Archivi giornalieri: 30 agosto 2015

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Notizie previdenziali

 

 

Arretrati per blocco rivautazioni 2012-2013

 

 

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale, il Governo ha emanato il decreto per porre rimedio agli appunti fatti dalla Consulta.

Con tale decreto viene estesa la platea di coloro che prendono la rivalutazione per gli anni 2012 e 2013, considerando le pensioni fino a 2.900 euro lordi, ma con due limitazioni :

 

1) Le rivalutazioni sono più basse del normale

 

2) le pensioni non vengono effettivamente rivalutate ma vengono dati solo gli arretrati con la rata di agosto 2015

 

Solo dal 2016 le pensioni saranno rivalutate aggiungendo alla normale rivalutazione una piccola quota di quello che sarebbe spettato come rivalutazione degli anni del blocco.

 

Gli importi netti degli arretrati che arriveranno ad agosto sono all’incirca i seguenti :

 

chi adesso prende fino a 1500 euro lordi non ha arretrati perchè ha già avuto la normale rivalutazione

 

da 1.507 a 1.520 – prende circa 500 euro netti

da 1.570 a 1.620 – prende circa 530 euro netti

da 1.670 a 1.720 – prende circa 565 euro netti

da 1.770 a 1.820 – prende circa 600 euro netti

1.875 euro         – prende circa 617 euro netti

1.925 euro         – prende circa 430 euro netti

da 1.975 a 2.070 – prende circa 330 euro netti

da 2.120 a 2.325 – prende circa 365 euro netti

da 2.375 a 2.820 – prende circa 210 euro netti

2.870 euro         – prende circa 80 euro netti

da 2.920 in poi    – non prende niente

 

 

 

Circolare inps su Legge di stabilità 2015

 

 

La circolare inps n. 74 del 10 aprile 2015, concordata col Ministero del Lavoro,  interpreta i commi della legge di Stabilità 2015 relativi alla limitazione della pensione per chi rientra nel sistema retributivo.

Probabilmente per evitare contenziosi legali, modifica di fatto la portata della norma di legge considerando nel calcolo retributivo della pensione tutti i contributi fino alla data effettiva di pensionamento e non solo quelli fino alla prima data utile al pensionamento.

Inoltre rende possibile superare il limite massimo dei 40 anni di contributi relativo al sistema di calcolo retributivo.

In tal modo il taglio della pensione dovuto al doppio calcolo risulta molto limitato ed in pratica avrà effetto solo per chi ha retribuzioni abbastanza elevate.

 

 

Legge di stabilità 2015

 

Ecco le principali novità in campo previdenziale contenute nella legge di stabilità 2015 (vedi testo della legge):

 

1) I pensionamenti che avvengono tra il primo gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2017 non saranno penalizzati anche se l’età è minore di 62 anni.

 

2) Il TFS, Trattamento di Fine Servizio, dei dipendenti pubblici viene pagato dopo 2 anni a chi, al momento del pensionamento, non raggiunge il limite di età previsto.

 

3) Il valore della pensione sarà il più basso tra quello calcolato con le attuali norme (sistema contributivo dal 2012) e quello calcolato con le vecchie norme (prima della legge Fornero) considerando solo l’anzianità necessaria per maturare il diritto al pensionamento.

Questa norma sarà applicata anche per i pensionamenti avvenuti dal 2012 ma con effetto dal primo gennaio 2015.

 

Questa ultima norma, anche se non  è indicato, interessa solo chi rientra nel sistema retributivo (almeno 18 anni contributi al 31 dicembre 1995).

Sarà effettuato un doppio calcolo della pensione : il primo con il calcolo retributivo fino al 2011 e contributivo dal 2012 in poi, il secondo con il calcolo retributivo di tutti i contributi.

Bisogna tener presente che il calcolo retributivo considera i contributi fino ad un massimo di 40 anni, quindi, chi va, o  è già in pensione, con più di 40 anni di contributi potrà avere un taglio della pensione.

 

Questa norma contiene una ulteriore limitazione che, a nostro parere, sembra molto penalizzante in quanto il calcolo completamente retributivo va fatto considerando solo i contributi necessari ad acquisire il diritto a pensione più quelli eventualmente versati nel periodo della finestra relativa alla prima data utile di pensionamento.

Questo significa che chi ha maturato il diritto a pensione con 35 anni (es. i quota 95 o 96) prima del 2012, ed ha continuato a lavorare, si vede calcolare la pensione con 36 anni di contributi pur avendo versato i contributi per un periodo molto maggiore.

Auspichiamo una circolare esplicativa del Ministero e dell’inps che confermi la portata effettiva di questa norma.

 

 

L’opzione donna ad oggi

 

Sui giornali spesso si leggono notizie errate riguardo l’opzione donna. Riportiamo i punti fermi di tale tipo di pensionamento.

 

Possono andare in pensione con l’opzione donna :

 

– lavoratrici del settore privato che entro novembre 2014 avranno almeno 57 anni e tre mesi di età ed almeno 35 anni di contributi. Andranno in pensione dopo 12 mesi (es. requisiti maturati il 3 maggio 2014 -> in pensione dal primo giugno 2015).

 

– lavoratrici autonome che entro maggio 2014 avranno almeno 58 anni e tre mesi di età ed almeno 35 anni di contributi. Andranno in pensione dopo 18 mesi (es. requisiti maturati il 28 maggio 2014 -> in pensione dal primo dicembre 2015).

 

– lavoratrici del settore pubblico che entro il 30 dicembre 2014 avranno almeno 57 anni e tre mesi di età ed almeno 35 anni di contributi. Andranno in pensione dopo 12 mesi (es. requisiti maturati il 28 dicembre 2014 -> in pensione dal 29 dicembre 2015).

 

– lavoratrici del comparto scuola che entro il 31 dicembre 2014 avranno almeno 57 anni e tre mesi di età ed almeno 35 anni di contributi. Andranno in pensione il primo settembre 2015.

 

Una volta maturato il requisito, volendo, si può smettere di lavorare e aspettare la pensione.

 

La perdita pensionistica del calcolo contributivo dipende da molti fattori e varia da caso a caso tra il 10% ed il 50%. Poichè il pensionamento con opzione donna avviene generalmente diversi anni prima di quello normale, per valutare la perdita pensionistica effettiva bisogna confrontarlo con quello normale che si avrebbe alla stessa data. Per questo abbiamo previsto come calcolo opzionale anche quello della pensione normale (sistema misto o retributivo) alla data di pensionamento con opzione donna.

 

Legge di stabilità 2014 e pensioni

 

Ecco le novità previste nella legge approvata in via definitiva:

 

1) Vengono rimborsati i tagli effettuati nel 2011 e 2012 sulle pensioni superiori ai 90.000 euro lordi.

2) Nel 2014,15 e 16 saranno rivalutate al 100% le pensioni fino a circa 1.485 euro lordi, al 95% la parte da 1.485 a 1980, al 75% la parte da 1.980 a 2.475, al 50% per la parte superiore a 2.475 euro e inferiore a 2.970 euro, al 45% oltre i 2.970 euro. Solo per il 2014 la parte che eccede i 2.970 euro non sarà rivalutata.

