Archivi giornalieri: 12 maggio 2010

Agenda


Nella pagina vengono evidenziate le scadenze di maggiore interesse.

Maggio 2010

  • Scade il 28 maggio il termine per presentare la dichiarazione reddituale relativa all’anno 2009 per coloro ai quali è stata erogata la somma aggiuntiva nel 2009.
    Anche i pensionati in possesso dei requisiti, che  compiono 64 anni entro il 30 giugno, dovranno presentare l’autodichiarazione reddituale entro il 28 maggio ma con l’indicazione dei redditi presunti per l’anno 2010. La somma aggiuntiva sarà corrisposta con la rata di luglio.
    Per coloro invece che compiono 64 anni dal primo luglio possono presentare la dichiarazione in data successiva alla maturazione del requisito ma  il pagamento della prestazione avverrà con la prima rata utile di pensione.
  • I pensionati che si avvalgono dell’ assistenza fiscale  di Caf e professionisti abilitati possono presentare il modello 730  e la relativa documentazione entro il 31 maggio.

Giugno 2010

Scade il 30 giugno il termine per presentare la dichiarazione per il diritto alle detrazioni fiscali per l’anno 2010. Il modulo di richiesta deve essere presentato o inviato (anche per posta o per fax, insieme alla fotocopia di un documento di riconoscimento) alla sede provinciale Inpdap che eroga la pensione.
Si può utilizzare il modulo inviato a casa insieme al CUD 2010 oppure il modulo dinamico presente nella sezione Modulistica del sito.
La mancata presentazione, nel termine indicato, comporterà la revoca delle detrazioni sulla rata di agosto con effetto dal primo gennaio 2010.

Dicembre 2010

È stata prorogata al 31 dicembre 2010  la sospensione dell’ammortamento di mutui e prestiti erogati dall’Inpdap
a dipendenti, iscritti e pensionati residenti nei comuni dell’Abruzzo colpiti dal terremoto.

Concorsi e Gare

Le scadenze relative ai bandi di Concorsi e di Gare sono consultabili nelle pagine Bandi nuovi della Sezione Concorsi e Gare.

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11 maggio 2010

I diritti dei lavoratori affetti da patologie oncologiche
Una campagna di comunicazione in occasione della giornata nazionale del malato oncologico  

Ha preso il via in questi giorni, in occasione della quinta giornata del malato oncologico che si celebra il 16 maggio, una campagna di comunicazione volta a promuovere le iniziative di sensibilizzazione e solidarietà nei confronti dei malati di cancro. Lo spot, televisivo e radiofonico, è stato realizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero della Salute.

La campagna ha l’obiettivo di informare sulle opportunità e sulle tutele di cui possono disporre i lavoratori affetti da patologie oncologiche e di sensibilizzare le imprese e l’opinione pubblica ad un approccio più sereno e non discriminatorio nei confronti dei malati di cancro, in particolar modo nel contesto lavorativo.

L’attuale normativa, introdotta dalla Legge Biagi (D.L.gs n. 276 del 2003, art. 46), prevede che i lavoratori dei settori pubblico e privato affetti da patologie oncologiche, nonché i familiari che prestano loro assistenza, possano trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno in part-time e viceversa, garantendo a quanti desiderano continuare a lavorare anche durante il trattamento terapeutico, la conservazione di un valido inserimento sociale e lavorativo mediante la riduzione dell’orario di lavoro, fin quando lo riterranno necessario per le loro condizioni di salute ed esigenze di cura. 

Continuare a lavorare diventa uno strumento fondamentale per non arrendersi e impegnarsi nella lotto contro il cancro. “Il cancro si combatte anche sul posto di lavoro. Difendi la tua normalità”.

Spot televisivo
Spot radiofonico

Per approfondimenti 

vai sul sito di ADAPT e consulta il Bollettino n. 11 del 30 marzo 2010 “Marco Biagi, la sua legge e la valorizzazione delle norme a tutela dei lavoratori affetti da patologie oncologiche e invalidanti”

• vai al dossier del Governo sulla giornata del malato oncologico

Francia: lavoratori risarciti per esposizione all’amianto

NEWS

Pregiudizio psicologico….

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Parziale vittoria giudiziaria per i lavoratori francesi esposti all’amianto che hanno scelto il prepensionamento, in base a una legge del 1998. La corte di Cassazione transalpina ha infatti stabilito che hanno diritto a un indennizzo per “pregiudizio psicologico” da parte del datore di lavoro che ha causato l’esposizione, negando però il diritto a un ulteriore risarcimento per “pregiudizio economico”.

