Archivi giornalieri: 25 gennaio 2012

IL SARDO E SOS TEMPOS MODERNOS

  

 di Francesco Casula

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Su questo Quotidiano, da qualche domenica viene pubblicata un’intera pagina in Lingua sarda. Si tratta, da parte della direzione del giornale di una scelta coraggiosa, anche perché le due pagine con un titolo programmatico significativo “Tempos modernos”, affrontano temi riguardanti appunto la “modernità”: da sa retza (la rete) e dunque i problemi attinenti alla comunicazione on line e all’informatica; alla questione nucleare e la fusione a freddo. Una scelta coraggiosa e quanto mai opportuna anche per cercare di liquidare definitivamente un diffuso luogo comune : essere il Sardo una lingua incapace di esprimere la cultura moderna, da quella scientifica a quella tecnologica, dalla filosofia alla medicina ecc. Si tratta di un pregiudizio non solo diffuso ma, spesso, circuitato ad arte da chi ritiene che la Lingua sarda sarebbe rimasta “bloccata”, cioè ancorata alla tradizione agropastorale, perciò incapace di esprimere la cultura moderna e l’oggi. Intanto non è vero che il sardo sia completamente “bloccato” : termini e modi di dire dell’italiano dovuti allo sviluppo culturale scientifico impetuoso negli ultimi decenni sono entrati nel Sardo, così come termini e modi di dire stranieri – soprattutto inglesi – sono entrati nella lingua italiana che li ha assimilati. Questo “scambio” è una cosa normalissima e avviene in tutte le lingue. E tutti i sistemi linguistici, sia quelli di società “più avanzate”, scientificamente ed economicamente, sia di società “più arretrate” sono in grado di esprimere i più moderni concetti e le più moderne e complesse teorie, prendendo in prestito terminologia e lessico da chi li possiede: come il contadino, che se ha finito l’acqua del proprio pozzo, l’attinge dal pozzo del vicino. A rispondere, a chi parla di incapacità di alcune lingue a esprimere la modernità è l’americano J. Aaron Fishman, il più grande studioso del bilinguismo a base etnica (è il caso della Sardegna) che scrive: “Qualunque lingua è pienamente adeguata a esprimere le attività e gli interessi che i suoi parlanti affrontano. Quando questi cambiano, cambia e cresce anche la lingua. In un periodo relativamente breve, la lingua precedentemente usata solo a fini familiari, può essere fornita di ciò che le manca per l’uso nella tecnologia, nell’Amministrazione Pubblica, nell’Istruzione”. Francesco Casula

Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 24-1-2012

L’UNIVERSITA’ DOVE IL SARDO E’ PROIBITO

di Francesco Casula

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 di Francesco Casula

L’Università di Sassari, con protervia, insiste: nei Corsi di formazione degli insegnanti, finanziati dalla Regione, si rifiuta di utilizzare il Sardo come lingua veicolare, relegandola semplicemente ai laboratori. Al contrario dell’Università di Cagliari che invece svolgerà il 50% delle ore delle lezioni in Sardo. In sintonia con le linee d’indirizzo del Piano triennale 2008-2010 e del Movimento linguistico, così come si è espresso ad Alghero durante la recente Conferenza regionale annuale sulla lingua sarda. Il comportamento dell’Università sassarese è assolutamente ingiustificabile: per intanto a livello didattico. Le lingue si insegnano e si imparano, parlandole, usandole, praticandole. Insegnare la Lingua sarda – come qualsiasi altra lingua – senza utilizzarla è come insegnare a un giovane a guidare senza mai fargli utilizzare la macchina. O volergli insegnare il gioco del calcio senza mai farlo giocare: una colossale assurdità e scempiaggine. L’uso del Sardo, è previsto solo nei Laboratori. Come se il Sardo fosse una lingua “gerarchicamente” inferiore, incapace di esprimere i contenuti affrontati nei Corsi: come la storia della Sardegna, la letteratura sarda, la filologia, ecc. ecc. Dimenticando la lezione dei grandi linguisti secondo cui “L’insegnamento della lingua come materia a sé, non produce effetti significativi, se la lingua non è usata come strumento di insegnamento di altre materie e come mezzo per l’espletamento delle attività ordinarie, ossia come mezzo di comunicazione nelle situazioni di vita” (Renzo Titone). Di qui la polemica de su Comitadu pro sa limba sarda che denuncia: “Questo atteggiamento autocolonizzante contrasta l’aspirazione all’equiparazione della lingua sarda a quella italiana e quindi è antagonista al processo in corso verso il bilinguismo perfetto, è dannoso dal punto di vista di una politica linguistica di liberazione e sopratutto da quello didattico in quanto discriminatorio e umiliante nei confronti del Sardo rispetto alla lingua dominante. Ciò corrisponde ad una visione museale e da riserva indiana della lingua sarda che, considera ancora il sardo non la lingua nazionale del nostro popolo ma un ammasso di dialetti di valore inferiore a quello della lingua ufficiale dello stato e incapace di veicolare contenuti alti che invece sarebbe meglio insegnare in lingua italiana”.

