Malattie professionali in Europa: l’ETUI lancia un appello per una coalizione tra ricercatori e lavoratori

 

Una quarantina di sindacalisti e di ricercatori provenienti principalmente da Belgio, Francia, Olanda, Spagna e Italia si sono dati appuntamento a Bruxelles il 30 gennaio scorso per discutere dell’emersione delle malattie professionali in Europa, un fenomeno fortemente sottostimato, partendo dai progetti realizzati in ambito comunitario in vari Paesi.  Per l’Inca, che ha presentato un proprio studio sull’argomento, è intervenuto Marco Bottazzi, coordinatore consulenza Medico legale del patronato della Cgil.  

Il seminario, organizzato dall’ETUI e dall’associazione belga Sante e Solidaritè, aveva lo scopo di presentare dei progetti realizzati da ricercatori e lavoratori, finalizzati ad un obiettivo comune, quello di rendere visibile l’impatto del lavoro sulla salute degli stessi lavoratori. 

Delle oltre 30 iniziative sottoposte al vaglio degli organizzatori, 7 sono state quelle selezionate e presentate nel corso del seminario.

In apertura del convegno, Laurent Vogel, ricercatore dell’ETUI, ha sottolineato come gli strumenti scientifici e istituzionali realizzati fino ad oggi non abbiano permesso  di rendere di dominio pubblico il considerevole impatto del lavoro sulla salute. 

Il ricercatore dell’ETUI ha, in particolare, ricordato le cifre ufficiali delle  malattie professionali e come esse non rappresentino che la punta dell’iceberg delle patologie di origine lavorativa. I dispositivi esistenti non prendono in considerazione le condizioni reali del lavoro, la dimensione di genere, i lavoratori esclusi dal lavoro a causa del loro stato di salute e quelli andati in pensione.

Per rendere visibile l’impatto del lavoro sulla salute, Vogel ha richiamato l’esigenza di una coalizione fra ricercatori e lavoratori in quanto le conoscenze di questi ultimi in merito alle loro condizioni di lavoro sono troppo spesso non prese in considerazione.

La prima iniziativa presentata il 30 gennaio, illustra bene  il proposito del ricercatore dell’ETUI. Si tratta, infatti, di un progetto di ricerca sui tumori professionali nato dalla mobilitazione dei dockers del porto di Nantes-Saint Nazare. 

Avendo riscontrato un elevato numero di tumori  fra quanti hanno esercitato questa professione, i dockers  hanno condotto una propria indagine che ha confermato, fra l’altro, un eccesso di tumori del polmone, della prostata e del rene. Un collettivo di ricercatori in sociologia  ha preso il testimone conducendo una inchiesta approfondita che ha rintracciato i percorsi professionali di circa 20 sopravvissuti. Hanno potuto così mettere in evidenza la poliesposizione ai cancerogeni dei dockers.

Per quanto riguarda l’Italia, l’INCA ha condotto una vasta indagine sulle patologie muscoloscheletriche in settori assai diversificati quali l’industria delle calzature, la pesca, l’automobile, la grande distribuzione ecc.

In Belgio una inchiesta, che ha utilizzato la medesima metodologia, è stata condotta fra i lavoratori del settore pulizie, della grande distribuzione e della manutenzione industriale della regione di Charleroi.

In Olanda, dove non esiste un sistema di riconoscimento delle malattie professionali, è stato istituito un servizio per iniziativa della Confederazione sindacale FNV, che sostiene le vittime delle malattie legate al lavoro nella loro battaglia per ottenere in sede giudiziaria il relativo risarcimento.

Nella comunità autonoma delle Asturie, al nord della Spagna, il sindacato delle Commissioni Obreras ha promosso una mobilitazione per fare emergere i tumori professionali, che ha permesso di fare emergere 680 casi di neoplasie con probabile correlazione professionale; al 17,3% è stato riconosciuto il nesso causale al lavoro.

Malattie professionali in Europa: l’ETUI lancia un appello per una coalizione tra ricercatori e lavoratoriultima modifica: 2015-02-17T11:59:25+01:00da vitegabry
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