Archivi giornalieri: 18 giugno 2016

rassegna stampa

 

del 18/06/2016

 

Megale (Fisac): non usare difficoltà per licenziare, sarebbe sciopero

Per il segretario generale dei bancari della Cgil “l’azione del governo sul tema banche, oltre i decreti, dovrebbe essere quella di ascoltare le parti sociali e condividere le scelte”
17 giugno 2016 ore 19.29

 
 

Amianto, 20 giugno dibattito a Catania

17 giugno 2016 ore 19.14

             
 
 

In marcia con gli amministratori “sotto tiro”

Il 24 giugno a Polistena la manifestazione promossa da Avviso Pubblico per i rappresentanti delle istituzioni vittime di minacce e intimidazioni. Già 180 i casi dall’inizio dell’anno. La presentazione dell’iniziativa ai microfoni di RadioArticolo1
17 giugno 2016 ore 18.55

             
 
 

Finiti gli incentivi, finiscono anche le assunzioni

Una ricerca della Fondazione Di Vittorio certifica il calo rilevante dei nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Stabili i contratti a termine, mentre è boom dei voucher. Prosegue l’invecchiamento dell’occupazione, in calo anche le retribuzioni
17 giugno 2016 ore 18.11

             
 
 

Cgil Matera, Eustachio Nicoletti nuovo segretario

17 giugno 2016 ore 17.45

             
 
 

La celebrazione in Senato per i 115 anni della Fiom

17 giugno 2016 ore 17.17

             
 
 

«I salari devono tornare a crescere»

Martini (Cgil): “Per farlo sono necessarie due condizioni: far ripartire l’economia, producendo nuova ricchezza con investimenti pubblici e privati, rilanciare l’economia interna, sostenendo i salari di chi lavora e le pensioni. Rinnovare i ccnl scaduti”
17 giugno 2016 ore 17.03

             
 
 

Polizia locale, Fp Cgil: no a decisioni unilaterali su riordino

17 giugno 2016 ore 16.54

             
 
 

Il 25 giugno in piazza a Bari: basta caporalato

Oltre 10mila braccianti saranno in piazza per dire no allo sfruttamento in agricoltura e per il rinnovo dei contratti provinciali di lavoro. Manifestazione unitaria, corteo dalle 9.30 da Piazza Massari. “Subito la legge. Chiediamo lavoro di qualità”
17 giugno 2016 ore 15.50

             
 
 

Durante (Cgil), liberare segretaria generale Disk

17 giugno 2016 ore 15.47

             
 
 

Cgil-Fiom Palermo, no allo smantellamento del cantiere navale

17 giugno 2016 ore 14.58

             
 
 

Fiom Lombardia: a maggio ancora esuberi

Rota: “La fase critica non è ancora superata; la politica è cieca rispetto alla crisi della metallurgia”
17 giugno 2016 ore 14.51

             
 
 

Teleperformance (Taranto), Slc vince rinnovo Rsu

17 giugno 2016 ore 14.50

             
 
 

Salerno, 20 giugno incontro stampa su Carta

17 giugno 2016 ore 14.46

             
 
 

Jo Cox: Cgil, solidarietà e vicinanza a familiari e compagni di partito

“Solidarietà e la vicinanza ai familiari della parlamentare inglese Jo Cox, ai suoi compagni di partito e di impegno umanitario speso sul fronte della cooperazione internazionale e delle politiche dell’immigrazione”
17 giugno 2016 ore 14.06

             
 
 

Droghe e diritti, salute e lavoro. Cosa fa il sindacato

Anche grazie al nostro contributo, l’agenda politica italiana è segnata da alcune priorità finalizzate a spostare il baricentro dall’approccio ideologico repressivo della “war on drug” verso strategie più aperte. Perché può servire la Carta della Cgil
17 giugno 2016 ore 13.38

             
 
 

Fiom Puglia, 20 giugno presentazione report

17 giugno 2016 ore 13.18

             
 
