Archivi giornalieri: 2 dicembre 2023
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Santa Bibiana
Santa Bibiana
Se venivano sconfitti in battaglia, se moriva loro un figlio od altra persona amata, o se altri era impedito di realizzare i suoi desideri, sovente iniqui, la colpa era certamente dei seguaci di Gesù Cristo.
Fu così che Aproniano, governatore di Roma, avendo perduto un occhio in guerra, attribuì la sciagura alle magie dei cristiani e si propose di estirpare dall’impero quegli uomini malefici.
Fra i martiri più celebri, vittime del furore e della vendetta di Aproniano, vi fu S. Bibiana.
autore Pietro Da Cortona anno XVII sec
Essa era una vergine nativa di Ròma. Suo padre Flaviano e sua madre Dafrosa, con la sorella Demetria, erano tutti ottimi cristiani. Scoperti e accusati come tali, Flaviano fu dimesso dalla carica, e dopo essere stato bruciacchiato in viso con un ferro rovente, venne esiliato ad Aquapendente, ove pochi giorni dopo morì. Dafrosa fu decapitata fuori della città.
autore Pietro Da Cortona anno XVII sec
Rimanevano Bibiana e Demetria che s’incoraggiavano a vicenda e si preparavano al martirio. Ambedue arrestate, per cinque mesi provarono le privazioni e le angustie del carcere, dopo i quali Demetria, confessata generosamente la fede di Gesù Cristo, morì ai piedi del giudice durante l’interrogatorio.
autore Pietro da cortona anno XVII sec
Restava solo Bibiana: vedendo Aproniano che questa non cedeva alle sue lusinghe, s’appigliò al mezzo più infame e diabolico. Rinchiuse la casta vergine nel carcere con una certa Ruffina, donna malvagia e di pessimi costumi perché la inducesse al male.
La giovane però ebbe la forza di resistere e superare quest’ultima e grandissima prova e di conservare illibato il giglio della purezza.
Vieppiù irato il governatore per tanta fortezza in una giovane verginella, la fece uccidere con le verghe.
PRATICA. Per vincere la battaglia della purezza occorre preghiera, mortificazione e vigilanza.
PREGHIERA. O Signore Gesù che nel martirio della tua serva Bibiana, ci hai dato un saggio mirabile di fortezza e di amor di Dio, fa’ che esercitando noi pure queste virtù, arriviamo un giorno a goderti nel cielo.
PROVERBIO: Se piove il giorno di santa Bibiana piove 40 giorni e una settimana
MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma la passione di santa Bibiàna, Vergine e Martire, la quale, sotto il sacrilego Imperatore Giuliano, fu per Cristo percossa con flagelli piombati, finché non rese lo spirito.
Casula: “La tutela dei diritti delle persone riguarda tutta la società” copertina
Casula: “La tutela dei diritti delle persone riguarda tutta la società”
L’intervista di Interris.it a Carlo Felice Casula, professore di Storia contemporanea all’Università degli Studi Roma Tre, in occasione della Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù
Il termine schiavitù, sia nella sua accezione classica che in quella contemporanea, indica l’assoggettamento al potere assoluto di un’altra persona di cui si è alla totale mercè ed è una condizione solitamente associata a conflitti, guerre ed emigrazioni forzate. Il 2 dicembre si celebra la giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù. Questa data richiama il 2 dicembre 1949, in cui è stata approvata, da parte dell’Assemblea generale, questa importante giornata di sensibilizzazione. Interris.it, in merito al significato più profondo di questa giornata, ha intervistato il professor Carlo Felice Casula, professore emerito di Storia contemporanea all’Università degli Studi Roma Tre.
L’intervista
Professor Casula, oggi si celebra la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù istituita dall’ONU nel 1949. Che finalità ha questa giornata?
“Questa Giornata è stata recepita dall’Italia a distanza di molti anni dalla sua istituzione, ovvero solo nel 1976. È strettamente legata alla giornata dell’abolizione della schiavitù che, invece, si celebra il 23 agosto, ricordando la prima sollevazione di schiavi verificatasi nel ‘700 in un’isola dei Caraibi. L’obiettivo del 2 dicembre che, le Nazioni Unite celebrano ricorrendo all’Unesco, ovvero l’agenzia che opera nel campo dell’educazione e della scienza, è di far riflettere ricordando che, nel mondo sopravvivono forme di moderna schiavitù, come la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il lavoro minorile, i matrimoni forzati e il reclutamento dei bambini nei conflitti armati”.
