Archivi giornalieri: 10 luglio 2015

INAIL

Infortuni e malattie professionali: Luci e ombre del rapporto Inail

Da anni l’Inail ci ha abituato a una costante diminuzione degli infortuni sul lavoro. Anche nel 2014 le denunce sono state 663 mila, con una riduzione rispetto al 2013 di circa il 4,6 per cento, ma se si guarda ai soli casi riconosciuti sul lavoro sono poco più di 437 mila, di cui più del 18 per cento verificatisi “fuori dell’azienda”, cioè “con mezzo di trasporto” o “in itinere”, come si dice in gergo; in sostanza durante il tragitto casa-lavoro e viceversa. 

L’ultimo rapporto Inail illustrato dal presidente Massimo De Felice questa mattina a Montecitorio indica un sostanziale miglioramento dell’andamento anche per i casi mortali, con una riduzione che supera di poco il 3 per cento. 

Nel 2014, infatti, le denunce di infortunio mortale sono state 1.107, a fronte delle 1.215 del 2013, ma i casi finora accertati come riconducibili al lavoro sono 662. Fin qui i dati nudi e crudi elaborati con il sistema informatico open date dell’Inail “sui quali ovviamente – precisa Silvino Candeloro, del collegio di presidenza dell’Inca –  non si può che esprimere soddisfazione; ma c’è sempre e comunque da sottolineare che il rapporto Inail nulla dice dell’influenza della forte contrazione della base occupazionale causata dalla crisi e della estesa precarietà degli occupati, né dei tanti eventi non  denunciati per paura di perdere il posto di lavoro e camuffati spesso per volontà del datore di lavoro in periodi di malattia”. 

Il dato più eclatante e in contro tendenza rispetto all’andamento infortunistico resta sempre quello delle denunce di malattie professionali presentate all’Inail che si attestano nel 2014 a 57.400 (nel 2013 erano 51.900); il 62 per cento ha riguardato patologie del sistema osteomuscolare, aumentate del 78 per cento rispetto al 2010. L’incremento complessivo sfiora il 33 per cento negli ultimi quattro anni. Di queste però – avverte l’Inail nel suo rapporto – soltanto il 35 per cento ha avuto il formale riconoscimento del nesso causale e il 2 per cento è ancora in fase istruttoria. 

Ad essere colpite da patologie lavoro correlate sono 43 mila persone, ma solo al 40 per cento di queste l’Inail ha riconosciuto  la causa professionale, quasi 20 mila lavoratori, di cui 1.700 colpiti da malattie asbesto-correlate, cioè quelle riconducibili all’esposizione di amianto. 

“La difficoltà di dimostrare il nesso tra patologia sofferta e lavoro – osserva Candeloro – prevale molto spesso a scapito della tutela cui si avrebbe diritto”. Non sono migliori i dati sui decessi per malattia: 1.488 casi, circa un terzo (414 casi) investe persone morte a causa della fibra killer. L’85 per cento ha riguardato persone con età maggiore di 74 anni. 

“Si fa fatica a non accorgersi che questo andamento offusca in qualche modo l’ottimismo espresso dall’istituto assicuratore – aggiunge Canderolo – e che rivela invece un’altra realtà ben più drammatica. In un contesto di crisi occupazionale così profondo, i lavoratori tendono essi stessi a non far emergere il disagio in cui versano e a rinviare le denunce in prossimità della pensione, quando il ricatto occupazionale si affievolisce o addirittura viene meno. Non sono rari i casi di inidoneità al lavoro, derivanti da infortunio o malattia professionale certificati da medici competenti ai quali non si fa seguire alcun provvedimento per paura di essere licenziati. Si preferisce stringere i denti e andare avanti finché si può, pur di lavorare, anche a costo di compromettere, a volte irreversibilmente, la propria salute”.

Pensioni

Pensioni: la Cgil boccia la riforma Boeri, l’Inca contesta il superamento del rapporto con i Patronati.

Una rete di protezione sociale per gli ultracinquantacinquenni, l’unificazione delle posizioni assicurative, l’armonizzazione dei tassi di rendimento, flessibilità sostenibile e, infine, versamenti contributivi aggiuntivi per chi sta già percependo un trattamento previdenziale. Sono questi i cinque punti cardine della proposta di riforma che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha illustrato questa mattina nella relazione annuale dell’Istituto, alla presenza delle massime autorità dello stato.

Una ipotesi che il presidente dell’Inps dichiara di aver sottoposto al governo, ma che sta già registrando le prime reazioni negative da parte delle organizzazioni sindacali. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso definisce “sbagliata” la proposta di una riforma del sistema previdenziale che preveda la flessibilità in uscita utilizzando il sistema contributivo. Utilizzare il sistema proposto da Boeri vuol dire abbassare del 30-35% le pensioni più povere”.