 

Silp Lecce: forze dell’ordine spedite dal Salento a Rimini

Il sindacato: “Illogico e improduttivo distogliere personale dal territorio che conosce bene”
17 giugno 2016 ore 13.18

             
 
 

Italgas Perugia-Terni: Filctem conferma primato

17 giugno 2016 ore 12.59

             
 
 

Rada (Modena), firmato integrativo

17 giugno 2016 ore 12.57

             
 
 

Cgil Basilicata, serve riforma complessiva della legge Fornero

17 giugno 2016 ore 12.51

             
 
 

Spi Cgil: 20 giugno, presentazione documentario Terre Rosse

Con la partecipazione di Susanna Camusso, Ivan Pedretti, Valeria Fedeli e Nicola Gratteri
17 giugno 2016 ore 12.45

             
 
 

Margherita ha sconfitto la discriminazione

Riassunta a tempo indeterminato addetta degli asili nido. È illegittimo, secondo la sentenza del Tribunale civile locale, non conteggiare l’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità ai fini del processo di stabilizzazione delle lavoratrici precarie
17 giugno 2016 ore 12.25

             
 
 

Modena, lavoratori appalto Frama Log in sciopero

17 giugno 2016 ore 11.33

             
 
 

Piaggio, rinnovata cigs per altri 14 mesi

17 giugno 2016 ore 11.22

             
 
 

Incendio a Palermo, la rabbia dei forestali

Città avvolta dalla fiamme. Sindacati pronti a costituirsi parte civile: “Tolleranza zero per chi usa il fuoco”. L’appello di Flai, Fai e Uila alla Regione e alla burocrazia “che senza pudore non tutela altro che se stessa: basta cincischiare”
17 giugno 2016 ore 10.59

             
 
 

Palermo: Cantiere navale fermo, la Cgil presenta un report

17 giugno 2016 ore 10.49

             
 
 

Sorrentino (Fp Cgil), è l’ora dei contratti

“La priorità rimane avere in tempi brevi l’atto di indirizzo sulla contrattazione”. E sui “furbetti del cartellino”: “Gettano fango sul lavoro nel settore, bene il governo sulla responsabilità dei dirigenti”
17 giugno 2016 ore 09.00

             
 
 

“Amministratori sotto tiro”, tutti in marcia a Polistena

La mobilitazione è stata organizzata da Avviso Pubblico e ha aderito anche la Cgil. È in programma venerdì 24 giugno nella cittadina in provincia di Reggio Calabria. La protesta è contro gli atti criminosi verso coloro che combattono per la legalità
17 giugno 2016 ore 08.36

             
 

La tassazione del regime dei minimi e il cosiddetto forfettario 0

La tassazione del regime dei minimi e il cosiddetto forfettario 0

di in 17 giugno 2016 Fisco e Tasse
Fisco e tasse

Fisco e tasse

Con la Legge di Stabilità 2016, sono state introdotte novità sul regime agevolato dei minimi. Sono previsti un regime forfettario ordinario e uno startup.
 

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Con la LEGGE 28 dicembre 2015, n. 208, Legge di Stabilità 2016, è stato introdotto un pacchetto di novità relative al regime agevolato per le Partite iva con decorrenza 1° gennaio 2016. La nuova normativa ha previsto un regime forfettario ordinario e un regime forfettario startup.

Passiamo ora ad analizzare i requisiti del regime forfettario “Partita IVA 2016” :

  • a seconda dei diversi codici Ateco di riferimento devono essere rispettati i limiti di ricavo riportati nell’Allegato della Legge di Stabilità 2016;
  • non aver avuto collaboratori con compensi superiori ad € 5000;
  • non aver sostenuto costi lordi di ammortamento per beni strumentali superiori ad euro 20000;
  • non rientrare in uno dei regimi speciali IVA;
  • non essere un contribuente non residente a meno che il 75% del reddito non sia prodotto in Italia
  • non svolgere come attività principale cessioni di fabbricati, terreni edificabili e mezzi di trasporto nuovi.

