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Nell’ambito delle funzionalità che rientrano nella nuova piattaforma unica delle prestazioni di integrazione salariale OMNIA IS, è previsto il rilascio di un nuovo servizio dedicato ai datori di lavoro e agli intermediari, volto ad avvisare i medesimi dell’approssimarsi del termine decadenziale per l’invio dei flussi UNIEMENS e UNICIG41, contenenti, rispettivamente, i dati per conguagliare le prestazioni di integrazione salariale anticipate ai lavoratori e i dati necessari all’Istituto per il pagamento diretto delle medesime prestazioni.
Ai sensi dell’articolo 7, comma 3, del D.lgs 14 settembre 2015, n. 148, il conguaglio o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori devono essere effettuati, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione se successivo.
Inoltre, ai sensi del comma 5-bis del predetto articolo, in caso di pagamento diretto delle prestazioni, il datore di lavoro è tenuto, a pena di decadenza, a inviare all’INPS tutti i dati necessari per il pagamento dell’integrazione salariale entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale o, se posteriore, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di autorizzazione. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri a essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
Il nuovo servizio, pertanto, ha la finalità di avvisare tempestivamente, con apposita comunicazione inviata tramite posta elettronica certificata (PEC), i datori di lavoro che hanno presentato una domanda di integrazione salariale ordinaria (CIGO) o di assegno di integrazione salariale del Fondo di integrazione salariale (FIS) o di un Fondo di solidarietà bilaterale, autorizzata dall’Istituto, dell’approssimarsi dei termini decadenziali previsti dalle norme sopra richiamate.
Tanto rappresentato, con il presente messaggio si comunica che il servizio in oggetto è stato già avviato sperimentalmente relativamente alle prestazioni a pagamento diretto, e i datori di lavoro destinatari di autorizzazioni in scadenza tra la data del 1° dicembre 2023 e quella del 31 dicembre 2023, riferite a domande di CIGO/FIS/Fondi di Solidarietà, hanno ricevuto un avviso, inviato tramite PEC, che li ha informati della predetta scadenza per l’invio dei flussi UNICIG41.
Nel corso dell’anno 2024 il nuovo servizio andrà a regime e riguarderà sia le prestazioni di integrazione salariale a pagamento diretto sia quelle a conguaglio rientrando, quindi,nelle nuove funzionalità messe a disposizione dalla piattaforma OMNIA IS.
Con successivo messaggio sarà comunicata la data a decorrere dalla quale il servizio sarà esteso anche alle prestazioni di integrazione salariale di CIGO/FIS/Fondi di solidarietà con pagamento a conguaglio.
Il Direttore Generale | ||
Vincenzo Caridi |
Un terzo dell’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera è attribuibile ai trasporti, in particolare quelli su strada. È cruciale accelerare la decarbonizzazione del settore, oggi ancora insufficiente.
Negli ultimi decenni in Italia come nel resto d’Europa il rilascio di gas climalteranti nell’atmosfera si è progressivamente ridotto. Tuttavia il 2021 ha registrato valori più elevati rispetto a quelli del 2019, prima del calo prodotto dallo scoppio della pandemia. Come rileva l’istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), le emissioni registrate nel 2021 sono state ben 11 milioni di tonnellate al di sopra del limite prestabilito. Questo gap potrebbe oltretutto aumentare nei prossimi anni: le previsioni per il 2030 sono tutt’altro che positive.
Non possiamo evitare ma sicuramente minimizzare i danni causati dall’innalzamento delle temperature, ormai destinate a superare la soglia dei 2 gradi centigradi fissata dagli accordi di Parigi. Per farlo è necessario investire maggiormente nella decarbonizzazione. Uno dei settori più critici da questo punto di vista è quello dei trasporti, che negli anni ha ridotto in modo limitato le sue emissioni di gas a effetto serra e che in proporzione ha un peso sempre maggiore.
