In vista dell’autunno e delle riforme strutturali che le istituzioni debbono varare per mantenere i patti con l’Europa, in tema di Recovery Plan e di aiuti economici per superare la crisi da pandemia, prosegue il dibattito Governo-sindacati sulla riforma pensioni.
Non sorprende che siano tanti i punti sui quali discutere ed approfondire. Tra questi, trovare nuovi canali di flessibilità in uscita dopo quota 100; prevedere una pensione contributiva di garanzia per le giovani generazioni; ma anche la separazione tra mondo della previdenza e mondo dell’assistenza; dare nuovo slancio alla previdenza complementare.
A fine estate, gli osservatori si aspettano una decisa accelerazione delle attività da parte delle commissioni di studio insediate, quella sui lavori gravosi e quella sulla spesa previdenziale e assistenziale. Non solo: ci si attende una ampia ed articolata discussione collegiale all’interno del Governo per fornire risposte certe.
Perciò non è di certo anticipatorio domandarsi quale sarà il nuovo assetto della riforma pensioni. Proviamo allora a ricostruire, per sommi capi, la situazione così com’è allo stato attuale, alla luce anche delle richieste dei sindacati.
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Riforma pensioni: le prospettive per i prossimi mesi
Come accennato, il tempo stringe. L’argomento riforma pensioni e previdenza è dunque di nuovo in auge; e da qui alle prossime settimane sarà certamente oggetto di confronto serrato tra le parti sociali e l’Esecutivo. Ciò in vista della redazione della prossima legge di Bilancio 2022, a partire dal mese di settembre. E’ chiaro che oggi il provvedimento assume un’importanza ancora più strategica per il futuro dell’intero paese.
In questi giorni è stato così riavviato il tavolo tra Governo e sindacati confederali con un nuovo incontro, di circa tre ore. Presenti il Ministro del Lavoro Orlando e i Segretari generali delle principali organizzazioni sindacali.
Distinti gli argomenti connessi al tema della riforma pensioni: tra essi, come detto, l’introduzione di una nuova flessibilità in prospettiva della fine di quota 100 il 31 dicembre 2021. Si discute anche di un nuovo meccanismo di pensione contributiva di garanzia per i giovani. Ma non solo: davvero tanti i temi caldi che sono stati discussi nell’ambito dell’incontro, e che troveranno spazio in successivi confronti.
Nell’ambito del meeting degli ultimi giorni, il Governo ha proposto gli elementi che rilevano dagli approfondimenti della commissione sui lavori gravosi. Mentre le sigle sindacali hanno riaffermato e difeso le idee incluse nella propria piattaforma di proposte.
Sulla scorta delle valutazioni e dei pareri degli altri Ministeri coinvolti, nelle prossime settimane continuerà la discussione, ha precisato il Ministro del Lavoro Andrea Orlando.
Riforma pensioni: che cosa chiedono i sindacati?
In linea di sintesi, i sindacati si sono confrontati al tavolo con l’Esecutivo, chiedendo con forza che si entri nel merito di tutti i temi attinenti alla riforma pensioni. Soprattutto, vorrebbero che sia avviata una trattativa sulla piattaforma programmatica presentata.
In particolare, i sindacati hanno rilevato che il superamento dei cd. vincoli di bilancio può essere raggiunto con il contrasto all’evasione fiscale, allo scopo di individuare le risorse utili per finanziare le varie misure proposte.
Come accennato in precedenza, gli osservatori ma anche i diretti partecipanti al confronto sulla riforma pensioni e del sistema previdenziale, auspicano un’accelerazione dei lavori delle due commissioni di studio al momento attive; ossia quella sui lavori gravosi e quella su spesa previdenziale e assistenziale. Soprattutto, assume cruciale rilevanza la discussione collegiale all’interno del Governo, per fare il punto e per dare risposte certe ai lavoratori che sono vicini alla pensione.
Riforma pensioni: i sindacati chiedono più flessibilità ma non solo
In considerazione della prossima conclusione della sperimentazione di quota 100, le proposte sindacali intendono allargare la flessibilità dell’accesso alla pensione; consentendo alle lavoratrici e ai lavoratori di poter scegliere il momento in cui andare in pensione, a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. E ciò senza penalizzazioni per coloro che hanno contributi prima del 1996.
I sindacati ritengono fattibile questa proposta di riforma, tenendo conto che le future pensioni saranno versate soltanto o in prevalenza con il metodo contributivo.
Ma i sindacati intendono rinnovare il settore previdenziale anche riducendo i vincoli che nel sistema contributivo condizionano di fatto il diritto alla pensione, al raggiungimento di specifici importi minimi del trattamento stesso (1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale). Ciò infatti sarebbe penalizzante specialmente per i redditi più bassi.
Secondo quanto nei programmi delle sigle sindacali, inoltre, appare opportuno cambiare l’odierno meccanismo automatico di adeguamento delle condizioni pensionistiche alla speranza di vita. Infatti, così com’è ora sarebbe penalizzante due volte, perché agisce sia sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione; sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione.
Riforma pensioni: necessarie misure per categorie più deboli, donne, giovani
Per i sindacati appare altresì opportuno garantire strutturalmente condizioni migliori per l’accesso alla pensione da parte delle categorie più deboli, a partire da quelle che sono incluse nel meccanismo dell’Ape sociale. Ci riferiamo a disoccupati, invalidi, coloro che assistono un familiare con disabilità e chi ha compiuto lavori gravosi o usuranti nella propria vita lavorativa.
Per una efficace riforma delle pensioni, secondo i sindacati è altresì doveroso superare gli effetti del gender gap in ambito previdenziale; stabilendo soglie contributive d’accesso alla pensione compatibili con le condizioni delle donne, ma anche la proroga di “Opzione donna“.
E ancora, è necessaria una maggiore tutela previdenziale dei giovani, con la creazione di una pensione contributiva di garanzia ad hoc. Questa pensione deve essere collegata e quantificata in base al numero di anni di lavoro e di contributi pagati. Ma deve tenere conto anche dei periodi di disoccupazione; di formazione e di basse retribuzioni. Ciò nel chiaro fine di assicurare a tutti, in futuro, un assegno pensionistico di importo dignitoso.
Secondo i sindacati assume importanza anche considerare la specificità del lavoro a tempo parziale. Ciò tramite la corretta imputazione della retribuzione da assumere nel calcolo di vari istituti, come il riscatto e i versamenti volontari.
Infine, nel piano elaborato dalle parti sociali occorre rilanciare le adesioni alla previdenza complementare negoziale, in Italia quasi ferme, attraverso meccanismi che rendano detta previdenza effettivamente accessibile anche a chi lavora nelle piccole imprese e ai giovani. Sarà cruciale, anche in quest’ambito, mettere in atto una opportuna campagna informativa e istituzionale.
Ovviamente, staremo a vedere come evolverà il confronto Governo – Sindacati sul tema della riforma pensioni, nella consapevolezza che detta riforma è attesa quanto prima, anche dalle istituzioni UE.