Dal 1998, i lavoratori francesi di stabilimenti con presenza di amianto hanno il diritto di andare in pensionamento anticipato beneficiando di un “sussidio di cessazione anticipata di attivita”, pari al 65% del salario. Nel 2008, la corte d’appello di Parigi aveva riconosciuto ad alcuni di loro, ex dipendenti di una piccola azienda di componentistica, il diritto a un doppio indennizzo: per le ricadute economiche dovute alla riduzione degli introiti, e  per quelle psicologiche legate al costante timore di veder manifestarsi una malattia legata all’amianto.

La sentenza  conferma solo in parte quel giudizio, cancellando il primo risarcimento ma confermando il secondo, fissato in 7.000 euro per lavoratore.

Fondo di sostegno per le famiglie di lavoratori deceduti per infortunio

Rivalutate le prestazioni per il 2010

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Il Ministero del lavoro ha determinato per il 2010 gli importi della prestazione una tantum erogata dal Fondo di sostegno per le famiglie dei lavoratori deceduti a causa dell’infortunio sul lavoro.

Con Decreto Ministeriale 22 gennaio 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 5 maggio c.a., l’importo della prestazione erogata dal Fondo di sostegno per i familiari deceduti a causa di infortunio sul lavoro è stato determinato, per gli eventi verificatesi tra il    1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2010, secondo quattro diverse tipologie.

L’importo della prestazione è parametrato al numero dei familiari superstiti del lavoratore, ed è annualmente determinato in relazione alle risorse disponibili.

Il decreto del Ministro del lavoro del 19 novembre 2008, sostituendo il precedente decreto del 2 luglio 2007,  ha definito le tipologie, i requisiti e le modalità di accesso al Fondo e ha esteso il beneficio anche ai familiari superstiti per eventi mortali in ambito domestico (art. 7 della legge 3 dicembre 1999, n. 493).

I compiti di erogazione delle prestazioni  sono stati attribuiti  all’Inail e all’Ipsema, ciascuno per i propri ambiti di competenza, previo trasferimento delle necessarie risorse finanziarie da parte del Ministero del lavoro.

I soggetti beneficiari sono quelli indicati dall’art. 85 del T.U.: coniuge,  figli legittimi, naturali o riconosciuti o riconoscibili, adottivi, fino al 18° anno di età, fino al 21° anno di età se studenti di scuola media superiore o professionale, fino al 26° anno di età se studenti universitari, finché dura l’inabilità nel caso di maggiorenni inabili, in mancanza di coniuge e figli, genitori naturali o adottivi se a carico del lavoratore deceduto; fratelli e sorelle se a carico e conviventi con il lavoratore deceduto.

Incidenti sul lavoro: 141 vittime in 4 mesi

NEWS

La strage infinita

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Secondo i dati dell’Osservatorio sulla sicurezza di Mestre sono 141 le morti sul lavoro registrate in Italia da gennaio ad aprile 2010. Di queste, 25 sono avvenute in Lombardia (17,7%), 15 in Veneto e 13 in Sicilia. 

La dinamica peggiore è espressa però dal Veneto, che in un solo mese, aprile (8 decessi), ha quasi superato il numero complessivo delle morti bianche (7) registrate tra gennaio e marzo 2010, facendo segnare l’aumento maggiore a livello nazionale, dal 7,5% di marzo al 10,6% di aprile. In termini assoluti, seguono nella classifica delle regioni con il maggior numero di vittime il Lazio (11), la Calabria (9) e la Campania (8). Nel Nordest, importante anche  l’aumento delle morti sul lavoro registrato in Trentino Alto Adige: 3 vittime solo in aprile, con un’incidenza sul quadro nazionale passata dallo 0,9% al 2,8%.

Scorporando i dati sulla casistica, l’osservatorio rileva che nel Triveneto quasi il 50% degli incidenti mortali e’ avvenuto nei campi. Su 24 vittime del lavoro nei primi quattro mesi dell’anno, 9 sono state in agricoltura. La causa piu’ frequente è la caduta dei lavoratori dall’ alto: il 26,2% dei casi.

Assegno sociale e assegno divorzile

La giusta sentenza

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Una recente sentenza della Cassazione del 18 marzo 2010, n. 6570  si afferma il diritto all’assegno sociale  in presenza di mera titolarita di  assegno divorzile.

