuola) e contestualmente lascerà anche la CGIL-scuola, di cui a Macomer fu uno dei fondatori, per iscriversi alla Confederazione sindacale sarda (CSS), il sindacato etnico sardo fondato da Eliseo Spiga. Proprio nella CSS diventerà responsabile della Federazione scuola, poi segretario nazionale aggiunto e quindi Segretario nazionale generale.

Si tratterà, però, di esperienze brevi: Casula, infatti, si dimetterà sia da segretario nazionale della CSS e sia dal PSD’AZ, restando comunque nell’area sardista-indipendentista, ma dedicandosi soprattutto ad attività culturali, pubblicistiche ed editoriali, in cui tutt’oggi è impegnato.

La sua battaglia politica non si è mai sopita, e negli ultimi anni, dopo la pubblicazione di “Carlo Felice e i tiranni sabaudi” (giunto oggi alla 153° presentazione), ha intrapreso insieme al Comitato “Spostiamo la statua di Carlo Felice” una strenua lotta per rivedere l’odonomastica e la toponomastica di molte vie e strade sarde dedicate ai tiranni sabaudi, intestandole all’opposto a Sas feminas e sos omines de gabale, uomini e donne che hanno reso grande la storia e la cultura della Sardegna e che lo stesso Casula ha raccontato in una fortunata monografia edita Alfa Editrice.

Come altri autori della grande famiglia sardista-indipendentista anche Francesco Casula è animato da una intensa attività di scrittura giornalistica. Giornalista pubblicista dal 1989 è stato collaboratore del quotidiano “L’Unione Sarda”, scrivendo in modo particolare di scuola, e anche opinionista – in lingua sarda e in lingua italiana – per i quotidiani Sardegna.com, Il Sardegna, Sardegna Quotidiano e il periodico Sa Republica Sarda, dove ha collaborato fin dai primi numeri, portando avanti importanti istanze civili. Fra queste, la lotta per lo smantellamento della Base militare di La Maddalena, con l’organizzazione di un’Assemblea sul territorio maddalenino, ma anche la manifestazione per la scarcerazione degli arrestati coinvolti nel cosiddetto “Complotto separatista”, che fu una storica battaglia promossa da Sa Republica sarda.

In ambito letterario ha pubblicato, in lingua sarda, “Pupillu, Menduledda e su Dindu GLU’ GLU’”, Alfa Editrice, 2003; “Con-tos de sabidoria mediterranea”, Alfa editrice, 2004;” Paristorias a supra de sos logos de sa Sardinna”, Alfa editrice, 2004; “Paristorias a supra de sos nuraghes”, Alfa editrice, 2004. Sempre per Alfa Editrice ha inoltre pubblicato 11 monografie in lingua sarda per la collana “Omines e feminas de gabbale”.

In lingua italiana, invece, è autore di “Statuto sardo e dintorni”, Artigianarte editore, 2001; “Fatto nuovo”, saggio sull’identità apparso in “Cartas de logu: scrittori sardi allo specchio”, Cuec, 2007; “Storia dell’autonomia in Sardegna”, Grafica del Parteolla, 2009; “La poesia satirica in Sardegna”, Della Torre editrice, 2010 (di cui ha scritto la parte  riguardante la Poesia satirica campidanese); “Uomini e donne di Sardegna – Le controstorie”, Alfa editrice, 2010; “La Lingua sarda e l’insegnamento a scuola”, Alfa editrice, 2010; “Letteratura e civiltà della Sardegna”, 3 volumi, Grafica del Parteolla Editore, 2011/2013/2020; “I viaggiatori italiani e stranieri in Sardegna”, Alfa editrice, 2015; “Carlo Felice e i tiranni sabaudi”, Grafica del Parteolla Editore, 2016.

Casula inoltre è stato eletto dal Consiglio Regionale della Sardegna, nel gennaio del 2000, come membro dell’Osservatorio Regionale della Lingua e della Cultura sarda. Un incarico che ha ricoperto per cinque anni. E non solo. Ha fatto parte, come giurato e come presidente, di molte Giurie di Premi di Poesia sarda: il Premio Ozieri, Ales, Iglesias, Uta, Austis, Ollolai, Escalaplano, Crespellani di Cagliari, Desulo (Montanaru). È presidente dell’Associazione culturale onlus “Ita mi contas” di Flumini di Quartu e attualmente continua la sua fitta attività di editorialista in molte testate web regionali. 

 
 
 
Un progetto di Laras con il contributo della Fondazione di Sardegna in collaborazione con Alfa Editrice.

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San Cleto

 

San Cleto


Nome: San Cleto
Titolo: Papa
Nascita: I secolo , Atene
Morte: 12 luglio 112, Roma
Ricorrenza: 26 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
S. Anacleto nacque in Atene dopo la metà del primo secolo, destinato da Dio a reggere sapientemente la Chiesa in tempi perniciosissimi.

Datosi presto agli studi, si distinse tosto fra i coetanei per la perspicacia del suo ingegno, per l’amore alla religione ed alle pratiche devote e per la bontà del suo carattere.

Recatosi a Roma, venne consacrato sacerdote. E fu tanto il progresso che fece nelle vie di Dio, che quando la persecuzione privò la Chiesa del Papa S. Clemente, Anacleto, per unanime consenso del popolo, fu eletto a succedergli sul soglio pontificio.

Era L’anno 103, e la Chiesa gemeva sotto la spada dei persecutori.