3) Nel 2014,15 e 16 è dovuto un contributo di solidarietà sulle pensioni erogate da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie pari al 6% della parte sopra i 7.000 euro lordi al mese e sotto i 10.000 euro, al 12% della parte sopra i 10.000 euro lordi al mese e sotto i 15.000 euro, ed al 18% ‘della parte sopra i 15.000 euro lordi al mese.

4) I dipendenti pubblici che maturano i requisiti per il pensionamento dal 1 gennaio 2014, avranno la liquidazione in più rate (se supera i 50.000 euro lordi), la prima di 50.000 euro lordi, la seconda, dopo un anno di ulteriori 50.000 euro lordi e la terza, dopo un altro anno, pari al residuo.

La prima rata della liquidazione sarà pagata dopo un anno se il pensionamento avviene per vecchiaia o per massima anzianità, dopo due anni per gli altri casi di pensionamento.

5) Per gli iscritti alla Gestione Separata inps ed ad altra gestione obbligatoria, le aliquote contributive saranno del 22% per il 2014, 23,5% per il 2015 e 24% dal 2016 in poi.

 

 

 

Possibilità di andare in pensione con l’opzione donna fino al 2017

 

In seguito alla risoluzione presentata dall’on. Gnecchi approvata da Camera e Senato il 21/11/2013, con la quale si dichiara che il punto 7.2 della circ. 35/2012 è evidentemente contra legem rispetto all’ Art. 1 c.9 della L. 243/2004, è stato richiesto al Governo di intervenire al più presto nei confronti dell’INPS per sollecitare una modifica della circolare stessa.

In pratica l’inps sosteneva che l’opzione donna era possibile se la decorrenza del pensionamento avveniva entro il 31 dicembre 2015, mentre adesso si è indicato che è possibile se entro tale data vengono raggiunti i requisiti.

Bisogna però attendere la nuova circolare dell’inps per avere conferma di tale modifica e vedere se i requisiti considerati per l’età sono quelli validi oggi (57 anni 3 mesi) o quelli precedenti (57 anni). L’ultima data utile di decorrenza dovrebbe essere quindi il primo aprile 2017 o il primo gennaio 2017.

 

 

Possibilità di andare prima in pensione per chi assiste portatori di handicap

 

Chi nel corso dell’anno 2011 ha assistito portatori di handicap e può andare in pensione entro dicembre 2014 con le regole antecedenti alla riforma Fornero, può fare richiesta all’inps di pensionamento.

La decorrenza della pensione può avvenire dal primo gennaio 2014 in poi, e comunque nel limite di 2.500 soggetti (l’inps gestisce l’elenco delle domande).

I dettagli sono contenuti nell’articolo 11-bis della legge 124/2013.

 

 

Possibilità di scivolo per i lavoratori in esubero

 

Con l’approvazione dell’art. 4 della legge 92/2012 le aziende con eccedenza di personale possono stipulare accordi con i sindacati per incentivare l’esodo dei lavoratori cui mancano al massimo 4 anni per la pensione.

Il lavoratore riceve dall’inps un assegno di accompagnamento che è pari alla pensione maturata fino al momento della cessazione lavorativa.

Il datore di lavoro continua a versare i contributi e quando si raggiungono i requisiti l’inps eroga la pensione definitiva.

 

 

Al via la riforma delle pensioni Enpam

 

Con l’approvazione ministeriale della nuova normativa Enpam, dal 2013 sono operativi i nuovi regolamenti pensionistici.

La riforma è stata necessaria per rendere sostenibile il sistema previdenziale dei medici. Questo ha comportato un aumento dei requisiti per la pensione (età, anzianità e contributi, vedi enpam) ed una diminuzione consistente della resa pensionistica dei contributi che vengono versati dal 2013 in poi.

 

Chiarimenti inps su contributi per pensione di vecchiaia.

 

Poichè la legge Fornero ha stabilito che occorrono minimo 20 anni di contributi per avere la pensione di vecchiaia, l’inps a marzo 2012 aveva emesso delle Circolari in cui indicava che tale requisito era necessario anche per chi aveva maturato 15 anni di contributi entro il 1992 o era stato autorizzato ai versamenti volontari entro il 26 dicembre 1992.

 

Con la Circolare n. 16 del 1 febbraio 2013 l’inps fa marcia indietro e comunica che per tali soggetti non sono necessari 20 anni di contribuzioni ma bastano 15 anni (come era prima della legge Fornero).

 

 

Legge di stabilità 2013

 

Ricongiunzioni :

 

gli iscritti ex-inpdap alle casse Enti locali, Servizio Sanitario, Insegnanti e Ufficiali giudiziari che hanno cessato dal servizio entro il 30 luglio 2010 senza diritto a pensione, possono fare domanda per trasferire gratuitamente i contributi all’inps.

 

coloro che hanno contributi in diverse gestioni (inps lavoratori dipendenti,inps autonomi, inps fondi speciali, inps gestione separata, ex-inpdap ed ex-ipost) possono cumulare i contributi senza fare la ricongiunzione o la totalizzazione, se non hanno i requisiti per la pensione in nessuna delle gestioni e  se, sommando i contributi, raggiungono i requisiti per la pensione di vecchiaia.

Con il cumulo la pensione viene calcolata tenendo conto di tutti i periodi contributivi per individuare il sistema di calcolo (retributivo, contributivo o misto) e ogni gestione pensionistica calcola la propria quota in base ai contributi versati.

 

Esodati :

 

 è stata ampliata la platea degli esodati. Vedi i commi della legge da 231 a 234

 

Decreto legge n. 185/2012 (ripristino TFS)

 

Il D.L. in oggetto abroga l’art. 12, comma 10 del D.L. n. 78/2010 che istituiva per i dipendenti pubblici il TFR, Trattamento di Fino rapporto, al posto del TFS, Trattamento di Fine Servizio, a partire dal 1 gennaio 2011.

In seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012, l’ex-Inpdap ha dato disposizione di ripristinare la liquidazione per i dipendenti pubblici come era calcolata prima della modifica del 2010. Quindi la liquidazione viene di nuovo calcolata in base all’ultimo stipendio (statali) o allo stipendio dell’ultimo anno.

La trattenuta del 2,5% rimane inalterata e le liquidazioni già erogate vengono riliquidate con il vecchio calcolo. Se il vecchio calcolo produce un valore più basso rispetto a quanto erogato, non sarà richiesto il recupero della differenza.

 

Proposta di legge bipartisan

 

Il 7 agosto 2012 è stata approvata una proposta di legge per modificare la recente normativa pensionistica.

Le modifiche riguardano alcune facilitazioni per gli esodati e l’introduzione della pensione anticipata con calcolo contributivo anche per gli uomini. In dettaglio, dal primo gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 i lavoratori dipendenti potrebbero andare in pensione con 58 anni (gli autonomi con 59 anni) di età e 35 di contributi. Dal primo gennaio 2016 al 31 dicembre 2017, oltre ai 35 anni, in pensione con 59 anni per lavoratori e lavoratrici dipendenti e 60 anni per gli autonomi.