I veicoli sono imprescindibili nelle società odierne. Essi permettono lo spostamento di persone e di merci, aumentando la qualità della vita e favorendo lo scambio, la ricchezza e una generale apertura. Tuttavia come afferma la European environmental agency (Eea), i sistemi di spostamento attuali non sono sostenibili.
Dopo l’energia, i trasporti sono il principale ambito per generazione di emissioni inquinanti. Come rileva il ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims), essi contribuiscono (con l’esclusione di aviazione e trasporto marittimo internazionale) per più di un quarto del totale. La quota sale ulteriormente, oltre il 30%, se consideriamo soltanto l’anidride carbonica, che da sola costituisce quasi il 99% delle emissioni prodotte dai veicoli (e l’80% circa mediamente in tutti i settori).
Grazie ai dati dell’Eea, possiamo ricostruire il peso di tutto il settore, comprensivo anche di aviazione domestica e trasporto marittimo. Insieme, i trasporti costituiscono il 31% delle emissioni totali di Co2, una quota in aumento.
Come accennato, il contributo dei trasporti sul totale delle emissioni di Co2 è in aumento: all’inizio degli anni ’90 non arrivava al 25%, mentre nel 2021 era ormai pari a un terzo del totale.
In termini assoluti, le emissioni del settore hanno toccato un picco nel 2007 quando hanno superato i 128 milioni di tonnellate. Da allora hanno registrato un calo lieve ma più o meno costante, con una forte anomalia nel 2020 (in corrispondenza dello scoppio della pandemia, quando molti spostamenti si sono temporaneamente fermati e le emissioni di Co2 hanno raggiunto poco meno di 86 milioni di tonnellate). Nel 2021 siamo tornati sopra i 100 milioni di tonnellate, ormai vicini ai livelli pre-Covid.
La quasi totalità delle emissioni di anidride carbonica è dovuta al trasporto su strada. Questo da solo ha causato il rilascio di circa 95 milioni di tonnellate di Co2 nel 2021: quasi il 93% del totale. Molto inferiore invece il contributo del trasporto marittimo e dell’aviazione (l’Eea conteggia solo quella domestica) che ne costituiscono rispettivamente il 4% e l’1,7%. Del tutto irrisorio invece il peso del trasporto ferroviario, pari allo 0,1%.
L’Eea non disaggrega i dati per tipo di veicolo, ma il Mims riporta che nel 69% dei casi le emissioni del trasporto stradale (in questo caso si parla di gas serra in generale, non soltanto di Co2), sono attribuibili alle auto, che quindi da sole sono responsabili del 16% di tutte le emissioni.
Nonostante gli obiettivi europei prevedano una graduale decarbonizzazione dei trasporti (con una quota di alimentazione da fonti rinnovabili fino al 45%, entro il 2030), nel 2021 ancora circa il 90% dei consumi finali del settore risultava riconducibile ai prodotti petroliferi, secondo la ricostruzione del gestore servizi energetici (Gse). Specificamente, il 58% era alimentato a gasolio o diesel e il 21% a benzina.
Il diesel è, tra tutti, il tipo di alimentazione più inquinante, portando per ogni chilometro al rilascio di 167 grammi di Co2. Segue la benzina con 161 g/km. Più contenuti gli effetti del Gpl (gas di petrolio liquefatto) e delle varie tipologie di auto ibrida. L’unico tipo di vettura che non comporta emissioni è quello elettrico al 100%.
Oggi, in parte a causa di alcune sfide a livello tecnico come lo smaltimento e l’eventuale riciclo delle batterie al litio, le auto elettriche sono ancora poco diffuse nel nostro paese. Ma visto l’impatto crescente del trasporto su strada e l’urgenza della crisi climatica, occorre muoversi più rapidamente verso una progressiva decarbonizzazione del settore.