Nei pochi anni di pace era prosperata straordinariamente. L’eroismo dei primi martiri era stato oggetto di ammirazione in tutto l’impero romano: una religione che vantava assertori così tenaci da sacrificare la vita, incuranti dei più atroci tormenti, non poteva essere falsa. I pagani lo compresero, e tutti quelli che cercavano la verità, correvano a ricevere il battesimo e ad ingrossare le file dei fedeli. Ma una nuova tempesta si avvicinava minacciosa.

Traiano, rigido conservatore delle tradizioni romane, non potendo soffrire che i templi degli idoli venissero abbandonati, lasciò perseguitare i Cristiani. ma il seme del Vangelo, irrorato dal sangue di tanti martiri, si faceva sempre più rigoglioso. La costante confessione di tanti coraggiosi animava fortemente gli infedeli a convertirsi a Cristo.

Essendo dunque i cristiani minacciati continuamente di morte, Anacleto ordinò che alla fine della Messa tutti i presenti si comunicassero e così, dando Gesù Cristo ai suoi figli, li,muniva di forza straordinaria nel caso che fossero stati presi e condannati.

Fu ancora S. Anacleto che disciplinò la consacrazione dei vescovi ed ordinò che i sacerdoti fossero eletti per comune consenso del popolo, affine di consacrare così al servizio dell’altare solo individui dotti e virtuosi.

Nelle sue poche lettere tratta magistralmente dell’autorità pontificia e delle prerogative dell’apostolo Pietro. Nelle due ordinazioni che fece nel mese di dicembre, consacrò sei vescovi, cinque sacerdoti e tre diaconi.

Nel 112 dopo aver governata la Chiesa per nove anni venne incatenato e, perseverando nella confessione della fede, fu ucciso il 19 luglio. Il suo corpo fu sepolto nel Vaticano.

PRATICA. Soltanto chi confessa Gesù davanti agli uomini sarà ricevuto in cielo.

PREGHIERA. O Signore, che con le solerti cure del tuo beato Pontefice Anacleto hai difeso la Chiesa da terribile persecuzione, concedici benignamente che, invocandolo qual nostro protettore, possiamo essere aiutati dai suoi meriti.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, commemorazione di san Cleto, papa, che resse la Chiesa di Roma per secondo dopo l’apostolo Pietro.

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Domande Frequenti

  • Quando si festeggia San Cleto?

  • Quando nacque San Cleto?

  • Dove nacque San Cleto?

  • Quando morì San Cleto?

  • Dove morì San Cleto?

  • Di quali comuni è patrono San Cleto?


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San Cleto

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PapaS. Anacleto nacque in Atene dopo la metà del primo secolo, destinato da Dio a reggere sapientemente la Chiesa in tempi perniciosissimi. Datosi presto agli studi, si distinse tosto fra i coetanei per la…

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VergineNel linguaggio medievale, « zita » equivaleva a quella che, nei dialetti toscani, è ancora detta « cita » o « citta ». Voleva dire cioè « ragazza…
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Santa Mariam Thresia Chiramel Mankidyan

Santa Mariam Thresia Chiramel Mankidyan
Religiosa e FondatriceMariam Thresia Chiramel Mankidiyan nacque a Puthenchira il 26 aprile 1876. Cresciuta in una famiglia cattolica con cinque fratelli e sorelle – Mariam era la terza – ricevette fin dall’infanzia un’educazione…
Oggi 26 aprile si recita la novena a:

– Santa Caterina da Siena
VII. Per quel lume soprannaturale, cui foste miracolosamente dotata, o gran Santa, per cui poteste servire con molte lettere di consigliera agli stessi romani Pontefici, e venire personalmente da loro…
– Santa Gianna Beretta Molla
O Dio, nostro Padre, tu hai donato alla tua Chiesa santa Gianna Beretta Molla, che nella sua giovinezza ha cercato amorevolmente te, e a te ha portato altre giovani, impegnandole apostolicamente in testimonianza…
– Santi Filippo e Giacomo
I. s. Giacomo, che fino dai più teneri anni menaste una vita sì austera e sì santa da essere comunemente qualificato per Giusto, e faceste dell’orazione la vostra delizia per…
– San Luigi Maria Grignion da Montfort
1. O grande apostolo del regno di Gesù per Maria, tu che indicasti alle anime i sentieri della vita cristiana suggerendo l’osservanza delle promesse battesimali e insegnasti come un segreto di santità…
– San Giuseppe
1. O S. Giuseppe, mio protettore ed avvocato, a te ricorro, affinché m’implori la grazia, per la quale mi vedi gemere e supplicare davanti a te. E’ vero che i presenti dispiaceri e le amarezze sono forse…

 

 

San Marco

 

San Marco


San Marco

autore: Giuseppe Vermiglio anno: XVII secolo titolo: San Marco Evangelista luogo: A.S.S.T. Melegnano e della Martesana, Milano
Nome: San Marco
Titolo: Evangelista
Nascita: I secolo , Cirene
Morte: I secolo, Alessandria, Egitto
Ricorrenza: 25 aprile
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Festa
Luogo reliquie:Basilica di San Marco
S. Marco fu eletto da Dio ad essere il portavoce dello Spirito Santo, scrivendo la vita e la dottrina di N. S. Gesù Cristo nel Vangelo che porta il suo nome.

Nacque a Cirene ed era cugino di S. Barnaba: sua madre si chiamava Maria. Rimase ubbidiente alla legge di Mosè fino dopo la risurrezione di Gesù, quando fu da S. Pietro convertito alla fede cristiana, istruito e creato sacro ministro.