Il testo della proposta prevede che vengano abolite le finestre anche per questo tipo di pensionamento (a nostro parere, riteniamo improbabile l’eliminazione di un anno di finestra).

Ribadiamo che si tratta di una proposta di legge che deve ancora seguire tutto l’iter parlamentare ed  è possibile che non venga approvata o che vengano introdotte modifiche.

 

Spending Review (Revisione di Spesa)

 

Con Decreto Legge n. 95 del 6 luglio 2012, sono state emanate le norme di revisione della spesa pubblica.

 

L’articolo 2 indica che bisogna ridurre gli organici delle Amministrazioni.

Tra le misure per arrivare effettivamente a tale riduzione, al comma 2 vi è indicata la possibilità per le Amministrazioni di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro con i dipendenti che, con le vecchie norme pensionistiche,  possono andare in pensione entro il 31 dicembre 2014.

Tali dipendenti dovranno avere un preavviso di almeno 6 mesi, e quindi potranno andare in pensione con i requisiti che erano in vigore prima della riforma Monti-Fornero.

 

Ricordiamo che questo decreto dovrà essere approvato dal parlamento e quindi potrebbero esserci delle modifiche.

 

 

Decreto esodati

 

Con decreto del Ministero del Lavoro firmato il 1 giugno 2012, sono stati indicati i numeri ed i requisiti dei cosidetti esodati necessari per mantenere le vecchie regole pensionistiche:

 

a) 25.590 unità – Lavoratori in mobilità normale –  cessazione dal lavoro entro il 4 dicembre 2011 e maturazione dei requisiti per il pensionamento entro il periodo di mobilità

 

b) 3.460 unità –  Lavoratori in mobilità lunga –  cessazione dal lavoro entro il 4 dicembre 2011

 

c) 17.710 unità – Lavoratori nei fondi di solidarietà di settore – devono essere a carico del Fondo al 4 dicembre 2011. Oppure ingresso nel Fondo successivo al 4 dicembre 2011 se l’accesso al Fondo risulta autorizzato dall’inps. In questo secondo caso per andare in pensione, oltre ai normali requisiti, devono avere compiuto almeno 62 anni.

 

d) 10.250 unità – Prosecutori volontari – autorizzati ai versamenti volontari entro il 3 dicembre 2011, con almeno un contributo volontario al 6 dicembre 2011, che non abbiano ripreso a lavorare dopo l’autorizzazione ai versamenti volontari e la cui decorrenza della pensione deve avvenire entro il 6 dicembre 2013.

 

e) 950 unità – Lavoratori esonerati – esonero in corso alla data del 4 dicembre 2011. Devono fare richiesta alla Direzione Territoriale del Lavoro.

 

f) 150 unità – Genitori di disabili – lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultano essere in congedo per assistere figli con disabilità grave ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, i quali maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito contributivo per l’accesso al pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica. Devono fare richiesta alla Direzione Territoriale del Lavoro.

 

g) 6.890 unità – Incentivati all’esodo – lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali o collettivi, senza successiva rioccupazione,  la cui decorrenza della pensione avviene entro il 6 dicembre 2013. Devono fare richiesta alla Direzione Territoriale del Lavoro.

 

 

 

Aggiornati i coefficienti pensionistici per il 2013

 

Con decreto del Ministero del Lavoro del 15 maggio 2012, sono stati indicati i coefficienti di trasformazione del montante contributivo che saranno utilizzati a partire dal primo gennaio 2013.

Questi coefficienti servono per calcolare la quota di pensione contributiva a partire dal valore dei contributi accumulati (montante contributivo).

Il valore dei coefficienti dipende dall’età: più aumenta l’età, più aumenta il coefficiente e maggiore sarà la quota di pensione.

Fino al 2012 il massimo valore dei coefficienti si ha per l’età di 65 anni, oltre i 65 anni il coefficiente non aumenta. Dal 2013 i coefficienti aumentano fino a 70 anni, facendo di conseguenza aumentare la pensione per chi si trattiene a lavorare oltre i 65 anni.

Il valore dei coefficienti viene calcolato in base alla durata media della vita, e siccome questa tende ad aumentare, i coefficienti tendono a diminuire. Infatti i nuovi coefficienti, a parità di età, sono più bassi di circa il 3% rispetto a quelli attuali. Sono inoltre previste delle successive revisioni dei coefficienti ogni due-tre anni.

L’impatto delle variazioni dei coefficienti sulle pensioni dipende dal tipo di sistema in cui si rientra: chi è nel retributivo avrà l’impatto minore, perchè solo una piccola quota di pensione viene calcolata col sistema contributivo. L’impatto maggiore sarà per coloro che rientrano nel sistema contributivo e per le donne che vanno in pensione con i vecchi requisiti di 57 anni e 35 di contributi.

 

 

 

Chiarimenti inps in merito alla riforma delle pensioni (legge 214/2011)

 

L’inps ha chiarito alcuni aspetti della recente riforma pensionistica. Sono confermate le indicazioni che avevamo già esposto sul sito, con le seguenti precisazioni :

 

Anche l’età necessaria per la pensione anticipata delle donne viene aumentata in base all’aumento dell’aspettativa di vita. Quindi dal 2013 occorrono 57 anni e 3 mesi per la pensione con calcolo contributivo per lavoratrici dipendenti e 58 anni e 3 mesi per le autonome.

 

Anche l’età di 64 anni, necessaria per i lavoratori del settore privato che maturano i requisiti per la pensione nel 2012, viene aumentata in base all’aumento dell’aspettativa di vita. Quindi dal 2013, a questi lavoratori, occorrono 64 anni e 3 mesi per poter andare in pensione (il nostro pensionometro ne teneva già conto).

 

I requisiti e le finestre per la totalizzazione rimangono gli stessi ma sono anch’essi soggetti all’aumento per l’aspettativa di vita.

 

I lavoratori precoci che vanno in pensione entro il 2017 ed hanno periodi di contribuzione diversi da lavoro, maternità obbligatoria, militare, infortunio, malattia e cassa integrazione ordinaria, possono evitare la penalizzazione se si trattengono al lavoro per un periodo corrispondente a quello diverso da  lavoro, maternità obbligatoria, militare, infortunio, malattia e cassa integrazione ordinaria. Ad esempio se un lavoratore ha 6 mesi di disoccupazione indennizzata e va in pensione a gennaio 2015 con 58 anni, ha una penalizzazione sulla pensione del 6%, ma se lavora fino a giugno 2015 va in pensione a luglio 2015 senza penalizzazioni. 

 

 

 

Modifiche al Decreto sulle pensioni approvate nella legge di conversione del decreto milleproroghe (legge n. 14/2012)

 

Tra i lavoratori che conservano le vecchie norme, nei limiti delle disponibilità, vengono inseriti anche coloro che sono stati incentivati all’esodo, purchè siano cessati entro il 2011 ed il pensionamento con le vecchie norme sia previsto entro il primo dicembre 2013.