Per quanto riguarda la determinazione del reddito, il regime forfettario prevede un regime di tassazione con imposta sostituiva da applicare al prodotto tra il fatturato realizzato e il coefficiente di redditività (che varia dal codice Ateco specifico).

Leggi anche: Regime forfettario 2016, 15% per imprenditori e professionisti

I limiti di reddito, ricavi/fatturato da rispettare così come i codici Ateco di riferimento applicati al settore economico di pertinenza, sono i seguenti:

  • Industrie alimentari e delle bevande il cui coefficiente di redditività è il 40% e con limite ricavi/fatturato 45000 euro;
  • Commercio all’ingrosso e al dettaglio con coefficiente di redditività pari al 40% e con limite ricavi/fatturato di 50000 euro;
  • Commercio ambulante di altri prodotti il cui coefficiente di redditività è il 54% e il limite fatturato/ricavi di 30000 euro;
  • Costruzioni e attività immobiliari con coefficiente di redditività all’86% e limite fatturato/ricavi del 25000 euro;
  • Attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari ed assicurativi il cui coefficiente di redditività è pari al 78% e con ricavi pari a 30000 euro;
  • Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione con coefficiente di redditività del 40% con un limite fatturato/ricavi pari a 50000 euro.

La Legge di Stabilità 2016 ha inoltre introdotto un particolare regime di tassazione per la Partita IVA in regime forfettario 2016.

Forfettario ordinario e forfettario startup

Soffermiamoci a prendere in esame i punti rilevanti:

  • startup: per i primi 5 anni, aliquota del 5% (imposta sostitutiva all’IRPEF, alle addizionali IRPEF e IRAP);
  • ordinario: dal sesto anno l’aliquota sale al 15%, a regime;
  • IVA non dovuta in entrambi i casi.

Ex contribuenti minimi

Le partite IVA che al 31 dicembre 2015 si trovavano in regime dei cd. “minimi”, sono normate dai dettami ex D.L. n. 98/2011 art. 27.

Leggi anche: Nuovo regime dei minimi 2012, la guida dell’Agenzia delle Entrate

Beata Teresa Manganiello

Sabato, 18 Giugno 2016

Beata Teresa Manganiello

 “Pietra Angolare” e “Madre Spirituale”

“Prima Terziaria di Montefusco”  

 

 

Fanciullezza e adolescenza 

La Beata Teresa Manganiello, undicesima di dodici figli, nasce a Montefusco, antica “città regia” del Principato Ultra, oggi Provincia di Avellino, il 1° gennaio 1849; i suoi genitori erano Romualdo Manganiello e Rosaria Lepore, “onesti concittadini” pieni di fede e di profonda pietà cristiana.  Il giorno dopo riceve il Battesimo nella Chiesa Palatina di San Giovanni del Vaglio.

La sua fanciullezza fu come il fiore del campo che si alimenta di innocenza e di grazia. Certo non ebbe agi e comodità nella casa colonica in mezzo a occupazioni e preoccupazioni di ogni giorno; aiutava la numerosa famiglia sempre con dedizione e generosità, sia nei lavori domestici che in quelli dei campi.

I biografi informano che “bella di aspetto, sorridente e affabile con tutti, parlava e agiva con soavità e mitezza”.  Priva di ogni malizia, in continua unione con Dio, fin da giovinetta non si disperdeva in discorsi vani o peccaminosi; invitava dolcemente anche le sue compagne a coltivare purezza e amore verso Dio e verso i fratelli.  Suoi prediletti i bambini, di cui si prendeva cura come una madre premurosa.  A chi le chiedeva come facesse a tenere docili tra faccende e difficoltà i vivaci nipotini, rispondeva: “Me li quiete la Madonna”. Amava tutti in Dio, ma soprattutto i poveri, i malati di ogni specie di cui non temeva i contagi; gli sventurati, i carcerati, gli orfani, che le strappavano lacrime di sofferenza e che ricordava sovente nella preghiera.

