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LA STATUA DEL TIRANNO

LA STATUA DEL TIRANNO
di Francesco Casula
Continua a troneggiare, vestito da centurione romano, con elmo corazza e toga, con una statua in bronzo, di ben 4 metri, il tiranno Carlo Felice che da vicerè come da re fu crudele, feroce e sanguinario, famelico, e ottuso. Tostorrudu e isantalau: “più. ottuso e reazionario d’ogni altro principe, oltre che dappocco, gaudente parassita, gretto come la sua amministrazione”( Raimondo Carta Raspi). “Fu, il suo, il governo poliziesco, sostenuto efficacemente da quelle anime nere dei feudatari, a formare un sistema di potere dispotico e predatore in danno della popolazione locale, la cui autorità si manifestava con le forche erette per impiccare i trasgressori delle sue leggi, lì imposte con la forza. E quegli ingenui abitanti di quello sfortunato luogo innalzarono invece per lui non una forca ma una statua, in una bella città capoluogo” (Giuseppi Dei Nur, Buongiorno Sardegna: da dove veniamo, Ed. La Biblioteca dell’Identità, 2013, pagina 154). Fu “Alieno dalle lettere e da ogni attività che gli ingombrasse la mente” (Pietro Martini). Ovvero un “pigro imbecille” (Aldo Accardo, storico e accademico cagliaritano) E sempre Pietro Martini scrive: “Servo dei ministri, ma più dei cortigiani”, e “Nei consigli del principe prevaleva il principio del terrore e dell’arbitrio senza limiti”; ”La reazione oltremarina era una guarentigia del durare nell’isola con le grandi piaghe spagnole, e quindi con le decime, coi feudi, coi privilegi, col foro clericale, col dispotismo viceregio, con l’iniquo sistema tributario, col terribile potere economico e coll’enorme codazzo degli abusi, delle ingiustizie, delle ineguaglianze e delle oppressioni intrinseche ad ordini di governo nati nel medioevo»”. “Divenuto re doveva mostrarsi più ottuso e reazionario di ogni altro principe” (Raimondo Carta Raspi). Più ottuso reazionario ma soprattutto sanguinario: la repressione e le forche durante il viceregno e regno di Carlo Felice ebbero come vittime soprattutto i seguaci di Giovanni Maria Angioy (pensiamo a Francesco Cilocco e Francesco Sanna Corda o ai martiri della Rivolta di Palabanda, impiccati e/o incarcerati) ma in genere i democratici e persino i liberali moderati. E finanche sacerdoti ed ecclesiastici. Bene il protagonista di queste belle imprese portentose sta ancora là, in Piazza Yenne a Cagliari, a dirci che, simbolicamente comanda e domina, ancora. Ma no est una bnrigongia manna che un tiranno e assassino come lui continui a troneggiare? Senza che né il Comune di Cagliari né la Regione sarda dicano e facciano qualcosa? Senza che nemmeno i cosiddetti Partiti di opposizione fiatino? Con quale faccia il 24 febbraio prossimo avranno il coraggio e l’impudenza di chiedere il voto dei Sardi permanendo la titulia (infamia) di Piazza Yenne?
 
 
 
 
 
 
Visualizzato da Francesco Casula alle 11:31
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Sant’ Anastasio I

 

Sant’ Anastasio I


Nome: Sant’ Anastasio I
Titolo: Papa
Nome di battesimo: Anastasio de Massimi
Nascita: IV secolo, Roma
Morte: 19 dicembre 401, Roma
Ricorrenza: 19 dicembre
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione

Papa S. Anastasio, romano, successe a papa S. Siricio (26 nov.) il 27 novembre del 399 e mori il 19 dicembre del 401, dopo un pontificato di soli due anni. Tra i suoi amici e ammiratori c’erano S. Girolamo (30 sett.), S. Agostino (28 ago.) e S. Paolino di Nola (22 giu.). S. Girolamo lo considerava molto santo, ricco nella sua povertà, e ne elogiava la vita irreprensibile e lo zelo apostolico. Anastasio sostenne il vecchio Girolamo nella sua controversia contro Rufino di Aquileia, storico e traduttore. Girolamo s’impegnò per diversi anni nella stesura di una versione esatta della Bibbia, basata sullo studio nelle lingue originali in cui fu scritta e sulle precedenti traduzioni. Fu profondamente offeso dalla traduzione fatta da Rufino d’Aquileia del De principiis di Origene, opera controversa dei primi anni del III secolo, che proponeva un’interpretazione allegorica piuttosto che letterale di molti brani biblici. Girolamo, che una volta aveva scritto di Rufino «egli è inseparabilmente legato a me da un amore fraterno», s’indignò in difesa della sua cultura.

La controversia tra i due, che conducevano entrambi una vita ascetica nei pressi di Gerusalemme, fu lunga e strenua. Girolamo accusava chi tentava di correggere o reinterpretare i testi biblici ostinatamente, e si recò dal papa per persuaderlo a condannare Rufino. Successivamente Anastasio scrisse a Simpliciano, vescovo di Milano (13 ago.) per ammonirlo che «il popolo di Dio delle diverse chiese, potrebbe imbattersi in concetti blasfemi, leggendo Origene» aggiungendo che «il presbitero Eusebio» (Girolamo) gli aveva mostrato «alcuni capitoli empi che mi fecero rabbrividire». Girolamo fu riconoscente per questo generoso sostegno e per l’incoraggiamento del pontefice a proseguire la sua opera e mostrò la sua gratitudine «all’illustre Anastasio»; scrisse che Roma non meritava di avere a lungo un papa simile: non era bene che il capo del mondo venisse reciso proprio quando era in carica un vescovo come lui.

Questa era un’allusione alla minaccia rappresentata da Alarico, capo dei goti, e dal suo esercito di barbari che alla fine conquistarono e saccheggiarono Roma nel 410, nove anni dopo la morte di Anastasio. Anastasio è inoltre ricordato per due istruzioni indirizzate ai vescovi: con la prima ordinava al clero di alzarsi in piedi durante la lettura del Vangelo nella Messa, in segno di rispetto, e con la seconda stabiliva che nessun ecclesiastico straniero sarebbe stato accolto nella giurisdizione romana senza un certificato firmato da cinque vescovi a testimonianza della sua ortodossia. Lo scopo era quello di escludere i sacerdoti appartenenti alle Chiese orientali, la cui fede era stata influenzata dall’arianesimo o dalle religioni dualiste come il manicheismo.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma nel cimitero di Ponziano sulla via Portuense, deposizione di sant’Anastasio I, papa, uomo ricco di povertà e di apostolica sollecitudine, che si oppose fermamente alle dottrine ereticali.