Archivi giornalieri: 1 dicembre 2012

Reddito minimo garantito

 

 

Dopo la “settimana per il reddito” si continua a firmare in tutta Italia per il reddito minimo garantito.

Con oltre 70 iniziative in tutta Italia si è caratterizzata la “settimana per il reddito garantito”. 7 giorni dal 15 al 21 ottobre in cui dal sud al nord del paese si sono organizzati dibattiti, presentazioni di libri, incontri, flashmob, approfondimenti, banchetti per la raccolta firme, cene sociali, azioni comunicative e tante altre idee che hanno dato vita ad una fantastica mobilitazione in forma autonoma ed indipendente (http://www.redditogarantito.it/settimana-rmg-appuntamenti/). A tal proposito vi consigliamo di fare un giro sul web per cercare le tantissime foto che riprendono i tanti momenti di questa “settimana” perché tantissime iniziative non sono neanche contate tra le 70 che abbiamo raccolto!

La “settimana per il reddito garantito” è stata un’idea promossa per dare ancora più forza ed energia alla campagna per la proposta di legge popolare per un reddito minimo garantito in Italia. La risposta è stata un urlo che ha attraversato l’Italia e che ha saputo portare per le strade, le piazze, i mercati, i luoghi di socialità come mai prima d’ora, il tema del diritto ad un reddito garantito. Una presa di parola forte che sta caratterizzando questa campagna popolare per un nuovo diritto sociale e che nel raccogliere le firme ha trovato una pratica vecchia come il tempo ma necessaria come non mai: parlare tra le persone di un nuovo diritto come il reddito garantito. Ed è questa già una grande vittoria per tutti coloro che si sono e si stanno mobilitando per far si che la raccolta firme arrivi al fatidico obiettivo delle 50mila. Una vittoria per tutti coloro che si sono mobilitati e che hanno saputo portare un tema cosi importante ed urgente per il nostro paese tra le strade delle città, confrontandosi con chi non era d’accordo, simpatizzando e trovando nuove energie per coloro che dicevano “finalmente!”, guardando con curiosità ed attenzione coloro i quali spiegavano quanto “sarebbe necessario” un reddito garantito e di quanto la crisi morde la vita delle persone. “Sono una pensionata, mio figlio è disoccupato e mia nipote precaria, non posso lasciare nessuna eredità, ma metto la firma per il reddito garantito, cosi lascio loro un diritto nuovo!” In questa frase, raccolta al banchetto per le firme a Roma nel popolare quartiere di Casalbruciato, c’è la sintesi che racconta meglio a quante persone questa campagna ha parlato e sta parlando. Per questo non dobbiamo smettere, anzi dobbiamo rilanciare.

Dalla metà di giugno ad oggi sono state centinaia le iniziative promosse in tutta Italia ed ancora altre sono in procinto di essere realizzate (http://www.redditogarantito.it/#!/dove-firmare) e tanti i luoghi fissi dove poter firmare. Ad oggi sono 106 le adesioni collettive di associazioni, reti e movimenti, e in molti continuano ad aderire; 66 le adesioni di partiti e sedi sindacali, più di 40 le adesioni a firma singola di personalità della cultura, della politica, della società civile  tra le quali proprio nei giorni della “settimana per il reddito” quella di Stefano Rodotà che in una nota dice di aderire alla campagna per un reddito minimo garantito perché “ un tassello essenziale nella costruzione di una agenda politica ne reticente ne demagogica (http://www.redditogarantito.it/#!/adesioni).
Di fronte a noi abbiamo ancora qualche settimana per raccogliere le firme per il reddito minimo garantito ed è necessario dare continuità a questa straordinaria esperienza fino alla chiusura della campagna che sarà i primi di dicembre prossimo.
Non ce la sentiamo di dire “un ultimo sforzo ” ma al contrario crediamo che di questa esperienza possiamo e vogliamo dire: “sarà un piacere”! Perché la campagna non finirà con la consegna delle fatidiche 50mila firme, ma sarà importante continuare con quella pratica usata in questi mesi: parlare nelle strade, nelle piazze, nei luoghi di socialità con le persone, i precari/le precarie, le donne, gli uomini, i giovani, i disoccupati. Starà nel comunicare la necessità di questo diritto e la potenzialità che il reddito garantito potrà determinare per la vita delle persone, permettendo a coloro che vivono in questo paese di riappropriarsi di un nuovo tempo di vita.