Per Teresa i bisognosi, i sofferenti erano immagini di Dio e personificazioni di Gesù, per cui amava soccorrerli tutti.  Particolare attenzione aveva per i malati.  Per essi aveva “creato” nella sua casa la “farmacia”, con medicinali ricavati dalle erbe che lei stessa coltivava.  La “Farmacia” di Teresa non conosceva turni o chiusura, sempre aperta, luogo dove Teresa vive nell’abbraccio giubilante con la povertà; si sente in comunione autentica con chi soffre e fra le varie faccende, svolge anche quella di infermiera: leniva il dolore, lavava con acqua tiepida le lesioni, con delicatezza le medicava con una pozione particolare preparata da lei stessa; curava micosi, scabbia, eczemi, malattie come le tigne, che figuravano nell’800 tra “quelle più sordide della specie umana”.

Affidarsi alle cure di Teresa significava non cadere in balia del cieco empirismo dei medicastri del tempo. Nonostante la  sua giovane età, ella metteva a repentaglio la sua reputazione e si esponeva al continuo rischio di contrarre le affezioni della pelle di cui erano portatori i poveri infermi che mendicava ed assisteva.  Teresa aveva un modo tutto suo, pieno di umanità, per assistere gli infermi.  Non solo li accoglieva nella sua casa, ma li cercava, sapeva dove essi si trovavano e andava da loro per dispiegare la sua azione curativa e caritativa.  Meraviglioso anticipo del “Volontario” dei nostri giorni.

Aveva un particolare riguardo per i sacerdoti.  In ognuno di essi vedeva e rispettava il Sommo Sacerdote Gesù.  Per essi, come del resto per tutti i fratelli in Cristo, offriva tutto quello che poteva:  riparazione, penitenza, testimonianza e, se necessario, ammoniva con coraggio e fermezza.

 

Sulle orme di S. Francesco

Nella primavera del 1869, il Superiore del convento dei Cappuccini di Montefusco, P. Lodovico Acernese, uomo schietto e umile, pieno di carità, di grande ingegno e di pietà serafica, ma anche ben determinato nelle sue azioni, impianta il Terz’Ordine di San Francesco chiamando uomini e donne di ogni ceto ad unirsi sotto il vessillo del Poverello di Assisi.  Con la santità di vita cercava di risanare le piaghe doloranti del tempo, convinto che per una società nuova occorresse ritornare agli ideali evangelici sia nella famiglia che nella scuola.  Teresa ventenne fu attratta dalla luce che scaturiva dalla Parola di Dio, che ascoltava quando partecipava agli incontri catechetici e alle conferenze tenute dal P. Lodovico, divenuto suo direttore spirituale; avvertì con impeto la vocazione francescana fino ad esclamare: “Che tesoro, che tesoro ho trovato!”.

Il 15 maggio del 1870 la giovane Teresa divenne novizia nel Terz’Ordine Francescano col nome di Sorella Maria Luisa. “Fu volere di Dio che così si chiamasse, perché dovea ammirarsi davvero quale redivivo S. Luigi Gonzaga, per la straordinaria innocenza, semplicità e purezza, e per l’eroica penitenza”.

Per meglio crescere in virtù ed arrivare più agevolmente alla perfezione, fece insieme voto di castità e di verginità.

L’adesione di Teresa al Terz’Ordine della Penitenza fu una scelta radicale e profonda, un’offerta di tutta se stessa al Signore.  E da allora fu come una scalata senza soste verso le vette dell’amore.  Ogni giorno una conquista, mai una stasi.  Non bastava aver avuto in dono l’innocenza, la modestia, la mitezza.  Bisognava custodirle, giorno per giorno, proteggerle, incrementarle e fortificarle.  Tra i suoi propositi, infatti, leggiamo: “Oggi debbo, con aiuto di Dio e di Mamma Immacolata, fare più di ieri per il mio Gesù”.