Secondo la Suprema Corte, il reddito dell’assegno divorzile (reddito assoggettabile ad Irpef) è rilevante ai fini dell’assegno sociale solo nel caso in cui è effettivamente percepito dall’ex-coniuge. Infatti la legge 335/95 istitutiva della prestazione assistenziale,  dispone che “L’assegno sociale è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliata entro il mese di luglio dell’anno successivo sulla base della dichiarzione dei redditi effettivamente percepiti”.

Pertanto nel caso di una sentenza di separazione che preveda a carico di uno dei coniugi l’erogazione dell’assegno divorzile  non  effettivamente corrisposto per ragioni di “accertata incapienza del coniuge divorziato” quest’ultimo non è rilevante ai fini del requisito reddituale per il diritto all’assegno sociale purchè l’ex coniuge si attivi  per dimostrare la mancata effettiva corresponsione dell’assegno.

Per quanto stabilito dalla Cassazione, a nostro avviso, si può procedere con la domanda di assegno sociale:

• nei casi in cui l’interessato è in possesso della sentenza della Corte territoriale (Tribunale e/o Corte d’Appello) che dichiara l’incapienza dell’ex-coniuge da allegare all’istanza;

• nei casi in cui l’interessato, pur non percependo l’assegno divorzile come da sentenza di separazione, non è in possesso dell’accertamento di incapienza dell’ex-coniuge fermo restando che tale accertamento dovrà essere richiesto tempestivamente da parte del richiedente attivando un procedimento legale.

IL MISTERO DEI NURAGHI (romanzo)

 

PRESENTAZIONE DEL LIBRO IL 15 MAGGIO ORE 17,00

presso Jolly hotel (circonvallazione Pirri -Cagliari-)

( Relatore Prof. Francesco Casula )
(Lettore Carmen Salis )

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In tempi recenti si sono sviluppate alcune teorie che vedrebbero nella Sardegna la mitica isola di Atlantide, abitata, in tempi remoti, da un popolo evoluto in possesso di tecnologie avanzate, alcuni anni fa è avvenuto il ritrovamento delle statue di monte Prama che hanno fatto vacillare alcune certezze acquisite in precedenza; nella zona di Pauli Arbadei, gli abitanti locali riferiscono notizie sul ritrovamento di scheletri di notevole altezza successivamente occultati dalla scienza ufficiale. Seguendo questo filo enigmatico, nasce “Il mistero dei nuraghi”, un romanzo di avventura in terra sarda con personaggi dai nomi tipicamente locali. Tutto il racconto segue una trama fantastica e racchiude molte informazioni della nostra bella e misteriosa isola, informazioni che invitano a pensare e riflettere, esse vengono assimilate, senza diventare noiose, dall’incalzare degli avvenimenti. Chi ha letto, con soddisfazione, i racconti di Indiana Jones, anche qui troverà appagato il suo divertimento in una storia scorrevole e avventurosa dove i lettori sardi riconosceranno i luoghi e potranno identificarsi nel carattere aperto e gioviale dei personaggi, mentre i non sardi avranno modo di apprendere importanti informazioni della nostra cultura. Nel racconto, la fantasia e l’archeologia si fondono insieme lasciando spesso ampio spazio alla descrizione della realtà e dei luoghi.

Riporto di seguito la trama del racconto che si può leggere nella seconda copertina del libro.

Un misterioso filo conduttore collega i fatti di Roswell del 1947 e altri avvenimenti del lontano passato con la Sardegna e i nuraghi; queste vicende porteranno il protagonista, Paolo Maxia, ad iniziare una suggestiva avventura in territorio sardo alla scoperta del segreto dei nuraghi; egli si troverà coinvolto, suo malgrado, insieme all’amico americano George, a giocare una partita senza esclusione di colpi contro i servizi segreti sovietici che vogliono carpire le importanti scoperte archeologiche di George. Dopo una sequenza di peripezie che porteranno Paolo a rischiare la vita insieme al suo fedele cane Furittu, proprio quando egli sta per desistere da questa pericolosa avventura, le stupefacenti rivelazioni sulla base USA di Santo Stefano, uno straordinario concatenarsi di eventi della seconda guerra mondiale e la consapevolezza di lottare per il futuro dell’umanità, lo convinceranno a continuare l’azione insieme a Rosa, agente segreto americano, e ad aiutarla nel compimento della sua missione. I protagonisti avranno a che fare con agenti russi, banditi sardi e carabinieri nella fantastica cornice dei monti del Gennargentu e del Supramonte; tutte le traversie che dovranno affrontare saranno il prezzo da pagare per giungere, finalmente, a svelare il mistero dei nuraghi.