Dunque avanti fino alle 50mila firme. Se saranno di più, avremo ancora più ragioni da urlare!

 

Dal 15 al 21 ottobre…una settimana per il reddito garantito!

Nel giugno scorso un’ampia coalizione di associazioni, reti sociali, partiti, movimenti, comitati, collettivi ha lanciato la campagna per un reddito minimo garantito in Italia. Una campagna nata intorno ad una proposta di legge di iniziativa popolare che intende istituire anche nel nostro Paese una garanzia per il reddito per coloro che sono precari, disoccupati e inoccupati, oggi soprattutto giovani, donne e Working Poor.

Una campagna che vuole rilanciare quelle fondamenta di un modello sociale europeo che le politiche neoliberiste hanno minato, per un Welfare universale che garantisca misure di sostegno alle persone, per rilanciare politiche di redistribuzione delle ricchezze e mettere al centro del dibattito politico le garanzie, i diritti, le libertà di scelta delle persone.

La proposta di legge di iniziativa popolare per il reddito minimo garantito in Italia lanciata a giugno (e che continua a raccogliere adesioni e sostegno) terminerà a dicembre: l’obiettivo minimo è raggiungere almeno 50 mila, ma si può fare di più! Raccogliere migliaia e migliaia di firme significa dare un segnale politico e sociale importantissimo, sia alla società che alla politica italiana. Ma non solo: questa campagna rende possibile l’opportunità di discutere di reddito e diritti, di parlare alla società, nelle strade, piazze, università, luoghi di lavoro, con i giovani, le donne, i precari, gli studenti. In poche parole, una grande opportunità di comunicazione e iniziativa sociale che dia maggior forza ad una nuova stagione di diritti a partire dal reddito garantito.

Per questo, oltre le tante iniziative già realizzate durante questi mesi e promosse dai partecipanti alla campagna, riteniamo importante proporre la realizzazione di un evento comune: “LA SETTIMANA PER IL REDDITO GARANTITO” dal 15 al 21 ottobre. Una settimana comune, per tutti coloro che partecipano o vogliono partecipare alla campagna e alla raccolta firme, in cui realizzare:

concerti, dibattiti, spettacoli teatrali, volantinaggi, reading, presentazioni di libri, seminari, dance hall, cineforum, performance e quant’altro possa essere utile a comunicare, approfondire, rendere visibile il tema del reddito garantito nei mercati rionali, nelle sedi delle associazioni, nelle piazze delle città, librerie, centri sociali, fuori i supermercati, i posti di lavoro, le università, i luoghi di ritrovo.

Una SETTIMANA PER IL REDDITO GARANTITO dove tutti insieme, a carattere locale ed in forma autonoma, si dia vita ad una grande comunicazione sociale, si raccolgano migliaia di firme, si dia corpo alla fantasia e alla creatività,  si costruisca un grande evento comunicativo in cui il tema del reddito garantito attraversi la penisola. Si possono realizzare iniziative per la settimana intera o anche solo un giorno, l’importante è che in quella settimana in ogni dove si parli di reddito, Welfare, diritti e si raccolgano firme.

Proponiamo dunque di dare vita ad una settimana di iniziative nella vostra città, di comunicarne il programma a redditominimogarantito@sxmail.it  cosi che tutte le iniziative raccolte possano essere visibili attraverso il sito ufficiale della campagnawww.redditogarantito.it . Inoltre, vi chiediamo di fare foto e video delle iniziative da pubblicare e far circolare in rete.

www.redditogarantito.it

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Una serie di associazioni, movimenti, realtà sociali, comitati sta lanciando una campagna per la proposta di una legge di iniziativa popolare sul reddito minimo garantito in Italia che avrà come termine dicembre 2012.

E’ arrivato il momento, non più rinviabile, affinché una proposta di legge sul reddito minimo garantito venga inserita nell’agenda politica di questo paese. I numeri che ogni giorno vengono presentati dagli enti di statistica e di ricerca raccontano di un paese sull’orlo del disastro sociale, un defalut sociale che sta dimostrando con sempre maggiore chiarezza la necessità di una nuova politica redistributiva e l’importanza, cosi come definito in molti testi e risoluzioni europee, della misura del reddito minimo garantito. E’ necessario definire, prima di tutto per il riconoscimento della dignità umana, una base economica sotto la quale nessuno deve più stare! Il reddito minimo garantito non è più rinviabile!