 

Tra i lavoratori che conservano le vecchie norme, nei limiti delle disponibilità, vengono inseriti anche i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultano essere in congedo per assistere figli con disabilità grave ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, i quali maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, 40 anni di contribuzione

 

Le penalizzazioni previste per chi va in pensione prima dei 62 anni, non si applicano a chi va in pensione entro il 2017 con contribuzione che derivi solo da lavoro, maternità obbligatoria, militare, infortunio, malattia e cassa integrazione ordinaria.

 

 

 

Emendamenti al Decreto sulle pensioni approvati definitivamente il 22/12/2011

 

I lavoratori del settore privato che maturano quota 96 entro il 31 dicembre 2012, possono andare in pensione a 64 anni.

 

Le lavoratrici del settore privato che entro il 31 dicembre 2012 compiranno 60 anni e avranno almeno 20 anni di contribuzione, potranno andare in pensione a 64 anni.

 

La penalizzazione per chi va in pensione prima dei 62 anni sarà pari a 1% per i primi due anni mancanti e al 2% per gli eventuali ulteriori anni.

 

L’adeguamento delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 viene effettuato al 100% per le pensioni fino a 1.400 euro; non viene effettuato per le pensioni di importo maggiore.

 

 

 

Decreto sulle pensioni n. 201 del 6/12/2011

 

Chi matura il diritto alla pensione entro il 31/12/2011 potrà andare in pensione dopo la prevista finestra .

 

Il pensionamento anticipato per le donne (57 anni e 35 di anzianità) è stato confermato anche per i prossimi anni.

 

 

1) Passaggio al sistema contributivo per tutti.

 

Dal 1 gennaio 2012 passeranno al sistema contributivo anche coloro che rientrano in quello retributivo (che hanno almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995).

Il passaggio sarà pro-quota, cioè manterranno il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011, mentre dal primo gennaio 2012 matureranno una quota di pensione col sistema contributivo.

In pratica la pensione sarà formata da tre quote, una quota retributiva per il periodo fino al 1992, una quota retributiva per il periodo dal 1993 al 2011 ed una quota contributiva per il periodo dal 2012 alla pensione.

L’impatto sul valore della pensione sarà abbastanza piccolo perchè il sistema contributivo sarà applicato solo ai pochi anni che mancano al pensionamento.

 

 

2) Cancellazione delle finestre pensionistiche.

 

Dal 2012, per le pensioni di vecchiaia e massima anzianità, saranno abolite le finestre di uscita, attualmente pari a 12 mesi per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi. Quindi, una volta maturato il diritto al pensionamento, si potrà andare in pensione dal primo giorno del mese successivo.

 

3) Accelerazione dell’innalzamento dell’età di vecchiaia per le lavoratrici del settore privato.

 

L’innalzamento dell’età da 60 a 65 anni previsto dalle precedenti manovre inizia nel 2012 e termina nel 2018 :

 

lavoratrici dipendenti

2012 – 62 anni

2014 – 63 anni e 6 mesi

2016 – 65 anni

2018 – 66 anni

 

lavoratrici autonome

2012 – 63 anni e 6 mesi

2014 – 64 anni e 6 mesi

2016 – 65 anni e 6 mesi

2018 – 66 anni

 

 

4) Aumento dell’anzianità per le pensioni di anzianità massima.

 

Fino al 31 dicembre 2011 chi raggiunge i 40 anni di anzianità contributiva può andare in pensione (dopo 12 o 18 mesi di finestra) a prescindere dall’età.

Dal 2012 questo limite da 41 anni viene portato a 41 anni ed un mese per le donne e a 42 anni ed un mese per gli uomini. Nel 2013 aumenterà di un altro mese e nel 2014 aumenterà ancora di un altro mese.

Tale limite aumenterà anche in base all’aumento dell’aspettativa di vita.

Inoltre se l’età al momento del pensionamento sarà minore di 62 anni, sarà applicata una penalizzazione sulla pensione pari al 2% per ogni anno mancante ai 62.

 

5) Cancellazione delle pensioni di anzianità.

 

E’ la parte più dura dei provvedimenti. Le pensioni di anzianità vengono eliminate.

Dal 2012 si potrà andare in pensione solo per vecchiaia o per massima anzianità (41 o 42 anni).

 

6) Blocco dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita.

 

Ogni anno le pensioni vengono adeguate all’aumento del costo della vita in base alle variazioni dell’indice Istat (perequazione).

Questo adeguamento è completo per le pensioni più basse, mentre per quelle più alte è parziale fino ad annullarsi per quelle che superano un dato valore.

Nel 2012 e 2013 saranno adeguate completamente al costo della vita le pensioni fino a 1402 euro, mentre quelle di importo superiore non avranno nessun incremento.

 

7) Incremento dei contributi per i lavoratori autonomi.

 

E’ previsto un aumento dei contributi dello 0,3% all’anno fino a raggiungere un aumento complessivo di 2 punti percentuali.

 

 

8) Penalizzazioni delle pensioni per alcuni fondi speciali.

 

Le pensioni degli iscritti ad alcuni fondi, tra cui elettrici, telefonici, volo, saranno un po’ più basse per rapportarle ai contributi versati.

 

 

Maxi-emendamento del 12 novembre 2011

 

Il maxi-emendamento alla legge di stabilità, approvato il 12 novembre 2011, non prevede alcuna modifica effettiva alle pensioni, in quanto impone che nel 2026 l’età del pensionamento di vecchiaia sia almeno di 67 anni, ma questo è già previsto per effetto dell’aumento dell’aspettativa di vita.

Però nella recente lettera del commissario europeo Olli Rhen, al punto 5 si chiede un intervento sulle pensioni si anzianità:

 

5 – Nella lettera (ndr quella inviata da Berlusconi alla commissione europea), il governo descrive l’impatto dell’attuale legge pensionistica, inclusa l’applicazione, anticipata e decisa di recente, di un collegamento automatico all’aspettativa di vita e di un livellamento graduale dell’età pensionistica per le donne nel settore privato che, in base alle proiezioni disponibili per l’aspettativa di vita, dovrebbe portare a 67 anni entro il 2026 l’età obbligatoria per le pensioni di vecchiaia. Tuttavia, l’età della pensione per le donne nel settore privato resterà inferiore a quella degli uomini per molti anni a venire (contrariamente a quanto accadrà nel settore pubblico). Oltre a ciò, nei prossimi anni le norme che regolano l’andata in pensione consentiranno di fatto di farlo in età ancora relativamente giovane. Il governo sta studiando – per poter affrontare e risolvere queste lacune della recente riforma – dei provvedimenti adeguati, per esempio una restrizione ulteriore dei criteri di esigibilità della pensione di anzianità, o addirittura una loro abrogazione totale, e una più rapida transizione verso il livellamento tra i generi dell’età pensionistica standard?

