Archivi giornalieri: 4 febbraio 2015

Consiglio di Stato

Consiglio di Stato: La differenza tra mobbing e demansionamento

L’esistenza di un intento persecutorio da parte dell’Amministrazione, al fine di integrare il cosiddetto mobbing, secondo il costante orientamento del Consiglio di Stato, necessita della sussistenza, nei confronti del dipendente, di un complessivo disegno, da parte dell’Amministrazione, preordinato alla vessazione e alla prevaricazione, che deve pur sempre essere verificata dal giudice amministrativo, anche mediante l’esercizio dei suoi poteri officiosi, in quanto “la pur accertata esistenza di uno o più atti illegittimi adottati in danno di un lavoratore non consente di per sé di affermare l’esistenza di un’ipotesi di mobbing, laddove il lavoratore stesso non alleghi ulteriori e concreti elementi idonei a dimostrare l’esistenza effettiva di un univoco disegno vessatorio o escludente in suo danno”.

È questo il principio ribadito dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato che, con la sentenza del 12 gennaio 2015, ha riformato la sentenza del TAR laddove, errando, ha inteso respingere la domanda risarcitoria per il danno da dequalificazione, pure formulata al primo giudice e in questa sede nuovamente riproposta avendo l’appellante correttamente distinto le due forme di danno, quello da mobbing e quello da demansionamento.

Il demansionamento subito, ad avviso del Collegio, nel caso di specie risulta lampante dalle numerose dichiarazioni scritte di colleghi, prodotte agli atti, con la conseguenza che Il T.A.R. è dunque incorso in error in iudicando omettendo di risarcire il danno da demansionamento, poiché ha anzitutto trascurato che il ricorrente in prime cure avesse chiesto, in una con il risarcimento da mobbing, anche il danno da demansionamento e ha dimenticato, così ragionando, che la dequalificazione non si può configurare come mobbing, se non si riesce a dimostrare l’esistenza di un intento persecutorio da parte del datore di lavoro, ma il demansionamento, qualora provochi danni morali e professionali, dà diritto, comunque e certamente, al risarcimento indipendentemente dalla sussistenza anche del mobbing.

Aggiunge il Consiglio di Stato che devono trovare allora corretta applicazione, in presenza del ritenuto demansionamento, i principi in materia enunciati dalla Corte di Cassazione e dallo stesso Consiglio di Stato secondo cui, in tema di tema di dequalificazione, il giudice del merito può desumere l’esistenza del relativo danno, avente natura patrimoniale e, ricorrendone i presupposti, anche non patrimoniale, il cui onere di allegazione incombe al lavoratore, determinandone anche l’entità in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto.

Enrico Michetti

Per richiedere il testo integrale della sentenza info@gazzettaamministrativa.it

Circolare n. 17 del 29.1.2015

Esonero dai contributi per le nuove assunzioni

E’ stata pubblicata dall’INPS la circolare n. 17 del 29.1.2015 relativa all’esonero contributivo per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato secondo l’articolo 1 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (Legge di stabilità 2015).

Il beneficio riguarda le nuove assunzioni con decorrenza dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015. La sua durata è pari a trentasei mesi a partire dalla data di assunzione.

Inoltre, il beneficio si applica a tutti i datori di lavoro privato, e, in questo ambito, ancorché con misure, condizioni e modalità di finanziamento specifiche, anche ai datori di lavoro agricoli. Ai fini del diritto all’esonero, non assume rilevanza la sussistenza della natura imprenditoriale in capo al datore di lavoro, pertanto il beneficio è esteso anche ai soggetti non imprenditori.

L’esonero contributivo riguarda tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ancorché in regime di part-time, con l’eccezione dei contratti di:

a)   apprendistato;

b)   lavoro domestico.

 L’esonero contributivo spetta a condizione che, nei sei mesi precedenti l’assunzione, il lavoratore non sia stato occupato, presso qualsiasi datore di lavoro, con contratto a tempo indeterminato.

La misura dell’esonero è pari all’ammontare dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi INAIL, nel limite massimo di un importo pari a euro 8.060,00 su base annua.

L’applicazione del predetto beneficio non determina alcuna riduzione della misura del trattamento previdenziale, in quanto l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche resta fissata nella misura ordinaria, pari, per la generalità dei lavoratori subordinati, al 33% della retribuzione lorda imponibile. Parimenti, continuano ad applicarsi ai lavoratori gli istituti e gli interventi previdenziali tipici del settore in cui opera il relativo datore di lavoro.

da www.ilquotidianodellapa.it

Inps

Inps: ok Civ a bilancio preventivo 2015, 6,7 mld di “rosso”

Anche il bilancio preventivo 2015 approvato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell’Inps evidenzia “la tenuta dei conti del sistema previdenziale italiano, nonostante il perdurare della crisi economico-finanziaria”. Questa positiva osservazione “non consente, tuttavia, di ritenere esauriti i necessari interventi strutturali”. Lo rende noto l’Inps al termine della riunione del Civ che ha approvato il bilancio di previsione 2015.