Il reddito minimo garantito è un argine contro la ricattabilità, il lavoro nero, il lavoro sottopagato e la negazione delle professionalità e della formazione acquisita. Significa in buona sostanza non vendersi sul mercato del lavoro alle peggiori condizioni possibili. Da argine può diventare un paradigma per la costruzione di un welfare che includa e promuova, garantisca autonomia e libertà di scelta. Siamo tra i pochissimi Paesi europei – oltre a noi solo la Grecia – a non avere alcuna forma di tutela di ultima istanza. Siamo persino inadempienti rispetto all’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

E’ necessario dare vita ad una ampia coalizione che faccia propria la campagna e che si costruiscano in tutto il paese iniziative, dibattiti, momenti di comunicazione ed informazione, adesioni e soprattutto firme che permettano, da qui a dicembre 2012, la presa di parola di decine di migliaia di persone che pongano il tema del reddito minimo garantito come uno dei temi principali per la fuoriuscita dalla crisi.

E’ necessario per questo che le adesioni aumentino, che nascano comitati per il reddito minimo garantito, che le forze sociali, politiche, sindacali prendano posizione e si attivino affinché questa campagna diventi uno dei pilastri non solo dell’iniziativa pubblica ma che ponga con forza su quali pilastri si debba fondare il contrasto alla crisi sociale che milioni di persone subiscono. Il reddito garantito è uno di questi pilastri!

Fino a dicembre 2012 sul sito si raccoglieranno le adesioni, le idee, le iniziative, i luoghi in cui poter firmare. Il sito ospita già la proposta di legge ed i materiali utili alla raccolta delle firme, verrà inoltre implementato durante tutta la campagna sperando che siano moltissime le informazioni da inserire, dalle iniziative nei territori, ai luoghi dove raccogliere le firme e alle adesioni che potranno pervenire fino alla fine della campagna.

Vi chiediamo pertanto di aderire, sostenere, diffondere, promuovere con la vostra associazione, comitato, realtà sociale, la campagna per un reddito minimo garantito in Italia. Di costruire e promuovere iniziative, dibattiti, banchetti, raccolta firme, feste, concerti per rendere questa campagna più partecipata e ricca possibile. Tutte le iniziative saranno pubblicate.

Se ritenete utile ed importante partecipare inviate il nome esatto del vostro Comitato, associazione, movimento, rete etc. a redditominimogarantito@sxmail.itcosì da inserirlo tra i sostenitori e aderenti della campagna.

Ps: Questa iniziativa (che riguarda l’Italia) per una legge nazionale sul reddito minimo garantito potrebbe inserirsi in aggiunta ad un’altra campagna che a partire dall’autunno prossimo vedrà la possibilità di raccogliere le firme per una misura di reddito di base a carattere europeo di cui vi daremo notizia nei prossimi mesi.

Contratti Nazionali

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Archivio Nazionale dei contratti collettivi di lavoro

La legge 30 dicembre 1986 n. 936 ha istituito presso il CNEL l’Archivio nazionale dei contratti collettivi di lavoro. L’Archivio è gestito dal II Ufficio di supporto agli Organi collegiali sulla base delle direttive della Commissione speciale ex art.16 della legge 936 del 1986.
L’Archivio, che raccoglie gli atti di contrattazione collettiva a livello nazionale nei settori privato e pubblico, gli Accordi fra Governo e Parti Sociali, gli Accordi interconfederali e i Contratti Collettivi Nazionali Quadro, ha subìto nel tempo adeguamenti che riflettono i mutamenti intervenuti negli assetti della contrattazione collettiva. 

L‘Accordo 23 luglio 1993, superando il sistema degli adeguamenti salariali automatici, aveva fissato in quattro anni la durata dei contratti e previsto una sessione intermedia ogni 2 anni per il rinnovo della parte economica.
Più recentemente, altri accordi fra Governo e Parti sociali hanno ridefinito il modello di contrattazione sia di primo che di secondo livello. Con l’Accordo 22 gennaio 2009, esteso al pubblico impiego con l’Accordo 30 aprile 2009, la vigenza dei contratti collettivi nazionali è stata portata a tre anni sia per la parte normativa che per quella economica, e sono state introdotte nuove regole per il calcolo degli adeguamenti retributivi in relazione all’andamento delle dinamiche inflazionistiche.