 

 

Conversione in legge della Manovra aggiuntiva approvata dal senato

 il 7 settembre 2011

 

 

La versione definitiva della manovra aggiuntiva, approvata dal senato in data 7 settembre 2011, oltre alle norme sulle pensioni approvate nei mesi scorsi, anticipa al 2014 l’inizio dell’aumento dell’età pensionabile di vecchiaia delle lavoratrici del settore privato.

 

Ovviamente le lavoratrici potranno continuare ad andare in pensione di anzianità con le quote o con il raggiungimento dei 40 anni di contributi.

 

In pratica, per il pensionamento di vecchiaia, le lavoratrici dovranno avere :

 

dal gennaio 2014 – 60 anni ed un mese

dal gennaio 2015 – 60 anni e tre mesi

dal gennaio 2016 – 60 anni e sei mesi

dal gennaio 2017 – 60 anni e dieci mesi

dal gennaio 2018 – 61 anni e tre mesi

dal gennaio 2019 – 61 anni e nove mesi

dal gennaio 2020 – 62 anni e tre mesi

dal gennaio 2021 – 62 anni e nove mesi

dal gennaio 2022 – 63 anni e tre mesi

dal gennaio 2023 – 63 anni e nove mesi

dal gennaio 2024 – 64 anni e tre mesi

dal gennaio 2025 – 64 anni e nove mesi

dal gennaio 2026 – 65 anni

 

Siccome dal 2013 l’età per il pensionamento aumenterà anche per l’aumento della speranza di vita, i valori effettivi saranno un poco maggiori di quelli indicati in tabella.

 

 

Sintesi sulla Manovra aggiuntiva di agosto 2011 e pensioni

 

 

La manovra aggiuntiva, attuata al momento con decreto legge che dovrà essere a breve convertito in legge, contiene alcune misure di contenimento della spesa che riguardano le pensioni.

Di seguito i provvedimenti più importanti:

 

– aumento di un anno della durata della finestra per i lavoratori pubblici della scuola e Università

A partire dal primo gennaio 2012, i lavoratori in oggetto che maturano il requisito per andare in pensione dovranno aspettare il primo settembre o novembre ma non dell’anno in corso, bensì dell’anno successivo.

 

– aumento del tempo di conferimento della liquidazione per i lavoratori statali.

I lavoratori in oggetto che maturano i requisiti per il pensionamento dal 13 agosto 2011 riceveranno la liquidazione non più entro sei mesi dal pensionamento ma entro (dopo) due anni dalla data di pensionamento. Sono esclusi da tale provvedimento quelli che cessano dal servizio per raggiunti limiti di età o di servizio.

 

– penalizzazione di pensione e liquidazione per i dirigenti statali con incarico inferiore ai tre anni.

Ai dirigenti statali che ricevono (in data successiva al decreto oppure con decorrenza successiva al 1 ottobre 2011) un incarico della durata inferiore a tre anni, la pensione e la liquidazione non saranno calcolate sull’ultimo stipendio prima del pensionamento, ma sulla stipendio prima dell’incarico.

 

– anticipo di quattro anni dell’ innalzamento dell’età pensionabile per le lavoratrici autonome e del settore privato fino ad arrivare a 65 anni.

 In pratica, a partire dal primo gennaio 2016, ogni anno si aumenta l’età pensionabile di alcuni mesi.

Bisogna inoltre tener conto che a partire dal 2013 l’età pensionabile aumenterà già per l’aumento dell’aspettativa di vita, per cui dal 2013 l’età pensionabile aumenterà sia per l’uno che per l’altro motivo.

 

 

 

 

Sintesi sulla Manovra approvata il 15 luglio 2011 e pensioni

 

 

La legge n. 111 del 15 luglio 2011, contiene alcune misure di contenimento della spesa che riguardano le pensioni.

Di seguito alcuni provvedimenti più importanti:

 

– dal 2020 graduale innalzamento dell’età pensionabile per le lavoratrici autonome e del settore privato, fino ad arrivare nel 2032 a 65 anni.

 In pratica, a partire dal primo gennaio 2020, ogni anno si aumenta l’età pensionabile di alcuni mesi.

Bisogna inoltre tener conto che a partire dal 2013 l’età pensionabile aumenterà già per l’aumento dell’aspettativa di vita, per cui dal 2020 l’età pensionabile aumenterà sia per l’uno che per l’altro motivo.

 

– anticipo al 2013 dell’aumento dei requisiti di età in base all’aumento dell’aspettativa di vita.

si anticipa di due anni l’incremento dei requisiti per andare in pensione.

Nel 2013 l’aumento è limitato a 3 mesi, negli anni seguenti potrebbe essere maggiore.

 

– dal 2012 la finestra per chi va in pensione con 40 anni aumenta a 13 mesi; dal 2013 a 14 mesi e dal 2014 a 15 mesi.

chi compie i requisiti per la pensione di anzianità con i 40 anni di contributi nel 2012 dovrà aspettare 13 mesi prima di poter andare in pensione. Se i requisiti vengono completati nel 2013 la finestra sarà di 14 mesi, e dal 2014 in poi sarà di 15 mesi.

 

– nel 2012 e 2013 le pensioni superiori a cinque volte la pensione minima non verranno adeguate all’aumento dell’Istat, quelle superiori a tre volte la pensione minima verranno adeguate parzialmente.

 – nel 2012 e 2013 le pensioni superiori a 2337 euro lordi (pari a circa 1760 euro netti) non verranno adeguate all’aumento dell’Istat, quelle superiori a 1402 euro lordi (pari a circa 1.140 euro netti) verranno adeguate del 75% rispetto l’inflazione.

 

– contributo di solidarietà : le pensioni superiori a 90.000 euro sono ridotte del 5%, superiori a 150.000 vengono ridotte del 10%.

 – da agosto 2011 fino a dicembre 2014, le pensioni superiori a 90.000 euro saranno tagliate del 5% della parte che eccede i 90.000 euro fino a 150.000. La parte eccedente i 150.000 euro sarà decurtata del 10%.

 

 

 

Sintesi su Manovra del 2010 e pensioni

 

 

La manovra economica, approvata definitivamente il 29 luglio 2010, riserva cattive notizie a chi deve andare in pensione. Riportiamo una sintesi delle novità:

 

– finestra pari ad un anno per i lavoratori dipendenti, e un anno e mezzo per gli autonomi, che maturano il diritto al pensionamento dal primo gennaio 2011.

 In pratica, a partire dal primo gennaio 20011, dal momento che si matura il diritto al pensionamento bisogna aspettare tale periodo prima di poter andare effettivamente in pensione. Ad esempio se un lavoratore dipendente compie i 65 anni il 3 maggio 2011, il pensionamento inizia il primo giugno 2012.

 

-dal 2015, ogni tre anni, aumento dei requisiti di età in base all’aumento dell’aspettativa di vita.

Dal primo gennaio 2015 l’età per il pensionamento di vecchiaia e di anzianità aumenterà in base all’aumento della vita media che si è verificato nei tre anni precedenti. Ma di quanto aumenterà ?

