Archivi giornalieri: 12 giugno 2012

QUELLA POESIA CHE IN SARDO DIVENTA MUSICA

 2938003076.jpgdel 12 giugno 2011


COSE DI SARDEGNA

 QUELLA POESIA

 CHE IN SARDO

 DIVENTA MUSICA

 di FRANCESCO CASULA

 Non v’è nella nostra

 Isola paese – per

 quanto minuscolo esso

 sia – che non organizzi

 annualmente un

 premio letterario in lingua sarda, sia

 in prosa (con “contos ”) ma in specie

 in poesia (“con cantos”). E non a

 caso. Il sardo, la nostra lingua

 materna, è infatti soprattutto senso,

 suoni, musica. Lingua di vocali.

 Dunque corporale e fisica e insieme

 aerea, leggera e impalpabile. E le

 vocali sono per il poeta l’anima della

 lingua, sono il nesso fra la lingua e il

 canto; fra la poesia, i numeri della

 musica, il ritmo e il ballo. Tanto che,

 storicamente, in Sardegna i confini

 fra poesia e musica e danza, sono

 sempre stati labili e sfumati. Ad

 organizzare i premi sono le Pro

 Loco, gruppi culturali, associazioni,

 talvolta esclusivamente al

 femminile: come la Consulta delle

 donne di Uta (che comprende ben

 60 componenti), che proprio sabato

 scorso ha celebrato il sesto concorso

 letterario “Melodie nell’anima”. A

 vincere i primi tre premi – per la

 sezione in sardo – sono state ancora

 tre donne. Prima è arrivata Rosanna

 Podda, seconda Marinella Sestu che

 due anni fa aveva vinto il 1° premio.

 La Sestu, oltre che deliziosa

 poetessa bilingue pluripremiata, è

 fondatrice e presidente

 dell’associazione culturale “Logos ”

 di Iglesias che da 14 anni organizza

 il Premio nazionale Città di Iglesias.

 Ma ecco la poesia con cui a Uta

 sabato 9 giugno ha ottenuto il 2°

 posto: «S’aria dengosa/ndi furat

 s’anima/a s’accabu de sa dì/mentris

 su bentu/spraxendi froccus de

 zuccuru

 arrubiastu/sfilacciat/pensamentus

 atonginus accòrraus./Unu pei

 accapiau a s’atru/no portat mai

 aundi si ‘ollit andai./E diaici atturas

 inguni/a duus passus de mei/chi no

 nt ’intendu,/surda a totus is

 fueddus/chi intregas a is froris/a is

 carizias de s’acua/a is giogus

 pipius/a is cantus chi prenint donnia

 giminera/a is iscarrafius chi

 scurriant/orus de su coru./Ma bastat

 una spera/a ti scoviai/in d’unu

 bistiri sempri differenti…/Insaras ti

 scadenas/in d’unu valzer/in d’unu

 rock ’n’roll o in d’unu

 reggae,/t ’imboddias e ti

 furrias/sempri de prus speddiosa/a

 pizzus de unu follu ammasedàu./E

 baddas cun gana bella/e ti fais

 bella/azzizzendi a mei chi abarru

 allolloinada/pustis ti chietas

 mentris muda abettas/chi lompat

 unu arrisu a t’imbolai». La fanciulla

 dall’aria dengosa è metafora della

 poesia: non importa se classica o

 moderna, purché sia capace di

 scuotere l’animo umano.

 

Disabili, 67 mila posti scoperti nelle aziende con più di 15 dipendenti

12-06-2012

NEWS

 

Sono migliaia i posti di lavoro scoperti che dovrebbero occupare i disabili nelle aziende con oltre 15 dipendenti. Questo significa che sono centinaia le aziende che non rispettano la legge 68/99 che prevede l’inserimento di un disabile nel proprio organico se l’impresa supera i 15 dipendenti. I settori meno responsabili sono l’industria e il settore dei servizi. Non ci sono dati del 2011 su questo fronte, quelli più recenti riguardano il 2009 (fonte Isfol) e parlano chiaro: alla fine del 2009 erano 52.638 i posti scoperti nelle imprese private e i 14.866 nelle imprese pubbliche. Complessivamente, i posti scoperti sono 67.504.
 
Le aziende obbligate ad assumere disabili (cioè aziende con oltre 15 dipendenti) sono circa 66.201, così suddivise: 27.244 aziende che occupano sino a 35 dipendenti, 10.316 da 36 a 50 dipendenti, 30.035 con oltre 50 dipendenti. Nello specifico, la legge impone alle aziende che hanno dai 15 ai 35 dipendenti di avere 1 lavoratore disabile in organico, in quelle da 36 a 50 dipendenti di avere 2 lavoratori disabili, mentre quelle che superano i 50 dipendenti devono avere il 7% dell’organico composto da persone con handicap. La struttura industriale del nostro Paese è comunque composta in prevalenza da aziende che occupano meno di 10 dipendenti (circa il 95% dell’intera sistema).
 