Foto: Markus Spiske – licenza
Il tema dei cambi di gruppo non è stato al centro del dibattito negli ultimi mesi, ma anche nella precedente legislatura si era partiti in sordina salvo poi arrivare a diverse centinaia di riposizionamenti. Per questo è importante tenere il fenomeno sotto controllo.
La scissione avvenuta in parlamento tra Azione e Italia viva ha dato origine nelle ultime settimane a una serie di cambi di gruppo. Questo tema non è stato al centro del dibattito nell’ultimo anno per diversi motivi. In primo luogo perché non ha riguardato da vicino i gruppi della maggioranza che rimane molto solida per il momento. In seconda battuta perché, fino alla rottura tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, il fenomeno non aveva riguardato esponenti politici di spicco.
C’è da dire però che anche nei primi 14 mesi della precedente legislatura i numeri furono modesti, addirittura inferiori rispetto all’attuale. Il fenomeno è poi esploso a partire dal 2019, con la caduta del primo governo Conte.
È quindi molto importante tenere sotto controllo queste dinamiche perché gli equilibri politici potrebbero variare rapidamente.
La rottura tra Azione è Italia viva era nota da diversi mesi ma la scissione delle due forze politiche in parlamento è avvenuta solo recentemente. Ciò perché un’eventuale separazione avrebbe avuto delle conseguenze negative per entrambe.
In base ai regolamenti di camera e senato attualmente in vigore infatti nessuna delle due formazioni avrebbe avuto i numeri per istituire un gruppo indipendente a Montecitorio, dov’è richiesto un minimo di 20 aderenti (14 a partire dalla prossima legislatura). A palazzo Madama invece, dove la soglia è di 6 senatori, solo Italia viva ha i numeri. È stato quindi necessario trovare prima un accordo tra gli esponenti della camera e del senato e i rispettivi consigli di presidenza. Ciò al fine di garantire una rappresentanza a entrambe le formazioni.
A palazzo Madama, la soluzione trovata è stata che il gruppo precedentemente denominato Azione – Italia Viva – Renew Europe ha assunto la denominazione Italia Viva – Il Centro – Renew Europe e adesso raccoglie i 7 esponenti vicini a Matteo Renzi. I senatori di Azione invece, 4 in tutto, sono stati “costretti” a trasferirsi nel misto, non avendo i numeri per istituire un nuovo gruppo. Qui, è stata autorizzata la nascita di una componente autonoma. I suoi appartenenti però non hanno ottenuto nessuna posizione di rilievo all’interno del misto (presidente, vice presidente o tesoriere).
Alla camera invece la giunta per il regolamento ha autorizzato la creazione in deroga di due realtà indipendenti. Formalmente il “vecchio” gruppo lo ha ereditato Azione, ha assunto la denominazione Azione – Popolari europeisti riformatori – Renew Europe e adesso conta 12 aderenti. I 9 esponenti renziani si sono invece spostati in una nuova formazione che ha adottato lo stesso nome di quella del senato.
Per quanto riguarda la composizione degli altri gruppi invece possiamo osservare che alla camera il più consistente resta Fratelli d’Italia con 118 deputati. Seguono Partito Democratico (69) e Lega (66). Stessi equilibri al senato, rispettivamente con 63, 37 e 29 appartenenti.
Come abbiamo detto, i cambi di gruppo complessivamente registrati dall’inizio della legislatura sono stati 39. Un numero contenuto in confronto ai 464 verificatisi tra il marzo 2018 e il settembre del 2022. È però interessante osservare che anche i primi 14 mesi della XVIII legislatura si erano caratterizzati per un basso numero di riposizionamenti, addirittura inferiore rispetto a quello dell’attuale.
Le dinamiche fin qui registrate sono state molto simili. Nel primo mese ci sono stati diversi spostamenti dovuti al fatto che non tutte le forze politiche presenti in parlamento avevano i numeri per istituire dei gruppi autonomi. In questo caso le alternative fondamentalmente erano 2. O istituire una componente all’interno del gruppo misto oppure chiedere una deroga ai regolamenti. Deroga che, come abbiamo visto, spesso viene concessa.