San Pietro detta il vangelo a San Marco

titolo San Pietro detta il Vangelo a San Marco
autore Fra Angelico anno 1433

Dalla sua conversione in poi non si staccò più dal Principe degli Apostoli, da cui era amato qual tenero figliuolo, come lo chiamò in una sua lettera: « Vi saluta anche Marco, mio figlio ». S. Marco era il segretario, l’interprete di S. Pietro. Il suo Vangelo, come dicono i Ss. Padri, non è altro che la predicazione di S. Pietro fissata sulla carta. Accompagnò l’Apostolo nei suoi viaggi a Roma, ove appunto scrisse il suo Vangelo in lingua greca, la più parlata in quei tempi. Lo scopo del Vangelo secondo S. Marco è di dimostrare la potenza di Gesù Cristo, Figlio di Dio, che si manifesta nell’operare molti e grandi miracoli.

Simbolo del suo Vangelo è il leone, il re degli animali, che molto bene rappresenta la potenza di Gesù Cristo.

Scrisse il suo Vangelo tra l’anno 40 e 60, dopo quello di S. Matteo, e prima di quello di S. Luca, come ci assicura la tradizione. Incomincia con un preambolo, quindi parla della divina missione di Gesù in Galilea, poi delle varie escursioni apostoliche in altre parti della Palestina, e termina col descrivere l’ultimo viaggio a Gerusalemme, l’ultima Pasqua, le sofferenze, la morte, la risurrezione e la gloria di Gesù Cristo.

Nessuno tra i fedeli poteva possedere le divine verità meglio di S. Marco, il quale continuamente le apprendeva dalle labbra del Principe degli Apostoli.

Ordinato vescovo, fu mandato da S. Pietro in Egitto a predicare il santo Vangelo. Confermando la sua predicazione con l’esempio d’una vita santa e penitente, con innumerevoli prodigi, aiutato dalla divina grazia fondò in Alessadria una fiorente comunità la quale divenne la celebre Chiesa Alessandrina, che ci diede un S. Chino, un S. Antonio, una S. Caterina e tanti altri servi del Signore.

Martirio di San Marco

titolo Martirio di San Marco
autore Giovanni Bellini e Vittor Belliniano anno 1526

Dopo una vita di travagli, tutta spesa a gloria di Dio e al bene delle anime, subì un martirio lungo e crudele. Fu legato ad una fune e trainato da un cavallo per luoghi sassosi e scoscesi, finchè il 25 aprile dell’anno 68 l’anima sua entrò nella gloria colla triplice aureola del vergine, dello scrittore e del martire.

Ritrovamento del corpo di San Marco
titolo: Ritrovamento del corpo di San Marco
autore: Tintoretto anno: 1562-1566

Le sue reliquie furono trasportate a Venezia, e riposte nella basilica di S. Marco, ove sono oggetto di grande venerazione.

PRATICA. S. Marco ci offre il S. Vangelo: leggiamolo, e impareremo a conoscere Gesù, ad amarlo e a seguirlo.

PREGHIERA. O Dio, che hai nobilitato il beato Marco mediante la grazia della predicazione evangelica, deh concedici di approfittare sempre del suo insegnamento e di essere difesi dalla sua predicazione.

MARTIROLOGIO ROMANO. Ad Alessandria il natale del beato Marco Evangelista. Questi, discepolo ed interprete dell’Apostolo Piétro, pregato in Roma dai fratelli, scrisse il Vangelo, col quale se ne andò in Egitto, e per primo annunziando Cristo in Alessàndria, vi fondò la Chiesa. Poi, preso per la fede di Cristo, legato con funi e trascinato fra i sassi, fu gravemente tormentato; quindi, chiuso in carcere, prima fu confortato da un’angelica visione, e finalmente, apparendogli lo stesso Signore, fu chiamato ai gaudii celesti, nell’anno ottavo di Nerone.

PROVERBIO. San Marco evangelista, maggio alla vista.

ICONOGRAFIA

Presente già tra le prime arti cristiane San Marco è quasi sempre raffigurato assieme ad un Leone. San Girolamo argomentò la nota associazione dei quattro evangelisti con i simboli del “tetramorfo” che compaiono nelle profezie di Ezechiele, riprese poi nelle visioni dell’Apocalisse:

«Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l’aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l’aspetto d’uomo, il quarto vivente era simile a un’aquila mentre vola; i quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi»

Già nell’iconografia dell’inizio del V secolo san Marco vi appare come leone alato, come si osserva ad esempio nei mosaici della Basilica di Santa Pudenziana a Roma.

Mosaico Basilica di Santa Pudenziana a Roma

titolo Mosaico Basilica di Santa Pudenziana a Roma

Nell’arte bizantina alcuni mosaici come quelli della Basilica di San Vitale a Ravenna raffiguravano i quattro evangelisti in forma umana, con in mano il Vangelo e con a fianco i loro simboli. Tale iconografia divenne diffusissima nell’arte romanica e poi in quella gotica. Nelle chiese di tale periodo i quattro santi vennero molto spesso effigiati nelle vele delle volte a crociera, seduti allo scrittoio, intenti alla stesura dei vangeli; talvolta si affiancano a essi i quattro Dottori della Chiesa.

