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I paesi con più protezione sociale hanno reagito meglio alla crisi

I paesi che offrono posti di lavoro di elevata qualità e un’efficace protezione sociale, oltre ad investire nel capitale umano, si sono dimostrati maggiormente resilienti alla crisi economica. È questa una delle principali conclusioni del rapporto Employment and Social Developments in Europe 2014  che ha esaminato il retaggio della recessione. 

Il rapporto ribadisce, inoltre, la necessità di investire nella formazione e nel mantenimento di un’adeguata qualificazione della forza lavoro a sostegno della produttività ed evoca inoltre la sfida consistente nel ripristinare la convergenza tra gli Stati membri.

Il rapporto ha passato in rassegna gli insegnamenti tratti dalla recessione constatando che il suo impatto negativo sull’occupazione e sui redditi è stato più contenuto nei paesi con mercati del lavoro più aperti e meno segmentati, e dove erano maggiori gli investimenti nella formazione permanente. 

In tali paesi le prestazioni di disoccupazione tendono a coprire un gran numero di persone che hanno perso il lavoro e sono correlate all’attivazione di politiche reattive al ciclo economico.

La crisi ha colpito i mercati del lavoro in modo non uniforme. Tra il 2008 e il 2013, oltre 9 milioni di persone sono restate senza lavoro in tutta l’UE , e il tasso medio di disoccupazione è aumentato da meno del 7% al 10,8%, con differenze enormi tra un paese e l’altro. In Austria e in Germania il tasso di disoccupazione non ha superato il 5%, contro oltre il 25% in Grecia e Spagna.

Tra il 2008 e la metà del 2014 la maggior parte dei posti di lavoro sono stati distrutti in Spagna (-3,4 milioni di euro), Italia (-1,2 milioni di euro), e Grecia (-1,0 milioni di euro). Nello stesso periodo il numero di posti di lavoro è aumentato di 1,8 milioni in Germania, e di 0,9 milioni nel Regno Unito.

Anche la povertà e l’esclusione sociale tra persone in età lavorativa (18-64 anni) è pertanto aumentata significativamente in alcuni Stati membri, soprattutto in Grecia, Irlanda, Spagna, Italia e Ungheria, dove il rischio di povertà era già alto prima della crisi.

Un altro problema messo in risalto dalla crisi è la discrepanza tra le qualifiche e le competenze dei lavoratori e quelle che sono invece richieste dal mercato del lavoro. I paesi con i più alti tassi di “sovraqualificazione”, ossia Grecia, Italia, Portogallo, Cipro, Lituania, Spagna e Irlanda, sono anche quelli che investono meno nell’istruzione e nella formazione, e per il mercato del lavoro in genere.

Il problema sociale è particolarmente grave per i giovani che non sono né occupati, né in istruzione e formazione (i cosiddetti NEET). Per i 20-24 anni, il tasso NEET per l’UE è del 19% nel 2013, con un incremento di oltre 3 punti percentuali rispetto al 2007. Anche qui è evidente il divario Nord-Sud, con tassi che vanno da meno del 10% in Lussemburgo, Paesi Bassi, Danimarca, Austria e Germania, fino ad oltre il 25% in Croazia, Bulgaria, Spagna, Cipro, Grecia e Italia.

Il rapporto ribadisce che un investimento efficace nel capitale umano richiede non solo l’istruzione e la formazione per acquisire le competenze giuste, ma anche situazioni di contesto adeguate per aiutare le persone a mantenere, migliorare e usare tali abilità in tutto l’arco della loro vita lavorativa.

 

www.osservatorioinca.org

 

INCAultima modifica: 2015-02-10T20:37:57+01:00da vitegabry
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