 

Amore filiale alla “Mamma Immacolata”

Teresa amava chiamare, “Mamma, sua la Vergine Santissima, da cui, diceva di aver sempre ottenuto le grazie più singolari”.  La invocava con i dolci nomi di “Mamma mia”, “Mamma cara”, “Mamma bella”, “Mamma Immacolata”.  Si sentiva veramente “figlia” della Madonna!.

Come prova della sua singolare devozione alla Vergine Immacolata, “… giovinetta, sui venti anni, nell’aprile della vita, quando la fresca ragione conosce, palpita, ondeggia, Teresa recise la lunga e folta sua chioma olivastra e ne fece un presente alla Madonna…”.

La vita della giovane terziaria era pervasa di preghiera mariana così intensa, che potrebbe sembrare incredibile se si considera che lei era impegnata in faccende domestiche della mattina alla sera.

Il Rosario riempiva tutta la sua giornata.  Questa semplice contadina diventa maestra di vita per l’uomo del Terzo Millennio.  Teresa conclude l’esistenza terrena ripetendo la sua bella invocazione: “Oh! la mia cara Mamma! Solo in vostra compagnia sarò degna di presentarmi al Figlio vostro, allo Sposo mio bello, Gesù!…”.

 

Missionari nelle sue contrade

Alla scuola di Francesco d’Assisi Teresa comprende il valore della povertà, che rende libero il cuore da ogni attaccamento terreno e permea di letizia divina ogni azione, nella ferma convinzione che ogni cosa viene dalla paterna volontà di Dio per il nostro bene.  Per questa sua capacità di diffondere serenità e concordia, Teresa fu chiamata dai suoi contemporanei “Angelo di pace”.

Vero “missionario nelle sue contrade”, passava rimettendo pace e concordia nelle famiglie; annunciava il Vangelo con la parola e la vita, leniva le sofferenze fisiche e morali, condannava i vizi e incoraggiava le virtù.

Teresa iniziava la sua giornata di buon mattino, “era mattiniera”, informano le fonti biografiche.  Presto raggiungeva a piedi la suggestiva chiesetta di Sant’Egidio, dei Frati Cappuccini, per immergersi in lunghi, profondi colloqui con lo Sposo divino, i quali terminavano con la partecipazione all’Eucaristia e, spesso, al sacramento della Riconciliazione.  Il Signore si degnava di intrattenersi con quest’anima ardente e generosa che corrispondeva fedelmente alle grazie ricevute.  La gente, nel vederla sprofondata nella preghiera, esclamava commossa: “Sembra un serafino di fuoco… Beata lei”.

La vita di Teresa era una predica silenziosa, ma efficace.  Molti furono richiamati, solo dal suo umile esempio, ad una vita più coerente, molti si fecero come lei terziari francescani.

Certamente fu un atto prodigioso quella scomparsa delle piaghe che Teresa aveva sul corpo a causa del cilicio e della disciplina che era solita infliggersi quando, dovendo essere sottoposta ad una visita medica, non voleva che esse fossero scoperte.

Ci furono, inoltre, due fatti strepitosi di conversione: una ragazza traviata alquanto nota del paese ritorna sulla retta via dopo l’incontro con Teresa, e un sacerdote sospeso da dodici anni dalla Messa per reati politici, attestò pubblicamente di essersi ravveduto per la sola vista “dell’angelica penitente Teresa”.

Per eliminare dalla sua vita il chiasso inutile che disperde i valori dello spirito e per mantenere sempre il raccoglimento interiore fece il voto del silenzio:  mai una parola inutile, mai un discorso leggero, oppure ozioso.  Mente, cuore e labbra sempre rivolte alle cose celesti.

