Archivi giornalieri: 28 maggio 2017

“No potho reposare”

La storia sconosciuta di “No potho reposare”

 

La storia sconosciuta di "No potho reposare"

Badore Sini autore di No potho reposare

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no dei più profondi misteri dell’arcana terra di Sardegna è che la, pur ricchissima, semantica della lingua sarda non contempla una parola originale per dire ‘amore’. Il Sardo dunque nasce desfigliato proprio del nome del sentimento più grande: decide allora di dirlo in musica con “No potho reposare”. Lo fece Badore Sini, il Leonardo da Vinci di Sarule, eclettico uomo di Legge, drammaturgo, poeta e inventore. Intellettuale dalla rara bellezza che fece perdere la testa a Grazia Deledda, anche se “mai si persero in sallautzadas (salamelecchi)”, così come prevedevano le liason amorose nella Nuoro ottocentesca.

L’epica di un’appartenenza barbaricina si universalizza presto nello specchio di una collettività multiforme che abbandona, negli anni della Grande Guerra, il soave contesto amoroso,  per divenire l’inno marziale della Brigata Sassari, poi sostituito dalla ben più bellicosa “Dimónios“.
Il brano quindi si sostanziò in una forma d’amore diverso, il patriottismo.


Murale a Sarule che rappresenta autore e testo di No potho reposare

 

Il nostro incontro con la storia ha le sembianze di un’antica jana incarnata, Chiara Sini, nipote di Badore, l’autore di quei versi celebri a livello planetario. Chiara ha una bellezza mistica ed evocativa delle sue origini barbaricine, rimane timidamente sullo sfondo di una trascinante passione per volti, storie, percorsi della Barbagia fatta grande anche dall’impegno filantropico, e finora sconosciuto, di suo nonno. Ciò che per tutta la Sardegna è mito per lei è sangue che infiamma le vene e chiede sottovoce debita collocazione nella storia patria. 

Chiara è una figura di rottura nella famiglia Sini, finora inibita nel compito divulgativo per il timore di un’accusa di autoreferenzialità. Ma la troppa modestia rischia talvolta di impedire i processi storici, quindi facendosi un po’ di violenza Chiara accetta finalmente di consegnare Badore Sini alla leggenda.

«I giovani soldati la cantavano in trincea, per sentirsi più vicini alla famiglia, alla propria terra, ma in realtà nelle intenzioni di nonno questo è sempre stato un canto d’amore»,
confida fieramente la nipote del grande drammaturgo di Sarule.


Chiara Sini a Shangai

 

Chiara Sini ha trascorso tanto tempo nella Repubblica Cinese è  insegnante di Lingua e Cultura Cinese nei licei sardi e una delle poche Interpreti dell’isola. Una vocazione alla comunicazione del valore universale della cultura respirata, con ogni evidenza, in famiglia.A lei è spettato l’onere e l’onore di mediare il recente incontro tra le autorità italiane e il Presidente della Repubblica cinese in terra sarda: «Mi tremavano le gambe perché avevo la consapevolezza che per ogni cinese il Presidente è considerato poco meno di un dio e ognuno di loro spera di incontrarlo almeno una volta nella vita». Chiara ha un’enorme responsabilità che esula dalla sua figura professionale in senso stretto: in lei trovano riferimeno sicuro tutti quei cinesi in difficoltà con le pratiche burocratiche e ci sono anche quanti in attesa di giudizio, hanno bisogno di comunicare con i propri legali.

L’attitudine al pieno controllo delle lingue straniere é evidente eredità di nonno Badore che parlava fluentemente francese, inglese spagnolo ma che era partito dalla natìa Sarule con la sola conoscenza del sardo. Come per gran parte dei barbaricini di fine ‘800 l’unica lingua conosciuta è quella parlata in famiglia e Badore capì presto che per realizzare i suoi progetti, in un’Italia di fresco entusiasmo post unitario, essere monoglotti nella lingua madre è un grave ostacolo.

Il problema diviene scoglio insormontabile quando l’animo sensibile di Badore si deve misurare con la lotta di classe. Un timido ragazzo di origini poverissime si innamora di una fanciulla altolocata di Sarule. La ama riamato, ma le convenzioni hanno l’ultima parola nella realtà di quelle caste sociali inespugnabili. L’impotenza di un dolore sordo e privo di speranza feconda il seme di un sentimento dalla struggimento esondante: nasce “A Diosa” (A lei), embrione di “No potho reposare“.