San Marco e Sant'Agostino

titolo San Marco e Sant’Agostino

La figura di San Marco insieme agli altri evangelisti compare anche nelle rappresentazione degli apostoli che troviamo in ogni espressione dell’arte sacra cristiana. Alcune pale d’altare esprimono una speciale devozione per san Marco, come la celebre tela di Tiziano raffigurante San Marco in trono nella Basilica di Santa Maria della Salute a Venezia. Nella splendida pala San Marco si erge statuario, vangelo alla mano appoggiato scenograficamente sul ginocchio, ricordando la maestosità di sculture coeve. In basso i santi Cosma e Damiano, san Sebastiano e san Rocco, patrono degli appestati che mostra, come al solito, la sua piaga aperta sulla gamba.

San Marco in trono

titolo San Marco in trono

San Marco, patrono di Venezia, è inoltre raffigurato nelle meravigliose scene della sua vita nei mosaici della Basilica di San Marco (XIII secolo). Nel periodo rinascimentale gli episodi narrati nella Leggenda Aurea divennero soggetto per numerosi capolavori eseguiti da artisti della scuola veneta. Tra i maggiori esempi la grande tela di Gentile e Giovanni Bellini raffigurante la Predica di san Marco ad Alessandria.

Predica di san Marco ad Alessandria d'Egitto

titolo Predica di san Marco ad Alessandria d’Egitto
autore Gentile e Giovanni Bellini anno 1504-1507

Anche le quattro tele di Tintoretto eseguite per la Scuola di San Marco a Venezia, aventi per soggetto Il miracolo di san Marco che libera uno schiavo, San Marco salva un saraceno, Trafugamento del corpo di san Marco, Il ritrovamento del corpo di san Marco.

San Marco libera uno schiavo

titolo San Marco libera uno schiavo
autore Tintoretto anno 1548
San Marco salva un saraceno

titolo San Marco salva un saraceno
autore Tintoretto anno tra il 1562 ed il 1566
Trafugamento del corpo di san Marco

titolo Trafugamento del corpo di san Marco
autore Tintoretto anno tra il 1562 ed il 1566
Ritrovamento del corpo di san Marco

titolo Ritrovamento del corpo di san Marco
autore Tintoretto anno tra il 1562 ed il 1566

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Alcune dedicazioni a San Marco

Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio

Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio
Capolavoro di arte e devozione a RomaLa Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio, situata nell’antico cuore di Roma, rappresenta uno dei più significativi monumenti della storia…
Basilica di San Marco

Basilica di San Marco
Basilica Cattedrale Patriarcale Metropolitana Primaziale CollegiataIl primo atto che simbolicamente espresse l’indipendenza di Venezia da Bisanzio fu costituito dalla elezione di San Marco a patrono della città. Questa…

Domande Frequenti

  • Quando si festeggia San Marco?

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  • Qual è il simbolo di San Marco?

  • Chi sono i quattro evangelisti?

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Beata Maria di San Giuseppe

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FondatriceLaura Evangelista Alvarado Cardozo nacque a Choroni in Venezuela il 25 aprile 1875. I suoi genitori gestivano un piccolo negozio della città, ma verso il 1880 si trasferirono in un centro più grande, Maracay…
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SA DIE DE SA SARDIGNA

SA DIE DE SA SARDIGNA

di Francesco Casula

Per ricordare La cacciata dei Piemontesi è nata ”Sa Die, giornata del popolo sardo” – ma io preferisco chiamarla “Festa nazionale dei Sardi” – con la legge n.44 del 14 Settembre 1993.
Con essa la Regione Autonoma della Sardegna ha voluto istituire una giornata del popolo sardo, da celebrarsi il 28 Aprile di ogni anno, in ricordo – dicevo – dell’insurrezione popolare del 28 Aprile del 1794, ovvero dei “Vespri sardi” che portarono all’espulsione da Cagliari e dall’Isola dei piemontesi e di altri forestieri (nizzardi e savoiardi) ligi alla corte sabauda ed espressione del potere e dell’arroganza, compreso lo stesso inviso Viceré Balbiano.
Quanti?
Alcuni storici (Girolamo Sotgiu) dicono 514; altri (Luciano Carta) 600-620. Pochi?
Moltissimi, se si pensa che Cagliari alla fine del ‘700-inizio ‘800 contava 20 mila abitanti e dunque vi era un “burocrate” piemontese per meno di 40 cagliaritani!

-Precedenti, cause motivazioni della “Rivolta”

1. Tentativo francese di occupare e conquistare la Sardegna.
I Francesi sbarcano e occupano l’Isola di San Pietro l’8 Gennaio del 1793 e pochi mesi dopo Sant’Antioco. Il 23 Gennaio la flotta, comandata dal Truguet getta le ancore nella rada di Cagliari bombardandola: il 27-28 Gennaio i Francesi sbarcano nel Margine Rosso di Quartu sant’Elena e il 14 Febbraio sottopongono a un fuoco infernale le posizioni tenute dal barone Saint Amour.
Parallelamente alla spedizione del Truguet, un altro attacco vede Napoleone Bonaparte comandante dell’artiglieria con il grado di tenente colonnello. Grazie soprattutto al valore del maddalenino Domenico Millelire e del tempiese Cesare Zonza, l’attacco fu respinto. Anche Sant’Antioco e San Pietro saranno liberati tra il 20 e il 25 Marzo, per l’intervento di una flotta spagnola. Così, sconfitti al fronte Nord come al Sud, i Francesi sono costretti al ritiro.