Nella XVIII legislatura ci fu il caso di Liberi e uguali alla camera. Gruppo in cui confluirono tutti i deputati aderenti a quell’area politica che fino ad allora avevano fatto parte del misto. Nell’attuale legislatura casi simili hanno riguardato i gruppi di Alleanza verdi e sinistra alla camera e Noi moderati in entrambi i rami del parlamento.
Una volta conclusi questi aggiustamenti iniziali, il numero di cambi di gruppo è stato in effetti molto basso nei mesi successivi sia nella XVIII che nella XIX legislatura. Si parla di un massimo di 2 cambi di gruppi al mese. Un primo momento importante nella legislatura precedente fu la caduta del primo governo Conte (agosto-settembre 2019) che portò a ben 51 cambi di gruppo. In quella in corso invece la scissione tra Azione e Italia viva rappresenta il primo momento importante da questo punto di vista.
C’è da dire che a influire in queste dinamiche sono senza dubbio anche i risultati elettorali. Nel 2018 infatti dalle urne non uscì una chiara coalizione vincitrice e ciò portò alla formazione di maggioranze eterogenee e instabili. Nel caso attuale invece la posizione del centrodestra è piuttosto solida in parlamento, almeno per ora.
Non è detto infatti che le cose non possano cambiare in futuro. Ad esempio in seguito ai risultati delle elezioni europee del prossimo anno che potrebbero avere delle ripercussioni anche a livello nazionale.
In generale si può affermare che ogni cambio di gruppo ha una motivazione politica, per cui è giusto tenere traccia di ogni spostamento. Tuttavia non sempre la decisione di modificare l’adesione a un gruppo comporta necessariamente un cambio di appartenenza politica, come nel caso della formazione o dello scioglimento di gruppi.
Rientrano in questa categoria, ad esempio, le 21 uscite registrate dal misto della camera a inizio legislatura. In questo caso i deputati sono confluiti nei neonati gruppi di Avs e Noi moderati. Da questo punto di vista, la scissione che ha caratterizzato Azione e Italia viva, che ha dato origine a 9 riposizionamenti alla camera e 4 al senato, rappresenta un caso diverso. Visto che all’origine di questa separazione c’è una spaccatura politica.
Ci sono poi altri cambi che riguardano queste due formazioni ma che rappresentano un caso ancora diverso. E sono quelli dei senatori Enrico Borghi e Dafne Musolino, confluiti in Azione-Iv rispettivamente dal Partito democratico e dal gruppo Per le autonomie. In seguito alla scissione, entrambi sono rimasti in Italia viva non dando origine quindi a ulteriori cambi di gruppo. Un caso simile c’è stato anche alla camera e ha riguardato l’ex ministra della famiglia Elena Bonetti. Eletta fra le file di Italia viva, ha poi scelto di passare ad Azione prima però che le due formazioni si separassero.
Allargando lo sguardo anche alle altre formazioni politiche incontriamo il caso di Aboubakar Soumahoro, unico parlamentare che si è reso protagonista di 2 cambi di gruppo nell’attuale legislatura. Eletto nelle file dell’Alleanza verdi e sinistra, ha prima seguito i suoi colleghi dal misto al gruppo autonomo. Successivamente ha fatto il percorso inverso a seguito delle vicende giudiziarie legate alla cooperativa gestita dalla famiglia della moglie. In questo secondo caso si può parlare di un cambio di gruppo per motivazioni politiche a tutti gli effetti.
Un altro caso è quello di Michela Vittoria Brambilla. Storica esponente di Forza Italia e spesso al centro delle polemiche per la scarsa presenza in parlamento, è stata candidata dalla coalizione di centrodestra come indipendente. Ha inizialmente aderito al gruppo misto salvo poi passare a Noi moderati a marzo di quest’anno.