 

Sguaina un sorriso arioso Chiara quando racconta del percorso accidentato di Badore che, per nulla incline a piangersi addosso, fugge di casa giovanissimo per scampare a un destino di isolamento e mestizia. Vuole studiare, migliorare la propria condizione e meritare, anche davanti all’ipocrisia dell’affettata borghesia nascente, la mano della sua amata. Trova appoggio da un’amorevole zia che lo tiene agli studi che alterna ad alcuni saltuari lavoretti. Diviene avvocato in tempi brevissimi Badore. 


Carteggio di Badore Sini con il Re

 

È la forza dell’amore a fare da stimolo, motivazione continua è quella sete di riscatto sociale, riuscire a dimostrare che l’uomo vale, universalmente, nonostante le origini povere di mezzi, che contano solo onestà, intelligenza e dignità. Ma “Diosa” nel frattempo é andata in moglie ad un uomo del suo rango. Le vicissitudini di Badore Sini rievocano le atmosfere che ci fecere innamorare di Gavino Ledda nel suo “Padre padrone” grazie alla narrazione per ricordi di Chiara, che segue la trama inconsapevole di una fascinazione ammaliante.Arrivano i giorni del disincanto amoroso ma non si affievolisce il senso di popolo in Badore: «Nonno con il suo lavoro riuscì ad acquistare una Balilla, ai tempi in cui in pochi avevano l’auto, ma ben lontano dall’intento di ostentazione, la impiegò per fornire l’acqua ad anziani e ammalati, per trasportare le persone da un paese all’altro e soddisfare i bisogni reali di chiunque si rivolgesse a lui». 

Ad oggi non esiste nessuna via che celebri Sini, una grave lacuna toponomastica e prima ancora storica a cui la Sardegna intera vuole rimediare tramite Chiara: «Il mio impegno per valorizzare “No potho reposare” é dedicato alla riscopeta della figura straordinaria, per tanti, versi, di mio nonno, per rendergli giustizia. É curioso come la più famosa canzone sarda, l’inno a furor di popolo dei Sardi, é nel cuore di tutti ma l’autore é completamente sconosciuto. E poco si conoscono le altre sue opere: Su Fitzu, In su Monte Gonare, S’amore, Comunismu. In questi mesi si é mosso tanto.

 

Scritti originali “No potho reposare”

Tante iniziative vedranno il culmine a metà settembre con giornate dedicate a Salvatore Sini, a Nuoro e a Sarule, suo paese di nascita.
«Nuoro gli dedicherà il Belvedere – racconta Chiara – ci sarà una mostra con i suoi manoscritti e le opere di artisti ispirate ad “A Diosa”; vari convegni dedicati sia alla storia della canzone sia alla figura dell’avvocato-poeta, con la presenza del coro Vadore Sini di Sarule, l’unico a cantare da sempre tante delle canzoni da lui scritte. A Nuoro le iniziative culmineranno con un grande concerto in Piazza Satta, dove dieci cori nuoresi, riuniti graie a Ignazio Corrias, eseguiranno “A Diosa”.


Chiara Sini

 

In fase di lavorazione anche il bellissimo video realizzato da Renzo Gualà. A Sarule é prevista la messa in scena dell’opera di nonno “Il medico” .

Per un momento, il sorriso scarlatto sbiadisce alla memoria delle mille difficoltà da lei affrontate per coordinare ogni iniziativa senza escludere nessuno:
«Questo é sicuramente un punto d’arrivo dopo tanti anni di amnesia sulla sua figura, ma mi auguro che sia anche un punto di partenza per riscoprire e pubblicare altri suoi lavori, fra cui poesie, drammi e i bellissimi “Diari” che raccontano la Nuoro e la Sardegna a cavallo tra ‘800 e ‘900». 

 

Chiara Sini è l’alma mediterranea in Estremo Oriente di cui porta il vivio ricordo negli occhi e il desiderio di tornare in quell’Impero Celeste, anticamente detto, che la ha accolta con tutte le sue analogie con la terra di Sardegna. 


Il miansu, pane votivo cinese

 

Racconta con occhi scintillanti di nostalgia di quegli anziani compari che al pomeriggio si siedono in bruncu ‘e janna, così come da noi, che prendono il loro cicchetto nell’equivalente “tzilleri” di vicinato.
Come da una scatola di ricordi mi mostra sul cellulare le foto del Miansu, un pane festivo incredibilmente somigliante alla nostra coccói pintada. Ed è sicuro che la memoria della terra matria nel mondo non può avere vettore più provvidenziale di questa piccola donna sarda fatáda.