Perché i francesi tentano di conquistare la Sardegna?
Motivazioni ideologiche (ovvero chiacchiere): esportare la rivoluzione e con essa i principidell’89: Liberté, Égalité, Fraternité.
I motivi veri:
a. ”approvvigionare con i suoi grani e il suo bestiame l’esercito e impinguare le casse dello stato che la guerra e la rivoluzione avevano ormai svuotato” (Girolamo Sotgiu);
b. “l’avere un rifugio nei porti di Sardegna nel caso di guerra marittima, era stimato utilissimo”(Carlo Botta).
Evidentemente i francesi ritenevano inevitabile la guerra con l’Inghilterra – come di fatto avverrà – e dunque vogliono dotarsi di una bella base militare ad hoc.

Chi difenderà la Sardegna, respingendo i francesi?
Non l’esercito regolare dei re sabaudi ma i miliziani, i volontari sardi, sostenuti e finanziati dagli Stamenti: ovvero da nobili e clero ostili ai rivoluzionari francesi che consideravano demoni mangiapreti ma anche da democratici come Angioy o il Marchese di Flumini.

Hanno fatto bene i sardi a difendere la Sardegna?
E’ una questione storiografica aperta: il problema è però chiarire che i sardi più che difendere il regno dei sabaudi difendono la loro terra.

2. I Sardi vincitori presentano “il conto” al re Vittorio Amedeo III.
I Sardi – cito lo storico Natale Sanna – “dopo secoli di inerzia e di supina quiescenza ridiventano finalmente consapevoli del proprio valore e la classe dirigente fiera della sua forza e dei risultati ottenuti, credette giunto il momento di chiedere al re il riconoscimento dei propri diritti, tanto più che a Torino, mentre si concedevano in abbondanza promozioni e onori ai Piemontesi, si ignorava quasi completamente l’elemento sardo, distintosi nel Sulcis e nel Cagliaritano”.
Infatti – ricorda Girolamo Sotgiu – “seguendo le indicazioni del viceré Balbiano, le onorificenze militari accordate dal Ministro della guerra furono tutte concesse, con evidente ingiustizia, alle truppe regolari che avevano dato così misera prova di sé… e alla Sardegna che aveva conservato alla dinastia il regno concesse ben povera cosa: 24 doti di 60 scudi da distribuire ogni anno per sorteggio tra le zitelle povere e l’istituzione di 4 posti gratuiti nel Collegio dei nobili di Cagliari…”.
E altre simili modeste concessioni. Di qui la decisione del Parlamento sardo – composto dagli Stamenti: quello militare (o feudale), quelle ecclesiastico e quello reale (formato dai rappresentanti delle città) – riunito nel Marzo-Aprile 1793, di inviare un’ambasceria a Torino per presentare al sovrano 5 precise richieste, le famose “5 domande”:
-il ripristino della convocazione decennale del Parlamento, interrotta dal 1699;
-la conferma di tutte le leggi, consuetudini e privilegi, anche di quelli caduti in disuso o soppressi pian piano dai Savoia nonostante il trattato di Londra;
-la concessione ai “nazionali” sardi di tutte le cariche, ad eccezione di quella vicereale e di alcuni vescovadi;
-la creazione di un Consiglio di Stato, come organo da consultare in tutti gli affari, che prima dipendevano dall’arbitrio del solo segretario;
-la creazione in Torino di un Ministero distinto, per gli Affari della Sardegna.
Si trattava, come ognuno può vedere, di richieste tutt’altro che rivoluzionarie: non mettevano in discussione l’anacronistico assetto sociale né le feudali strutture economiche, anzi, in qualche modo, tendevano a cristallizzarle. Esse miravano però a un obiettivo che si scontrava frontalmente con la politica sabauda: volevano ottenere una più ampia autonomia, sottraendo il regno alla completa soggezione piemontese, per affidare l’amministrazione agli stessi Sardi. La risposta di Vittorio Amedeo III non solo fu negativa su tutto il fronte delle domande ma fu persino umiliante per i 6 membri della delegazione sarda (Aymerich di Laconi e il canonico Sisternes per lo stamento ecclesiastico; gli avvocati Sircana e Ramasso per lo stamento reale; Girolamo Pitzolo e Domenico Simon per lo stamento militare, ).
Il Pitzolo, scelto dalla delegazione per illustrare le richieste, non fu neppure ricevuto dal sovrano né ascoltato dalla Commissione incaricata di esaminare il documento… non solo: il Ministro Graneri neppure si curò di comunicare alla delegazione ancora a Torino, la decisione negativa del re, trasmettendola direttamente al vice re a Cagliari.

