Archivi giornalieri: 21 dicembre 2023

Per la sanità in Italia si spende meno della media europea Europa

Per la sanità in Italia si spende meno della media europea Europa

La salute è un diritto fondamentale e analizzare la spesa sanitaria è un modo per valutare se viene garantito. In Europa ci sono ancora molti divari da questo punto di vista e la performance dell’Italia è inferiore alla media.

 

L’accesso alla sanità, di tipo curativo ma anche preventivo, è uno dei diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione europea e tutti gli stati membri dovrebbero garantire dei servizi gratuiti e di qualità ai propri cittadini.

Everyone has the right of access to preventive health care and the right to benefit from medical treatment under the conditions established by national laws and practices. A high level of human health protection shall be ensured in the definition and implementation of all Union policies and activities.

Ancora oggi però si possono notare ampi divari da questo punto di vista. Nei paesi dell’Europa occidentale e settentrionale la spesa sanitaria è elevata ed è in buona parte direttamente gestita dallo stato piuttosto che privatamente. Mentre nell’Europa meridionale e orientale è ancora bassa e pesa fortemente sulle famiglie.

Quando spendono i paesi europei per la sanità

In termini assoluti la Germania è il primo paese nell’Unione europea per spesa sanitaria: quasi 466 miliardi di euro nel 2021. Segue la Francia con circa 308 miliardi e poi l’Italia con circa 168. Ultimi invece alcuni piccoli stati come Malta, Cipro e Lussemburgo, ma anche le repubbliche baltiche e alcune nazioni dell’Europa centrale (in particolare Croazia e Slovenia). Mediamente, in un anno si parla di circa 3.500 euro per abitante.

3.562 euro pro capite, la spesa sanitaria media in Ue (2021).

Tuttavia la situazione appare molto diversificata. In generale, i paesi dell’Europa occidentale e settentrionale, con livelli più elevati di sviluppo economico, una maggiore ricchezza interna e, in alcuni casi, una tradizione di stato sociale, registrano valori pro capite più elevati. Si può inoltre notare che i divari cambiano se si considerano le uscite in rapporto al prodotto interno lordo (Pil).

La Germania registra, ancora una volta, il valore più elevato: il rapporto tra spesa sanitaria e Pil sfiora il 13%. Seguono Francia e Austria, anch’esse sopra il 12%. All’ultimo posto invece si trova il Lussemburgo (5,7%, per via del suo prodotto interno lordo molto elevato), alcuni paesi dell’est Europa (in particolare Polonia e Romania) e l’Irlanda, con meno del 7%.

Se invece consideriamo le uscite in rapporto agli abitanti, il Lussemburgo, ultimo come abbiamo detto per spesa in rapporto al Pil, arriva al primo posto con oltre 6mila euro pro capite. Seguono due paesi scandinavi (Danimarca e Svezia, con rispettivamente 6.223 e 5.813 euro pro capite). Ultime Bulgaria, Romania e Polonia con valori inferiori a mille.

L’Italia è sotto la media Ue.

Per quanto riguarda l’Italia, si trova al di sotto della media europea in entrambi i casi. Il rapporto tra spesa sanitaria e Pil si attesta, nel nostro paese, al 9,2%, contro una media pari al 10,9%. Le uscite pro capite invece sono di 2.837 euro, inferiori ai già citati 3.562.

Quanto pesa la sanità sui bilanci familiari

In Europa la sanità è perlopiù gestita a livello pubblico. Nei dati analizzati abbiamo considerato tutti gli schemi di finanziamento, che comprendono sia la sanità nazionale (finanziata grazie alla tassazione) che le assicurazioni private che le spese effettuate direttamente dai cittadini per le singole prestazioni.

Complessivamente oltre l’80% delle uscite in questo settore sono riconducibili a finanziamenti statali, anche se la quota varia passando dall’86% di Repubblica Ceca e Lussemburgo fino al 62% della Grecia.

Ma i costi per le famiglie sono notevoli. Mediamente in Ue parliamo del 14,5%: più di 231 miliardi di euro che le famiglie spendono direttamente, senza l’intermediazione di assicurazioni, per ottenere servizi sanitari.

 

Apertura portale online per albi CTU, Periti ed Elenco Nazionale: le istruzioni

Apertura portale online per albi CTU, Periti ed Elenco Nazionale: le istruzioni

Il Ministero della Giustizia annuncia l’apertura dal 4 gennaio 2024 del “Portale Albo CTU, periti ed elenco nazionale”, un nuovo sistema telematico per la gestione delle iscrizioni ai registri dei consulenti tecnici d’ufficio e dei periti presso i tribunali. Il portale segue le disposizioni legislative emanate in risposta alle nuove esigenze digitali del settore.

Comunicazione del Ministero in PDF

CNF-albo-ctu.pdf 161 KB

 

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1. Albi telematici per CTU e periti

L’art. 16-novies del d.l. 179/2012 ha introdotto l’obbligo di iscrivere consulenti tecnici d’ufficio e periti presso il tribunale in modo telematico. Il recente decreto ministeriale n. 109/2023 ha ulteriormente regolamentato l’iscrizione e la tenuta degli albi, stabilendo requisiti e procedure. Le nuove disposizioni diventeranno effettive il 4 gennaio 2024, trenta giorni dopo la pubblicazione delle specifiche tecniche. La tenuta informatica degli albi sarà disciplinata dalle specifiche tecniche adottate dalla Direzione generale della DGSIA del Ministero della Giustizia.

2. Il nuovo portale: cos’è e a cosa serve

Per assicurare l’attuazione delle disposizioni in tema di albo CTU, albo periti ed elenco nazionale, il Ministero ha realizzato un unico portale denominato “Portale Albo CTU, periti ed elenco nazionale”; esso permetterà di presentare le domande di iscrizione, consultare l’elenco nazionale e effettuare interrogazioni relative ai consulenti tecnici. L’accesso sarà disponibile dal 4 gennaio 2024, e i sistemi civili sono stati adeguati per interagire con il portale. Secondo il Ministero, “il nuovo Portale Telematico rappresenta un passo significativo verso la modernizzazione e la digitalizzazione dei registri professionali nel settore giudiziario”.

3. Iscrizioni e Scadenze

Secondo le indicazioni del Ministero, i professionisti già iscritti entro il 4 gennaio 2024 dovranno inserire i propri dati telematicamente entro il 4 marzo 2024. Per le nuove iscrizioni, due finestre temporali sono previste: dal 1° marzo al 30 aprile e dal 1° settembre al 31 ottobre di ogni anno. Dopo il 4 marzo 2024, gli albi cartacei saranno sostituiti da quelli telematici. La Direzione generale DGSIA pubblicherà presto dettagliate disposizioni tecniche per garantire un avvio ordinato del Portale.

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Pnrr per i giovani, serve una valutazione d’impatto #OpenPNRR

Pnrr per i giovani, serve una valutazione d’impatto #OpenPNRR

Abbiamo analizzato i progetti legati a misure Pnrr che hanno come priorità i giovani: le risorse allocate e i territori maggiormente interessati dagli interventi.

 

Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano ha 3 priorità strategiche, trasversali a tutte le misure del programma. Mirano all’abbattimento delle disparità su 3 piani: tra uomo e donna, tra giovani e non, tra il sud e il resto del paese.

Sulle prime due il governo Draghi aveva pubblicato delle relazioni, analizzate da openpolis in precedenti articoli. Sia per la parità di genere che per quella generazionale, avevamo infatti visto a quali misure del Pnrr sono associate, considerando anche le ulteriori priorità correlate.

Manca ancora la relazione sui divari territoriali.

Oggi siamo in grado di fare un passo in più, grazie allo studio dei progetti finanziati dal piano. Abbiamo analizzato quelli associati a misure che hanno i giovani come priorità strategica, vedendo dove saranno realizzati, con quante risorse e in quali ambiti di intervento.