 

Preghiera e penitenza

Un “olocausto d’amore”, non potrebbe meglio di così intendersi la vita di Teresa: “Oh! Io sento di amore potentemente! Sì, io amo! Ma l’Essere che forma l’oggetto del mio amore brama e vuole il sacrificio della mente, del cuore, di tutte le mie forze”.

Teresa, spinta da un ardente carità per Dio e per il prossimo, si sente chiamata ad un alto e difficile apostolato: la riparazione.  Comprende che occorre pregare ed espiare per il male che si commette nel mondo e, così, percorre la richiesta della Madonna di Fatima ai tre pastorelli: “Molti vanno all’inferno perché non c’è chi preghi e si sacrifichi per loro.  Volete offrirvi voi?”. Teresa si era offerta per la conversione dei peccatori e sempre aveva sulle labbra la sua giaculatoria preferita: “Misericordia, Signore, misericordia dei peccatori”.

Il Signore che si compiace di scegliere i piccoli e i deboli, come agnelli candidi immacolati per il bene dei fratelli, fece sentire questo invito anche all’innocente ragazza irpina, che rispose con pronta generosità votandosi ad una vita di mortificazione e penitenza inaudite, rimaste nascoste fino al giorno della sua morte perfino ai familiari.  Questo a sigillo della sua sincerità ed umiltà.  Unico testimone il direttore spirituale, P. Lodovico Acernese, che seppe scoprire e dirigere questa particolare azione dello Spirito Santo in un’anima tanto bella e la guidò per le vie del Signore con sapienza e prudenza.

Oggi si possono ammirare – esposti nel “Memoriale Teresa Manganiello” – allestito nella Casa Madre delle Suore Francescane Immacolatine in Pietradefusi (AV) – gli strumenti del suo volontario supplizio, diurno e notturno, compiuto nel silenzio, nella letizia, nell’ansia apostolica di convertire i peccatori e salvare le anime.

 

Amare i nemici…

Non bisogna credere, però, che tutto sia facile per una creatura amata da Dio. Rispondere alla chiamata del Signore richiede dominio, sacrificio continuo perché tutto sia sempre degno della Sua presenza santificatrice.  La natura alle volte rende forti le esigenze e le debolezze in quelli che amano Gesù; allora le tentazioni sono più allarmanti e pericolose.  Ecco la semplice preghiera con la quale Teresa si difendeva dalle tentazioni e dalle insinuazioni del male: “Mamma bella, fate che non entri in me quello che Gesù non vuole”.

Non esiste santità senza prove convincenti: calunnie, maldicenze, pettegolezzi e ingiurie non furono risparmiate alla giovane Teresa, che tutto accettava: Se l’anima mia è pura di tali macchie, non è una grazia del Signore?”.

Anzi umiliazioni e contumelie furono accolte da lei come una grazia e come una benevolenza divina, sempre perdonando e pregando per i suoi denigratori, tanto da rispondere a chi gliene parlava: “Preghiamo, preghiamo per i nostri nemici.  Non dubitatene, siatene certi, la nostra fermezza nei doveri, sarà per loro un mezzo di ravvedimento”.

 

La “grazia” di soffrire per Gesù

Teresa dimostrò una sapienza superiore alla sua età e condizioni, tanto da stupire ecclesiastici e letterati, che spesso venivano a visitarla. Il suo zelo e la sua santa vita fecero presagire al P. Acernese la fondazione di una famiglia religiosa femminile, che avesse come carisma la fisionomia spirituale di Teresa: la riparazione, lo spirito francescano, la devozione alla Madonna Immacolata e la formazione dei fanciulli, specialmente delle giovani.

Si fecero progetti, preparativi. Teresa recò personalmente a Roma con una famiglia nobile di Benevento per chiedere al Santo Padre, Pio IX, la benedizione per la nascente Congregazione. Fu ricevuta in “udienza privata” dal Sommo Pontefice, il quale benedisse e incoraggiò il progetto fondazionale.