3. La rivolta cagliaritana e la cacciata dei piemontesi
Ecco come lo storico sardo da Girolamo Sotgiu descrive il fatto:
“E fu così che il 28 Aprile 1794, come narrano le cronache «si videro i soldati del reggimento svizzero Smith vestiti in parata». La cosa passò inosservata perché si pensò che si trattasse di esercitazioni militari. Ma “sull’ora del mezzogiorno furono rinforzati i corpi di guardia a tutte le porte, tanto del Castello, come della Marina », e questo fatto cominciò a susci¬tare qualche preoccupazione fino a quando «sull’un’ora all’incirca, quando la maggior parte del popolo è ritirata a casa e a pranzo, fu spedito un numeroso picchetto di soldati comandato da un Capitano Tenente e tamburo battente con due Aiutanti ed il Maggiore della piazza» ad arrestare Vincenzo Cabras.
«Avvo¬cato dei più accreditati e ben imparentato nel sobborgo di Stam¬pace»2, , nonché il genero avv. Bernardo Pintor e il fratello Efisio Luigi Pintor, che poté sfuggire alla cattura perché assente.
I due arrestati furono condotti alla torre di S. Pancrazio e furono subito chiuse tutte le porte, mentre già il popolo si radunava tumultuando.
L’arresto di uomini noti anche per la partecipazione attiva alla vita pubblica apparve subito quello che probabilmente doveva essere: l’inizio, cioè, di una rappresaglia più massiccia.
Da qui l’accorrere tumultuoso di centinaia, migliaia di persone, (almeno 2 mila, il 10% dell’intera popolazione cagliaritana) l’assalto alle porte, che furono bruciate o divelte, l’irruzione nei corpi di guardia, il disarmo dei soldati, la conquista del bastione e delle batterie dei cannoni. Tutto questo nel rione di Stampace, dove si erano verificati gli arresti. All’insorgere di Stampace seguì in rapida successione la sollevazione dei borghi di Villanova e della Marina.
La folla, superata la resistenza dei soldati, aprì le porte che tenevano divisi i sobborghi l’uno dall’altro che la massa del popolo unita poté rivolgersi alle porte del Castello.
Negli scontri rimasero uccisi alcuni popolani e alcuni soldati. L’assalto al Castello, dove il viceré voleva organizzare una più efficace resistenza, avvenne subito dopo. Bruciata la porta, lunghe scale appoggiate alle muraglie, «facendo scala delle loro spalle l’uno sopra l’altro», i dimostranti riuscirono a entrare nei locali dove erano ammassate le truppe a difesa del viceré e del suo quartier generale.
Così, il 7 maggio 1794, 514 (secondo Girolamo Sotgiu) o 600-620 (secondo Luciano Carta) tra piemontesi savoiardi e niz¬zardi furono costretti ad abbandonare l’isola, e, «divulgata per tutto il Regno l’espulsione da Cagliari dei Piemontesi, fu univer¬sale l’approvazione»; ad Alghero fu fatta la stessa cosa e, dopo qualche resistenza, anche Sassari seguì l’esempio della capitale. Né mancò, nel giorno drammatico dello scommiato da Ca¬gliari, anche il grande gesto da tramandare alla storia: «La piazza che dalla porta di Villanova mette nel Castello era ingom¬bra di popolani della classe più umile. Erano carrettaj, facchini, beccai, ortolani ed altri di simil fatta, gente poco ausata a squisi¬tezza di tratti», quando la piazza fu attraversata dai carri che «scendevano dal Castello nel quale aveano avuto stanza i mag¬giori ministri», trasportando «al porto le loro masserizie con quelle del viceré». All’apparire di tanta «abbondanza di car¬riaggi», si levò un solo grido:
Ecco le ricchezze sarde trasformate in ricchezza straniera: non giungeano qui con tanto peso di bagagli o con questa dovizia di guarnimenti: assottigliati ci veniano e scarsi quelli che oggi si dipar¬tono con fortuna così voluminosa. Buoni noi e peggio che buoni, se lasciamo che abbiano il bando con questi stranieri anche le robe che erano nostre.
E il passare dalle parole ai fatti sarebbe stato inevitabile, se un beccaio, Francesco Leccis, sentita nell’animo l’indegnità del tratto, sale sopra una panca, e brandendo in mano il coltellaccio del suo mestiere quale scettro d’araldo, ferma¬tevi, grida a quei furiosi:
quale viltà per voi, quale onta a tutti noi! Non si dirà più che la Sardegna ha bandito gli stranieri per insofferenza di dominio, si dirà che si è sollevata per ingordigia di preda. La Nazione volea cacciarli e voi li spogliate? Ed esortati i carrettieri a muoversi, «la folla si bipartiva, e le voci erano chete, e l’onore di quella critica giornata era salvata da un beccaio»9.
Meno aulicamente del Manno, il padre Napoli racconta la stessa cosa:
Lasciateli andare – sembra che il Leccis abbia detto – che i sardi benché poveri non han bisogno della M… dei Piemontesi, parole che colpirono in modo lo spirito di quelle plebaglie, che subito risposero nel loro linguaggio: aicci narras tui? chi si fassada, cioè: così dici tu? che si faccia .

Bonus asilo nido in pagamento

Bonus asilo nido in pagamento

Operativa la nuova funzionalità che permette alle sedi INPS di gestire le domande.

Pubblicazione: 20 aprile 2024

L’Istituto rende noto che è operativa la nuova funzionalità, che permette a tutte le sedi INPS sul territorio di procedere con la gestione delle domande per il bonus asilo nido.

Già in queste ore sono state messe in pagamento le prime domande accolte.

Ricordiamo che questa prestazione può essere richiesta per il pagamento delle rette di asili nido pubblici o privati, autorizzati dagli enti locali, e per l’utilizzo di forme di supporto – presso la propria abitazione – in favore di bambini con meno di tre anni, affetti da gravi patologie croniche.

CIGS dipendenti Alitalia: istruzioni applicative

CIGS dipendenti Alitalia: istruzioni applicative

Misure, in materia di lavoro e di ammortizzatori sociali a favore dei lavoratori di Alitalia e di Alitalia Cityliner.

Pubblicazione: 19 aprile 2024

L’Istituto, con il messaggio 18 aprile 2024, n. 1536, fornisce indicazioni sulla certificazione del primo diritto utile alla decorrenza del trattamento pensionistico, applicando le disposizioni contenute nel decreto interministeriale 5 gennaio 2024.

Le misure, in materia di lavoro e di ammortizzatori sociali sono a favore dei lavoratori dipendenti di Alitalia – Società aerea italiana S.p.a. e di Alitalia Cityliner S.p.a.