Sappiamo che non basta. In primis perché questi dati potrebbero almeno in parte subire delle modifiche, a seguito della recente approvazione da parte della commissione europea, della richiesta di revisione dell’intero Pnrr italiano. Modifiche su cui auspichiamo che il governo renda disponibili al più presto nuovi dataset e informazioni. E al di là della situazione attuale, per verificare l’efficacia del Pnrr sulle priorità strategiche è necessaria una valutazione di impatto, basata su indicatori puntuali e rappresentativi.

A oggi comunque, la prospettiva dei progetti può essere utile a capire almeno gli interventi e le relative risorse finora individuati per questa priorità.

Il quadro generale

Secondo i dati aggiornati all’8 settembre 2023, quasi tutti gli investimenti che hanno come priorità i giovani (43 su 45) hanno superato la fase di selezione dei progetti. Cioè la scelta, attraverso procedure di gara, bandi e avvisi pubblici, degli interventi da finanziare. Non sappiamo tuttavia quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, né la spesa già effettuata. Una mancanza che purtroppo riguarda tutti i progetti del Pnrr e che chiediamo ancora una volta al governo di colmare.

34,6 miliardi € il finanziamento del Pnrr destinato ai 123.860 progetti selezionati nell’ambito di investimenti che hanno come priorità strategica la parità generazionale.

È bene sottolineare che le misure del Pnrr – e di conseguenza i progetti a esse associati – possono avere più di una priorità. Questi oltre 120mila interventi quindi non riguardano necessariamente solo i giovani, ma potrebbero avere come priorità anche la parità di genere o il contrasto dei divari territoriali.

In tutte le Missioni, le azioni del Piano sono volte a recuperare il potenziale delle nuove generazioni e a costruire un ambiente istituzionale e di impresa in grado di favorire il loro sviluppo e il loro protagonismo all’interno della società.

Gli ambiti di intervento

Per approfondire questi dati siamo partiti osservando quali sono i settori interessati dai progetti a supporto della parità generazionale. Ciò che emerge è che oltre la metà degli interventi (68.653) riguardano l’ambito della digitalizzazione. Dalle imprese ai privati, dalla pubblica amministrazione alle iniziative di cittadinanza digitale.

Segue il settore relativo agli studi: scuola, università e ricerca, con oltre 42mila progetti. Con numeri ampiamente inferiori le altre aree interessate sono inclusione sociale (6.842 interventi), cultura e turismo (3.706), impresa e lavoro (1.538) e infrastrutture (1.062).

10,7 miliardi € le risorse Pnrr su progetti per i giovani, a tema scuola, università e ricerca.

Considerando invece i finanziamenti allocati, la classifica cambia leggermente. Con scuola, università e ricerca al primo posto, seguita da digitalizzazione (8 miliardi), inclusione sociale (7,3), infrastrutture (6,6), impresa e lavoro (1,2) e cultura e turismo (0,8).

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I territori coinvolti

Abbiamo approfondito i dati sugli interventi e i relativi importi, per ricostruire un quadro dei territori in cui il Pnrr impatterà maggiormente con progetti dedicati ai giovani.

La Lombardia ha più progetti e più fondi Pnrr per i giovani.

A livello regionale è la Lombardia il territorio più interessato, con 17.647 progetti per un importo totale di quasi 4 miliardi di euro. Seguono per risorse tre grandi regioni del sud: Sicilia (3,6 miliardi) Campania (3,4) e Puglia (3,3) e una del centro, il Lazio (2,7).

È interessante notare, osservando la mappa che segue, che la Lombardia tra queste regioni è quella dove le risorse sembrano distribuite in modo meno omogeneo tra i diversi comuni.

Il capoluogo lombardo sarà interessato da progetti dedicati ai giovani che complessivamente hanno un valore complessivo di 758 milioni di euro, gestiti non solo dall’amministrazione comunale, ma anche dalla regione e dalla città metropolitana. Con alcune correlazioni rispetto ai dati regionali, gli altri territori su cui ricadono più risorse sono i comuni di Roma (639 milioni), Bari (582), Napoli (435) e Torino (413).

Molti di questi progetti non riguardano in modo specifico i giovani.

Osservando più da vicino tutti gli interventi previsti, quello con il maggior importo non è localizzato in un territorio preciso ma è un progetto nazionale. Riguarda la fornitura di servizi di connettività a banda ultralarga nelle strutture del servizio sanitario pubblico nazionale. Con un finanziamento Pnrr pari a 481 milioni di euro. La seconda cifra più alta è quella che il piano investe nei lavori per il raddoppio della linea ferroviaria nella tratta Fiumetorto-Castelbuono. È uno degli interventi per la linea ad alta velocità Palermo-Messina e prevede 459 milioni circa. Infine, restringendo il campo ai progetti associati a un territorio comunale, il più costoso riguarda i lavori di potenziamento di nodi ferroviari metropolitani nella città di Bari (205 milioni dal Pnrr).

La necessità di una valutazione di impatto

È chiaro da questa analisi, che i progetti di misure aventi i giovani come priorità comprendono anche interventi che solo in modo indiretto favoriscono lo sviluppo sociale ed economico di ragazze e ragazzi. Progetti che tra l’altro sono tra i più costosi, come quelli che intervengono sulle infrastrutture digitali e sulle linee ferroviarie. In questo modo si rischia di sovrastimare gli effetti del Pnrr su questa come sulle altre priorità strategiche.

Servono dati adeguati a valutare l’impatto del piano nel sostegno alle parità di genere, generazionale e territoriale. Per le prime due almeno, gli indicatori sono definiti. In particolare per i giovani sono 7, che assumono inoltre il valore di micro priorità:

Si tratterebbe dunque di monitorare questi indicatori, i loro andamenti in relazione alla realizzazione di misure, scadenze e progetti del Pnrr. Per produrre un’effettiva valutazione di impatto, come chiediamo dall’avvio del programma.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

 

Pnrr per i giovani, serve una valutazione d’impatto #OpenPNRR

Pnrr per i giovani, serve una valutazione d’impatto #OpenPNRR

Abbiamo analizzato i progetti legati a misure Pnrr che hanno come priorità i giovani: le risorse allocate e i territori maggiormente interessati dagli interventi.

 

Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano ha 3 priorità strategiche, trasversali a tutte le misure del programma. Mirano all’abbattimento delle disparità su 3 piani: tra uomo e donna, tra giovani e non, tra il sud e il resto del paese.

Sulle prime due il governo Draghi aveva pubblicato delle relazioni, analizzate da openpolis in precedenti articoli. Sia per la parità di genere che per quella generazionale, avevamo infatti visto a quali misure del Pnrr sono associate, considerando anche le ulteriori priorità correlate.

Manca ancora la relazione sui divari territoriali.

Oggi siamo in grado di fare un passo in più, grazie allo studio dei progetti finanziati dal piano. Abbiamo analizzato quelli associati a misure che hanno i giovani come priorità strategica, vedendo dove saranno realizzati, con quante risorse e in quali ambiti di intervento.

Sappiamo che non basta. In primis perché questi dati potrebbero almeno in parte subire delle modifiche, a seguito della recente approvazione da parte della commissione europea, della richiesta di revisione dell’intero Pnrr italiano. Modifiche su cui auspichiamo che il governo renda disponibili al più presto nuovi dataset e informazioni. E al di là della situazione attuale, per verificare l’efficacia del Pnrr sulle priorità strategiche è necessaria una valutazione di impatto, basata su indicatori puntuali e rappresentativi.

A oggi comunque, la prospettiva dei progetti può essere utile a capire almeno gli interventi e le relative risorse finora individuati per questa priorità.

Il quadro generale

Secondo i dati aggiornati all’8 settembre 2023, quasi tutti gli investimenti che hanno come priorità i giovani (43 su 45) hanno superato la fase di selezione dei progetti. Cioè la scelta, attraverso procedure di gara, bandi e avvisi pubblici, degli interventi da finanziare. Non sappiamo tuttavia quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, né la spesa già effettuata. Una mancanza che purtroppo riguarda tutti i progetti del Pnrr e che chiediamo ancora una volta al governo di colmare.

34,6 miliardi € il finanziamento del Pnrr destinato ai 123.860 progetti selezionati nell’ambito di investimenti che hanno come priorità strategica la parità generazionale.