La sezione dell’Archivio denominata “Contrattazione nazionale – settori pubblico e privato” raccoglie i contratti collettivi nazionali vigenti nel settore pubblico e nel settore privato, sottoscritti secondo le regole dell’Accordo 23 luglio 1993.
Nella sezione, continuano ad essere raccolti i contratti collettivi nazionali vigenti nelsettore privato sottoscritti secondo le regole dell’Accordo 22 gennaio 2009.

Al rinnovo, i contratti collettivi nazionali di questa sezione confluiscono nell’ “Archivio storico”.
Il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici è stato recentemente oggetto di intervento da parte del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (di attuazione della legge delega 4 marzo 2009, n. 15),che modifica parte del d.lgs. 165/2001.

Per quanto riguarda i contratti collettivi, la nuova disciplina ha introdotto per le Pubbliche Amministrazioni l’obbligo di trasmettere al CNEL i contratti sottoscritti a livello nazionale e decentrato (co. 5 dell’art. 40 bis del d.lgs. 165/2001).

Il comma 7 dell’art. 40-bis del decreto legislativo 165/2001 stabilisce le sanzioni a carico delle amministrazioni in caso di mancato adempimento delle prescrizioni indicate nello stesso art. 40-bis.

La sezione dell’Archivio denominata “Contratti nazionali e integrativi del settore pubblico” cura la raccolta sistematica dei contratti collettivi sottoscritti secondo le regole dell’Accordo 30.4.2009 e/o trasmessi al CNEL ai sensi della citata normativa, classificandoli secondo il nuovo assetto dei comparti di contrattazione scaturito dall’applicazione del nuovo co. 2, art. 40.

 

Informazioni sui testi dei contratti possono essere rivolte all’Ufficio esclusivamente a mezzo di posta elettronica, al seguente indirizzo: archiviocontratti@cnel.it. L’Ufficio è aperto al pubblico solo su appuntamento.
Per trasmettere i contratti collettivi nazionali e integrativi delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 55 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, occorre utilizzare l’indirizzo trasmissionecontratti@cnel.it
Per il deposito dei contratti collettivi nazionali del settore privato, previsto dall’art. 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936, occorre utilizzare l’indirizzoarchiviocontratti@cnel.it
 
 

I contratti devono essere trasmessi in formato compresso (.zip), il cui file devenecessariamente contenere sia il file in formato pdf che in formato testo (.doc)

L’Onu dice sì alla Palestina come Stato osservatore

 

All’Assemblea generale 138 Paesi su 193 votano a favore 

L’Onu dice sì alla Palestina
come Stato osservatore

New York, 30. La Palestina è diventata uno Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite. Lo ha deciso ieri l’Assemblea generale dell’Onu con un ampio consenso: favorevoli 138 Paesi su 193. Nove i Paesi contrari, 41 gli astenuti. “Crediamo nella pace e il voto è l’ultima chance per salvare la soluzione dei due Stati” ha dichiarato il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, leader di Al Fatah. Per il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, “il voto sottolinea l’urgenza di una ripresa dei negoziati di pace” tra israeliani e palestinesi. “Credo che i palestinesi abbiano diritto a uno Stato indipendente, e che Israele abbia diritto a vivere in pace e sicurezza con i propri vicini” ha aggiunto il segretario. In seguito alla votazione l’Autorità palestinese avrà accesso al sistema delle agenzie delle Nazioni Unite e ai tribunali internazionali, tra cui in particolare la Corte Internazionale di Giustizia. La notizia dell’esito del voto è stata accolta con festa in varie città dei Territori palestinesi, tra cui Ramallah. Anche Hamas ha espresso soddisfazione.



(©L’Osservatore Romano 1º dicembre 2012)

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Dichiarazione della Santa Sede

Oggi l’Assemblea Generale ha approvato a maggioranza la Risoluzione con cui la Palestina è diventata Stato Osservatore non membro delle Nazioni Unite.