Nel 2015 l’aumento è limitato a 3 mesi, negli anni seguenti potrebbe essere maggiore. In pratica un lavoratore dipendente che compie 65 anni nel 2015 potrà andare in pensione di vecchiaia a 66 anni e tre mesi. Se vuole andare in pensione di anzianità dovrà compiere 61 anni e tre mesi, avere almeno 35 anni di contributi e la somma di età e anzianità dovrà superare quota 97,3.

 

– dal primo luglio 2010 viene cancellata la legge 322/58 e altre analoghe

 I lavoratori pubblici che cessano dal servizio senza maturare il diritto alla pensione presso l’inpdap, non potranno più trasferire i contributi all’inps.

 

– dal primo luglio 2010 viene modificato l’articolo 1 della legge 29/79

 La ricongiunzione dei contributi da un Fondo sostitutivo (ad esempio Inpdap) al Fondo Generale dell”inps non sarà più gratis ma a titolo oneroso.

 

– dal 31 luglio 2010 viene modificato l’articolo 2 della legge 29/79

 La ricongiunzione dei contributi verso un Fondo sostitutivo (ad esempio Inpdap) viene calcolata in base ai ai coefficienti contenuti nelle tabelle vigenti alla data di presentazione dell’istanza di ricongiunzione (attualmente le tabelle sono state aggiornate dal DM 31 agosto 2007). In pratica aumenta il costo della ricongiunzione.

 

 

– dal primo luglio 2010 gli iscritti ai Fondi Elettrici e Telefonici possono trasferire i contributi nell’AGO solo a titolo oneroso

 In pratica la pensione non sarà, come avveniva prima, la maggiore tra quella calcolata nel Fondo speciale e quella nel Fondo generale. Per avere la pensione calcolata con le regole del Fondo generale dovranno fare domanda e pagare l’onere della ricongiunzione

rassegna.it

Newsletter del 28/08/2015

Piano contro il caporalato in 15 giorni (27/08/2015 18:46)

  Il vertice nazionale sul caporalato ha dato mandato alla cabina di regia di definire misure di contrasto entro due settimane. Martina: “Non sarà emergenza, ma azioni costanti”. I sindacati soddisfatti: “Incontro proficuo e molto importante”

Gualdo Tadino: Filcams, su aperture domenicali pronti ad aprire il confronto (27/08/2015 14:46)

Massa Carrara: domani (28/8) Camusso a festa Cgil (27/08/2015 12:45)

Caporalato, Martina: presto confisca beni per chi compie il reato (27/08/2015 12:32)

Jobs Act, slittano gli ultimi decreti (27/08/2015 09:28)

  Forse al 4 settembre in Consiglio dei ministri. Poletti: solo sovraffollamento di provvedimenti, nessun problema. In realtà pare non ancora del tutto chiarita la questione dei controlli a distanza

Radioarticolo1, i programmi di oggi (27/8) (27/08/2015 09:01)

di Stefano Rodotà, da Repubblica

Il risveglio tardivo dei critici di Renzi

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di Stefano Rodotà, da Repubblica

Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad un crescendo di dichiarazioni da parte di studiosi e commentatori che definiscono la linea politico-istituzionale di Matteo Renzi plebiscitaria, presidenzialista, autocratica, da uomo solo al comando, autoritaria. Quel che colpisce in queste dichiarazioni è che spesso provengono da persone che, quando nel marzo dell’anno scorso alcuni si permisero di mettere in guardia contro il rischio della nascita di un sistema autoritario, si stracciarono le vesti, gridarono all’intollerabile forzatura, mostrando tra l’altro di non conoscere la distinzione tra “autoritario” e “totalitario”.

Si potrebbe essere soddisfatti di queste tardive resipiscenze, se non fosse che in politica i tempi contano per chi agisce e per chi discute. Non è irragionevole pensare che la tempestiva creazione di un fronte culturale critico avrebbe potuto indirizzare le riforme istituzionali verso risultati più accettabili, considerando che erano venute proposte che andavano oltre il muro contro muro. L’occasione è stata perduta da parte di quelli che furono silenziosi o compiacenti. Ma pure da Renzi, che aveva a disposizione indicazioni che avrebbero consentito di ridurre il tasso antidemocratico dell’accoppiata tra legge elettorale e riforma del Senato.

Grandi le responsabilità della cultura, ma grandi pure quelle di chi, nelle sedi politiche, ha conosciuto un tardivo risveglio. Oggi la minoranza del Pd si è convertita all’intransigenza, si ingegna nel cercare varchi regolamentari nei quali far passare le sue proposte di modifica, ma è stata incapace di mettere a punto una ragionevole strategia nel momento in cui si approvava la legge elettorale e si avviava la lettura della riforma del Senato. Di nuovo incapacità di cogliere la rilevanza del tempo in politica. Non basta fare la buona battaglia, bisogna farla al momento giusto.

Comunque si valutino le vicende passate, è difficile negare che siamo di fronte ad una modifica della forma di governo, non accompagnata, come dovrebbe essere in democrazia, da una adeguata considerazione degli equilibri costituzionali complessivi. Problema non nuovo, perché il funzionamento del sistema era stato già gravemente alterato soprattutto attraverso le varie manipolazioni delle leggi elettorali. L’urgenza vera, allora, dovrebbe essere la ricostruzione di rapporti tra gli organi dello Stato tale da restaurare almeno gli equilibri perduti. Questa strada non è stata neppure presa in considerazione; i suggerimenti di modificare almeno alcuni aspetti del nuovo Senato per recuperare qualche brandello di garanzia sono stati respinti persino con tracotanza. Oggi la residua “battaglia” per tornare solo all’elezione diretta dei senatori può essere poca cosa, se non accompagnata da altre modifiche. Siamo in presenza di un effetto a cascata. Il Presidente del Consiglio finisce d’essere un primus inter pares e acquista un potere di pieno controllo del Governo. Il Governo declassa il Parlamento a luogo di registrazione.

La nuova combinazione Presidente del Consiglio-Governo-Parlamento consente al partito di governo, grazie al doppio effetto maggioritario della legge elettorale, di impadronirsi del controllo di organi di garanzia come la Presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale. L’accentramento di poteri così realizzato rende superflua, almeno nelle intenzioni dichiarate dal Presidente del Consiglio, ogni forma di mediazione politico-sociale – dei sindacati, degli stessi partiti ridotti a macchine elettorali, delle istituzioni culturali, del sistema dell’informazione – e viene così cancellata la rilevanza di quel potere di controllo diffuso nella società che ha sempre giocato un ruolo essenziale nella vita delle democrazie.

Proprio negli ultimi tempi, e di nuovo dopo le ultimissime vicende romane, si è lamentata la perdita degli anticorpi civile e sociali che sono indispensabili per contrastare criminalità, corruzione, privatizzazione delle risorse pubbliche, fuga dal dovere di pagar le tasse. Ma quella perdita è andata di pari passo con l’indebolimento degli anticorpi istituzionali, rappresentati persino con ostentazione come un intralcio all’efficienza e alla rapidità delle decisioni. Qui hanno giocato un ruolo decisivo una cultura politica e una cultura costituzionale che non sono state capaci di declinare quei temi al di là della risposta sbrigativa e pericolosa dell’accentramento dei poteri. Non si sono degnate della minima attenzione le ricerche sulle difficoltà profonde della democrazia, sì che nella proclamata riforma costituzionale manca ogni significativo cenno alla partecipazione e a quella nuova organizzazione dei poteri sociali che va sotto il nome di “controdemocrazia”.