Ma, quando ormai si avvicina il momento della fondazione, il Signore chiamò a Sé l’umile fiore della terra irpina. 

Un violente sbocco di sangue rivelò il male allora inesorabile della tisi che, in meno di due anni stroncò la florida vita della “Prima Terziaria di Montefusco”.

Dal letto del dolore Teresa diede gli estremi insegnamenti col sangue, con le parole e con l’eroico sorriso.  A chi si meravigliava di tanta rassegnazione diceva: “Il Signore mi ha fatto la grazia di patire per Lui ed io debbo lamentarmi?  Egli sa già l’aiuto che mi occorre!”.

Sembrava che un solo desiderio la guidasse: vedere il suo Sposo, unirsi a Lui in un eterno abbraccio: Non così lieto riceve l’annunzio di rivedere i patrii lidi l’esule derelitto; né quello di abbandonare l’orrido carcere il povero prigioniero; non esulta così la giovane sposa a nozze condotta, come Teresa quando sa di dover morire. Benedetta!…

Fra i trasporti più fervidi di amore, Teresa, dopo di aver chiesto perdono e benedizione a tutti della famiglia,  negli amplessi del suo Gesù, dipartivasi, letiziando, da questa valle di lagrime e quale candida nube si elevava per le regioni superne a vivere in seno a Dio una sempiterna pace: premio alle sue sublimi virtù ed al suo sovrano amore”.

Era il 4 novembre 1876.  Teresa aveva 27 anni e fu proclamata “Beata da tutto un popolo”.

 

Dalla morte alla gloria

Dopo la sua morte si verificarono fatti alquanto prodigiosi, tra cui, una ragazza che stata sempre scortese nei suoi riguardi, caduta gravemente ammalata, invocato il suo aiuto ottenne improvvisamente e inaspettatamente la guarigione;  la sua cognata, Maria Villano, che le era stata avversa per le sue pratiche religiose, si fece terziaria francescana, “diventandone quasi perfetta imitatrice”.

Nel 1881, grazie all’opera instancabile del P. Lodovico Acernese, il seme gettato da Teresa germogliò dando vita alla Congregazione delle Suore Francescane Immacolatine che riconoscono in lei la “madre spirituale” e la “pietra angolare” dell’Istituto.  Oggi la Congregazione è presente in Europa, in America, in Asia e in Australia per diffondere ovunque il messaggio avvincente della giovane donna irpina: amore e sacrificio, letizia e povertà, preghiera e apostolato, tutto per Dio e per i fratelli.

Teresa Manganiello ha saputo vivere nel senso più pieno e più bello la sua giovinezza e addita ai giovani le vette che rendono grande e danno valore alla vita, ha saputo vivere la logica dell’amore nei confronti di Dio e dei fratelli nella concretezza della vita quotidiana.  Teresa ha compreso cosa che invece il mondo non riesce a cogliere, cioè, che Dio è l’unico valore degno veramente di amore.  Dio dev’essere amato, come preciso e fondamentale dovere di vita, con tutte le forze e con tutta l’anima.

 

La Causa di Beatificazione

Il processo di beatificazione e canonizzazione della Serva di Dio Teresa Manganiello è in fase ben avanzata. Il Postulatore della Causa in atto è Mons. Luigi Porsi. Sono sempre più frequenti le segnalazioni di grazie, guarigioni, favori di ordine morale e spirituale ottenuti da Dio per la sua intercessione.

In questo Terzo Millennio, segnato ancora da tanta violenza, dall’odio e dalle guerre, Teresa si ripresenta come modello autentico di vita cristiana per aiutare tutti a edificare la civiltà dell’amore, della solidarietà e della pace.