     1. La Santa Sede ha seguito direttamente e con partecipazione i passi che hanno condotto a questa importante decisione, sforzandosi di rimanere al di sopra delle parti e di agire in linea con la propria natura religiosa e la missione universale che la caratterizza, nonché in considerazione della sua attenzione specifica alla dimensione etica delle problematiche internazionali.
     2. La Santa Sede ritiene inoltre che la votazione odierna debba essere inquadrata nei tentativi di dare una soluzione definitiva, con il sostegno della comunità internazionale, alla questione già affrontata con la Risoluzione 181 del 29 novembre 1947 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tale documento pose la base giuridica per l’esistenza di due Stati, uno dei quali non è stato costituito nei successivi sessantacinque anni, mentre l’altro ha già visto la luce.
     3. Il 15 maggio 2009, partendo dall’aeroporto internazionale di Tel Aviv, al termine del Suo pellegrinaggio in Terra Santa, il Sommo Pontefice Benedetto XVI si espresse come segue: Non più spargimento di sangue! Non più scontri! Non più terrorismo! Non più guerra! Rompiamo invece il circolo vizioso della violenza. Possa instaurarsi una pace duratura basata sulla giustizia, vi sia vera riconciliazione e risanamento. Sia universalmente riconosciuto che lo Stato di Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il Popolo palestinese ha il diritto a una patria indipendente sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente. Che la “two-state solution” (la soluzione di due Stati) divenga realtà e non rimanga un sogno.
     4. Sulla scia di tale appello, l’Ecc.mo Segretario per i Rapporti con gli Stati, Mons. Dominique Mamberti, intervenendo davanti all’Assemblea Generale del 2011, ha auspicato che gli Organi competenti delle Nazioni Unite adottassero una decisione che aiutasse a dare concreta attuazione a detto obiettivo.
     5. La votazione odierna manifesta il sentire della maggioranza della comunità internazionale e riconosce una presenza più significativa ai Palestinesi in seno alle Nazioni Unite. In pari tempo, è convinzione della Santa Sede che tale risultato non costituisca, di per sé, una soluzione sufficiente ai problemi esistenti nella Regione: ad essi, infatti, si potrà rispondere adeguatamente solo impegnandosi effettivamente a costruire la pace e la stabilità nella giustizia e nel rispetto delle legittime aspirazioni, tanto degli Israeliani quanto dei Palestinesi. 
     6. Perciò la Santa Sede, a più riprese, ha invitato i responsabili dei due Popoli a riprendere i negoziati in buona fede e ad evitare di compiere azioni o di porre condizioni che contraddicano le dichiarazioni di buona volontà e la sincera ricerca di soluzioni che divengano fondamenta sicure di una pace duratura. Inoltre, la Santa Sede ha rivolto un pressante appello alla Comunità internazionale ad accrescere il proprio impegno e ad incentivare la propria creatività, per adottare adeguate iniziative che aiutino a raggiungere una pace duratura, nel rispetto dei diritti degli Israeliani e dei Palestinesi. La pace ha bisogno di decisioni coraggiose!
     7. Considerato l’esito della votazione odierna all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e per incoraggiare la comunità internazionale, ed in particolare le Parti più direttamente interessate, ad un’azione incisiva in vista dei succitati obiettivi – la Santa Sede accoglie con favore la decisione dell’Assemblea Generale, con la quale la Palestina è diventata Stato Osservatore non membro delle Nazioni Unite. L’occasione è propizia per ricordare anche la posizione comune che la Santa Sede e l’OLP hanno espresso nel loro Basic Agreement del 15 febbraio 2000, volta a sostenere il riconoscimento di uno statuto speciale internazionalmente garantito per la città di Gerusalemme, ai fini in particolare di preservare la libertà di religione e di coscienza, l’identità e il carattere di Gerusalemme quale Città Santa, e il rispetto e l’accesso ai Luoghi Santi situati in essa.



(©L’Osservatore Romano 1º dicembre 2012)

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Benedetto XVI a vescovi francesi 

L’ignoranza della fede

L’ignoranza del contenuto della fede è uno dei problemi più gravi della nostra epoca e costituisce un ostacolo per la missione della Chiesa. Il Papa, parlando al terzo e ultimo gruppo di vescovi francesi in visita “ad limina” – ricevuti questa mattina venerdì 30 – ha voluto essere ancora più preciso specificando che questa ignoranza riguarda innanzitutto la non conoscenza della persona di Gesù Cristo e il valore sublime e universale dei suoi insegnamenti.
Un problema che riguarda molti uomini e donne “compresi alcuni fedeli cattolici”. Per questo motivo, ha aggiunto Benedetto XVI, la nuova evangelizzazione “si presenta come un’urgenza particolare”. Soprattutto perché questa sorta di duplice ignoranza “provoca nelle nuove generazioni l’incapacità di comprendere la storia” e di sentirsi eredi di una tradizione, quella cristiana, che “ha modellato la vita, la società, l’arte e la cultura europee”. Ma la situazione è tale che se si vogliono raggiungere i frutti sperati nella nuova missione evangelizzatrice sarà necessario coinvolgere a fondo le comunità e le parrocchie. E puntare soprattutto sull’educazione dei giovani. “La Chiesa in Europa e in Francia – ha detto in sostanza il Papa – non può restare indifferente dinanzi alla diminuzione delle vocazioni e delle ordinazioni sacerdotali, e neppure degli altri tipi di chiamate che Dio suscita nella Chiesa. È urgente mobilitare tutte le energie disponibili, affinché i giovani possano ascoltare la voce del Signore”. Di fondamentale importanza in questo contesto sono gli istituti d’istruzione cattolici, poiché “sono al primo posto nel grande dialogo tra fede e cultura”.