È bene sottolineare che le misure del Pnrr – e di conseguenza i progetti a esse associati – possono avere più di una priorità. Questi oltre 120mila interventi quindi non riguardano necessariamente solo i giovani, ma potrebbero avere come priorità anche la parità di genere o il contrasto dei divari territoriali.

In tutte le Missioni, le azioni del Piano sono volte a recuperare il potenziale delle nuove generazioni e a costruire un ambiente istituzionale e di impresa in grado di favorire il loro sviluppo e il loro protagonismo all’interno della società.

Gli ambiti di intervento

Per approfondire questi dati siamo partiti osservando quali sono i settori interessati dai progetti a supporto della parità generazionale. Ciò che emerge è che oltre la metà degli interventi (68.653) riguardano l’ambito della digitalizzazione. Dalle imprese ai privati, dalla pubblica amministrazione alle iniziative di cittadinanza digitale.

Segue il settore relativo agli studi: scuola, università e ricerca, con oltre 42mila progetti. Con numeri ampiamente inferiori le altre aree interessate sono inclusione sociale (6.842 interventi), cultura e turismo (3.706), impresa e lavoro (1.538) e infrastrutture (1.062).

10,7 miliardi € le risorse Pnrr su progetti per i giovani, a tema scuola, università e ricerca.

Considerando invece i finanziamenti allocati, la classifica cambia leggermente. Con scuola, università e ricerca al primo posto, seguita da digitalizzazione (8 miliardi), inclusione sociale (7,3), infrastrutture (6,6), impresa e lavoro (1,2) e cultura e turismo (0,8).

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I territori coinvolti

Abbiamo approfondito i dati sugli interventi e i relativi importi, per ricostruire un quadro dei territori in cui il Pnrr impatterà maggiormente con progetti dedicati ai giovani.

La Lombardia ha più progetti e più fondi Pnrr per i giovani.

A livello regionale è la Lombardia il territorio più interessato, con 17.647 progetti per un importo totale di quasi 4 miliardi di euro. Seguono per risorse tre grandi regioni del sud: Sicilia (3,6 miliardi) Campania (3,4) e Puglia (3,3) e una del centro, il Lazio (2,7).

È interessante notare, osservando la mappa che segue, che la Lombardia tra queste regioni è quella dove le risorse sembrano distribuite in modo meno omogeneo tra i diversi comuni.

Il capoluogo lombardo sarà interessato da progetti dedicati ai giovani che complessivamente hanno un valore complessivo di 758 milioni di euro, gestiti non solo dall’amministrazione comunale, ma anche dalla regione e dalla città metropolitana. Con alcune correlazioni rispetto ai dati regionali, gli altri territori su cui ricadono più risorse sono i comuni di Roma (639 milioni), Bari (582), Napoli (435) e Torino (413).

Molti di questi progetti non riguardano in modo specifico i giovani.

Osservando più da vicino tutti gli interventi previsti, quello con il maggior importo non è localizzato in un territorio preciso ma è un progetto nazionale. Riguarda la fornitura di servizi di connettività a banda ultralarga nelle strutture del servizio sanitario pubblico nazionale. Con un finanziamento Pnrr pari a 481 milioni di euro. La seconda cifra più alta è quella che il piano investe nei lavori per il raddoppio della linea ferroviaria nella tratta Fiumetorto-Castelbuono. È uno degli interventi per la linea ad alta velocità Palermo-Messina e prevede 459 milioni circa. Infine, restringendo il campo ai progetti associati a un territorio comunale, il più costoso riguarda i lavori di potenziamento di nodi ferroviari metropolitani nella città di Bari (205 milioni dal Pnrr).

La necessità di una valutazione di impatto

È chiaro da questa analisi, che i progetti di misure aventi i giovani come priorità comprendono anche interventi che solo in modo indiretto favoriscono lo sviluppo sociale ed economico di ragazze e ragazzi. Progetti che tra l’altro sono tra i più costosi, come quelli che intervengono sulle infrastrutture digitali e sulle linee ferroviarie. In questo modo si rischia di sovrastimare gli effetti del Pnrr su questa come sulle altre priorità strategiche.

Servono dati adeguati a valutare l’impatto del piano nel sostegno alle parità di genere, generazionale e territoriale. Per le prime due almeno, gli indicatori sono definiti. In particolare per i giovani sono 7, che assumono inoltre il valore di micro priorità:

Si tratterebbe dunque di monitorare questi indicatori, i loro andamenti in relazione alla realizzazione di misure, scadenze e progetti del Pnrr. Per produrre un’effettiva valutazione di impatto, come chiediamo dall’avvio del programma.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

 

Per supportare i giovani il Pnrr punta sulla digitalizzazione

Per supportare i giovani il Pnrr punta sulla digitalizzazione

Progetti di misure Pnrr con priorità giovani, per ambito di intervento

GRAFICO
DESCRIZIONE

Oltre la metà degli interventi (68.653) riguardano l’ambito della digitalizzazione. Segue il settore relativo agli studi: scuola, università e ricerca, con oltre 42mila progetti. Con numeri ampiamente inferiori le altre aree interessate sono inclusione sociale (6.842 interventi), cultura e turismo (3.706), impresa e lavoro (1.538) e infrastrutture (1.062).

DA SAPERE

Ogni misura del Pnrr è associata a una o più priorità trasversali. Abbiamo identificato le misure con priorità “Giovani” e abbiamo analizzato i progetti a esse associati, in base alla nostra suddivisione tematica originale.

 

Pnrr per i giovani, serve una valutazione d’impatto #OpenPNRR

Pnrr per i giovani, serve una valutazione d’impatto #OpenPNRR

Abbiamo analizzato i progetti legati a misure Pnrr che hanno come priorità i giovani: le risorse allocate e i territori maggiormente interessati dagli interventi.

 

Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano ha 3 priorità strategiche, trasversali a tutte le misure del programma. Mirano all’abbattimento delle disparità su 3 piani: tra uomo e donna, tra giovani e non, tra il sud e il resto del paese.

Sulle prime due il governo Draghi aveva pubblicato delle relazioni, analizzate da openpolis in precedenti articoli. Sia per la parità di genere che per quella generazionale, avevamo infatti visto a quali misure del Pnrr sono associate, considerando anche le ulteriori priorità correlate.

Manca ancora la relazione sui divari territoriali.

Oggi siamo in grado di fare un passo in più, grazie allo studio dei progetti finanziati dal piano. Abbiamo analizzato quelli associati a misure che hanno i giovani come priorità strategica, vedendo dove saranno realizzati, con quante risorse e in quali ambiti di intervento.

Sappiamo che non basta. In primis perché questi dati potrebbero almeno in parte subire delle modifiche, a seguito della recente approvazione da parte della commissione europea, della richiesta di revisione dell’intero Pnrr italiano. Modifiche su cui auspichiamo che il governo renda disponibili al più presto nuovi dataset e informazioni. E al di là della situazione attuale, per verificare l’efficacia del Pnrr sulle priorità strategiche è necessaria una valutazione di impatto, basata su indicatori puntuali e rappresentativi.

A oggi comunque, la prospettiva dei progetti può essere utile a capire almeno gli interventi e le relative risorse finora individuati per questa priorità.

Il quadro generale

Secondo i dati aggiornati all’8 settembre 2023, quasi tutti gli investimenti che hanno come priorità i giovani (43 su 45) hanno superato la fase di selezione dei progetti. Cioè la scelta, attraverso procedure di gara, bandi e avvisi pubblici, degli interventi da finanziare. Non sappiamo tuttavia quale sia lo stato di avanzamento dei lavori, né la spesa già effettuata. Una mancanza che purtroppo riguarda tutti i progetti del Pnrr e che chiediamo ancora una volta al governo di colmare.

34,6 miliardi € il finanziamento del Pnrr destinato ai 123.860 progetti selezionati nell’ambito di investimenti che hanno come priorità strategica la parità generazionale.

È bene sottolineare che le misure del Pnrr – e di conseguenza i progetti a esse associati – possono avere più di una priorità. Questi oltre 120mila interventi quindi non riguardano necessariamente solo i giovani, ma potrebbero avere come priorità anche la parità di genere o il contrasto dei divari territoriali.