San Gregorio Giovanni Barbarigo

San Gregorio Giovanni Barbarigo

Nome:
 San Gregorio Giovanni Barbarigo

Titolo:
 Vescovo

Ricorrenza:
 18 giugno

I milanesi erano soliti ripetere ai bergamaschi, complimentandosi per il loro vescovo: «Noi abbiamo un santo cardinale morto, san Carlo Borromeo, voi avete un vescovo vivo». Vescovo vivo era Gregorio Barbarigo, il quale, tra l’altro, aveva una stima sconfinata di san Carlo. Lo aveva scelto come modello di vita spirituale e come esempio di impegno pastorale quando tentò di realizzare nella propria diocesi le riforme volute dal concilio di Trento.

Gregorio Barbarigo era nato a Venezia nel 1625 da un’antica e nobile famiglia istriana immigrata nella città lagunare. Educato alla scienza e alle virtù da un papà religiosissimo, a ventitré anni seguì il cugino Pietro Duodo a Miinster, come segretario di Alvise Contarini, che era ambasciatore della Serenissima Repubblica al congresso di pace di Westfalia.

In Germania, dove rimase cinque anni, il Barbarigo strinse amicizia con il nunzio papale Fabio Chigi che lo introdusse nell’ascetica di Francesco di Sales e l’avviò nello studio del latino e delle scienze religiose. Fu ancora il Chigi a consigliare il giovane Barbarigo, una volta tornato a Venezia, a laurearsi in diritto canonico in vista di un suo possibile impiego a Roma. Il Barbarigo lo ascoltò e si iscrisse all’università di Padova, dalla quale uscì dottore il 25 settembre 1655. Nel frattempo aveva maturato la vocazione al sacerdozio. Due mesi dopo l’ordinazione, si stabiliva a Roma, chiamatovi da Alessandro VII, l’amico Chigi diventato papa. Nella capitale Gregorio dimorò in una casa accogliente, stracolma di libri, che egli intendeva trasformare in una «locanda di letterati». Intanto su Roma si abbatteva la peste e il giovane prete Barbarigo venne incaricato di organizzare i soccorsi nel popolare rione di Trastevere. «Avevo una paura al principio, che mi sentivo morire», scriveva al padre. Ma poi si buttò con passione e sprezzo del pericolo a eseguire la sua missione, che era di «dar ordini perché vengano le carrette […] a levar li morti e li ammalati, portar il sussidio alle case serrate […] e veder se hanno bisogno di niente».

Cessata la peste, il Barbarigo venne nominato vescovo di Bergamo. Raggiunse la città lombarda portando con sé lo stretto necessario e, dei tanti libri, solo la biografia di san Carlo Borromeo. Prima di prendere possesso della diocesi inviò ai fedeli e al clero una lettera pastorale nella quale diceva: «Il distintivo del buon pastore è la carità». E alla più genuina carità improntò il suo ministero, riordinando la diocesi, eliminando abusi, restaurando la disciplina nel clero e nei monasteri, curando l’educazione catechistica e la preparazione dei futuri sacerdoti. Aveva progettato un grande seminario, ma non poté realizzarlo perché nel frattempo venne eletto cardinale e destinato alla diocesi di Padova. Nella città del Santo giunse in forma privata, osteggiato dal capitolo della cattedrale che temeva il suo rigore morale e la sua decisa volontà di riforma. A Padova Gregorio fu pastore esemplare e infaticabile. Visitò più volte le trecentoventi parrocchie della diocesi, stimolando il processo della riforma del clero e organizzando scuole di catechismo per fanciulli e adulti. Suo fiore all’occhiello, il seminario: lo collocò in un vecchio convento acquistato con la vendita di tutta l’argenteria della curia.

Per l’aggiornamento del clero radunò alcuni importanti sinodi. Il grande vescovo, nei due conclavi ai quali partecipò, rischiò di venire eletto papa, tant’era la stima di cui godeva. Alla sua morte, avvenuta il 18 giugno 1697, durante una visita pastorale, nella sola città di Padova c’erano quarantadue scuole di dottrina cristiana, e trecentoquattordici scuole nell’intera diocesi. Fu incluso nell’albo dei santi, da Giovanni XXIII, nel 1960.