Dal 1° gennaio 2024, il trattamento straordinario di integrazione salariale non è dovuto dalla data di maturazione del primo diritto utile alla decorrenza della pensione di vecchiaia, ma della pensione anticipata.

Per questo, il datore di lavoro invierà i dati del personale interessato all’INPS, che è autorizzato a certificare il primo diritto utile alla decorrenza della pensione entro il 31 ottobre 2024.

L’Istituto provvede alla certificazione sulla base delle disposizioni vigenti nella gestione previdenziale presso la quale è accertato il primo diritto utile alla decorrenza della pensione, tenendo conto dei periodi di integrazione salariale e dei periodi oggetto di riscattoricongiunzione o trasferimento oneroso, con riferimento ai quali risulti attivo il piano di pagamento. La certificazione viene inviata dall’INPS al datore di lavoro.

Se il primo diritto utile alla decorrenza della pensione certificato è antecedente al 1° gennaio 2024, il trattamento non è dovuto da tale data;

Se il primo diritto utile alla decorrenza della pensione è pari o successivo al 1° gennaio 2024, il trattamento non è dovuto dal primo diritto utile alla decorrenza della pensione.

L’Istituto precisa inoltre che, ai fini dell’accertamento del primo diritto utile alla decorrenza del trattamento pensionistico, sono rilevanti i requisiti pensionistici previsti per gli iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) e, per gli iscritti al Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea (Fondo Volo), si tiene conto del regime delle decorrenze, che è diversificato i base della tipologia di pensione.

In presenza di periodi assicurativi presso due o più gestioni o fondi previdenziali non trovano applicazione gli istituti di cumulo dei periodi assicurativi.

Il datore di lavoro deve inviare all’INPS l’elenco dei dipendenti interessati alla proroga del trattamento di integrazione salariale con i relativi codici fiscali.

Per i nominativi indicati nell’elenco dei soggetti interessati, la struttura territoriale INPS competente deve verificare la presenza di domande di riscatto e/o ricongiunzione ancora giacenti e provvedere alla loro definizione con tempestività.

Si ricorda che è prevista la possibilità che il trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) possa proseguire, anche successivamente alla conclusione dell’attività del commissario, dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024 e fino alla prima decorrenza utile del trattamento pensionistico indicata nella certificazione dell’INPS.

Si rinvia ad un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell’economia e delle finanze, per la definizione dei criteri per l’applicazione del decreto adottato il 5 gennaio 2024.

Pensionati: il cedolino di pensione di maggio 2024

Pensionati: il cedolino di pensione di maggio 2024

Il documento consente di verificare l’importo erogato ogni mese dall’INPS e di conoscere le ragioni per cui può variare.

Pubblicazione: 19 aprile 2024

Il cedolino della pensione, accessibile tramite servizio online, è il documento che consente ai pensionati di verificare l’importo erogato ogni mese dall’INPS e di conoscere le ragioni per cui l’importo può variare.

Si riportano di seguito le principali informazioni relative al rateo di pensione in pagamento a maggio 2024.

Data di pagamento

Il pagamento avverrà con valuta 2 maggio.

Trattenute fiscali: conguaglio di fine anno 2023, addizionali regionali e comunali, tassazione 2024

A fine anno 2023 è stato effettuato il ricalcolo a consuntivo delle ritenute erariali applicate nel corso del medesimo anno di imposta (IRPEF e addizionali regionali e comunali a saldo) sulla base dell’ammontare complessivo delle sole prestazioni pensionistiche erogate dall’INPS.

Se nel corso del 2023 sulla pensione sono state applicate mensilmente ritenute erariali in misura inferiore a quanto dovuto su base annua, l’INPS ha provveduto a recuperare le differenze a debito sulle rate di pensione di gennaio e di febbraio 2024, trattenendo il debito anche fino alla capienza totale dell’importo del rateo pensionistico in pagamento.

Qualora i ratei di pensione di gennaio e di febbraio 2024 siano risultati insufficienti per il recupero totale, prosegue con le trattenute sui ratei mensili successivi fino ad estinzione del debito.

Nel solo caso di pensionati con importo annuo complessivo dei trattamenti pensionistici fino a 18.000 euro, per il quali il ricalcolo delle ritenute erariali ha determinato un conguaglio a debito di importo superiore a 100 euro, la rateazione viene comunque estesa fino alla mensilità di novembre (articolo 38, comma 7, decreto-legge 78/2010, convertito con modificazioni nella legge 122/2010).

Per quanto riguarda le prestazioni fiscalmente imponibili, anche sul rateo di maggio, oltre all’IRPEF mensile, vengono trattenute le addizionali regionali e comunali relative al 2023.

Si ricorda che le addizionali regionali e comunali vengono recuperate in 11 rate, da gennaio a novembre dell’anno successivo a quello cui si riferiscono.

Le somme conguagliate verranno certificate nella Certificazione Unica 2024.

Le prestazioni di invalidità civile, le pensioni o gli assegni sociali, le prestazioni non assoggettate alla tassazione per particolari motivazioni (detassazione per residenza estera, vittime del terrorismo) non subiscono trattenute fiscali.

Alto Adige: confermate commissioni mediche per invalidità della ASL

Alto Adige: confermate commissioni mediche per invalidità della ASL

Per la Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige, gli accertamenti sanitari per la valutazione delle condizioni di inabilità e di inidoneità al lavoro rimangono competenza del servizio di medicina legale dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige.