In tutte le Missioni, le azioni del Piano sono volte a recuperare il potenziale delle nuove generazioni e a costruire un ambiente istituzionale e di impresa in grado di favorire il loro sviluppo e il loro protagonismo all’interno della società.

Gli ambiti di intervento

Per approfondire questi dati siamo partiti osservando quali sono i settori interessati dai progetti a supporto della parità generazionale. Ciò che emerge è che oltre la metà degli interventi (68.653) riguardano l’ambito della digitalizzazione. Dalle imprese ai privati, dalla pubblica amministrazione alle iniziative di cittadinanza digitale.

Segue il settore relativo agli studi: scuola, università e ricerca, con oltre 42mila progetti. Con numeri ampiamente inferiori le altre aree interessate sono inclusione sociale (6.842 interventi), cultura e turismo (3.706), impresa e lavoro (1.538) e infrastrutture (1.062).

10,7 miliardi € le risorse Pnrr su progetti per i giovani, a tema scuola, università e ricerca.

Considerando invece i finanziamenti allocati, la classifica cambia leggermente. Con scuola, università e ricerca al primo posto, seguita da digitalizzazione (8 miliardi), inclusione sociale (7,3), infrastrutture (6,6), impresa e lavoro (1,2) e cultura e turismo (0,8).

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I territori coinvolti

Abbiamo approfondito i dati sugli interventi e i relativi importi, per ricostruire un quadro dei territori in cui il Pnrr impatterà maggiormente con progetti dedicati ai giovani.

La Lombardia ha più progetti e più fondi Pnrr per i giovani.

A livello regionale è la Lombardia il territorio più interessato, con 17.647 progetti per un importo totale di quasi 4 miliardi di euro. Seguono per risorse tre grandi regioni del sud: Sicilia (3,6 miliardi) Campania (3,4) e Puglia (3,3) e una del centro, il Lazio (2,7).

È interessante notare, osservando la mappa che segue, che la Lombardia tra queste regioni è quella dove le risorse sembrano distribuite in modo meno omogeneo tra i diversi comuni.

Il capoluogo lombardo sarà interessato da progetti dedicati ai giovani che complessivamente hanno un valore complessivo di 758 milioni di euro, gestiti non solo dall’amministrazione comunale, ma anche dalla regione e dalla città metropolitana. Con alcune correlazioni rispetto ai dati regionali, gli altri territori su cui ricadono più risorse sono i comuni di Roma (639 milioni), Bari (582), Napoli (435) e Torino (413).

Molti di questi progetti non riguardano in modo specifico i giovani.

Osservando più da vicino tutti gli interventi previsti, quello con il maggior importo non è localizzato in un territorio preciso ma è un progetto nazionale. Riguarda la fornitura di servizi di connettività a banda ultralarga nelle strutture del servizio sanitario pubblico nazionale. Con un finanziamento Pnrr pari a 481 milioni di euro. La seconda cifra più alta è quella che il piano investe nei lavori per il raddoppio della linea ferroviaria nella tratta Fiumetorto-Castelbuono. È uno degli interventi per la linea ad alta velocità Palermo-Messina e prevede 459 milioni circa. Infine, restringendo il campo ai progetti associati a un territorio comunale, il più costoso riguarda i lavori di potenziamento di nodi ferroviari metropolitani nella città di Bari (205 milioni dal Pnrr).

La necessità di una valutazione di impatto

È chiaro da questa analisi, che i progetti di misure aventi i giovani come priorità comprendono anche interventi che solo in modo indiretto favoriscono lo sviluppo sociale ed economico di ragazze e ragazzi. Progetti che tra l’altro sono tra i più costosi, come quelli che intervengono sulle infrastrutture digitali e sulle linee ferroviarie. In questo modo si rischia di sovrastimare gli effetti del Pnrr su questa come sulle altre priorità strategiche.

Servono dati adeguati a valutare l’impatto del piano nel sostegno alle parità di genere, generazionale e territoriale. Per le prime due almeno, gli indicatori sono definiti. In particolare per i giovani sono 7, che assumono inoltre il valore di micro priorità:

Si tratterebbe dunque di monitorare questi indicatori, i loro andamenti in relazione alla realizzazione di misure, scadenze e progetti del Pnrr. Per produrre un’effettiva valutazione di impatto, come chiediamo dall’avvio del programma.

Il nostro osservatorio sul Pnrr

Questo articolo rientra nel progetto di monitoraggio civico OpenPNRR, realizzato per analizzare e approfondire il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ogni lunedì pubblichiamo un nuovo articolo sulle misure previste dal piano e sullo stato di avanzamento dei lavori (vedi tutti gli articoli). Tutti i dati sono liberamente consultabili online sulla nostra piattaforma openpnrr.it, che offre anche la possibilità di attivare un monitoraggio personalizzato e ricevere notifiche ad hoc. Mettiamo inoltre a disposizione i nostri open data che possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

 

Articolo: 2024: Quali novità nel breve periodo per il mondo del lavoro

Articolo: 2024: Quali novità nel breve periodo per il mondo del lavoro

approfondimento di Eufranio Massi per il n. 142 della rivista “Il Mondo del consulente”.

  

 2024: QUALI NOVITA’ NEL BREVE PERIODO PER IL MONDO DEL LAVORO

L’anno che volge al termine pone, quale interrogativo, il quesito di cosa ci si aspetta nei prossimi mesi in materia di lavoro: si tratta di questioni che scaturiscono da impegni previsti da norme già vigenti ma anche da situazioni delineate nei provvedimenti di legge all’esame del Parlamento.

La riflessione che segue vuol essere, unicamente, una sorta di agenda di ciò che accadrà (o potrebbe accadere) nei prossimi mesi.

Ma, andiamo con ordine.

 Contratti a tempo determinato

Il superamento delle rigide regole del D.L. n. 87/2018 (c.d. “decreto Dignità”) impone alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (o alle loro articolazioni periferiche o aziendali, secondo il richiamo dell’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015) di identificare le causali alle quali dovranno attenersi i datori di lavoro che, superata la soglia dei primi 12 mesi “acausali”, debbono apporre una condizione per prorogare un rapporto a termine o per stipularne uno nuovo per mansioni dello stesso livello della categoria legale di inquadramento. Finora, è un dato che si desume facilmente, la contrattazione collettiva “qualificata” (almeno riferita ai contratti collettivi più importanti) non ha fatto nulla (la disposizione è in vigore dal 5 maggio u.s.): è pur vero che il datore di lavoro può, sulla base di esigenze tecnico-produttive ed organizzative, comunque declinate nella lettera di assunzione per non correre rischi in caso di contenzioso, individuare, pattiziamente, causali specifiche, ma tale possibilità cesserà il 30 aprile 2024. A mio avviso, se il quadro generale rimarrà più o meno lo stesso, sarà opportuno prorogare il termine appena citato, per far sì che la riforma entrata in vigore non si arresti alla soglia dei 12 mesi di contratto (anche in sommatoria con la somministrazione a termine) ed al datore di lavoro non restino che le causali per ragioni sostitutive.

Fringe benefits

Il disegno di legge relativo al Bilancio per l’anno prossimo è stato presentato in Parlamento e, tra le novità, sia pure non strutturali perché limitate al solo 2024, c’è la nuova normativa sui Fringe Benefits con una modifica che va a toccare l’art. 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del D.P.R. n. 917/1986.

Il tetto massimo di valori ceduti e servizi prestati ai lavoratori dipendenti (ma anche ai c.d. “assimilati” che sono i collaboratori e gli amministratori) che non concorrerà a formare il reddito complessivo sarà di:

  1. 000 euro per i lavoratori senza figli;
  2. 000 euro per i lavoratori con figli, compresi quelli nati fuori del matrimonio riconosciuti, figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 12, comma 2, del predetto D.P.R.;

I 1.000 ed i 2.000 euro non sono una franchigia, ma un limite, cosa che comporta, in caso di superamento, l’assoggettabilità fiscale totale degli importi.

Domande preliminari: il datore di lavoro sarà obbligato ad erogare i Fringe benefits? Li può diversificare all’interno delle due fasce previste?