In tutte queste mancanze, spiega Nina Daita, responsabile disabilità della Cgil, “la politica è assente” visto che “i posti scoperti sono migliaia”. Inoltre, “il numero di sanzioni per mancato rispetto della legge 68/99 è irrisorio”. Qualche esempio: in Lombardia, su 16.424 scoperture, si sono registrate 2 sole sanzioni per mancata applicazione della legge nell’arco dell’anno 2009. Due sole sanzioni anche in Piemonte, a fronte di 11.879 scoperture. Nessuna sanzione in Veneto, dove i posti scoperti sono 4.698. Discorso simile nelle altre regioni italiane.

Redattore sociale

 

12-06-2012 NEWS Lavoro, è boom di famiglie con disoccupati: +40% in 4 anni Dal rapporto di previsione territoriale dello Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno, e dell’Irpet, Istituto di programmazione economica della To

12-06-2012

NEWS

 

Dal rapporto di previsione territoriale dello Svimez, l’Associazione  per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno, e dell’Irpet, Istituto di programmazione economica della Toscana emerge che sono oltre 200 mila le famiglie che hanno scoperto la disoccupazione negli ultimi quattro anni, mentre i più colpiti tra i senza lavoro sono i giovani under 35. I nuclei con almeno una persona in cerca lavoro, negli anni della crisi, sono infatti aumentati del 40,7% tra il 2008 e il 2011.

Questa tendenza è stata esplosiva al Nord, +69,7%: significa oltre 90 mila nuove case con almeno un abitante disoccupato.
Le persone senza lavoro sono cresciute, secondo lo studio, negli ultimi quattro anni di 436.249 unità. Un’emorragia che ha colpito forte soprattutto sui più giovani: secondo gli studi dell’Irpet il 70% dei lavoratori che hanno perso il lavoro tra il 2008 e il 2010 e che non lo hanno ritrovato nel 2011 hanno meno di 35 anni.

È il reddito dei più giovani, inoltre, ad aver subito la contrazione più forte: -10,3%. Tra i 35 e i 44 anni, la perdita è stata del 3,6% e per gli over 45 di appena lo 0,7%. Questo risultato si spiega in parte con la diffusione tra i ragazzi di contratti meno stabili e che precludono l’accesso agli ammortizzatori sociali. 

Le politiche di welfare infatti sono riuscite a contenere i danni soprattutto per i lavoratori a tempo indeterminato. Per una famiglia media la perdita di reddito reale imputabile alla crisi è stata di circa 800 euro l’anno tra il 2008 e il 2011, il 22% inferiore a quella che avrebbero subito senza ammortizzatori sociali. Questi aiuti sembrano intervenire efficacemente soprattutto al Nord, riducendo i danni della crisi del 27%, fino a 735 euro in media, mentre a Sud il loro impatto è di appena il 15% e il peso della crisi tocca 880 euro.

La ricerca mette inoltre in evidenza come ancora pi forte è stato l’aumento delle famiglie dove tutti sono disoccupati nel Settentrione, +75,3%, quasi 40 mila famiglie in più, dal 2008 al 2011. Anche questo dato e’ molto superiore a quello nazionale (+48,5%, 64.015 nuovi nuclei) perche’ contrastato dal risultato del Mezzogiorno, dove al fenomeno si associa quello degli scoraggiati che hanno smesso di cercare lavoro.

È  così che le famiglie toccate dalla disoccupazione vera e propria aumentano al Sud “solo” del 27,4% e quelle con tutti i componenti in cerca di lavoro del 20,4%, nonostante le case con almeno due persone occupate diminuiscano più bruscamente che nel resto del paese:-3,6% contro il -2% del Nord e il -2,2% del dato totale.

 

 

Esodati: dalla relazione Inps al Ministero, sono 390.200

11-06-2012

NEWS

 

Secondo quanto riportato dall’Ansa – dalla Relazione Inps al ministero del Lavoro,  firmata dal direttore generale dell’Inps, Mauro Nori  e inviata prima della firma del decreto,   la platea complessiva dei lavoratori esodati sulla base del decreto Salva Italia e del Milleproroghe è di 390.200 persone, platea ridotta a 65.000 lavoratori salvaguardati (e che quindi potranno andare in pensione con le vecchie regole) sulla base di criteri restrittivi nell’interpretazione delle norme messi a punto dai ministero del Lavoro e dell’Economia.