DAL 1° CAPITOLO
Vista dal finestrino dell’aereo, Cagliari appariva al viaggiatore come una ridente, ordinata e operosa cittadina di provincia, disposta su alcune alture che si affacciavano sul mare e sul colle più alto era stata costruita la parte più antica della città, circondata da vecchie mura di cui si potevano intravedere ancora i resti, si capiva che era la parte più antica anche per via delle strade molto strette e per l’altezza degli edifici piuttosto contenuta. Fuori da quelle antiche mura si era sviluppata la città più moderna le cui strade si allargavano sempre più, proporzionalmente all’allontanamento dalla parte vecchia. La città era ubicata al centro di un golfo i cui bracci si intravedevano facilmente attraverso una leggera foschia mattutina e possedeva un porto dove erano attraccate alcune navi. L’aereo compiva lenti giri circolari sulla città in attesa dell’assenso all’atterraggio e si poteva notare, adiacente al nucleo urbano, una lunga spiaggia bianchissima su cui si riflettevano i raggi del sole, una spiaggia lunga alcuni chilometri la cui battigia sprofondava in un mare verde smeraldo incorniciato da una curiosa montagna a forma di sella, protesa sul mare. La prima impressione che Paolo ne ricavò corrispondeva esattamente ai racconti di suo padre e sua madre durante le tranquille serate sonnacchiose trascorse nella loro casa in riva all’oceano Indiano sulla costa del Madagascar ma lo smeraldino colore del mare che vedeva non aveva eguali in nessun altro luogo che egli avesse visitato. Si chiamava Paolo Maxia e aveva 38 anni, dopo la morte dei genitori avvenuta 4 mesi prima in un incidente d’auto, decise di vendere il villaggio turistico fondato dal padre dopo una vita di sacrifici trascorsa lavorando su una piattaforma petrolifera al largo dalla costa del Madagascar e ritornare nella terra dei genitori che, pur avendo conosciuto solo in giovanissima età, sentiva di amare, quasi che la nostalgia che spesso traspariva dai loro racconti si fosse materializzata in lui e avesse acceso nel suo animo il desiderio di tornare nella terra natia.

DAL 2° CAPITOLO
–Sono venuto in quest’isola—disse George mentre cercava di tenere il passo – perché fra i miei studi di archeologia la Sardegna sembra essere il fulcro di alcune mutazioni nella cultura egizia e sto seguendo le tracce di questo misterioso popolo, nativo dell’isola, che furono gli Shardana, lungo le rotte frequentate nell’antichità. Ho trovato reperti in Mesopotamia, in Grecia, a Creta, in Egitto, in Palestina e a Simbabhwes dove essi arrivarono circumnavigando l’Africa per sfruttare le miniere di stagno necessarie a produrre il bronzo. È un popolo misterioso che mi ha sempre affascinato per il suo ingegno nel costruire navi veloci ed all’avanguardia rispetto a quelle dei nemici, le loro, infatti, erano velocissime e prive di timone e potevano manovrare grazie ad uno strano attrezzo montato sulla tolda delle navi insieme ad un albero e di cui ancora non si è scoperta la struttura. Il museo egizio del Cairo ha incaricato il professor Blair, di cui sono amico e collaboratore, di svolgere ricerche sul regno di Amenophe IV e Nefertiti poiché a quel tempo vi fu un contatto con gli Shardana che riportò gli egizi ad un culto monoteista; si tratta di un periodo vicino al 1400 a.C., io sto svolgendo alcuni studi preliminari in attesa di essere raggiunto dal professore fra circa 20 giorni.-  Gli occhi di Paolo si illuminarono di interesse.  —Ho sentito spesso parlare della popolazione marinara che viveva in questi territori, mio padre mi descriveva spesso i resti degli insediamenti di quelle genti e anche delle spettacolari soluzioni architettoniche con cui costruirono i nuraghi assemblando enormi massi senza alcun tipo di malta, e vorrei vedere da vicino questi capolavori di ingegneria.-