La circolare n. 23/E/2023, in linea con un chiarimento già fornito con la precedente nota n. 35/E/2022, ricorda che i fringe benefits ex art. 51, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986 possono essere corrisposti dal datore di lavoro anche “ad personam”, con esclusione di soggetti che, potenzialmente, ne avrebbero diritto: ovviamente, tale situazione potrebbe portare ad attriti in azienda, cosa che, soprattutto in determinati contesti, il datore di lavoro deve mettere in conto, prima di prendere decisioni “ad excludendum”.

L’art. 6 del disegno di legge (probabilmente, non sarà quello del testo finale se tutto passerà attraverso il voto di fiducia su un maxi emendamento), dispone che nelle spese rimborsate rientrino quelle di luce, gas ed acqua (e qui non c’è alcuna novità rispetto all’anno in corso), ma anche le spese per l’affitto della prima casa o gli interessi sul mutuo sempre della prima casa. Tali voci si aggiungono ad altre che, comunemente, hanno titolo per rientrarvi: mi riferisco, ad esempio, agli omaggi natalizi, alle polizze assicurative extra professionali, alle auto aziendali adoperate in maniera promiscua, ecc.)

Tanto per fare qualche ulteriore esempio, prendendo lo spunto dalle precedenti note dell’Agenzia delle Entrate, possono essere oggetto di rimborso le utenze per uso domestico, intestate al condominio ma ripartite “pro-quota” tra i condomini che, pur avendo il locatore come riferimento, risultino dal contratto di affitto “caricate” sul locatario (o suo familiare) in forma di addebito analitico e non forfettario, purchè, effettivamente, sostenute. Ovviamente, il locatore non potrà beneficiare degli importi relativi a tali spese.

Per poter “godere” del beneficio per figli a carico è necessario che gli stessi siano fiscalmente a carico: essi sono tali se non possiedono un reddito lordo superiore a 2.840, 51 euro. Se, invece, sono di età non superiore a 24 anni, il limite reddituale è di 4.000 euro. Tale riscontro andrà fatto alla fine del 2024, in fase di conguaglio fiscale. Tale operazione sarà di particolare importanza in quanto se il figlio avrà avuto redditi superiori alla soglia massima, occorrerà procedere alle operazioni di recupero a carico del dipendente.

La norma dispone che il datore di lavoro si attivi su richiesta del lavoratore sul quale incombe, altresì, l’onere di comunicare il codice fiscale dei figli a carico. La norma, ripetendo quanto già affermato per il benefit del 2023, ricorda che sul datore grava l’onere della informativa alle rappresentanze sindacali unitarie (RSU), nel caso in cui proceda al riconoscimento delle esenzioni. Essa, secondo l’Agenzia delle Entrate (v. circolare n. 35/E) potrà avvenire anche dopo l’erogazione, ma entro il termine di chiusura del periodo di imposta 2024.

Da quanto risulta dalla norma contenuta nel disegno di legge che, sul punto, è identica a quella contenuta nell’art. 40 del D.L. n. 48/2023, queste mi sembrano le regole a cui è tenuto il datore di lavoro:

  1. L’onere della informativa grava, unicamente, sulle imprese ove sia stata costituita la Rappresentanza Sindacale Unitaria, pur se quella in carica, sia scaduta e debba essere rinnovata;
  2. Non sussiste alcun obbligo di informativa, in assenza di costituzione della RSU, nei confronti dei singoli rappresentanti sindacali aziendali;
  3. Non sussiste alcun obbligo di informativa nei confronti delle strutture territoriali di categoria delle organizzazioni sindacali.

L’agevolazione, afferma l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 23/E, viene riconosciuta in misura intera ad ogni genitore che fruisce di reddito da lavoro dipendente o assimilato, pur in presenza di un solo figlio, a condizione che quest’ultimo sia fiscalmente a carico di entrambi. L’agevolazione spetta ad entrambi i genitori, anche nel caso in cui la detrazione per i figli fiscalmente a carico avviene su quello tra i due che ha l’ammontare reddituale più alto, atteso che dalla norma scaturisce la considerazione che il figlio (o i figli) sono a carico di entrambi.

Rispetto al passato, il disegno di legge prevede due nuove possibili categorie di esenzione: le spese di affitto e gli interessi sul mutuo della prima casa. Qui, dopo l’entrata in vigore della norma, sarà opportuno attendere ciò che dirà l’Agenzia delle Entrate, anche per capire le modalità della richiesta del dipendente o del collaboratore. In ogni caso, non si è lontani dalla realtà affermare che i contenuti della stessa dovrebbero, così, essere definiti:

  1. Di avere diritto all’agevolazione prevista;
  2. Di essere genitore del figlio o dei figli (con l’indicazione dei nominativi e del codice fiscale) i quali non superano i limiti reddituali già indicati dall’Agenzia delle Entrate e che, di conseguenza, debbono essere considerati fiscalmente a carico;
  3. Di voler fruire dell’agevolazione anche attraverso il rimborso di utenze domestiche del servizio idrico integrato, del gas e dell’energia elettrica o anche delle spese dell’affitto o degli interessi sul mutuo della prima casa;
  4. Di impegnarsi a comunicare, sollecitamente, qualsiasi variazione riguardante il proprio nucleo familiare, anche se ciò dovesse comportare la perdita del beneficio ed il recupero di quanto già percepito.

Sarà onere del datore conservare tutta la documentazione.

Un’altra questione che si porrà, come in passato, sarà quella relativa ad una possibile richiesta di un lavoratore finalizzata a “coprire” i 1.000 o i 2.000 euro, in tutto o in parte, con i premi di risultato o con le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili di impresa.

La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 23/E è che la sostituzione dei premi di risultato e degli utili, potenzialmente assoggettabili ad imposta sostitutiva (nel 2024 il 5%), con somme erogate per il pagamento delle utenze domestiche, potrà avvenire soltanto se il contratto aziendale o quello territoriale prevedano la sostituibilità degli stessi con i fringe benefits.

Cuneo fiscale

Anche per il 2024 viene confermato il cuneo fiscale (“rectius” contributivo), con riduzione dell’aliquota di 7 o 6 punti sulla quota a carico del lavoratore, come già previsto dal D.L. n. 48/2023 per le retribuzioni che, rispettivamente, non superano, mensilmente, il limite dei 1.923 e dei 2.692 euro (non applicabili alla tredicesima ed alle eventuali mensilità aggiuntive). Qui, nulla è cambiato rispetto al recente passato.

Ciò che preme sottolineare è che dal prossimo anno, per effetto di una norma inserita in un decreto legislativo emanato in attuazione della legge delega fiscale e già approvato, in prima lettura, dal Consiglio dei Ministri, sui redditi da lavoro compresi tra 16.000 e 30.000, si aggiungerà un vantaggio progressivo fino a 260 euro annui (11,27 euro per chi fruisce di retribuzione annua di 16.000 euro).

I necessari approfondimenti saranno effettuati allorquando la norma diverrà definitiva.

Congedi parentali

A partire dal 2024 (anche questa disposizione è contenuta nel disegno di legge di Bilancio per l’anno 2024) i genitori potranno usufruire di due mesi di congedo, in alternativa tra loro, fino al compimento di 6 anni della prole: l’indennizzo sarà pari all’80%: per gli altri mesi che spettano la percentuale resta al 30%. Le nuove disposizioni (se saranno confermate) troveranno applicazione ai lavoratori ed alle lavoratrici che termineranno il congedo di maternità o di paternità dopo il 31 dicembre 2023. Non muterà, quindi, la durata massima del congedo parentale ma migliorerà il trattamento economico: indicazioni specifiche saranno fornite dall’INPS (e ci si augura anche dal Ministero del Lavoro) dopo l’entrata in vigore della legge.

Agevolazioni per le assunzioni

Come è noto, il 20 novembre u.s., la Commissione europea ha prorogato il Temporary Framework che dispone regole straordinarie per gli Aiuti di Stato (tra cui rientrano le agevolazioni per le assunzioni di personale già effettuate), fino al prossimo 30 giugno 2024, motivandolo con la continuazione della guerra tra la Russia e l’Ucraina.