Altro caso interessante è quello del senatore a vita Carlo Rubbia. A inizio legislatura infatti è stato l’unico membro di palazzo Madama a scegliere di non aderire a nessun gruppo. Una possibilità introdotta a partire da questa legislatura a seguito della revisione del regolamento. In seguito però Rubbia ha deciso di modificare la propria scelta e di aderire alla componente delle minoranze linguistiche che così ha raggiunto il numero minimo di senatori necessario per costituire un gruppo autonomo. Si tratta di una prassi verificatisi anche in passato con altri ex presidenti della repubblica e senatori a vita. Il fine è quello di consentire una rappresentanza più incisiva a queste minoranze.
La rottura tra Azione e Italia viva rappresenta quindi la variazione più significativa negli equilibri parlamentari registrata finora. Come detto la scissione dei gruppi è divenuta effettiva solo di recente ma le tensioni crescenti tra i due movimenti erano note da tempo. Tanto che lo scorso aprile il leader di Azione Carlo Calenda aveva annunciato il naufragio del progetto di partito unico.
Può essere interessante quindi capire quale sia stato l’atteggiamento delle due anime del gruppo, costrette a una “convivenza forzata” per diversi mesi. Hanno portato avanti una strategia unitaria oppure ognuno è andato per la propria strada già prima dello scioglimento ufficiale? Un indicatore che ci può aiutare a capirlo è quello dei voti ribelli.
Quelli fatti registrare dai componenti di Azione e Italia viva sono stati 2.023 di cui 1.405 alla camera e 618 al senato. Si tratta di valori tutto sommato contenuti se si considera che le votazioni svolte dall’inizio della legislatura sono state oltre 7mila. Inoltre si deve tenere presente che parliamo di due schieramenti politici con una chiara identità, benché simile, che si erano uniti per un mero calcolo elettorale.
Un primo elemento interessante riguarda il fatto che i voti ribelli sono più o meno equamente distribuiti tra le due forze politiche, con una leggera prevalenza per Azione (1.075) rispetto a Italia viva (948). Non c’è stata quindi una chiara divisione delle due forze all’interno dei gruppi, con uno schieramento di maggioranza a dettare la linea e l’altro in costante opposizione. Più probabilmente si sono formate delle maggioranze eterogenee all’interno del gruppo a seconda del tema dibattuto in aula.
Un parlamentare è considerato ribelle quando esprime un voto diverso da quello del gruppo parlamentare a cui appartiene. Si tratta di un indicatore puramente quantitativo del grado di ribellione alla “disciplina” del gruppo. Come data della rottura tra le due formazioni è stata scelta redazionalmente quella del 14 aprile 2023, giorno in cui è stato annunciato il fallimento del progetto di partito unico. L’analisi si ferma all’8 novembre per il senato e al 16 novembre per la camera. Giorni in cui i gruppi si sono ufficialmente divisi nelle rispettive aule.
FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 4 Dicembre 2023)
Questo schema però è venuto meno, almeno in parte, a seguito della rottura annunciata dai due leader. Da aprile in avanti infatti si è registrata un’impennata nel numero dei voti ribelli: 1.621 in totale. Un dato molto significativo se si considera che il periodo intercorso prima e dopo la rottura è più o meno lo stesso (rispettivamente 6 e 7 mesi circa).
Non tutti i parlamentari però hanno effettuato lo stesso numero di ribellioni. Alcuni infatti ne hanno fatte registrare molte, altri quasi nessuna. Al primo posto da questo punto di vista troviamo Daniela Ruffino (Azione, 145 voti ribelli), al secondo Mariastella Gelmini (Azione, 141) al terzo Naike Gruppioni (Italia viva, 125). Tra i due leader è stato Carlo Calenda quello ad essersi attenuto meno alla linea del gruppo con 115 voti ribelli. Mentre Matteo Renzi si ferma a 63.