Pubblicato su SARDEGNA Quotidiano del 19-1-2012

QUELLE PAROLE IN SARDO PER I SARDI

 di Francesco Casula

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Negli ultimi trent’anni sono state pubblicate in lingua sarda – e parlo solo di quelle censite –  circa 100 opere: dai tradizionali Contos ai romanzi, alcuni di gran valore. Mentre negli ultimi 15 anni nella Scuola c’è stato un fiorire di sperimentazioni e progetti di insegnamento del Sardo. Nel contempo vi è stata una produzione di Vocabolari sardi, strumenti indispensabili – insieme alle Grammatiche – per uno studio e una conoscenza scientifica della nostra lingua. Fra i Vocabolari di recente pubblicazione è degno di nota quello di Giovanni Casciu, “Vocabolario Italiano/ Sardo-Campidanese”, edito da Grafica del Parteolla, Casa editrice di Dolianova che, coraggiosamente, da anni investe per valorizzare e diffondere la lingua e la cultura sarda. Casciu, per decenni insegnante elementare, è studioso serio e rigoroso della lingua sarda: il suo nuovo vocabolario si aggiunge a quello da lui pubblicato negli anni scorsi e giunto oramai alle 3° edizione: “Vocabolario Sardo-Campidanese/ Italiano. Ma ecco cosa scrive nella pregevole e corposa prefazione alla nuova fatica di Casciu, Maurizio Virdis, professore ordinario di Filologia romanza all’Università di Cagliari: “Questo vocabolario di Giovanni Casciu viene a colmare una mancanza e sopperisce a una necessità. Si tratta di un dizionario che comprende più di 25.000 lemmi; esso, esemplato sui migliori dizionari italiani d’uso, propone la traduzione sardo campidanese di ciascuna voce in entrata, per molte delle quali sono riportate varianti lessicali diverse, spesso accompagnate da esemplificazione mediante sintagmi o frasi che chiariscono il valore semantico particolare”. E ancora: “Il vocabolario di Giovanni Casciu è dunque uno strumento importante e utile all’interno del dibattito sulla lingua sarda, e nei confronti dei tentativi che si vanno oggi facendo per il recupero, vivo e non solo accademico, di essa; affinché la nostra lingua venga impiegata anche al di là dei limiti in cui sempre più viene ridotta. Recuperare una lingua – e il suo lessico! – è infatti recuperare una libertà e, insieme, cercare di por fine, o almeno di arginare una marginalità. Significa eminentemente stabilire e riconquistare una segmentazione originale dell’universo del significabile, una specola diversa da cui guardare il mondo, un ulteriore e particolare rapporto con la realtà”. Ben detto.

(Francesco Casula)

Pubblicato su SARDEGNA quotidiano del 22-1-2012

Infortuni domestici, solo 2 casalinghe su 10 sono assicurate

NEWS

 

Sono ancora troppo poche le casalinghe assicurate contro gli infortuni domestici. Nonostante l’assicurazione sia obbligatoria dal 2001 (il pagamento è previsto entro il 31.1 di ogni anno), solo due casalinghe su dieci l’hanno sottoscritta. Lo ha spiegato Federica Rossi Gasparrini, presidente del Comitato amministratore del fondo per gli infortuni domestici. “Il fondo attualmente ha 1 milione e 700 mila iscritti, ma sono circa 10 milioni le persone che dovrebbero sottoscrivere la polizza”. Fra questi ci sono le casalinghe, ma anche pensionati (sotto i 65 anni), disoccupati, cassintegrati e studenti.
 
Ma nonostante assicurarsi costi 12,91 euro all’anno (“poco più di un euro al mese”), sono troppi quelli che non si iscrivono. “Ci sono 2 milioni di persone che potrebbero iscriversi gratuitamente, ma anche fra questi solo 200 mila hanno sottoscritto la polizza”, spiega Gasparrini. Il dato diventa allarmante se si considera che le richieste da parte di chi ha subito un incidente domestico e non era assicurato sono in aumento.

“Nel 2011 il 30% delle domande che ci sono pervenute provenivano da persone che si sono infortunate in modo grave ma non avevano pagato la polizza”, continua la presidente. “E purtroppo molti pagano il giorno dopo l’incidente”. Rispetto a 10 anni fa, inoltre, il numero degli iscritti è calato, e anche per questo motivo “il fondo è fortemente in attivo”, spiega Gasparrini, “con 130 milioni di euro non utilizzati”.
 
 Redattore sociale