Alcune delle agevolazioni connesse alle assunzioni di lavoratori (penso agli “under 36, o alle donne “svantaggiate”) sono previste, con i notevoli benefici previsti dalla recente normativa, unicamente per i rapporti che saranno instaurati entro il prossimo 31 dicembre.

Cosa succederà dal 1° gennaio se un datore intenderà assumere tali soggetti?

Attualmente, la norma non prevede nulla: in mancanza di una disposizione specifica che, a mio avviso, potrebbe essere inserita nel c.d. “Decreto Milleproroghe” che, ogni anno, viene varato dal Governo di turno, intorno al 30 dicembre, non rimarrebbe che tornare al passato con i limiti di importo e di età, previsti dai commi 100 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 205/2017 (30 anni di età come tetto massimo) o dall’art. 4, commi da 8 ad 11, della legge n. 92/2012 (per il personale femminile “svantaggiato”).

Vedremo cosa succederà.

Nuove regole per le dimissioni

Nel disegno di legge, presentato all’esame del Parlamento il 6 novembre u.s., c’è una disposizione, largamente attesa dalle aziende e dai professionisti, finalizzata a risolvere, in via definitiva, la questione delle dimissioni del lavoratore che non effettua la procedura telematica prevista dall’art. 26 del D.L.vo n. 151/2015 e dal conseguente D.M. applicativo.

Le dimissioni per “fatti concludenti” (allontanamento volontario dal posto di lavoro e conseguente assenza ingiustificata) sposata dal Tribunale di Udine con la sentenza n. 20 del 27 maggio 2022 è stata superata dalla ordinanza n. 27331/2023 della Corte di Cassazione la quale ha affermato che, alla luce del predetto art. 26, le dimissioni e le risoluzioni consensuali debbono, necessariamente, passare, pena l’inefficacia degli atti, attraverso la procedura telematica prevista dal D.M. applicativo. Le uniche eccezioni sono quelle conciliative avanti agli organismi ex art. 410 e 411 cpc e quelle avanti ad un funzionario dell’Ispettorato territoriale del Lavoro ex art. 55 del D.L.vo n. 165/2001. E’ questo il principio, della c.d. “tipicità delle forme”.

Ora, il Governo, attraverso l’art. 9 del disegno di legge all’esame delle Camere, inserisce, all’interno dell’art. 26, un nuovo comma, il 7-bis, che recita: “In caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 5 giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina di cui al presente articolo”.

Il quadro normativo, come ben si vede, cambierà profondamente in quanto:

  1. In caso di dimissioni non formalizzate attraverso la procedura, il datore di lavoro dovrà verificare ciò che dispone il proprio CCNL in caso di assenza ingiustificata protratta per più giorni (ad esempio, quello dei metalmeccanici ne prevede 3): se il CCNL non dovesse dire nulla, occorrerà attendere almeno 6 giorni (il disegno di legge parla di un termine superiore a 5 giornate) ed il rapporto sarà risolto per volontà del dipendente. Ovviamente, prima di procedere sarà opportuno verificare se l’assenza sia dovuta a motivazioni giustificabili;
  2. L’assenza ingiustificata protratta per più giornate farà sì che il datore non debba più procedere al licenziamento ed al conseguente “esborso” del contributo di ingresso alla NASPI che, oggi, per una anzianità pari o superiore ai 3 anni è pari a 1809,30 euro;
  3. Il lavoratore non avrà più diritto all’indennità di disoccupazione che spetta, unicamente, in caso di licenziamento, di dimissioni per giusta causa o di dimissioni confermate in “sede protetta” per la donna (dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno dalla nascita del bambino) e per l’uomo fruitore del congedo di paternità dal momento in cui inizia a fruirne e fino ad un anno dalla nascita del bambino.

Periodo di prova nel contratto a tempo determinato

L’art. 7 del D.L.vo n. 104/2022, entrato in vigore il 13 agosto 2022, prevedeva che per i contratti a tempo determinato il periodo di prova, necessariamente più corto rispetto a quello individuato dalla contrattazione collettiva per i rapporti a tempo indeterminato, fosse definito in sede di assunzione, ma, da allora, le parti sociali poco o nulla hanno fatto.

Ora, attraverso l’art. 6 del disegno di legge più volte citato, all’esame del Parlamento, il Governo indica una linea di comportamento, atteso che, per effetto della norma, sarà inserita all’interno del comma 2 dell’art. 7 del D.L.vo n. 104/2022 una frase che dispone: “Fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a 2 giorni e superiore a 15 giorni per i contratti con durata non superiore a 6 mesi, e 30 giorni per quelli di durata superiore a sei mesi e inferiori a 12 mesi”.

Ogni riflessione sull’argomento è, al momento, prematura e, senz’altro, è da rimandare, quantomeno, a quando la norma, che potrebbe essere anche emendata nel corso del dibattito parlamentare, entrerà in vigore.

 Eufranio MASSI

 

 

Video: Assunzioni agevolate giovani: nuove regole dal 2024. Un ritorno al passato

Video: Assunzioni agevolate giovani: nuove regole dal 2024. Un ritorno al passato

video di Roberto Camera* – in collaborazione con IPSOA Quotidiano

 

“Dal 1° gennaio 2024 cambiano le regole di gestione per l’assunzione di giovani: tranne nel caso in cui non vi sia un ripensamento dell’ultimo minuto da parte della legge di Bilancio, ritorna l’incentivo under 30 per l’assunzione a tempo indeterminato. Si verifica, quindi, una riduzione del beneficio per i datori di lavoro rispetto al più performante incentivo under 36. Inoltre, la durata di fruizione dell’agevolazione si attesta per tutti a 36 mesi, in quanto scompare l’ampliamento a 48 mesi per le aziende del mezzogiorno. Qual è l’importo dello sgravio? Quali sono gli obblighi da rispettare? Quali sono le regole per il cumulo con altri incentivi? …”

Vai alla pagina dedicata alla formazione (podcast e video sulle novità in materia di lavoro)

 


* Le considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

Articolo: 2024: Quali novità nel breve periodo per il mondo del lavoro

Articolo: 2024: Quali novità nel breve periodo per il mondo del lavoro

approfondimento di Eufranio Massi per il n. 142 della rivista “Il Mondo del consulente”.

  

 2024: QUALI NOVITA’ NEL BREVE PERIODO PER IL MONDO DEL LAVORO

L’anno che volge al termine pone, quale interrogativo, il quesito di cosa ci si aspetta nei prossimi mesi in materia di lavoro: si tratta di questioni che scaturiscono da impegni previsti da norme già vigenti ma anche da situazioni delineate nei provvedimenti di legge all’esame del Parlamento.

La riflessione che segue vuol essere, unicamente, una sorta di agenda di ciò che accadrà (o potrebbe accadere) nei prossimi mesi.

Ma, andiamo con ordine.

 Contratti a tempo determinato

Il superamento delle rigide regole del D.L. n. 87/2018 (c.d. “decreto Dignità”) impone alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (o alle loro articolazioni periferiche o aziendali, secondo il richiamo dell’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015) di identificare le causali alle quali dovranno attenersi i datori di lavoro che, superata la soglia dei primi 12 mesi “acausali”, debbono apporre una condizione per prorogare un rapporto a termine o per stipularne uno nuovo per mansioni dello stesso livello della categoria legale di inquadramento. Finora, è un dato che si desume facilmente, la contrattazione collettiva “qualificata” (almeno riferita ai contratti collettivi più importanti) non ha fatto nulla (la disposizione è in vigore dal 5 maggio u.s.): è pur vero che il datore di lavoro può, sulla base di esigenze tecnico-produttive ed organizzative, comunque declinate nella lettera di assunzione per non correre rischi in caso di contenzioso, individuare, pattiziamente, causali specifiche, ma tale possibilità cesserà il 30 aprile 2024. A mio avviso, se il quadro generale rimarrà più o meno lo stesso, sarà opportuno prorogare il termine appena citato, per far sì che la riforma entrata in vigore non si arresti alla soglia dei 12 mesi di contratto (anche in sommatoria con la somministrazione a termine) ed al datore di lavoro non restino che le causali per ragioni sostitutive.