Foto: Facebook – Carlo Calenda
Nel corso del 2023 è proseguita la crescita del numero di minori stranieri non accompagnati: circa 24mila nel nostro paese. Bambini e ragazzi che si trovano in una condizione di forte vulnerabilità, che richiede tutele ulteriori, come quelle garantite dai tutori volontari.
Il prossimo 18 dicembre ricorre la giornata internazionale dei migranti. Negli ultimi anni, anche a seguito di crisi umanitarie e guerre, è cresciuto il numero di profughi a livello mondiale. Un aumento già visibile nel corso del 2021, ben prima della definitiva uscita dall’emergenza Covid.
Alla fine di quell’anno, nel mondo le persone costrette a lasciare la propria abitazione a causa di persecuzioni, conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani o di eventi che disturbano significativamente l’ordine pubblico erano state quasi 90 milioni, per il 41% minori. Molti di questi – nel nostro paese come nel resto del mondo – fuggono da soli, senza i genitori.
Ciò pone questi bambini e ragazzi in una condizione di enorme vulnerabilità, dal momento che tutte le difficoltà connesse all’arrivo in un paese straniero si sommano all’assenza di una figura genitoriale o comunque di riferimento.
La legge italiana riconosce questa condizione con una serie di tutele, regolamentate principalmente dalla legge 47/2017 sulla protezione dei minori stranieri non accompagnati (Msna).
Nelle ultime settimane tanto Anci, l’associazione dei comuni, quanto il garante per l’infanzia (Agia) hanno evidenziato la necessità di offrire una risposta strutturale al fenomeno che tuteli i minori coinvolti, nel corso delle audizioni svolte in parlamento dal comitato Schengen. A maggior ragione alla luce della crescita dei minori stranieri non accompagnati, anche nel nostro paese.
Nel corso del 2023 è proseguito in modo pressoché contante l’aumento dei minori stranieri non accompagnati nel nostro paese.
Sono quasi 24mila i Msna presenti in Italia, secondo quanto rilevato alla fine dello scorso ottobre. La quota dei 20mila era stata raggiunta nel novembre del 2022 e da allora si è sostanzialmente mantenuta nei mesi successivi. Salvo il fisiologico calo tra dicembre e gennaio, legato al fatto che per alcuni – in assenza di dati anagrafici precisi – la data di nascita viene fissata al 1° gennaio per convenzione. E di conseguenza anche il raggiungimento della maggiore età.
I dati si riferiscono, per ciascun mese, ai minori stranieri non accompagnati (Msna) presenti nel nostro paese nell’ultimo giorno dello stesso mese. Sono tratti dai report mensili del ministero del lavoro sui minori stranieri non accompagnati presenti in Italia.
In corrispondenza del cambio di anno, il decremento nel numero di Msna è spesso più significativo che nei restanti periodi. Ciò è in parte dovuto al fatto che per numerosi minori in attesa di identificazione formale viene registrata come data di nascita il primo giorno dell’anno. Pertanto i 17enni che risultano avere come data di nascita il 1° gennaio escono dalla base dati nel mese di gennaio, cioè al compimento formale della maggiore età.
FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati ministero del lavoro e delle politiche sociali
(ultimo aggiornamento: martedì 31 Ottobre 2023)
Rispetto allo stesso periodo del 2022, si tratta di una crescita superiore al 26%: erano infatti circa 19mila i Msna presenti a quella data. Se invece si confronta la cifra raggiunta con quella dell’autunno 2021 l’aumento è addirittura superiore al 100%. I minori stranieri registrati sul territorio nazionale al 31 ottobre del 2021 erano 10.317.
Tra le nazionalità, la più frequente alla fine di ottobre è quella egiziana, con quasi cinquemila Msna, pari al 20,3% del totale. Seguono i minori ucraini (4.237 bambini e ragazzi), quasi il 18% di quelli presenti in Italia. Al terzo posto i Msna provenienti dalla Tunisia (10,6%), seguono quelli con cittadinanza della Guinea (8,45%).