Solo questi interventi strutturali, sottolinea l’Inps, “potranno  consentire la piena sostenibilità, anche e soprattutto nel lungo periodo, del sistema previdenziale a garanzia delle aspettative di giovani, lavoratori, pensionati e imprese”. Particolare attenzione, afferma l’Inps, “occorrerà prestare alle fasce più deboli della popolazione, nel più ampio quadro degli interventi a sostegno del reddito e del mercato del lavoro, già previsti, tra l’altro, nel Jobs Act”.

Il bilancio, che tiene conto della legislazione vigente al 30 settembre 2014, prevede per il 2015 entrate contributive per 213.564 milioni di euro (+2.318 milioni rispetto alle previsioni aggiornate del 2014) e uscite per prestazioni istituzionali per 307.239 milioni (+2.120 milioni rispetto alle previsioni aggiornate del 2014). In particolare, la spesa per prestazioni pensionistiche è risultata pari a 270.644 milioni (+1.065 milioni rispetto alle previsioni aggiornate del 2014).

Nel bilancio si prevede un disavanzo economico di esercizio di 6.845 milioni (con un miglioramento di 5.306 milioni rispetto alle previsioni aggiornate del 2014) e 11.731 milioni di avanzo patrimoniale.

Nell’approvare il bilancio di previsione 2015, il Civ ha ribadito la necessità di monitorare attentamente gli equilibri di bilancio di tutti i fondi e le gestioni previdenziali amministrate dall’Inps che presentano un trend negativo, per le quali è necessario trovare soluzioni legislative da parte dei Ministeri vigilanti.

L’Istituto sta continuando ad operare tagli alle spese di funzionamento, che hanno superato l’importo annuo di 600 milioni di euro. Ulteriori misure di contenimento sono già previste nella legge di stabilità 2015 e troveranno attuazione nella prima nota di variazione al bilancio. 

San Giuseppe (Desideri) da Leonessa


San Giuseppe (Desideri) da Leonessa

Nome: San Giuseppe (Desideri) da Leonessa
Ricorrenza: 04 febbraio

Prigioniero dei Turchi a Costantinopoli, fra Giuseppe era restato per tre giorni appeso a una croce per un piede e per una mano. E non era morto. Dio solo sa come riuscisse a sopravvivere a quel supplizio, e come si rimarginassero le sue terribili ferite. Si parlò dell’intervento miracoloso di un Angelo, che avrebbe sostenuto il suo corpo e curato le sue piaghe.

Certo non era facile spiegare in altro modo quella resistenza che sfidava tutte le leggi naturali, comprese quelle – terribilmente logiche – della tortura. E quasi un miracolo fu il fatto che il Sultano, forse ammirato per l’accaduto, commutasse la pena di morte con l’esilio perpetuo.

A Costantinopoli, il cappuccino Fra Giuseppe aveva compiuto un gesto degno veramente da folle. Aveva tentato di entrare nel palazzo per predicare davanti al Sultano in persona, sperando di convertirlo. Catturato dalle guardie, era stato giudicato reo di lesa maestà.

Bisogna dire che fino allora i Turchi lo avevano lasciato libero di predicare in città, dopo aver assistito i cristiani prigionieri. L’estrema povertà del frate e dei suoi compagni, sotto il saio color tabacco, lasciava perplessi i rappresentanti del potere e della religione ufficiale. Era difficile vedere in quegli umilissimi stranieri, sprovvisti di tutto, altrettanti pericolosi cospiratori contro la sicurezza dello Stato.

Giuseppe era nato nel 1556, a Leonessa, e nella cittadina umbra dal fiero nome, presso Spoleto, era entrato sedicenne tra i cappuccini della riforma, mutando il nome di Eufrasio Desiderato in quello dell’umile sposo della Vergine. Aveva compiuto il proprio noviziato nel convento delle Carceri, sopra Assisi, e in quella piega boscosa del Subasio si era temprato alla più dura penitenza e alla più rigorosa astinenza.

Con una tipica espressione francescana, chiamava il proprio corpo « frate asino », e diceva che come tale non aveva bisogno di essere trattato come un corsiero, un purosangue. Bastava trattarlo come un asino, con poca paglia e molte frustate.

La paglia forse si, ma le frustate – come abbiamo visto – non gli erano mancate durante la sua avventura in Turchia, dove il generale dell’Ordine lo aveva inviato, trentenne, per assistervi i prigionieri cristiani.

Tornato in Italia, poté seguire quella vocazione missionaria che l’aveva spinto a predicare davanti al Sultano. Questa volta, però, fu predicatore sull’uscio di casa, nei villaggi e nella città reatina, sua patria. I risultati furono altrettanto consolanti, e il suo zelo di carità ancor più necessario, perché il più difficile terreno di missione è spesso quello stesso sul quale fiorisce la santità in mezzo alle ortiche del vizio e ai rovi dell’indifferenza.

Cinquantacinquenne, s’infermò, ritirandosi nel convento d’Amatrice. Gli venne diagnosticato un tumore, e si tentò di operarlo, Dio sa come. Fu quello il suo secondo supplizio, ma rifiutò di essere legato, come suggerivano i medici. E non si sollevò più dal lettuccio chirurgico. Come anestetico si era stretto al petto, lungamente, il Crocifisso.