Colf e badanti, il diamante della cura

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Lavoro di cura e non solo

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Le assistenti familiari straniere in Italia sono oltre un milione, e circa il 45,5% delle donne di origine non comunitaria assicurate all’Inps sono addette al lavoro domestico e di cura alla persona (dati: Caritas 2009 e Inps 2009).

La forte domanda di lavoro da parte delle famiglie italiane sta generando in alcuni contesti di origine uno spiccato aumento del flusso migratorio femminile. Raramente ci si interroga sull’impatto che questo flusso genera sulle famiglie e sui sistemi sociali dei paesi origine.

In un recente articolo Eleonore Kofman e Parvati Raghuram (Kofman, Raghuram 2009) ricordano come le migrazioni, specie quelle femminili, cambiano l’intero “regime della cura” nei contesti di origine. Per dare maggior evidenza a questa idea, le autrici utilizzano un’immagine: quella del “diamante della cura”. Si tratta di una sorta di rombo. Ognuno dei quattro angoli del rombo rappresenta un attore del panorama della cura nei contesti di origine: al vertice troviamo la famiglia, poi lo Stato (il livello nazionale e locale), poi la comunità (Ong, non profit, volontariato, cooperazione sociale, etc.), e infine il mercato. Le migrazioni femminili – determinando la necessità di ricomporre nuove geografie della cura – hanno un impatto su tutti questi livelli.

La famiglia è il primo e il principale livello ad essere investito dall’emigrazione femminile. Si tratta probabilmente del soggetto più elastico e in grado di trasformarsi per ricomporre nuove strategie di cura. Un dato costante in tutti i principali paesi esportatori di manodopera di cura è che sono soprattutto le componenti femminili della famiglia ad attivarsi in questo senso: nonne, zie e soprattutto le stesse madri lontane.

Le istituzioni statali a livello nazionale e locale, nella maggior parte dei paesi di origine, cominciano anch’esse a far fronte (anche se in modi diversi) al fenomeno della massiccia emigrazione femminile e alle conseguenti problematiche derivanti dal care drain (il drenaggio di cura dovuto alla partenza delle madri). I governi degli Stati a forte emigrazione femminile, negli ultimi anni, hanno adottato strategie assai diverse. Si va da paesi come l’Ucraina e la Moldavia che tentano di scoraggiare (anche se con scarso successo) questo potente flusso, ad esempio rifiutandosi di sottoscrivere accordi per il reclutamento di assistenti familiari all’estero, a paesi, come l’Ecuador e la Romania che riconoscono la legittimità di questo flusso e si impegnano a definire nuove politiche a garanzia dei diversi membri della famiglia migrante.

La comunità e il mondo del no-profit, in molti contesti di origine, costituiscono gli attori che per primi hanno adattato le proprie azioni in funzione delle esigenze delle famiglie che hanno membri emigrati all’estero. Si tratta di soggetti impegnati in una varietà di azioni anche se spesso portate avanti in modo immaturo, frammentario o addirittura individualistico e isolato. E’ proprio da questo mondo, tuttavia, che vengono, le esperienze più interessanti.

I paesi occidentali dovrebbero sostenere i paesi di origine, da cui traggono manodopera a destinare alla cura, a migliorare l’impatto delle migrazioni sul welfare locale, tenendo in considerazione i quattro angoli del diamante della cura.

da InGenere.it

Colf e badanti, il diamante della curaultima modifica: 2010-04-08T07:47:28+02:00da vitegabry
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