Bambini e giovani che, alla fine di ottobre, erano accolti soprattutto in Sicilia. Oltre un quarto del totale dei Msna presenti in Italia si trova sull’isola (26%). Seguono Lombardia (12%), Emilia Romagna (8,2%), Campania (6,8%) e Calabria (6,4%).
Per una maggiore tutela di bambini e ragazzi stranieri non accompagnati, la legge sui Msna del 2017 ha previsto la figura del tutore volontario.
(…) è istituito un elenco dei tutori volontari, a cui possono essere iscritti privati cittadini, selezionati e adeguatamente formati (…) disponibili ad assumere la tutela di un minore straniero non accompagnato o di più minori, nel numero massimo di tre, salvo che sussistano specifiche e rilevanti ragioni. (…)
Il ruolo di queste persone, che devono essere adeguatamente formate e non necessariamente sono anche affidatari, è molteplice e riguarda da vicino la protezione e l’integrazione del minore.
Ad esempio tra i loro compiti rientra quello di assicurare che siano tutelati i diritti del Msna, garantendone l’accesso senza alcuna discriminazione. Deve inoltre promuoverne il benessere psicofisico e seguirne i percorsi di educazione e integrazione, verificando che si tenga conto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni. Infine, deve vigilare sulle condizioni di accoglienza, sicurezza e protezione, nonché amministrare l’eventuale patrimonio della persona di minore età (cfr. Agia).
È un ruolo chiave nell’integrazione dei minori stranieri non accompagnati, di cui alla fine di ottobre l’autorità garante per l’infanzia ha caldeggiato un’ulteriore valorizzazione nel corso dell’audizione al comitato Schengen, anche nel rapporto con enti e organizzazioni a livello locale.
Il monitoraggio di questo sistema è affidato dalla stessa legge all’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, che proprio il mese scorso ha pubblicato il rapporto relativo al 2022.
In quell’anno il numero dei tutori volontari di minori stranieri non accompagnati è stato pari a 3.783. Si tratta di oltre il 9% in più rispetto al 2021, quando erano 3.457. Un dato in crescita, ma comunque basso rispetto alla necessità di queste figure. Se si considera che – in base alla legge – ciascun tutore può occuparsi al massimo di 3 minori, anche raggiungendo questa soglia limite la copertura potenziale supera di poco gli 11mila Msna, a fronte degli oltre 20mila presenti in Italia.
La maggior parte dei quasi quattromila tutori risulta iscritta nel registro del tribunale per i minorenni di Torino (504). Sopra la soglia dei 250 anche Roma (440) e Milano (267). Seguono, con almeno 200 tutori volontari, Bologna (230), Palermo (227) e Perugia (202).
Quasi 3 tutori su 4 sono donne (74%). L’età nella metà dei casi oscilla tra 46 e 60 anni (49,5%) o è superiore (20,3% dei tutori iscritti è ultrasessantenne). Si tratta soprattutto di persone con un titolo di studio universitario (59,4%) e occupate (77,9%).
Nel corso del 2022, in base ai dati disponibili per circa l’80% dei tribunali, ai tutori registrati sono stati proposti 13.838 abbinamenti con minori stranieri non accompagnati. Il criterio di assegnazione più frequente indicato dai tribunali è un domicilio limitrofo a quello del minore. Seguono la valutazione sul carico di eventuali altre tutele aperte e l’esperienza pregressa del tutore.
Complessivamente la proposta di abbinamento è stata accettata in 10.200 casi nel 2022: circa 3 proposte su 4. La quota raggiunge il 100% nei tribunali di Catanzaro, Firenze, Messina, Palermo, Reggio Calabria, Taranto, Trento e Trieste. Mentre la quota più bassa – al netto dei 5 tribunali per cui questa informazione non è disponibile (Bolzano, Brescia, Caltanissetta, Milano e Venezia) si riscontra a Roma (11,9%) e Torino (26,4%). Un mancato abbinamento che, secondo quanto rilevato da Agia, può avere diverse cause.