Oggi, secondo gli ultimi dati diffusi, ben 50 milioni di persone vivono in una condizione di grave privazione. Come si può definire la “schiavitù moderna”?
Questi dati impressionanti, che riguardano uomini, donne e bambini, sono il prodotto di una collaborazione tra le organizzazioni Walk Free, ILO e OIM. Queste ricerche dimostrano che, il fenomeno della schiavitù moderna, ha a che fare con il lavoro e trova una manifestazione ancora più forte all’interno dei flussi migratori. È bene ricordare che, il dato in oggetto, si riferisce al 2021 e, rispetto al rapporto precedente risalente al 2016, c’è stato un incremento di ben 10 milioni di persone che vivono in condizione di grave privazione. Le donne e i bambini sono i soggetti più vulnerabili e, in proporzione, i più presenti. Scomponendo ulteriormente i dati risulta che, circa 28 milioni di persone, sono coinvolte nel lavoro forzato e 22 milioni sono bambine e giovani costrette ai matrimoni forzati e soggette allo sfruttamento sessuale. I mariti, nella maggior parte dei casi, sono molto più grandi d’età e di condizioni economiche elevate, rispetto alle bambine che appartengono perlopiù a ceti estremamente poveri. Un altro dato su cui riflettere è che, nella sua stragrande maggioranza, il lavoro forzato, riguarda il settore privato. Però, in diversi paesi, ci sono forme che riguardano anche il settore pubblico, ad esempio dei carcerati. In questo caso, la normativa internazionale ha teso ad essere più tollerante”.
Guardiamo al futuro. In che modo, secondo lei, si può conservare e approfondire la memoria storica della schiavitù per far sì che non si ripeta in futuro?
“È importante distinguere tra la schiavitù classica che, formalmente, ha iniziato ad essere abolita nel ‘800 e la moderna schiavitù di cui si parla oggi. In particolare, vorrei fare riferimento ad un messaggio pubblicato dal segretario generale delle Nazioni Unite in cui si sottolinea che, i gruppi più emarginati e particolarmente vulnerabili per questo fenomeno sono le minoranze etniche, religiose, linguistiche nonché i migranti e, per la maggior parte donne. Il segretario generale dell’Onu ha ribadito che occorre fare appello ai governi affinché rinnovino il loro impegno per sradicare queste nuove forme di schiavitù. Però è anche necessario coinvolgere una serie di altri soggetti, come ad esempio le organizzazioni datoriali, i sindacati, la società civile, il mondo del volontariato e il Terzo Settore. Sono necessari ulteriori interventi normativi al livello internazionale, ma anche una coscientizzazione della società nel suo complesso. La tutela dei diritti delle persone sottoposte forme moderne di schiavitù riguarda la società nel suo complesso”.
Papa Francesco, nel recente passato, ha esortato a combattere ogni forma di schiavitù. Qual è il ruolo dei cristiani per il raggiungimento di questo obiettivo?
“Papa Francesco è straordinario. Ha lanciato un tweet su questo tema in cui ha detto: ‘siamo chiamati, tutti insieme, a costruire una società rinnovata e orientata alla libertà, alla giustizia e alla pace, perché si superi ogni tipo di disuguaglianza e discriminazione, cosicché nessun uomo possa fare schiavo un altro uomo’. Qui c’è un rinvio importante alla dichiarazione universale dei diritti umani, all’articolo 4 che recitava: ‘nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù. La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma’. Inoltre, all’interno del Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite, risalente al 1966, si specificava che ‘nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio’. Papa Francesco, inoltre, in quel tweet, ricorda un passo molto noto della lettera di San Paolo ai Galati che recita: ‘non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo ne libero, non c’è più né uomo né donna poiché, tutti voi, siete uno in Cristo Gesù’. All’interno del Vangelo, tale passo, può essere interpretato come il presupposto del superamento di quella che viene chiamata la società signorile, affinché ve ne sia una più giusta, uguale e solidale, necessaria al superamento di qualsiasi forma di sfruttamento e oppressione”.