DAL 2° CAPITOLO
Vicino ai due amici, sedeva un uomo anziano dell’apparente età di 70 anni, di statura bassa e con il ventre pronunciato, vestiva pantaloni e casacca di velluto marrone con il tipico cappello che i nativi chiamavano “su berrittu ” e che aveva la foggia caratteristica della “coppola” siciliana, anch’esso, rigorosamente in velluto, leggermente calato sulla fronte rugosa e bruciata dal sole, rughe vistose che si potevano notare anche sul viso e sulle mani, segni tipici di chi lavora all’aria aperta e in campagna. Il vecchietto masticava l’estremità di un sigaro spento e guardava fuori del finestrino con l’aria sonnacchiosa di chi è abituato alla vista di quel paesaggio, ormai monotono, di quel tratto di ferrovia percorso innumerevoli volte, pareva quasi che dormisse con gli occhi aperti, come ipnotizzato dallo scorrere regolare degli alberi ai lati della linea ferrata. Quando il treno fischiò, il vecchio ebbe un sussulto e distolse lo sguardo che andò ad incollarsi sulla figura di George con aria indagatrice e un poco sdegnata dall’abbigliamento inusuale, come ebbe terminato l’ispezione ritornò ai suoi pensieri con l’espressione di chi cerca risposte ai propri quesiti mentali. George starnutì vigorosamente -saluri!!!—gli augurò l’uomo. -Sarà magari l’odore del sigaro che da fastidio? -No, non si preoccupi, spesso i pollini primaverili fanno quest’effetto e quando mi va male soffro anche di forti mal di testa.- Il vecchio annuì e vedendo che George aveva un’aria sofferente, volle dare un consiglio -Voi siete forestieri, vero? Per curare i vostri malanni andate a sedervi sulle pietre delle “tombe dei giganti” e ogni dolore vi passerà, in paese lo facciamo in tanti e vengono anche da fuori per curarsi in questo modo. Dovete sapere che alla mia età, i dolori, spesso, si fanno sentire insistentemente, allora io vado in campagna e mi siedo sulle pietre degli antichi e i dolori vanno via-
Paolo guardò George che aveva dipinta sul volto l’espressione accondiscendente tipica di chi asseconda un pazzo. -Dalle vostre facce vedo che non mi credete, eppure è così. – Dove si trovano le pietre che hanno questi effetti?—incalzò Paolo. – Non ci sono delle pietre speciali, funzionano tutte, qualcuna più delle altre, hanno un’energia vitale che si trasmette alle persone che soffrono eliminando il male. Io vado a sedermi vicino ai menhir de “ su putzu” a Orroli, la zona si chiama così perché c’è un villaggio nuragico attorno ad un pozzo sacro risalenti a circa 5000 anni fa.

DAL 3° CAPITOLO
Percorsero di gran lena quei pochi chilometri di sentiero che li portò a salire sensibilmente di quota. Fu una passeggiata impegnativa che la bellezza dei luoghi e dei paesaggi ripagava ampiamente della fatica e poiché non potevano giungere a destinazione in anticipo sull’orario della chiusura pomeridiana, si concessero alcune soste in prossimità di occasionali corsi d’acqua che durante l’estate si sarebbero asciugati diventando scoscesi sentieri per capre. Quei luoghi erano immersi in un silenzio secolare, interrotto sporadicamente dal grido dei falchetti a caccia di prede o dal suono delle campanelle appese al collo di lontane pecore al pascolo; tutto pareva immutato nei secoli e provenire da un passato identico al futuro. Come Paolo apprese dai commenti uditi occasionalmente, la vita di quelle popolazioni montane non doveva essere molto variegata senza l’intervento di uno stimolo esterno, ma non pareva che quell’isolamento fosse disprezzato, anzi, negli ultimi anni con l’avvento del turismo di massa, fortunatamente, assiduo solo in alcuni periodi, si avvertiva spesso la necessità di un occasionale distacco. Erano ormai trascorse le 13,30 quando tziu Peppeddu, appena salito su una grossa roccia, esclamò: -ragazzi, ci siamo, ecco il nuraghe Arrubiu, potete vedere che è rosso perché è ricoperto di una minuta vegetazione rossiccia e infatti il suo nome “Arrubiu” significa proprio questo. La sua maestosità riesce sempre ad emozionarmi perché ai miei occhi appare come un’opera di grande genialità e abilità di cui erano capaci gli antichi e noi sardi ne siamo orgogliosi come gli egiziani lo sono delle piramidi.- Mentre si avvicinavano, l’insediamento nuragico si mostrava in tutta la sua grandezza, si sviluppava in alcune migliaia di metri quadri e il colore rossiccio risaltava immediatamente ma non era uniformemente distribuito sui blocchi di granito che ne costituivano i mattoni bensì, questo strano lichene che ne conferiva il curioso colore, ricopriva le pietre in modo disomogeneo infatti il colore naturale del granito affiorava spesso in quel mare di tenue vegetazione che, a dire il vero, non era di un rosso acceso ma tendeva all’arancio cupo.