Tutto questo ha fatto sì che l’impresa riformatrice goda oggi di una legittimazione decrescente, che si aggiunge ad una delegittimazione più radicale di cui non si è voluto temer conto. Un cambiamento costituzionale così profondo viene realizzato da un Parlamento eletto con una legge dichiarata illegittima, constatazione che avrebbe dovuto almeno indurre alla massima prudenza e a muoversi sempre con il massimo consenso. Acqua passata? Niente affatto, perché si è costituito un precedente per modifiche costituzionali costruite come esercizio della forza.

A chi intende trasformare la critica in azione politica si oppone, con sempre maggiore insistenza, un solo argomento.
State preparando il terreno propizio al successo di Salvini o di Grillo. Lasciamo da parte la non onorata storia di questo argomento, sempre sospetto di intenti ricattatori. Si deve riflettere, invece, sul modo in cui è stata concepita e attuata l’azione di governo. Non vi sono alternative – si è detto e si continua a dire. Muovendo da questa incerta certezza, si è adoperato il muro contro muro, tutti gli interlocutori critici sono stati considerati nemici. Una strategia che fatalmente erode il consenso per il Governo. La democrazia non può essere separata dall’esistenza di alternative, soffre ogni monolitismo e, quando si rende difficile il dialogo o non si accetta la costruzione di nuovi soggetti, si è responsabili dell’astensione di massa, della democrazia senza popolo, o del rivolgersi a chiunque sul mercato si presenti come alternativa. 

(26 agosto 2015)

Podemos

L’idea di politica dalle parti di Podemos

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Una riflessione sull’idea alternativa di politica che sta imponendosi tra le nuove generazioni spagnole, a partire dal libro “Corso urgente di politica per gente decente” di Juan Carlos Monedero, ex numero due di Podemos, edito in Italia da Feltrinelli. Un testo che è la cartina di tornasole delle profonde difficoltà a pensare l’Altrapolitica in maniera – al tempo – strutturata e strategica.

di Pierfranco Pellizzetti


«
Fine della guerra fredda e recupero del

conflitto ottocentesco, quando gli operai
cominciavano a organizzarsi. I barbari
sono all’interno. La patria non può essere
la plebaglia. La patria è formata da quelli
che hanno un reddito
»
J.C. Monedero

 

«Nel XX secolo i filosofi hanno cercato di
cambiare il mondo. Nel XXI è ora che si
mettano a interpretarlo in modo diverso
»

Manuel Castells

Se buona parte dei giocatori del Barça sono il prodotto della “cantera” (alla lettera “cava/miniera”, significato traslato nel vocabolario della stampa sportiva come “allevamento/incubatore”), la scuola per calciatori junior della società catalana, allo stesso modo buona parte dei quadri medio-alti di Podemos provengono dal laboratorio dell’Università madrilena Complutense

Vale per il leader – Pablo el coleta Iglesias – vale anche per l’ex numero due della formazione politica emergente sulle ceneri del Movimento degli Indignados (o 15-M, da quel 15 maggio 2011 in cui la protesta si accampò alla Puerta del Sol), il professor Juan Carlos Monedero; autore del saggio sull’idea alternativa di politica che sta imponendosi tra le nuove generazioni spagnole e che – sulla scia del successo mediatico di tale parola d’ordine – è stato recentemente editato da Feltrinelli. 

Un documento molto interessante, sia quale testimonianza di una sensibilità politica in formazione, come pure quale sensore della cultura politica progressista d’area ispanica; molto avanzata sulle problematiche di territorio come sui paradigmi della mediatizzazione e dell’informazionalismo, quanto vincolata a concettualizzazioni socio-economiche e organizzative retrò; in qualche misura influenzate dai ritardi dei propri contesti di riferimento (dunque più impregnata di pensieri pre-industriali – da Antonio Gramsci al demo-populista argentino Ernesto Laclau – che non sensibilizzata alle lezioni critiche dell’ultima modernità capitalistica: dai classici John M. Keynes o Joseph A. Shumpeter fino ai contemporanei alla Paul Krugman o Thomas Piketty, passando per economisti d’impresa quali John K. Galbraith o Robert Solow; nella transizione dall’economia reale alla virtualità finanziaria e al decentramento transnazionale). 

Il politologo Monedero, già esponente di Podemos (quale “segretario de proceso costituyente y programa”), da cui si dimise il 30 aprile 2015, è un intellettuale dall’aspetto informale e gauchista comune ai suoi colleghi madrileni; dalla simpatica mascherina spiegazzata di un ragazzino cinquantenne (che lo fa assomigliare vagamente a Stefano Menichini, già direttore de l’Europa; quotidiano della clandestinità nato come organo della Margherita). 

Se l’obiettivo del suo saggio è quello di suscitare stati d’animo appassionati per una ripresa di militanza politica attiva in sempre più vasti strati di cittadinanza (l’autore le chiama mareas ciudadanas: «le lotte contro gli sfratti, le proteste contro la corruzione, le cooperative di lavoro o di consumo, le migliaia di manifestazioni contro la perdita dei diritti sociali, gli scioperi in difesa dei posti di lavoro, i milioni di persone decenti stanche di turarsi il naso»), si può dire che l’obiettivo è stato raggiunto. Se – invece – l’intento era quello di virare la passione verso un “che fare” ragionato, per invertire i rapporti di forza che vedono l’Economico sottomettere la Politica, allora è giocoforza osservare come “il corso” incontri limiti insuperabili nella propria pamphlettistica ingenuità. In quella corsa alla semplificazione per ottenere consenso attraverso il rassicuramento, che sembra un tratto distintivo dei limiti teorici nei soggetti intenzionati a tradurre politicamente il fenomeno mondiale dell’indignazione contro la globalizzazione finanziaria del mondo, che caratterizzò il 2011. Un’insorgenza a livello planetario che, passata la buriana, si concluse con la priorità attribuita da tutti i governi al salvataggio degli istituti di credito e il ripristino dell’ordine fondato sul privilegio e la disuguaglianza. Alla faccia della protesta! 

Monedero intuisce che l’indignazione è destinata a sfociare in frustrazione da impotenza se non si trasforma in contropotere capace di riequilibrare i rapporti di forza in campo. Ma lo schema del ragionamento viene banalmente calato negli stilemi di un conflitto industrialista da “marxismo volgare”. Nella perdita della consapevolezza storica riguardo alla fase capitalistica iniziata con i primi opifici ottocenteschi e andata a esaurimento dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso. Non certo un assetto sub specie aeternitatis. 

