Welfare, in un anno fondi tagliati del 63,4%

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Il Manifesto per un welfare del  XXI secolo

A Roma, presso la sede della Federazione nazionale della stampa, è stato lanciato il Manifesto per un welfare del XXI secolo, su iniziativa della Rivista delle politiche sociali. Il testo prende spunto dai tagli effettuati nel sociale negli ultimi tre anni, per “ripensare l’intervento pubblico sul welfare”.

Dopo il ridimensionamento drastico sancito nei mesi scorsi dalla legge di stabilità, con due miliardi di euro in meno rispetto al 2008, e quasi un miliardo in meno rispetto al 2010, attorno al manifesto si vuole dunque raccogliere il consenso di esperti, operatori sociali, associazioni. Il testo ha un taglio sintetico e richiama i principali capisaldi di ogni sistema contemporaneo di politiche sociali. L’intento è quello di dar vita a un largo movimento di opinione che si opponga “al sostanziale azzeramento dell’intervento pubblico nel welfare e che ne ripensi le strategie d’intervento secondo un criterio di salvaguardia e di valorizzazione dell’azione pubblica”.

L’urgenza di questa riflessione nasce da cifre piuttosto allarmanti. Il bilancio complessivo dei fondi statali a carattere sociale vede infatti gli stanziamenti scendere del 63,4 per cento rispetto al 2010, superando appena la soglia dei 500 milioni di euro complessivi. Per le stesse voci, nel 2010 si sfiorava la cifra del miliardo e mezzo (1.472 milioni) e appena tre anni fa, nel 2008, la dotazione dei fondi a carattere sociale superava i due miliardi e mezzo (2.526,7 milioni). In tre anni, insomma, le risorse si sono ridotte del 79 per cento). le previsioni per il 2012 e il 2013, tra l’altro, prevedono un’ulteriore stretta, con il totale dei fondi sociali che sarà ridotto, nelle previsioni, di un’altra metà, fino a toccare appena quota 271 milioni. Nello specifico, si parla di 340 milioni di euro per il 2012 (-36,8 per cento rispetto a quest’anno) e 217,1 milioni per il 2013 (altro -20,3 per cento rispetto al 2012).

Il taglio più significativo è quello del Fondo politiche sociali, che dai 929,3 milioni del 2008 è sceso ai 435,3 milioni del 2010 e che per il 2011 si assesterebbe sui 274 milioni. Ma decurtazioni si registrano anche per il Fondo politiche della famiglia, che aveva 185,3 milioni nel 2010 (erano stati 346,5 due anni prima), nel 2011 sono 51,5 milioni (-71,3 per cento). Va male anche per Fondo politiche giovanili: nel 2010 era stato finanziato con 94 milioni, nel 2011 è stato prima ridotto a 33 milioni e poi, con il maxiemendamento del governo, ulteriormente abbattuto fino a 12,8 milioni. Il confronto con l’anno passato parla di un –85 per cento.

Recupera invece, ma poco , il Fondo pari opportunità: da 2,2 milioni è salito a 17,2 milioni per il 2011 (ma nel 2009 erano 30 milioni e nel 2008 ce n’erano 64,4). Ridimensionamento poi per il Fondo per il sostegno alle abitazioni in locazione: i 143,8 milioni nel 2010, 32,9 (-76 per cento). Drastico calo anche per i fondi per il servizio civile: erano 300 milioni nel 2008, sono stati 170,3 milioni nel 2010, ne rimangono 113 (-33,6 per cento in un anno) nel 2011.


Solo il Fondo per l’infanzia e l’adolescenza regge, stabile a 40 milioni: cifra che però riguarda solamente le 15 città beneficiarie di una quota riservata. Il settore subirà comunque un contraccolpo dal calo del fondo indistinto per le politiche sociali. Infine il Fondo per la non autosufficienza va verso un totale azzeramento. Già nel 2010, tra l’altro, erano stati azzerati il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati e il fondo destinato al Piano straordinario per i servizi sulla prima infanzia.

Ad aprire l’incontro  è stata Maria Luisa Mirabile, direttrice della Rivista, che dopo aver delineato la struttura degli interventi previsti, ha illustrato i punti chiave dell’iniziativa. Anzitutto, affermare l’attualità sociale del welfare. Nella società post-fordista, più dispersa e frammentaria, il welfare diviene ancora più necessario, sebbene sotto sembianze diverse dal passato (come sviluppo delle capacità, riconoscimento del talento, promozione del merito; attività di cura per minori e anziani e sviluppo delle compatibilità). In secondo luogo, dare voce alla protesta contro i tagli al welfare operati dal governo. Infine, terzo e ultimo punto chiave dell’iniziativa, dare visibilità all’integrazione tra soggetti diversi che intendono avanzare proposte concrete (studiosi, esperti del settore, attori politici, mondo del terzo settore e dell’associazionismo).

Chiara Saraceno ha spiegato in apertura del suo intervento come il Manifesto non nasca dalla nostalgia del buon tempo antico: “Il welfare non è stato splendido e non è in crisi solo per colpa di questo governo o per eccesso di generosità. ,Il Manifesto non nasce da una nostalgia, dunque, ma da una visione critica dei limiti del welfare attuale che diventano più inaccettabili alla luce dei cambiamenti in atto e della crisi globale”. Ha poi avanzato una proposta: ripensare al welfare alla luce di un equilibrio migliore tra protezione e opportunità. “Il welfare – ha spiegato – va inteso anche come investimento non solo in termini di coesione sociale, ma anche come investimento economico, perché se le persone non hanno soldi in tasca anche grazie a un buon sistema di protezione sociale, chi spende e da dove ripartono i consumi?”.

Giulio Marcon ha portato l’adesione convinta della campagna Sbilanciamoci! al Manifesto, una campagna a cui aderiscono associazioni molto diverse tra di loro (42) che però si sono ritrovate unite allo scopo di difendere l’idea di coesione e di patto sociale. La campagna Sbilanciamoci! nasce proprio con l’obiettivo di formulare alternative specifiche a quelle elaborate dalla finanza pubblica per difendere i diritti di cittadinanza senza un aggravio di costi. Marcon ha evidenziato alcuni punti fondamentali del Manifesto: rilanciare i servizi per infanzia, i livelli minimi di assistenza e il reddito minimo, sopratutto in un quadro di crisi economica che ha colpito il paese in questi due anni.

Il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, che ha chiuso la conferenza stampa, ha spiegato che il Manifesto e il fatto stesso che soggetti differenti provino a lanciare una nuova idea, dimostrano che in Italia esiste ancora un pensiero e che avere un pensiero sul welfare non è un pensiero antico ma un pensiero sul futuro. “Respingere l’idea che il welfare sia un costo e che non rappresenti il futuro è un’idea sbagliata. C’è ancora una cultura che pensa, che mette insieme delle proposte e che non sempre è conformista”.

“Per la prima volta – ha continuato – abbiamo un governo per cui il welfare è caritatevole, penso alla social card ma anche a Lampedusa. Bisogna poi riaffermare che il welfare è un welfare di cittadinanza e non un welfare familiare. In questo c’è la chiave culturale per spiegare il perché in Italia non ci sia un servizio all’infanzia”. Dunque, pensare il welfare come crescita e non come costo.

rassegna.it

Welfare, in un anno fondi tagliati del 63,4%ultima modifica: 2011-03-26T08:41:33+01:00da vitegabry
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