(©L’Osservatore Romano 1º dicembre 2012)

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Nel messaggio al Patriarca Bartolomeo I per la festa di Sant’Andrea
il Papa rilancia l’urgenza della piena comunione 

Per essere artefici
di una grande speranza


Nel quadro del tradizionale scambio di Delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei santi apostoli Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di sant’Andrea apostolo, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, guida quest’anno la delegazione della Santa Sede per la festa del Patriarcato Ecumenico. Il porporato è accompagnato dal vescovo Brian Farrell, segretario del dicastero, e da monsignor Andrea Palmieri, sottosegretario. A Istanbul, si è unito alla delegazione il nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Antonio Lucibello. La delegazione della Santa Sede ha preso parte alla solenne divina liturgia presieduta da Sua Santità Bartolomeo I nella chiesa patriarcale del Fanar, e ha avuto un incontro con il Patriarca e conversazioni con la commissione sinodale incaricata delle relazioni con la Chiesa cattolica. Il cardinale Koch ha consegnato al Patriarca Ecumenico un messaggio autografo del Santo Padre – di cui ha dato pubblica lettura alla conclusione della divina liturgia – accompagnato da un dono. Il porporato ha inoltre incontrato i rappresentanti della comunità cattolica locale e si è intrattenuto in una conversazione con il comitato ecumenico del Vicariato apostolico della Chiesa cattolica d’Istanbul.

 

A Sua Santità BARTOLOMEO I
Arcivescovo di Costantinopoli
Patriarca Ecumenico

 

“Che il Cristo abiti per la fede
nei vostri cuori” (Ef 3, 17)

