Archivi giornalieri: 15 marzo 2020

il manifesto

Pandemonio. Mancano i posti letto. L’ex capo della protezione civile coordinerà l’apertura di un nuovo ospedale. Sempre più gli operatori sanitari contagiati: polemica Gallera-Borrelli sulle mascherine. Ma il problema sono le frontiere chiuse. Reclutati medici da Cina, Cuba e Venezuela

All’esterno dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo

All’esterno dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo

175 morti in Italia nelle ultime 24 ore sono meno dei 250 del giorno prima. Ma i nuovi casi positivi sono 3500, su 11mila tamponi effettuati, un nuovo record. I casi continuano ad aumentare mentre il numero dei test ha raggiunto la capacità massima. Se la tendenza non si invertirà nei prossimi giorni, sarà obbligatorio attrezzare nuovi laboratori di analisi. I ricoverati crescono più lentamente da alcuni giorni ed è l’unico debole segnale che fa sperare, soprattutto nelle regioni critiche come la Lombardia.

LE NUOVE VITTIME nella regione ieri sono state 76, circa la metà del giorno prima. Ma nonostante gli sforzi gli ospedali ormai sono al limite: «Svuotiamo gli ospedali con maggiore pressione e portiamo via pazienti in altri presidi, al punto che non abbiamo più autoambulanze», ha detto l’assessore al welfare lombardo Giulio Gallera. «Bergamo e Brescia sono oggi le situazioni più critiche che abbiamo», ha proseguito, «gli ospedali hanno esaurito fisicamente la capacità d’accoglienza». Ieri circa 170 pazienti sono stati trasferiti e altrettanti sono stati trasferiti in altre strutture permettendo di ricavare nuovi posti letto. Ma alla fine i ricoverati in terapia intensiva sono 82 in più del giorno prima. «Oggi in Lombardia ci sono 1.100 letti in terapia intensiva, 898 dedicati ai pazienti Covid». Significa che in poco più di un mese di emergenza i posti letto in questi reparti è stato aumentato del 40%.
PER FAR FRONTE all’emergenza saranno reclutati anche medici dall’estero, oltre ai quasi settecento già assunti dalla Regione negli ultimi giorni. «Abbiamo per esempio già contatti con Cina, Venezuela e Cuba» spiega Gallera, prima di precisare che i venezuelani sono quelli già residenti in Italia dell’associazione «La piccola Venezia».

È STATA SMENTITA la notizia della chiusura del pronto soccorso negli ospedali bergamaschi circolata in giornata. Secondo l’azienda sanitaria locale è solo una interpretazione sbagliata di una direttiva regionale che indirizza i pazienti che non hanno il Covid verso alcuni ospedali per liberare gli altri.

CONFERMATA INVECE la notizia dell’arrivo di Guido Bertolaso nella task force lombarda. Dovrà seguire la realizzazione di un ospedale per i pazienti di Covid nei padiglioni della Fiera di Milano.

IERI A BERGAMO È MORTO un operatore del 118 di 47 anni. La Regione Lombardia non conferma la sua positività al coronavirus ma i colleghi del sindacato Adl Cobas hanno pochi dubbi: «Era uno dei 700 operatori sanitari, medici, infermieri, soccorritori che già sono stati contaminati», hanno scritto su Facebook, «chiediamo come operatori della Sanità misure straordinarie di Protezione per tutti i soccorritori e gli operatori sanitari, che dovrebbero indossare sempre i dispositivi di protezione integrali da Covid-19». L’infettivologo dell’Istituto Superiore di Sanità Paolo d’Ancona ammette: «C’è un grande numero di operatori sanitari contagiati. Dobbiamo approfondire se l’esposizione sia avvenuta sull’ambiente di lavoro o fuori».

