Archivi giornalieri: 27 dicembre 2014

La libertà religiosa è un diritto inalienabile

 

All’Angelus nella festa di Santo Stefano ricordati i tanti martiri cristiani di oggi ·

27 dicembre 2014

  

Un invito a rafforzare «in ogni parte del mondo l’impegno per riconoscere e assicurare concretamente la libertà religiosa» è stato rivolto da Papa Francesco all’Angelus recitato con i fedeli presenti in piazza San Pietro venerdì 26 dicembre, festa di santo Stefano. Ricordando la figura del primo martire, il Pontefice ha chiesto preghiere per i tanti «martiri di oggi», che «sono discriminati, perseguitati e uccisi per la loro testimonianza resa a Cristo».

Il testo del discorso del Papa

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Con la tenerezza di Dio

 

 

 Francesco invita ad accogliere le situazioni più difficili ·

27 dicembre 2014

 
 

Pazienza, vicinanza e tenerezza di Dio. Sono i tre aspetti sottolineati da Papa Francesco nell’omelia della messa della notte di Natale, celebrata nella basilica Vaticana mercoledì sera, 24 dicembre. “In questa santa notte, mentre contempliamo il Bambino Gesù appena nato e deposto in una mangiatoia – ha sottolineato il Pontefice – siamo invitati a riflettere. Come accogliamo la tenerezza di Dio? Mi lascio raggiungere da Lui, mi lascio abbracciare, oppure gli impedisco di avvicinarsi?”. “Questa – ha aggiunto – è la domanda che il Bambino ci pone con la sua sola presenza: permetto a Dio di volermi bene?”.

Il testo dell’omelia del Papa

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dall’AVVENIRE del 27 dicembre 2014

Casula: ecco i film che hanno raccontato il Novecento
Lucia Capuzzi
27 dicembre 2014
​Una scena di Metropolis di Fritz Lang (1927)

Poliedrico, sfaccettato, multiforme. Inafferrabile con le parole, destinate a coglierne solo frammenti, incapaci di ingabbiarlo in una definizione univoca. È il secolo delle antinomie, il Novecento. E perfino questa enunciazione non è che un rimando alle sue molteplici chiavi interpretative. Ci si può concentrare sulle guerre feroci – con un bilancio al ribasso di cento milioni di morti – che l’hanno dilaniato, sui totalitarismi e i troppi genocidi. O, per contro, si può sottolineare come, nel corso del suo svolgimento, si siano create le condizioni materiali e ideali per inedite potenzialità di benessere e libertà.
Come sintetizzare una simile complessità senza mutilarla? Aiutandosi con la macchina da presa è la proposta contenuta nel saggio
Insegnare il Novecento. Chiavi di lettura e casi studio con percorsi di storia e cinema di Carlo Felice Casula, appena pubblicato dall’Editoriale Anicia (pagine 336, pagine 22,00).

Il cinema, con la sua potenza evocativa, è uno strumento imprescindibile per narrare questo momento così intenso della storia umana. «È l’occhio sul e del Novecento: finestra su ciò che è accaduto ma anche specchio delle sue tensioni. Un film consente una sorta di “doppio tuffo nel passato”: lo spettatore si immerge nella storia raccontata ma anche in quella di quanti – perché è una colossale opera collettiva – la raccontano, nella prospettiva culturale loro e del loro tempo. Lo straordinario Bronte. Cronaca di un massacro di Florestano Vancini narra certo il Risorgimento. Ma anche il post Sessantotto, periodo in cui è stato realizzato, e potrebbe essere incluso in un ciclo di proiezioni sulla “contestazione”, a fianco di Fragole e sangue».

Partendo da questa convinzione, Casula, storico dell’Università di Roma Tre, propone un percorso per immagini – in movimento – per trasmettere la memoria del secolo appena trascorso. Un atto «necessario e doveroso per avere conoscenza e coscienza del tempo presente e anche per poter acquisire una matura e consapevole educazione alla cittadinanza planetaria, democratica e solidale», scrive.