Animato da sentimenti di gioia profonda e di vicinanza fraterna, vorrei oggi fare mio questo auspicio, che san Paolo rivolge alla comunità cristiana di Efeso, per formularlo a lei, Santità, ai membri del Santo Sinodo, al clero e a tutti i fedeli, riuniti in questo giorno di festa per celebrare la grande solennità di sant’Andrea. Seguendo l’esempio dell’Apostolo, anche io, in quanto vostro fratello nella fede, “piego le ginocchia davanti al Padre” (Ef 3, 14), per chiedere che vi conceda “di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito” (Ef 3, 16) e di “conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza” (Ef 3, 19).
Lo scambio di Delegazioni tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli, che si rinnova ogni anno in occasione delle rispettive feste patronali di sant’Andrea al Fanar e dei santi Pietro e Paolo a Roma, testimonia in modo concreto il legame di vicinanza fraterna che ci unisce. È una comunione profonda e reale, sebbene ancora imperfetta, che si fonda non su ragioni umane di cortesia e di convenienza, ma sulla fede comune nel Signore Gesù Cristo, il cui Vangelo di salvezza ci è pervenuto grazie alla predicazione e alla testimonianza degli apostoli, suggellato dal sangue del martirio. Potendo contare su questo solido fondamento, possiamo procedere insieme con fiducia nel cammino che conduce verso il ripristino della piena comunione. In questo cammino, grazie anche al sostegno assiduo e attivo di Vostra Santità, abbiamo compiuto tanti progressi, per i quali le sono molto riconoscente. Anche se la strada da percorrere può sembrare ancora lunga e difficile, la nostra intenzione di proseguire in questa direzione resta immutata, confortati dalla preghiera che nostro Signore Gesù Cristo ha rivolto al Padre: “siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda” (Gv 17, 21).
Santità, in questo momento desidero rinnovarle l’espressione della mia viva riconoscenza per le parole pronunciate al termine della celebrazione per il cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II e per l’apertura dell’Anno della fede, che si è tenuta a Roma a ottobre, parole mediante le quali lei ha saputo farsi interprete dei sentimenti di tutti i presenti. Conservo vivi ricordi della sua visita a Roma in quella circostanza, durante la quale abbiamo avuto l’opportunità di rinnovare i vincoli della nostra sincera e autentica amicizia. Questa amicizia sincera che è nata tra di noi, con una grande visione comune delle responsabilità alle quali siamo chiamati come cristiani e come pastori del gregge che Dio ci ha affidato, è motivo di grande speranza affinché si sviluppi una collaborazione sempre più intensa, nel compito urgente di rendere, con rinnovato vigore, testimonianza del messaggio evangelico al mondo contemporaneo.
Ringrazio inoltre di tutto cuore lei, Santità, e il Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico per aver voluto inviare un delegato fraterno affinché partecipasse all’Assemblea ordinaria generale del Sinodo de vescovi sul tema: “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. La sfida più urgente, sulla quale ci siamo sempre trovati in totale accordo con Vostra Santità, è oggi quella di come far giungere l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio all’uomo del nostro tempo, così spesso distratto, più o meno incapace di una riflessione profonda sul senso stesso della sua esistenza, preso come tale a partire da progetti e da utopie che non possono che deluderlo. La Chiesa non ha altro messaggio oltre al “Vangelo di Dio” (Rm 1, 1) e non ha altro metodo oltre all’annuncio apostolico, sostenuto e garantito dalla testimonianza di santità della vita dei pastori e del popolo di Dio. Il Signore Gesù ci ha detto che “la messe è molta” (Lc 10, 2), e non possiamo accettare che vada perduta a causa delle nostre debolezze e delle nostre divisioni. 
Santità, nella Divina liturgia odierna che avete celebrato in onore di sant’Andrea, patrono del Patriarcato ecumenico, avete pregato “per la pace nel mondo intero, per la prosperità delle sante Chiese di Dio e per l’unione di tutti”. Con tutti i fratelli e le sorelle cattolici, mi unisco alla vostra preghiera. La piena comunione alla quale aspiriamo, è un dono che viene da Dio. A Lui, “che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi” (Ef 3, 20), rivolgiamo con fiducia la nostra supplica, per intercessione di sant’Andrea e di san Pietro, suo fratello.
Con questi sentimenti di sincero affetto in Cristo Signore, rinnovo i miei cordiali auguri e scambio con lei, Santità, un abbraccio fraterno.
Dal Vaticano, 23 novembre 2012

 



(©L’Osservatore Romano 1º dicembre 2012)

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Un’analisi antropologica di Franco La Cecla e Piero Zanini 

Il conflitto fra 
diritti umani e morale quotidiana


di Lucetta Scaraffia

Perché in molte parti del mondo è così difficile applicare i diritti umani? Il piccolo ma denso libro di Franco La Cecla e Piero Zanini (Una morale per la vita di tutti i giorni, Milano, Eléuthera, 2012, pagine 120, euro 10) cerca una risposta nell’antropologia. Stare insieme postula infatti regole comuni che fanno parte di una cultura, e non è così semplice modificarle. 
L’etica quotidiana è un sistema in equilibrio dinamico, basato su cose non dette e non scritte, ma condivise. Ovviamente, uscendo dal perimetro della condivisione, ci si perde perché si entra nel mondo delle regole altrui.Ed è nello scontrarsi con un’altra cultura che le regole diventano leggi o diritti, che talvolta hanno pretese universali. Per cui, scrivono gli autori, “è nell’articolazione tra la morale di tutti i giorni e una morale che pretende di essere universale che sta il futuro della tolleranza”. Una tolleranza che deve anche essere capace, però, di non scambiare le culture per sistemi morali, tendenza che si ripresenta spesso nella pratica del multiculturalismo. Per evitare che questo accada bisogna distinguere fra la forma morale elaborata dalle democrazie e dalla tradizione dei diritti umani, e le forme culturali che può prendere lo stare insieme. 
È ovvio che la questione principale che pone l’esistenza di una morale quotidiana è il suo rapporto con quella che oggi si presenta come l’unica legge universale, cioè i diritti umani, che sono il prodotto “di un’unica civiltà, la nostra”. È quindi necessario capire cosa c’è in mezzo a questi due livelli, quello locale e quello globale, che impedisce la comunicazione. Perché la mente locale si forma in dialogo costante tra posti e persone, mentre i diritti umani sono concetti astratti con pretesa di universalità. Sono in sostanza la versione moderna delle religioni universali che hanno sempre cercato di essere superiori ai contesti locali. Ma le religioni, ricordano gli autori, hanno sviluppato un’antropologia dell’umano che fa da riferimento alla loro pretesa di universalità, e che manca invece ai diritti, vaghi e disincarnati. I diritti umani, infatti, “scarnificano” il soggetto, perché ogni definizione specifica rischierebbe di imprigionarlo in un contesto, facendogli perdere la pretesa di universalità. È un’impostazione molto interessante, capace di suscitare utili riflessioni. 
Rimane però un po’ irrisolto nel libro il rapporto fra morale e cultura, e le differenze fra la “religione” dei diritti umani e una religione universale come il cristianesimo sarebbero da scandagliare maggiormente. Gli autori si muovono con la totale certezza che il nostro sia ormai un mondo secolarizzato: forse non è solo così, forse non sarà solo così.