Fringe benefits

Il disegno di legge relativo al Bilancio per l’anno prossimo è stato presentato in Parlamento e, tra le novità, sia pure non strutturali perché limitate al solo 2024, c’è la nuova normativa sui Fringe Benefits con una modifica che va a toccare l’art. 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del D.P.R. n. 917/1986.

Il tetto massimo di valori ceduti e servizi prestati ai lavoratori dipendenti (ma anche ai c.d. “assimilati” che sono i collaboratori e gli amministratori) che non concorrerà a formare il reddito complessivo sarà di:

  1. 000 euro per i lavoratori senza figli;
  2. 000 euro per i lavoratori con figli, compresi quelli nati fuori del matrimonio riconosciuti, figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 12, comma 2, del predetto D.P.R.;

I 1.000 ed i 2.000 euro non sono una franchigia, ma un limite, cosa che comporta, in caso di superamento, l’assoggettabilità fiscale totale degli importi.

Domande preliminari: il datore di lavoro sarà obbligato ad erogare i Fringe benefits? Li può diversificare all’interno delle due fasce previste?

La circolare n. 23/E/2023, in linea con un chiarimento già fornito con la precedente nota n. 35/E/2022, ricorda che i fringe benefits ex art. 51, comma 3, del D.P.R. n. 917/1986 possono essere corrisposti dal datore di lavoro anche “ad personam”, con esclusione di soggetti che, potenzialmente, ne avrebbero diritto: ovviamente, tale situazione potrebbe portare ad attriti in azienda, cosa che, soprattutto in determinati contesti, il datore di lavoro deve mettere in conto, prima di prendere decisioni “ad excludendum”.

L’art. 6 del disegno di legge (probabilmente, non sarà quello del testo finale se tutto passerà attraverso il voto di fiducia su un maxi emendamento), dispone che nelle spese rimborsate rientrino quelle di luce, gas ed acqua (e qui non c’è alcuna novità rispetto all’anno in corso), ma anche le spese per l’affitto della prima casa o gli interessi sul mutuo sempre della prima casa. Tali voci si aggiungono ad altre che, comunemente, hanno titolo per rientrarvi: mi riferisco, ad esempio, agli omaggi natalizi, alle polizze assicurative extra professionali, alle auto aziendali adoperate in maniera promiscua, ecc.)

Tanto per fare qualche ulteriore esempio, prendendo lo spunto dalle precedenti note dell’Agenzia delle Entrate, possono essere oggetto di rimborso le utenze per uso domestico, intestate al condominio ma ripartite “pro-quota” tra i condomini che, pur avendo il locatore come riferimento, risultino dal contratto di affitto “caricate” sul locatario (o suo familiare) in forma di addebito analitico e non forfettario, purchè, effettivamente, sostenute. Ovviamente, il locatore non potrà beneficiare degli importi relativi a tali spese.

Per poter “godere” del beneficio per figli a carico è necessario che gli stessi siano fiscalmente a carico: essi sono tali se non possiedono un reddito lordo superiore a 2.840, 51 euro. Se, invece, sono di età non superiore a 24 anni, il limite reddituale è di 4.000 euro. Tale riscontro andrà fatto alla fine del 2024, in fase di conguaglio fiscale. Tale operazione sarà di particolare importanza in quanto se il figlio avrà avuto redditi superiori alla soglia massima, occorrerà procedere alle operazioni di recupero a carico del dipendente.

La norma dispone che il datore di lavoro si attivi su richiesta del lavoratore sul quale incombe, altresì, l’onere di comunicare il codice fiscale dei figli a carico. La norma, ripetendo quanto già affermato per il benefit del 2023, ricorda che sul datore grava l’onere della informativa alle rappresentanze sindacali unitarie (RSU), nel caso in cui proceda al riconoscimento delle esenzioni. Essa, secondo l’Agenzia delle Entrate (v. circolare n. 35/E) potrà avvenire anche dopo l’erogazione, ma entro il termine di chiusura del periodo di imposta 2024.

Da quanto risulta dalla norma contenuta nel disegno di legge che, sul punto, è identica a quella contenuta nell’art. 40 del D.L. n. 48/2023, queste mi sembrano le regole a cui è tenuto il datore di lavoro:

  1. L’onere della informativa grava, unicamente, sulle imprese ove sia stata costituita la Rappresentanza Sindacale Unitaria, pur se quella in carica, sia scaduta e debba essere rinnovata;
  2. Non sussiste alcun obbligo di informativa, in assenza di costituzione della RSU, nei confronti dei singoli rappresentanti sindacali aziendali;
  3. Non sussiste alcun obbligo di informativa nei confronti delle strutture territoriali di categoria delle organizzazioni sindacali.

L’agevolazione, afferma l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 23/E, viene riconosciuta in misura intera ad ogni genitore che fruisce di reddito da lavoro dipendente o assimilato, pur in presenza di un solo figlio, a condizione che quest’ultimo sia fiscalmente a carico di entrambi. L’agevolazione spetta ad entrambi i genitori, anche nel caso in cui la detrazione per i figli fiscalmente a carico avviene su quello tra i due che ha l’ammontare reddituale più alto, atteso che dalla norma scaturisce la considerazione che il figlio (o i figli) sono a carico di entrambi.

Rispetto al passato, il disegno di legge prevede due nuove possibili categorie di esenzione: le spese di affitto e gli interessi sul mutuo della prima casa. Qui, dopo l’entrata in vigore della norma, sarà opportuno attendere ciò che dirà l’Agenzia delle Entrate, anche per capire le modalità della richiesta del dipendente o del collaboratore. In ogni caso, non si è lontani dalla realtà affermare che i contenuti della stessa dovrebbero, così, essere definiti:

  1. Di avere diritto all’agevolazione prevista;
  2. Di essere genitore del figlio o dei figli (con l’indicazione dei nominativi e del codice fiscale) i quali non superano i limiti reddituali già indicati dall’Agenzia delle Entrate e che, di conseguenza, debbono essere considerati fiscalmente a carico;
  3. Di voler fruire dell’agevolazione anche attraverso il rimborso di utenze domestiche del servizio idrico integrato, del gas e dell’energia elettrica o anche delle spese dell’affitto o degli interessi sul mutuo della prima casa;
  4. Di impegnarsi a comunicare, sollecitamente, qualsiasi variazione riguardante il proprio nucleo familiare, anche se ciò dovesse comportare la perdita del beneficio ed il recupero di quanto già percepito.

Sarà onere del datore conservare tutta la documentazione.

Un’altra questione che si porrà, come in passato, sarà quella relativa ad una possibile richiesta di un lavoratore finalizzata a “coprire” i 1.000 o i 2.000 euro, in tutto o in parte, con i premi di risultato o con le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili di impresa.

La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 23/E è che la sostituzione dei premi di risultato e degli utili, potenzialmente assoggettabili ad imposta sostitutiva (nel 2024 il 5%), con somme erogate per il pagamento delle utenze domestiche, potrà avvenire soltanto se il contratto aziendale o quello territoriale prevedano la sostituibilità degli stessi con i fringe benefits.

Cuneo fiscale

Anche per il 2024 viene confermato il cuneo fiscale (“rectius” contributivo), con riduzione dell’aliquota di 7 o 6 punti sulla quota a carico del lavoratore, come già previsto dal D.L. n. 48/2023 per le retribuzioni che, rispettivamente, non superano, mensilmente, il limite dei 1.923 e dei 2.692 euro (non applicabili alla tredicesima ed alle eventuali mensilità aggiuntive). Qui, nulla è cambiato rispetto al recente passato.

Ciò che preme sottolineare è che dal prossimo anno, per effetto di una norma inserita in un decreto legislativo emanato in attuazione della legge delega fiscale e già approvato, in prima lettura, dal Consiglio dei Ministri, sui redditi da lavoro compresi tra 16.000 e 30.000, si aggiungerà un vantaggio progressivo fino a 260 euro annui (11,27 euro per chi fruisce di retribuzione annua di 16.000 euro).