Le platee che fanno lievitare il numero degli esodati sono quelle della prosecuzione volontaria (133.000 persone autorizzate ai versamenti volontari nati dopo il 1946 e con un ultimo versamento contributivo antecedente il 6 dicembre 2011) e i cosiddetti ”cessati”, ovvero quelli che sono usciti dal lavoro per dimissioni, licenziamento o altre cause tra il 2009 e il 2011 che hanno più di 53 anni e che non si sono rioccupati (180.000 secondo l’Inps).

Per queste due categorie il decreto del Governo prevedeva rispettivamente 10.250 e 6.890 salvaguardati. Il Governo infatti sottolinea nel decreto in via di emanazione che potranno andare in pensione con le vecchie regole per queste due categorie solo coloro che maturano la decorrenza della pensione entro 24 mesi dall’entrata in vigore del Salva Italia (6 dicembre 2011) e quindi di fatto che, considerata la finestra mobile, maturano i requisiti entro maggio 2012 se autonomi e entro novembre 2012 se dipendenti.

Ma platee più consistenti, secondo l’Inps, non ci sono solo per cessati e prosecutori volontari ma anche per la mobilità (45.000 persone tra mobilità ordinaria e quella lunga a fronte dei 29.050 salvaguardati dal decreto), per i fondi di solidarietà  (26.200 a fronte dei 17.710 previsti dal decreto) e beneficiari del congedo straordinario per l’assistenza ai figli gravemente disabili (3.330 a fronte dei 150 previsti dal decreto in via di emanazione).

Sulla mobilità la differenza la fa il fissare nel 4 dicembre 2011 la data entro la quale il lavoratore che potrà andare in pensione con le vecchie regole dovrà essere già uscito dal lavoro e essere in mobilità (e quindi non la data entro la quale è stato fatto l’accordo collettivo con l’azienda).

ansa

 

Presentata al «Welfare Day» la ricerca Rbm Salute-Censis sul ruolo della sanità

11-06-2012

NEWS

Sanità negata per 9 milioni di italiani, servono i Fondi integrativi

Frena la spesa pubblica, esplode la spesa privata (+25,5% negli ultimi dieci anni). E chi non può pagare di tasca propria rinuncia alle prestazioni. Per il futuro una sanità equa e sostenibile non potrà più fare a meno dei Fondi integrativi, che possono far vincere la sfida delle risorse aggiuntive

Più di 9 milioni di italiani dichiarano di non aver potuto accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno per ragioni economiche. 2,4 milioni sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli, 4 milioni resiedono nel Mezzogiorno. Piani di rientro e spending review hanno determinato un crollo verticale del ritmo di crescita della spesa pubblica per la sanità. Si è passati da un tasso di incremento medio annuo del 6% nel periodo 2000-2007 al +2,3% del periodo 2008-2010.

La spesa sanitaria privata invece è aumentata più che nel periodo pre-crisi: +2,2% medio annuo nel periodo 2000-2007 e +2,3% negli anni 2008-2010 (l’incremento complessivo nel periodo 2000-2010 è stato del 25,5%). E il 77% di coloro che ricorrono al privato lo fa a causa della lunghezza delle liste d’attesa. Lo rivela una ricerca di Rbm Salute-Censis, promossa in collaborazione con Munich Re, presentata oggi al «Welfare Day».

Nel 2015 è previsto un gap di circa 17 miliardi di euro tra le esigenze di finanziamento della sanità e le risorse disponibili nelle regioni. I tagli alla sanità pubblica abbassano la qualità delle prestazioni e generano iniquità. Per questo è prioritario trovare nuove risorse aggiuntive per impedire che meno spesa pubblica significhi più spesa privata e meno sanità per chi non può pagare.

La sanità complementare in Italia è un universo composto da centinaia di Fondi integrativi, a beneficio di oltre 11 milioni di assistiti, che svolgono un ruolo ampiamente sostitutivo e colmano i vuoti dell’offerta pubblica.

La ricerca di Rbm Salute-Censis ha riguardato 14 Fondi sanitari per oltre 2 milioni di assistiti e importi richiesti per prestazioni pari a oltre 1,5 miliardi di euro nel triennio 2008-2010. Il 55% degli importi dei Fondi integrativi ha riguardato prestazioni sostitutive (ricovero ospedaliero, day hospital, ecc.) fornite in alternativa a quelle dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) del Servizio sanitario. Il restante 45% degli importi ha riguardato prestazioni integrative (cure dentarie, fisioterapia, ecc.). Tra le varie tipologie di Fondi integrativi esistenti, sono i Fondi aziendali, rispetto a quelli istituiti dalla contrattazione collettiva nazionale, a garantire in misura maggiore la copertura anche alle famiglie degli iscritti (inclusi i più vulnerabili, minori e anziani).

Censis