(©L’Osservatore Romano 1º dicembre 2012)

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Una fede che ha conosciuto l’esclusione e il martirio oggi divenuta elemento di unione 

Il cattolicesimo alla radice
dell’identità inglese


di Mark Langham
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani
e
Justin Bedford
Vice capomissione dell’Ambasciata britannica presso la Santa Sede

Nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, non distante dalla basilica di San Pietro, è conservata un’immagine della “Madonna di Ina”, dono di un re d’Inghilterra dell’ottavo secolo, il quale fondò un ostello sassone, antenato dell’ospizio inglese a Roma, che quest’anno celebra il suo 650° anniversario.L’immagine è un’antica testimonianza di una tradizione cattolica inglese, che poi nel medioevo sarebbe sbocciata nell’arte, nella letteratura e nella musica, caratterizzando il panorama intellettuale e geografico dell’Inghilterra con cattedrali, università e abbazie, e collegandolo saldamente alle tradizioni della Chiesa d’occidente. Un’altra immagine a Roma, nella chiesa di San Tommaso di Canterbury in via di Monserrato, mostra studenti sacerdoti che vengono torturati e giustiziati per la loro fede cattolica. Non viene risparmiato nessun dettaglio, ma se dovesse sorgere qualche dubbio, nell’immagine sono annotati nomi, date e metodi di esecuzione. È questo l’altro aspetto della tradizione cattolica inglese: esclusione, persecuzione e, infine, martirio. È in questi due mondi che si è formato il cattolicesimo inglese: radicato profondamente nella devozione cattolica e nel senso di unità con l’antica fede del Paese, e sentendosi allo stesso tempo al margine, non accettato, non veramente inglese. Nello scomodo scenario tra queste due realtà, il cattolicesimo inglese ha faticato a trovare la propria identità. Il trauma che i cattolici inglesi devono affrontare è il modo in cui una nazione, talmente impregnata della fede cattolica da essere conosciuta, nel medioevo, come “dote di Maria”, nello spazio di una generazione si sia rivoltata contro la Chiesa antica, abbattendone le immagini, mettendone al bando la liturgia e negando il suo essere inglese. A lungo caricaturato come “missione italiana presso gli irlandesi”, negli ultimi anni il cattolicesimo si è arricchito grazie all’immigrazione dall’Europa dell’est, dall’Africa e dall’Asia, con numeri in crescita e persone che professano con orgoglio la propria fede, senza il peso della complessa storia del cattolicesimo in questo Paese. Attualmente il cattolicesimo inglese ha un carattere internazionale e una portata universale da far invidia alle altre comunità cristiane. E, poco a poco, il cattolicesimo ha assunto il proprio posto al centro della nazione. L’epocale visita della regina Elisabetta ii alla cattedrale di Westminster nel 1995 è stata, secondo il cardinale Basil Hume, la guarigione di un sentimento di esclusione durato quattrocento anni. Le visite dei pontefici Giovanni Paolo e Benedetto, che hanno avuto un grande successo, hanno smentito i critici e toccato un senso più profondo di tolleranza e di correttezza nel cuore degli uomini e delle donne inglesi. In una società in cui i valori mutano rapidamente e le vecchie certezze vengono messe in discussione, il cattolicesimo è una delle ancore dell’identità, che contribuisce al dibattito nazionale e unisce piuttosto che escludere. È questo il messaggio che sua altezza il duca di Gloucester, cugino della regina Elisabetta, porterà al Venerabile collegio inglese durante la sua visita, il 1° dicembre, per commemorare la Giornata dei martiri inglesi insieme agli studenti eredi di Campion e Sherwin.