I necessari approfondimenti saranno effettuati allorquando la norma diverrà definitiva.

Congedi parentali

A partire dal 2024 (anche questa disposizione è contenuta nel disegno di legge di Bilancio per l’anno 2024) i genitori potranno usufruire di due mesi di congedo, in alternativa tra loro, fino al compimento di 6 anni della prole: l’indennizzo sarà pari all’80%: per gli altri mesi che spettano la percentuale resta al 30%. Le nuove disposizioni (se saranno confermate) troveranno applicazione ai lavoratori ed alle lavoratrici che termineranno il congedo di maternità o di paternità dopo il 31 dicembre 2023. Non muterà, quindi, la durata massima del congedo parentale ma migliorerà il trattamento economico: indicazioni specifiche saranno fornite dall’INPS (e ci si augura anche dal Ministero del Lavoro) dopo l’entrata in vigore della legge.

Agevolazioni per le assunzioni

Come è noto, il 20 novembre u.s., la Commissione europea ha prorogato il Temporary Framework che dispone regole straordinarie per gli Aiuti di Stato (tra cui rientrano le agevolazioni per le assunzioni di personale già effettuate), fino al prossimo 30 giugno 2024, motivandolo con la continuazione della guerra tra la Russia e l’Ucraina.

Alcune delle agevolazioni connesse alle assunzioni di lavoratori (penso agli “under 36, o alle donne “svantaggiate”) sono previste, con i notevoli benefici previsti dalla recente normativa, unicamente per i rapporti che saranno instaurati entro il prossimo 31 dicembre.

Cosa succederà dal 1° gennaio se un datore intenderà assumere tali soggetti?

Attualmente, la norma non prevede nulla: in mancanza di una disposizione specifica che, a mio avviso, potrebbe essere inserita nel c.d. “Decreto Milleproroghe” che, ogni anno, viene varato dal Governo di turno, intorno al 30 dicembre, non rimarrebbe che tornare al passato con i limiti di importo e di età, previsti dai commi 100 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 205/2017 (30 anni di età come tetto massimo) o dall’art. 4, commi da 8 ad 11, della legge n. 92/2012 (per il personale femminile “svantaggiato”).

Vedremo cosa succederà.

Nuove regole per le dimissioni

Nel disegno di legge, presentato all’esame del Parlamento il 6 novembre u.s., c’è una disposizione, largamente attesa dalle aziende e dai professionisti, finalizzata a risolvere, in via definitiva, la questione delle dimissioni del lavoratore che non effettua la procedura telematica prevista dall’art. 26 del D.L.vo n. 151/2015 e dal conseguente D.M. applicativo.

Le dimissioni per “fatti concludenti” (allontanamento volontario dal posto di lavoro e conseguente assenza ingiustificata) sposata dal Tribunale di Udine con la sentenza n. 20 del 27 maggio 2022 è stata superata dalla ordinanza n. 27331/2023 della Corte di Cassazione la quale ha affermato che, alla luce del predetto art. 26, le dimissioni e le risoluzioni consensuali debbono, necessariamente, passare, pena l’inefficacia degli atti, attraverso la procedura telematica prevista dal D.M. applicativo. Le uniche eccezioni sono quelle conciliative avanti agli organismi ex art. 410 e 411 cpc e quelle avanti ad un funzionario dell’Ispettorato territoriale del Lavoro ex art. 55 del D.L.vo n. 165/2001. E’ questo il principio, della c.d. “tipicità delle forme”.

Ora, il Governo, attraverso l’art. 9 del disegno di legge all’esame delle Camere, inserisce, all’interno dell’art. 26, un nuovo comma, il 7-bis, che recita: “In caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 5 giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina di cui al presente articolo”.

Il quadro normativo, come ben si vede, cambierà profondamente in quanto:

  1. In caso di dimissioni non formalizzate attraverso la procedura, il datore di lavoro dovrà verificare ciò che dispone il proprio CCNL in caso di assenza ingiustificata protratta per più giorni (ad esempio, quello dei metalmeccanici ne prevede 3): se il CCNL non dovesse dire nulla, occorrerà attendere almeno 6 giorni (il disegno di legge parla di un termine superiore a 5 giornate) ed il rapporto sarà risolto per volontà del dipendente. Ovviamente, prima di procedere sarà opportuno verificare se l’assenza sia dovuta a motivazioni giustificabili;
  2. L’assenza ingiustificata protratta per più giornate farà sì che il datore non debba più procedere al licenziamento ed al conseguente “esborso” del contributo di ingresso alla NASPI che, oggi, per una anzianità pari o superiore ai 3 anni è pari a 1809,30 euro;
  3. Il lavoratore non avrà più diritto all’indennità di disoccupazione che spetta, unicamente, in caso di licenziamento, di dimissioni per giusta causa o di dimissioni confermate in “sede protetta” per la donna (dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno dalla nascita del bambino) e per l’uomo fruitore del congedo di paternità dal momento in cui inizia a fruirne e fino ad un anno dalla nascita del bambino.

Periodo di prova nel contratto a tempo determinato

L’art. 7 del D.L.vo n. 104/2022, entrato in vigore il 13 agosto 2022, prevedeva che per i contratti a tempo determinato il periodo di prova, necessariamente più corto rispetto a quello individuato dalla contrattazione collettiva per i rapporti a tempo indeterminato, fosse definito in sede di assunzione, ma, da allora, le parti sociali poco o nulla hanno fatto.

Ora, attraverso l’art. 6 del disegno di legge più volte citato, all’esame del Parlamento, il Governo indica una linea di comportamento, atteso che, per effetto della norma, sarà inserita all’interno del comma 2 dell’art. 7 del D.L.vo n. 104/2022 una frase che dispone: “Fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a 2 giorni e superiore a 15 giorni per i contratti con durata non superiore a 6 mesi, e 30 giorni per quelli di durata superiore a sei mesi e inferiori a 12 mesi”.

Ogni riflessione sull’argomento è, al momento, prematura e, senz’altro, è da rimandare, quantomeno, a quando la norma, che potrebbe essere anche emendata nel corso del dibattito parlamentare, entrerà in vigore.

 Eufranio MASSI

 

 

INPS: Assegno di inclusione – prime indicazioni sulla misura

INPS: Assegno di inclusione – prime indicazioni sulla misura

L’INPS, con la circolare n. 105 del 16 dicembre 2023, fornisce le prime indicazioni in merito alle modalità di accesso e di fruizione della misura dell’Assegno di inclusione istituita dal decreto legge 4 maggio 2023 n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”.

Nel testo sono indicati i requisiti di accesso alla misura, le modalità di presentazione della domanda e il percorso di inclusione sociale e lavorativa che i componenti del nucleo richiedente il beneficio sono tenuti a seguire; sono, altresì, disciplinati le condizionalità, le variazioni da comunicare in corso di fruizione del beneficio, il sistema dei controlli e quello sanzionatorio; da ultimo vengono riportate le disposizioni sul finanziamento della misura e sul trattamento dei dati personali.

 

La Normativa

Parlamento: tutela delle persone che sono state affette da malattia oncologica

Parlamento: tutela delle persone che sono state affette da malattia oncologica

È stata pubblicata, sulla Gazzetta Ufficiale n. 294 del 18 dicembre 2023, la Legge 7 dicembre 2023, n. 193, recante disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche.

Per quanto riguarda la materia lavoro, la legge dispone (articolo 4) che ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali e selettive, pubbliche e private, quando nel loro ambito sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, è fatto divieto di richiedere informazioni relative allo stato di salute dei candidati medesimi concernenti patologie oncologiche da cui essi siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data della richiesta. Tale periodo è ridotto della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età.

Inoltre, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni di pazienti oncologici iscritte nella sezione Reti associative del Registro unico nazionale del Terzo settore o che abbiano la forma giuridica di associazioni di secondo livello iscritte al predetto Registro, possono essere promosse, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, specifiche politiche attive per assicurare, a ogni persona che sia stata affetta da una patologia oncologica, eguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza nel lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi.

 

la Legge 7 dicembre 2023, n. 193

Fonte: Gazzetta Ufficiale