Critiche analoghe giungono anche dall’Inca Cgil che considera inaccettabile in particolare il passaggio della relazione dedicato ai rapporti dell’Istituto previdenziale con i patronati, laddove si afferma di voler “porre fine a quella logica di sostituibilità fra Inps e centri esterni (patronati, caf, consulenti del lavoro ndr) spesso localizzati a pochi metri dalle nostre sedi, che in non pochi casi ha disorientato la nostra clientela, rinviata per la soluzione dei problemi al di fuori dell’Inps, oltre che da un servizio all’altro”.

“La logica della sostituibilità, come la chiama Boeri – spiega Fulvia Colombini, del collegio di presidenza dell’Inca – è in realtà la logica di quei milioni di cittadini che si rivolgono alle nostre strutture per avere quell’assistenza gratuita che l’Inps non è in grado di svolgere”.

“Ricordiamo al presidente Boeri – chiarisce Colombini – che se queste persone dovessero rivolgersi all’Istituto da lui presieduto, dovrebbe prevedere l’assunzione di circa 100 mila persone. Cosa che di questi tempi non vedo realizzabile”. “Sottolineo inoltre – aggiunge – che in tutti questi anni di crisi, la rete dei patronati ha contribuito ad assicurare i diritti previdenziali e socio assistenziali con un personale che complessivamente non raggiunge le 15 mila unità, a fronte di una sforbiciata del Fondo patronati ministeriale di 35 milioni di euro deciso nell’ultima legge di Stabilità”.

“La realtà è ben altra – conclude Colombini -,in un contesto in cui si cerca in ogni modo di cancellare diritti e tutele con un certo cinismo nel nome dell’austerità – i patronati rappresentano l’ultimo pezzo di welfare gratuito sopravvissuto”.

Papa Francesco

ROCEFISSO
 

La falce e il martello di Morales 
E lo stupore del Papa

Il dono di Evo Morales a Francesco e la precisazione: «L’amore per i poveri è al centro del Vangelo»

di Gian Guido Vecchi

 
 
 
 
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Più che esprimere sconcerto, appena lo vede l’espressione di Francesco sembra dire: «Mah». Il Papa è velocissimo nel prendere il crocifisso ligneo intagliato in una falce e martello e porgerlo in orizzontale a un commesso, quasi a evitare – a scanso di equivoci – che lo ritraggano con quell’oggetto tra le mani. Francesco, a La Paz, ha appena sostato in preghiera sul luogo dell’assassinio di padre Luis Espinal, che difese operai e minatori e fu ucciso dai paramilitari del regime di Luis Garcia Meza il 22 marzo 1980, due giorni prima di Romero in Salvador. Ed Evo Morales spiega al Papa che quel crocifisso fu disegnato proprio dal suo confratello gesuita. Quando il presidente boliviano gli mostra il dono e inizia a parlare, Bergoglio annuisce con un sorriso un po’ tirato. Un frammento delle sue parole captato da microfoni distanti si presta a due interpretazioni: può essere «No está bien eso», questo non va bene; oppure «no lo savia, eso», non lo sapevo.

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Un Crocifisso con falce e martello: il dono di Morales a Papa Francesco

In effetti il Papa non lo sapeva. Padre Federico Lombardi si è informato, «non lo sapevo neanche io», e conferma: sono stati i gesuiti boliviani a spiegargli che è vero, il disegno si deve a padre Espinal. «Non ho particolari difficoltà a pensare che in quell’epoca volesse esprimere il dialogo tra diverse componenti che si impegnavano per la giustizia, anche al di fuori della Chiesa». Un simbolo che va calato nella storia. «Dipende da come lo si usa, se ne vuole fare un segno identificativo è un altro discorso…».

Di certo Francesco ci tiene a evitare confusioni. La «rivoluzione della fede» che porta al «dono di sé», la richiesta di «giustizia sociale», nascono dal «toccare la carne di Cristo nei poveri», non da una ideologia. Alla fine di ottobre aveva ricevuto in Vaticano Morales e i movimenti popolari che rivedrà giovedì sera a Santa Cruz e invocato “terra, casa e lavoro», prima di spiegare: «È strano, ma se parlo di questo alcuni dicono che il Papa è comunista: non si comprende che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo». Quello che ha ripetuto pregando per padre Espinal: «Mi sono fermato qui per ricordare un fratello, un nostro fratello, vittima di interessi che non volevano che si lottasse per la libertà della Bolivia. Padre Espinal ha predicato il Vangelo, il Vangelo che ci rende liberi, e quel Vangelo dava fastidio. Perciò lo hanno eliminato».