Professore, quasi cent’anni fa David Wark Griffith, uno dei padri fondatori del cinema, aveva vaticinato la sostituzione dei
libri di storia con i film. Questo non si è avverato. I giovanissimi, però, conoscono molti fatti del passato più perché li hanno visti al cinema o alla tv che per averli studiati.
«È segno della potenza descrittivo-evocativa del cinema, in grado di toccare anche la parte emotiva dell’essere umano. Attraverso il film la conoscenza della storia avviene in modo quasi naturale: il pubblico interiorizza i fatti ma anche le varie interpretazioni di questi in modo inconsapevole e, per questo, più efficace».

È meglio il film di un documentario per raccontare la storia?

«La distinzione è più terminologica che sostanziale. Il film è sempre un documento per comprendere il periodo storico in cui è stato girato. E il documentario non è mai indipendente da quest’ultimo. Entrambi hanno una natura duplice: sono oggetto di indagine storica – in quanto prodotto di un’epoca e delle sue contraddizioni – e soggetto di trasmissione di conoscenza storica».

Perché il cinema è così rilevante per narrare
 proprio il Novecento?

«Per la complessità di questo secolo. Breve, secondo la fortunata definizione di Eric Hobsbawn, che lo fa iniziare nel primo dopoguerra e terminare con il crollo del Muro di Berlino. Eppure straordinariamente intenso. Prendiamo uno fra i più stridenti paradossi novecenteschi, quello fra guerra e pace. Il secolo appena trascorso ha assistito a due conflitti mondiali oltre a una pluralità di guerre diverse per tipo e gradi di ferocia. Eppure, al contempo, ha visto affermarsi l’idea di pace, non più utopia ma sensibilità diffusa, fondamento costituzionale e progetto concreto di un’organizzazione internazionale: prima la Società delle Nazioni, poi l’Onu. Lo stesso vale per l’antinomia tra libertà – sostanziata nel progressivo riconoscimento dei diritti umani, inclusi quelli sociali – e oppressione, fino all’estremo del totalitarismo».

Se dovesse raccontare queste antinomie attraverso il cinema, quali film sceglierebbe?
«Posto che un solo film non può racchiudere il Novecento in tutta la sua complessità, vi sono alcuni titoli in grado di penetrare le pieghe del secolo con particolare profondità. Penso a Tempi moderni di Charlie Chaplin eMetropolis di Fritz Lang. Alcune pellicole, inoltre, sono straordinarie “lezioni di storia” su alcuni grandi fatti che hanno segnato il secolo. Come La grande illusione di Jean Renoir, sulla Prima guerra mondiale, o Il trionfo della volontà di Leni Riefenstahl sul nazismo. Come raccontare in modo più efficace la Rivoluzione d’ottobre in Russia di Ejzenštejn in Ottobre? O rendere l’incubo di un’apocalisse nucleare meglio di Stanley Kubrick in Il dottor Stranamore? Ci sono, poi, dei film che, pur concentrandosi su un tema specifico, sono cartine di tornasole delle grandi inquietudini novecentesche. Ad esempio,
Bread and Roses di Ken Loach, in cui il racconto del sogno-incubo americano dell’indocumentada Maya affronta anche la questione della precarietà del lavoro, della migrazione, della lotta per la propria dignità e i propri diritti. Tutti nodi centrali degli ultimi decenni del secolo. Guardando fuori dagli Usa o dall’Europa, bisogna ricordare Le biciclette di Pechino di Wang Xiaoshuai, Invictus di Clint Eastwood, Vai e vivrai
di Radu Mihaileanu, City of God di Fernando Meirelles. Il filo rosso che unisce questi titoli è l’aprire una finestra sui nuovi protagonisti della contemporaneità, dalla Cina al Brasile, mostrandoci la complessità della storia in cui siamo immersi. Nello straordinario Train de vie,
sempre di Mihaileanu, infine, la Shoah viene presentata in chiave poeticosurreale. Il gruppo di ebrei in fuga dalla Romania e capaci di inscenare una finta deportazione è, però, una metafora straordinaria degli incubi che hanno marchiato il Novecento. Ma anche delle speranze di questo secolo e del nuovo millennio».