Pubblicazione: 19 aprile 2024

Le Commissioni mediche di verifica operanti presso il Ministero dell’Economia e delle finanze sono state soppresse a decorrere dal 1° giugno 2023, trasferendo contestualmente all’INPS le funzioni relative:

  • all’accertamento e valutazione delle condizioni di inabilità e di inidoneità al lavoro nei confronti del personale civile delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici non economici e degli enti locali;
  • agli accertamenti medico-legali nei confronti dei familiari superstiti dei medesimi dipendenti, aventi titolo alla pensione indiretta o di reversibilità.

Ciò premesso, con il messaggio 18 aprile 2024, n.1535, l’Istituto precisa che, per la Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige, gli accertamenti sanitari relativi alla valutazione delle condizioni di inabilità e di inidoneità al lavoro rimangono in capo al servizio di medicina legale dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige (ASDAA), integrato da un medico in rappresentanza dell’Istituto, anche successivamente alla data del 31 maggio 2023.

Questi accertamenti sanitari sono limitati ai giudizi di inabilità assoluta e permanente alla mansione (legge 379/1955, e legge 274/1991) e di inabilità assoluta e permanente a proficuo lavoro (legge 379/1955 e legge 274/1991). 

Cure termali e Soggiorni estivi ex IPOST: online i bandi 2024

Cure termali e Soggiorni estivi ex IPOST: online i bandi 2024

La domanda per partecipare ai concorsi dovrà essere inviata entro il 17 maggio 2024.

Pubblicazione: 19 aprile 2024

Sono stati pubblicati i seguenti bandi di concorso, rivolti agli iscritti ex IPOST, per l’assegnazione di contributi per fruire di:

La domanda per partecipare ai concorsi dovrà essere inviata entro il 17 maggio 2024:

  • Cure termali 2024 Nuovo Fondo Mutualità: domanda tramite il modulo disponibile in questa pagina;
  • Soggiorni estivi 2024: domanda tramite il modulo disponibile in questa pagina;
  • Cure termali 2024 Vecchio Fondo Mutualità: domanda tramite il modulo.

Gli assegnatari potranno disporre dei contributi per le cure termali nel periodo compreso tra il 1° giugno e il 30 novembre, mentre i contributi per i soggiorni estivi potranno essere utilizzati dal 1° giugno al 30 settembre.

Sant’ Emma di Sassonia

 

Sant’ Emma di Sassonia


Nome: Sant’ Emma di Sassonia
Titolo: Vedova
Nascita: XI Secolo, Germania
Morte: 1040, Germania
Ricorrenza: 19 aprile
Tipologia: Commemorazione
Le Sante con il nome di Emma sono due: della seconda non avremo occasione di parlare, perché la sua memoria cade il 29 giugno, festa degli Apostoli Pietro e Paolo. Della prima possiamo invece parlare oggi, dato che nessun altro Santo è proposto, a questa data, dal Calendario universale. Ne consegue che il 19 aprile può essere preso come giorno onomastico di tutte le donne che ripetono questo nome bello quanto diffuso; e nome a pieno diritto, non cioè, come qualcuno potrebbe credere, semplice diminutivo.

Sembra che il nome Emma sia germanico, la cui forma originaria fu Imma, che ebbe anche un maschile, Immo, in seguito scomparso. Attraverso la forma antica di Imma, sembra che sia imparentata anche con Irma, nome che però non ha una propria Santa tutelare, o meglio che vien fatto cadere sotto la protezione di Sant’Irmina.

La Santa che oggi incontriamo sotto il nome germanico di Emma fu anch’ella tedesca, e visse intorno dell’anno Mille. Ella era sorella di San Meginverco, Vescovo di Paderborn, ed aveva sposato in giovanissima età il conte Ludgero, il quale però morì dopo pochi anni di matrimonio.

Ed ecco la caratteristica più spiccata della nostra Santa Emma: quella di essere restata vedova per quarant’anni, e vedova esemplare, facendo della sua delicata condizione uno strumento più raffinato di perfezione spirituale.

Alla morte del marito, era ricca, giovane e bella. Avrebbe potuto, come si dice comunemente, « rifarsi una vita », e vivere onestamente, e magari virtuosamente, accanto ad un altro uomo e nell’affetto di una famiglia. Scelse invece la via più difficile. quella della rinunzia al mondo e a tutti i suoi allettamenti. Una rinunzia che non fu né egoista né sterile, perché Santa Emma fece della sua condizione vedovile non soltanto un mezzo di propria perfezione spirituale. ma soprattutto uno strumento di bene per il prossimo. con la preghiera e con l’incessante carità. Erede di un ricchissimo patrimonio, la Santa vedova lo amministrò nel modo più redditizio, distribuendolo ai poveri e donandolo a istituzioni benefiche, perché fosse investito in opere di carità corporale e anche spirituale. Quando morì, nel 1040, si era spogliata non soltanto delle sue doti femminili, della bellezza e della gioventù, ma anche di tutte le sue ricchezze materiali. E se la prima circostanza era dovuta semplicemente al passare degli anni, la seconda era stata merito suo, di Santa Emma, modello di vedova cristiana, nel senso più ricco e più umano del termine. La vedovanza non era stata infatti, per lei, fedeltà quasi morbosa a un ricordo sempre più lontano, ma impegno di vita vissuta giorno per giorno, come sposa, pur senza marito, come madre, pur senza figli: come donna, insomma, la cui più alta missione è quella di dare: dare se stessa, cioè dare e moltiplicare la vita, sia in senso genetico che in senso sociale e spirituale.