I motivi principali che inducono i tutori volontari iscritti negli elenchi a rinunciare a un abbinamento proposto con un minore straniero non accompagnato sono riconducibili a problemi di lavoro, motivazioni personali o di salute e mancanza di risorse personali. Inoltre, tra le motivazioni non presenti in elenco ma identificate sotto la voce “Altro”, sono ricorrenti: l’eccessivo carico di tutele; il raggiungimento del numero massimo di tutele consentito; la preferenza per la cittadinanza del minore e l’allontanamento precoce del minore.
Degli oltre 10mila abbinamenti proposti e accettati nel 2022, al 31 dicembre dello stesso anno ne risultavano ancora in corso 6.991. Una cifra da considerare sempre al netto dei 5 tribunali per cui questa informazione non è disponibile: Ancona, Bolzano, Caltanissetta, Trieste e Venezia.
La maggiore concentrazione di tutele in corso a sostegno dei Msna si è riscontrata, a quella data, nei tribunali di Palermo, Roma e Milano, con oltre mille tutele ciascuno, per un totale di oltre 3.600 complessive. Si tratta del 36% di quelle rilevate a livello nazionale nei tribunali per cui il dato è disponibile.
Di fronte a queste cifre, è indubbiamente un segnale positivo l’aumento dei tutori nell’ultimo anno disponibile. Ma – come sottolineato da Agia – ne servono altri per migliorare le possibilità di inclusione dei minori stranieri non accompagnati. A maggior ragione alla luce della crescita nel numero di Msna, seguita alle crisi internazionali e alle guerre in corso.
I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati utilizzati sui minori stranieri non accompagnati sono di fonte ministero del lavoro e delle politiche sociali e Agia.
Foto: Tolga Ahmetler (unsplash) – Licenza
Nata nel 931, fin da bambina Adelaide si trovò ad essere una importante pedina della politica europea. Donna di elevate doti intellettuali, dimostrò innata capacità politica e grande pietà cristiana. Sposò a sedici anni Lotario II di Provenza, ma ben presto restò vedova.
Berengario di Ivrea, l’uomo forte del regno d’Italia, la vuole moglie di suo figlio, ma ella rifiuta decisamente e viene tenuta in ostaggio in un castello su le rive del lago di Garda. Riesce a fuggire, forse con l’aiuto di Ottone I, che vuole estendere la sua influenza sull’Italia. I due si sposarono a Pavia il giorno di Natale del 951.
Il matrimonio consolidò il potere del sovrano sassone che nel 962 fu incoronato imperatore. Al suo fianco Adelaide non fu certo inerte. Partecipa attivamente agli affari di Stato ed è generosa verso le mete di pellegrinaggi. Favorisce la riforma cluniacense nelle abbazie imperiali e, come scrivono i contemporanei, è una regina «litteratissima».
Alla morte del marito nel 973 si ritira a Vienne presso suo fratello, ma presto la sua presenza è nuovamente richiesta a corte come tutrice del nipote, Ottone III, ancora minorenne. Per diversi anni Adelaide resse l’impero con rara saggezza, avvalendosi dei consigli di Sant’Adalberto di Magdeburgo, Maiolo e Odilone di Ciuny. Ritiratasi infine nel monastero di Selz, in Alsazia, morì santamente il 16 dicembre 999. La sua vita fu scritta da Sant’Odilone di Cluny.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Selz vicino a Strasburgo in Lotaringia, nell’odierna Francia, sant’Adelaide, imperatrice, che mostrò sobria giocondità verso i familiari, decorosa compostezza con gli estranei, instancabile pietà verso i poveri, munifica generosità nell’onorare le chiese di Dio.