Archivi giornalieri: 21 gennaio 2010

Funzione Pubblica: le nuove fasce orarie di reperibilità per i pubblici dipendenti in caso di malattia

 

 

Funzione Pubblica: le nuove fasce orarie di reperibilità per i pubblici dipendenti in caso di malattia

 

Il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione pubblica, sulla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2010, il Decreto contenente la determinazione delle fasce orarie di reperibilità per i pubblici dipendenti in caso di assenza per malattia.

Le nuove fasce di reperibilità sono fissate secondo i seguenti orari: dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. L’obbligo di reperibilità sussiste anche nei giorni non lavorativi e festivi.

Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i dipendenti per i quali l’assenza è riconducibile ad una delle seguenti circostanze:
a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
b) infortuni sul lavoro;
c) malattie per le quali e’ stata riconosciuta la causa di servizio;
d) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.
Sono, altresì, esclusi i dipendenti nei confronti dei quali è stata già effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato.

 

NEWS

Nuove fasce orarie pubblici dipendenti

Il problema è di tutti  …

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E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2010 il decreto ministeriale a firma del ministro della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, relativo alle nuove fasce orarie di reperibilità per le visite mediche di controllo dei dipendenti pubblici in malattia. Il decreto entra in vigore il 4 febbraio 2010.

La normativa, disposta al fine di estendere i controlli sulle assenze per malattia, dà di fatto al ministro la possibilità di decidere la durata della reperibilità per le visite fiscali (fino ad oggi la materia era mutabile solo attraverso apposita legge).

Il decreto del ministro Brunetta prevede un aumento di tre ore, rispetto all’attuale reperibilità (10.00-12.00 ; 17.00-19.00). Le nuove fasce orarie, per i pubblici dipendenti, sono infatti estese a sette ore: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle
15.00 alle 18.00.

L’emanazione di questo decreto, inevitabilmente, concilia l’equazione di pubblico dipendente-fannullone, delegittima la contrattazione sindacale e ne stravolge le regole, non modifica la  detrazione di stipendio dovuta all’esclusione del pagamento delle indennità aventi carattere fisso e continuativo nei primi 10 giorni di malattia. 

In particolare l’allungamento delle fasce orarie (9.00–13.00 – 15.00-18.00) provoca una
discriminazione tra lavoratori pubblici e quelli privati, per i quali continua a vigere, per
le fasce orarie, la normativa precedente (10.00-12.00 – 17.00-19,00).

Si “penalizzano” in questo modo, i lavoratori malati e questo sembra davvero incivile in un paese che si vuole definire avanzato.

Le nuove disposizioni trovano applicazione per tutti i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e ai dipendenti assunti a tempo determinato con contratti flessibili. Tale norma investe, inoltre, magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello stato, il personale
della carriera diplomatica e della carriera prefettizia.

L’amministrazione può disporre il controllo, anche nel caso di un solo giorno di assenza. Inoltre, per la prima volta, vengono stabilite alcune deroghe all’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità. Sono infatti esclusi i dipendenti per i quali l’assenza sia riconducibile ad una delle seguenti circostanze:
− patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
− infortuni sul lavoro;
− malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio;stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.
− esclusi i dipendenti nei confronti dei quali è stata già effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato, al fine
di non gravare oltremodo e inutilmente (non essendoci prognosi da verificare) sul bilancio.

Particolare attenzione, verrà restata dall’amministrazione qualora il dipendente
affetto da patologie particolari, come quelle di origine neuropsichiatria, presenti una
certificazione medica che giustifichi la necessità di allontanarsi dal domicilio fiscale per fini terapeutici.

L’amministrazione di appartenenza procederà ad un’attenta valutazione del caso e della documentazione presentata, richiedendo la visita fiscale in un orario compatibile con le esigenze curative e terapeutiche indicate dal medico.
Non in ultimo, si ricorda che il dipendente è tenuto a comunicare preventivamente alla sua Amministrazione se dimora durante l’assenza in un luogo diverso da quello di residenza o se debba assentarsi nelle fasce orarie per visite mediche, prestazioni e/o accertamenti specialistici (purché il lavoratore dimostri l’impossibilità di effettuare tali visite in orario diverso da quello corrispondente alle fasce orarie di reperibilità).

Probabilmente il decreto Brunetta porterà ad una diminuzione delle assenze per malattia nella pubblica amministrazione, ma ciò non significa che non ci saranno più dipendenti pubblici che si ammalano (erano tutti fannulloni!), semplicemente che è diventato impossibile ammalarsi e si è costretti, comunque, ad andare a lavorare.

Tutto questo è un grave passo indietro per quello che riguarda i diritti dei  lavoratori conquistati in anni di lotta sindacale. Non si rallegri il dipendente (privato) non investito dal decreto, essere nella P.A. non significa aver conquistato chissà quale posto di privilegio, si sta andando, comunque, contro i diritti dei lavoratori e il problema è di tutti.

NEWSLETTER LAVORO

n. 397 del 21 gennaio 2010

 

 newsletter settimanale per gli operatori del mercato del lavoro

 

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Il Ministero del Lavoro ha pubblicato il Decreto Interministeriale sui criteri e modalità di utilizzo da parte di taluni beneficiari della c.d. “Carta Acquisti”.

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  Gli Interpelli della Direzione Generale per l’Attività Ispettiva                

>     Aziende trasporto rifiuti e collocamento obbligatorio

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Giusta sentenza in favore degli immigrati

 

Cassazione: permesso a tempo per i clandestini con figli piccoli

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I clandestini con figli minori possono rimanere “con un permesso di soggiorno temporaneo” nel nostro Paese. Lo sottolinea la Cassazione secondo la quale “non può ragionevolmente dubitarsi che, per un minore, specie se in tenerissima età, subire l’allontanamento di un genitore, con conseguente impossibilità di avere rapporti con lui e di poterlo anche soltanto vedere, costituisca un sicuro danno che puòporre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico, armonico e compiuto”.

In questo modo, la prima sezione civile (ordinanza 823) ha accordato un permesso temporaneo di due anni ad un padre clandestino N.C. che chiedeva di rimanere a Milano per rimanere vicino ai due figli piccoli. A nergargli la possibilità di restare nel nostro Paese era stata la Corte d’Appello di Milano nel maggio 2008. Contro l’espulsione la difesa del clandestino ha fatto ricorso con successo in Cassazione.

Piazza Cavour, accogliendo il ricorso, ha accordato al clandestino la possibilità di rimanere “per due anni” sostenendo che “non si può ritenere che l’interesse del minore venga strumentalizzato al solo fine di legittimare la presenza di soggetti privi dei requisiti dovuti per la permanenza in Italia”. Del resto, annota ancora la suprema Corte, articolo 31 del decreto legislativo 286 del ’98 alla mano, viene riconosciuto “allo straniero adulto la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, necessariamente temporaneo o non convertibile in permesso per motivi di lavoro”.

Una disposizione favorevole all’immigrato irregolare che in quanto tale non avrebbe più i requisiti per rimanere nel nostro Paese che deve essere inquadrata, in una incisiva protezione del diritto del minore alla famiglia e a mantenere rapporti continuativi con i genitori”.

 

(Adnkronos)