San Giovanni

San Giovanni


San Giovanni

Nome: San Giovanni
Titolo: Apostolo ed evangelista
Ricorrenza: 27 dicembre

Figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo il Minore, esercitava la professione del pescatore nel lago di Tiberiade, quando Gesù lo chiamò all’apostolato. 

Giovanni allora era nel fiore degli anni, purissimo, e per questa sua purità meritò singolari favori dal Signore; udita la voce di Dio, abbandonò le reti e assieme al fratello seguì Gesù. 

I due fratelli ricevettero il nome di figli del tuono per la loro impetuosità. 

Giovanni, assieme a Pietro e Giacomo. fu testimonio della trasfigurazione e, nell’ultima cena potè reclinare il capo sul petto adorabile del Salvatore. 

Fu poi vicino a Gesù non solo nel tempo della letizia, ma anche in quello del dolore: nell’orto del Getsemani, e unico degli Apostoli, sul Calvario. 

Ricevuto lo Spirito Santo nella Pentecoste, infiammato di ardente amore, annunziò il Vangelo ai Giudei, in compagnia del Principe degli Apostoli.

Fu messo in prigione, flagellato, ma tutto sopportò con allegrezza, contento di essere reputato degno di patire contumelie pel nome di Gesù Cristo. 

Passò la maggior parte dei suoi anni in Efeso in compagnia della Madonna: quivi fondò una fiorente comunità religiosa e governò le Chiese circonvicine. 

Chiamato da Domiziano, dovette recarsi a Roma, ove fu condannato alla immersione in mia caldaia di olio bollente. Il Santo però non ne ricevette alcun danno, anzi usci dal supplizio più vegeto di quanto vi era entrato. 

Allora gli fu commutata la pena di morte in quella dell’esilio nell’isola di Patmos, ove scrisse l’Apocalisse. Domiziano mori ed avendo Nerva, suo successore, annullato il di lui operato, Giovanni ritornò ad Efeso riprendendo il governo delle sue Chiese. 

Sorsero in quel tempo eresiarchi che spargevano dottrine false contro i dogmi della fede e specie contro la divinità di Gesù Cristo. 

Essendo l’unico Apostolo ancora vivente, fu pregato dai fedeli e vescovi di mettere per iscritto la dottrina che predicava: così scrisse il quarto Vangelo che suppone i primi tre e li completa. È il Vangelo della divinità di Cristo. 

Lasciò pure in dono alla Chiesa tre lettere canoniche, nelle quali trasfuse tutto l’amore di cui ardeva la sua grand’anima. 

Già cadente per gli anni, nè potendosi più reggere, si faceva portare in chiesa per predicare, ma non ripeteva che queste parole: « Figliuolini miei, amatevi l’un l’altro ». Stanchi di udire sempre lo stesso ritornello i fedeli gli fecero rimostranze; ma egli rispose: « È questo il gran precetto del Signore, fate questo e avrete fatto abbastanza ». 

Raggiunse l’età di 100 anni e fu l’unico fra gli Apostoli che non suggellò col sangue il suo apostolato. 

PRATICA. Impariamo ad amarci l’un l’altro secondo il precétto di Gesù.

PREGHIERA. O Apostolo prediletto, insegnateci ad amare Gesù, come voi lo amaste, insegnateci ad amar Maria colla purità della vita, colla dolcezza e l’affetto del cuore, di cui lasciaste si bell’esempio.

la Repubblica

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “La comica finale”

Pubblicato il 24 dicembre 2014 10:48 | Ultimo aggiornamento: 24 dicembre 2014 10:49

di Redazione Blitz

ROMA – “La comica finale” è il titolo dell’articolo a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano di mercoledì 24 dicembre:

L’unico pregio dell’ultimo messaggio di Napolitano al Csm è che è l’ultimo. Per il resto, è la solita imbarazzante accozzaglia di luoghi comuni, assurdità e bugie. Che non hanno neppure il carattere dell’originalità, visto che sono copiate paro paro dai moniti precedenti (chi glieli scrive ricicla quelli vecchi, confidando nel fatto che lui non se ne accorga). Ma le menzogne si possono ripetere mille volte, senza diventare verità. Pagato il pedaggio all’ovvio – la denuncia “della corruzione e della criminalità organizzata emerse anche in questi giorni” – l’anziano monarca riattacca con la tiritera cerchiobottista dei “comportamenti impropriamente protagonistici e iniziative di dubbia sostenibilità assunte da magistrati della pubblica accusa”.