IL PROBLEMA della protezione degli operatori sanitari rischia di aggravarsi di giorno in giorno perché scarseggiano mascherine e camici. L’assessore Gallera ha protestato con la Protezione Civile che ha inviato 550 mila mascherine non adeguate: «Agli operatori, che fanno straordinari su straordinari, come posso dire di usare mascherine del genere?». Non si tratta di un disguido ma di un serio problema di approvvigionamento. «Ci servono circa 90 milioni di mascherine al mese» ha spiegato il commissario della Protezione Civile Angelo Borrelli. «Ne abbiamo sotto contratto 55 milioni, ma al momento ne sono state consegnate 5 milioni». Procurarsene sta diventando sempre più difficile per la chiusura delle esportazioni da diversi paesi di fornitura come India, Romania, Russia, Francia. E, per bisogno o forse anche per interesse, c’è chi rastrella tutto quello che viene messo sul mercato. «Avevamo contrattualizzato altri venti milioni di mascherine ma non sono state consegnate», spiega Borrelli.

IL BLOCCO DELLE ESPORTAZIONI è la conseguenza dell’allargamento dell’emergenza a tutta l’Europa. Ieri i nuovi casi sono stati oltre cinquecento in Germania, ottocento in Spagna, con 58 morti e altrettanti in Francia. A Parigi il primo ministro Edouard Philippe ha decretato il “livello 3” dell’emergenza con la chiusura di bar, ristoranti e tutte le attività commerciali «non essenziali».

Da ” il manifesto”

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Gli invisibili si riprendono la scena

 I colleghi di lavoro del trentottenne contagiato alla fabbrica Unilever di Casalpusterlengo
I colleghi di lavoro del trentottenne contagiato alla fabbrica Unilever di Casalpusterlengo

Le aziende che confezionano reggiseni ora faranno le mascherine. Non siamo all’auspicato nuovo modello di sviluppo, certamente però è una scelta di utilità sociale. La notizia delle mascherine al posto dei reggiseni l’ha data ieri il segretario della Cgil Landini nell’inconsueta, inedita conferenza stampa via Facebook, in seguito all’accordo raggiunto con il governo e alcune grandi associazioni imprenditoriali.

Dopo 18 ore di trattativa, il sindacato ha ottenuto 4 miliardi per gli ammortizzatori sociali e tutte le misure sanitarie per chi è costretto a lavorare. Centinaia di delegati sono ora chiamati a far rispettare il protocollo e dove il sindacato non c’è sarà tutto più difficile.

Gli invisibili del capitalismo smart, sfatando la leggenda dove tutti saremmo imprenditori di noi stessi, quei lavoratori lasciati senza protezioni nell’anno 2020 della Pandemia, dentro e fuori la fabbrica, si sono fatti sentire, hanno minacciato scioperi, reclamato il diritto alla salute. Gli operai di ogni settore produttivo, manifatturiero e logistico, sono tornati sulla scena e non ci tengono affatto a essere chiamati «eroi». Proprio come non ci tengono i medici e gli infermieri che denunciano il collasso degli ospedali, frutto dei 30 miliardi negli anni sottratti alla sanità pubblica.

Sono invece chiamati eroi anche da quei dirigenti del Pd che li hanno costretti nella camicia di forza del jobs act, fedeli all’ideologia di togliere di mezzo il conflitto tra chi possiede tutto e chi ha da scambiare solo la propria vita di lavoro dipendente. A ben vedere, questo maledetto virus strappa molti veli, mette a nudo, tra i tanti focolai di diseguaglianza sociale, il declassamento della salute come bene disponibile alla catena del profitto (Ilva sempre docet).

Nei famigerati anni ’70 del secolo scorso, nelle esperienze dei consigli di fabbrica e di zona, la salute rappresentò un pilastro delle lotte operaie e sindacali, con lo sviluppo della nuova branca della medicina del lavoro, guidata da personalità come Giulio Maccacaro (Codogno 1924), con la nascita di Medicina democratica. Presidi di intervento e nello stesso tempo scuole di politica e di partecipazione, a difesa dei lavoratori, a difesa di tutti.

Le doverose misure dell’accordo raggiunto faticosamente sono solo pezze utili a coprire le voragini di un sistema di produzione e di vita messo a nudo a livello planetario. La sfida ora è poterlo consegnare a un ciclo di questa moderna preistoria.