Tanto da incappare in svarioni inspiegabili per un docente di scienza politica; tipo quello di far discendere anacronisticamente l’avvento della democrazia nell’Atene (schiavista) del V secolo A.C. dalle lotte tra capitalisti e lavoratori poveri. Non dallo scontro del tribalismo della Società Chiusa con l’istanza di apertura verticale dei ceti emergenti. Con la conseguente coniugazione del conflitto con un’idea di blocco sociale, da contrapporre allo strapotere della ricchezza, che sembra ricalcato da qualche testo degli Inti Illimani(un indistinto sociale che funzionava per i militanti nella Feste dell’Unità, al tempo del Compromesso Storico berlingueriano; poi migrato per stanchezza in quelle democristianedell’Amicizia). 

Sulle note di un flauto andino, dall’illusorio El pueblo unido que mas serà vencido allo iettatorio Venceremos: «campesinos, soldados y obreros/ la mujer de la patria también/ estudiantes, empleados, mineros/ cumpliremos con nuestro deber». Insomma, una rivoluzione romantica che travalica le Ande al seguito di Simon Bolivar… Difatti Monedero ha bazzicato a lungo da quelle parti, come altri colleghi podemisti dellaComplutense (nel suo caso, con qualche incidente di percorso, che el Pais e altri avversari hanno immediatamente rilevato, quando studiò il progetto di moneta unica tra Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua; ricevendo il compenso non trascurabile di 425mila €, oggetto di qualche tentativo di occultamento per il fisco spagnolo da parte del beneficiato. Uno scivolone che sta creando non pochi grattacapi allo stesso Podemos). 

Ma al di là delle miserie della cronaca, quello che ci interessa è il testo in esame, cartina di tornasole delle profonde difficoltà a pensare l’Altrapolitica in maniera – al tempo – strutturata e strategica. 

Difatti risulta evidente che avevano ragione i nostri amici Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena, nel loro instant book sul nuovo che avanza in terra iberica, quando avevano interpretato il rifiuto della classica distinzione tra destra e sinistra, da parte degli ideologi di Podemos, come scelta espressiva di una “sinistra spagnola oltre la sinistra”. Predilezione terminologica (alto/basso, establishment/anti-establishment) resasi inevitabile dopo il crollo di credibilità della sinistra tradizionale, a seguito di un’interminabile sequenza di cedimenti e collusioni (diventata parossistica nella stagione di Terza Via). Dunque “sinistri” senza dichiararlo, in uno strano melange ideologico che fluttua dal vintage all’up-to-date

Difatti Monedero dichiara esplicitamente che «nel ventunesimo secolo la ricostruzione della sinistra europea dovrà cominciare dagli aspetti personali per riuscire a convincere le grandi maggioranze, che oggi sostengono la destra e anche la sinistra pro-sistema» (pag. 117). “Ricostruire la sinistra”, appunto. Ma davvero si pensa di compiere tale operazione acrobatica riducendo l’impegno alla riproposizione di un “socialismo del ventunesimo secolo”? Resurrezione – tra l’altro – da realizzare aggregando casalinghe e impiegati in quanto proletarizzati? Ieri come oggi tipici elettorati di destra in quanto impauriti (e alla ricerca dell’Uomo Forte). 

Magari facendo ricorso in tale resurrezione immaginaria a qualche fumisteria intellettualistica sulle moltitudini alla Toni Negri? Un autore molto apprezzato – quest’ultimo – da teorici e pratici dell’Altrapolitica spagnoli come greci, vogliosi di “fare i fenomeni” volteggiando tra antico e postmoderno; per poi suicidarsi metaforicamente ingurgitando velleitarismo. Da Fausto Bertinotti ad Alexis Tsipras. 

Speriamo, per la salvezza di una società vampirizzata dai Nosferatu dell’ordine NeoLib, che non sia questo il destino incombente sul capo di Podemos

Certo è che la ricostruzione di una società “decente”, dopo il Quarantennio Inglorioso in corso, non può fondarsi sulle retoriche otto-novecentesche del socialismo, inteso come critica dei rapporti di produzione in una Seconda Modernità che ormai ha marginalizzato le produzioni e connota in maniera totalmente diversa la questione dei rapporti di dominio. 

Difatti, in un contesto che ha smarrito l’antico “conflitto centrale” (produttivistico), i focolai di crisi diventano molteplici. E quindi occorrerebbe operare una mossa teorica di scarto. Sicché può essere utile ricorrere magari a un altro intellettuale latino-americano – il brasiliano Roberto Mangabeira Unger – il quale propone di posizionare lo scontro con la controriforma reazionaria NeoLib sul terreno meta-economico della democrazia, intesa in senso “radicale” (nel suo lessico, “ad alta energia”); oltre i compromessi socialdemocratici: «ridisegnare la produzione e la politica, da cui la socialdemocrazia si è ritirata quando venne stabilito, a metà del XX secolo, il compromesso che ha definito il suo orizzonte attuale» (Democrazia ad alta energia, Fazi, Roma 2007, pag. 18). 

Democrazia come civilizzazione orientata all’innovazione perpetua, ben oltre i riduzionismi “contabili” di chi la circoscrive al mero calcolo delle teste (alla Giovanni Sartori ma anche – in qualche misura – alla Norberto Bobbio e perfino alla Robert A. Dahl): forma di organizzazione sociale centrata sul discorso pubblico e – di conseguenza – sulla legittimazione della protesta. Con le parole di John Dewey, «la democrazia come emblema di una società che sviluppi la capacità di tutti gli uomini e le donne che vi appartengono di pensare con la propria testa». A partire dalla progettabilità della vita in tutti i suoi aspetti concreti. 

Eppure nel pensiero radicale ispanico e latinoamericano l’idea è quella di un conflitto tutto giocato nella sfera comunicativa. Per cui il castigliano Monedero potrebbe sentirsi osservare dal catalano Manuel Castells che «se le persone pensano in modo diverso, se mettono in comune la propria indignazione e custodiscono la speranza di cambiare, la società alla fine cambierà secondo le loro attese» (Reti di indignazione e di speranza,EGEA, Milano 2012 pag. 114). Sarà!?! 

In effetti chi scrive mantiene forti dubbi che la posta in gioco per l’affermazione dell’Altrapolitica si riduca al semplice esercizio di supremazia nei modelli di rappresentazione. Esistono aspetti in materia di rapporti di forza che oltrepassano la dimensione mediatica e investono una ben più cogente materialità. L’idea immediatamente performativa della parola politica è un’ulteriore caduta nell’ingenuità, visto che già il presidio dei canali in cui transitano o non transitano i messaggi dipendono da rudi (hard) presidi dei varchi, coi relativi guardiani. 

Certo è che la guerra di liberazione della politica necessita di ben più approfondite strategie. Visto che le elaborazioni in campo risultano più pittoresche e brillanti che non mordenti, incisive. Mentre i posizionamenti dell’avversario sono supportati da un pensiero forte (quanto volto al male…). Oltre che da una determinazione (non proprio “vagamente”) omicida. 

Juan Carlos MonederoCorso urgente di politica per gente decente, Feltrinelli, Milano 2015