DAL 5° CAPITOLO
L’auto sfrecciava veloce verso Desulo che si trovava più a valle; neppure le strette curve dei tornanti fecero desistere Paolo dal premere sull’acceleratore, l’aveva scampata per un soffio e la corsa l’aiutava a scaricare le tensione che aveva accumulato. Dopo pochi minuti incominciò a rilassarsi e poté analizzare meglio tutta la situazione; era evidente che i due assassini si erano separati a Lanusei non avendo alcuna cognizione del luogo dove lui fosse diretto e poiché le ipotesi erano tre come le strade che si dipartivano da Lanusei, dovettero, probabilmente, scartare quella ad est che conduceva ad Arbatax perché, se quella fosse stata la sua meta, avrebbe proseguito il viaggio con il trenino verde che aveva il capolinea proprio in quel paese sulla costa; quindi rimanevano due possibilità: una diretta a nord verso Fonni ed una a sud verso Barisardo, per questo motivo si erano separati, ognuno aveva seguito una probabile via di fuga… Erano ipotesi abbastanza plausibili che balenarono nella mente di Paolo, ora veniva il momento di preparare le prossime mosse visto che, al paese di Desulo, mancavano pochi chilometri, l’uomo che aveva ingannato non avrebbe perso tempo nel salire sull’autobus al bivio con il Monte Spada, o peggio per chiedere un passaggio agli automobilisti; quindi, in breve, se lo sarebbe ritrovato tra i piedi, pronto a fargli la pelle. Non gli era concesso di rilassarsi, doveva assolutamente trovare subito la ragazza. Paolo svoltò in una stradina campestre poco prima di entrare in paese, vi si inoltrò per circa 500 metri, fermò l’auto in uno spiazzo di lato, inoltrandosi nel sottobosco con lo scopo di celarla alla vista, strappò alcuni cespugli e li sistemò per ricoprire il sentiero tracciato dalle ruote, prese i bagagli e aprì la portiera posteriore per far scendere Furittu che era intento a deliziarsi nel rosicchiare le cinture di sicurezza e si avviò verso le prime case del paese tenendosi lontano dalla strada statale.

DALL’ 8° CAPITOLO
Rimasero alcuni minuti in silenzio come ipnotizzati da quella calda fiamma che, scoppiettando, ardeva gli ultimi frammenti di legno bagnati dall’umidità condensata; padre Antioco gettò nel fuoco un grosso ceppo e per primo ruppe il silenzio – Non hai detto se sei venuto in Sardegna per la prima volta o sei ritornato dopo avere trascorso del tempo fuori dall’isola, perchè in quest’ultimo caso, ancora non ne sei cosciente, ma ti sei ammalato da quell’angoscia nostalgica che si chiama ” mal di Sardegna “, esattamente come ne sono ammalato anch’io. Dicono che questo sentimento lo prova chi ha vissuto in Africa ma ti assicuro che non esiste solo il “mal d’Africa”; questa meravigliosa e suggestiva isola canta, emette in tutte le terre del mondo un canto singolare percettibile solo da chi vi è già stato, che si sente irresistibilmente attratto a ritornarvi e a non partire più come le sirene di Ulisse. Mi sono ammalato di Sardegna in una situazione curiosa: fui mandato qui per punizione e per espiare la mia intemperanza, i miei superiori mi trasferirono nel lontano 1945 ed ero molto giovane, a quei tempi si usava la terra sarda come fosse un luogo d’esilio, venivano trasferite tutte le persone che nell’Italia del dopo guerra erano mal viste o mal sopportate per un qualsiasi motivo, per più di un secolo è stata prerogativa di quest’isola accogliere coloro che venivano rifiutati da altre zone, ebbene, queste persone dopo un iniziale inquietudine e risentimento si innamoravano perdutamente e non andavano via mai più. Sono stato missionario in varie parti del mondo, ho stretto amicizie, organizzato servizi e cure nei paesi del terzo mondo ma ho chiesto sempre di ritornare qui; anche in Brasile mi sembrava di udire l’ululare del vento sulle cime del Gennargentu, lo stridio delle aquile in volo fra le millenarie rocce di granito, l’infrangersi delle onde verde smeraldo sulle rocce rosse di Arbatax o sui faraglioni del ” pan di zucchero “, lo sciacquio della risacca sulla spiaggia rosa di Budelli, il frusciare delle foglie nelle immense foreste di lecci e tutti i suoni della natura mi sussurravano un insistente invito a ritornare.