Come se papa Francesco, denunciando i 15 peccati della Curia, avesse aggiunto: “Però deve pentirsi anche chi li ha scoperti”. Un tempo certe corbellerie erano esclusiva dei Craxi e dei B., e tutti le trattavano per quel che erano: balle sesquipedali di plurimputati disperati. Poi cominciò a dirle Lui, e tutti si misero sull’attenti. Ma sempre balle restano. Cosa ci sarebbe di “improprio” e “insostenibile” nella decisione della Corte d’Assise di Palermo (non dei soli pm) di sentirlo come teste sulla trattativa, visto che lui ha parlato per tre ore e passa? E cosa sarebbe, di preciso, il “protagonismo”? E chi sarebbero i pm “protagonisti” ? Se sono quelli che finiscono sui giornali perché indagano su imputati famosi e potenti, i rimedi possibili sono solo due: o si dà licenza di delinquere ai potenti e ai famosi, o si vieta ai giornali di parlare delle relative indagini. Quale sceglie Sua Maestà? Se invece i protagonisti sono i pm che parlano, i rimedi possibili sono altri due: o si sospende l’art. 21 della Costituzione solo per loro, oppure si vieta ai mass media di intervistarli. Quale sceglie Sua Altezza? C’è poi il caso di magistrati che anticipino le sentenze o violino il segreto sulle indagini, ma questi sono reati e anche infrazioni deontologiche che spetta al Csm sanzionare: se il Csm non l’ha fatto, il suo presidente Napolitano dovrebbe scusarsi e spiegare il perché.

Ridicolo poi l’invito a “superare gli elementi di disordine e di tensione nella vita di talune Procure”. Quando il Csm si accingeva a punire Bruti Liberati, primo responsabile del caos nella Procura di Milano per aver disatteso, pur di estromettere l’aggiunto Robledo, le regole che lui stesso aveva dato al suo ufficio, fu proprio il Quirinale a bloccarlo, costringendo l’apposita commissione a sbianchettare ogni censura alla sua condotta. E altro disordine sta per esplodere alla Procura di Palermo, dove il veto imposto a luglio dal Colle al voto del vecchio Csm su Lo Forte ha portato alla nomina del nuovo procuratore Lo Voi, senz’alcun requisito e in barba alle regole che lo stesso Csm s’è dato. Quindi di quale disordine va cianciando il Presidente? Addirittura comico, infine, l’attacco alle “logiche di appartenenza correntizia”.

Fu proprio Napolitano a teorizzarle, quando giustificò lo stop al voto su Lo Forte – fatto mai accaduto prima – con la necessità di attendere (e solo per Palermo, non per altri uffici “scoperti”) l’elezione del nuovo Csm per “evitare scelte riferibili a una composizione del Csm diversa da quella del Consiglio che sta per insediarsi”: cioè legò la nomina del nuovo procuratore ai nuovi equilibri correntizi, che sperava avrebbero favorito il suo pupillo Lo Voi. E ora proprio Re Giorgio viene a menarcela con le logiche correntizie? Ma per favore, un po’ di pudore. E perché non dice nulla sulle logiche partitocratiche che hanno portato tutti i membri laici cioè politici (i Nazareni) a schierarsi per il candidato meno titolato? E perché, se ce l’ha tanto con le correnti, ha firmato due volte la nomina a sottosegretario alla Giustizia (dei governi Letta e Renzi) del leader della corrente di Magistratura Indipendente Cosimo Ferri, che dal ministero ha continuato a fare campagna per i suoi cocchi al Csm? (…)