Epatite C contratta in seguito a trasfusione

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Responsabilità del Ministero fin dalla scoperta dell’epatite B

 

La Corte di Appello de L’Aquila è recentemente intervenuto in tema di danno da epatite C contratta a seguito di trasfusione avvenuta nel 1984, riconoscendo il diritto al risarcimento del danno in quanto, affermano i giudici, negli anni ’60/’70 già esistevano obblighi normativi che imponevano controlli volti ad impedire la trasmissione di malattie mediante sangue infetto. Detti controlli, comportando l’esclusione dai donatori dei soggetti con valori alterati delle transaminasi e delle GPT -indicatori della funzionalità epatica-, sarebbero stati idonei ad impedire anche la trasfusione di sangue infetto da virus da HCV atteso che identica alterazione si produce nei tre tipi di infezioni.
 
Questi elementi hanno portato la Corte di Appello de L’Aquila a condividere quanto affermato dalla Suprema Corte che sul tema specifico ha avuto modo di affermare come – stante l’identità dei controlli e dei risultati che avrebbero potuto impedire l’evento tanto nel caso di infezione da HBV quanto in quella da HCV- che in tali ipotesi non sussiste una pluralità di eventi lesivi, come se si trattasse di più serie causali autonome ed indipendenti, ma di un unico evento lesivo, cioè la lesione dell’integrità fisica (essenzialmente del fegato), per cui unico è il nesso causale: trasfusione con sangue infetto -contagio infettivo – lesione dell’integrità.
 
Su tali premesse la Corte di Appello de L’Aquila ha concluso che “poiché il virus dell’epatite B era stato individuato fin dal 1978, e le trasfusioni di sangue della paziente vennero effettuate nel 1984, ove il Ministero avesse effettuato i dovuti controlli, il verificarsi dell’evento lesivo sarebbe stato impedito”.

1° 2012 numero newsletter.doc

Epatite C contratta in seguito a trasfusioneultima modifica: 2012-01-14T19:20:01+01:00da vitegabry
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