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Archivi giornalieri: 17 luglio 2017
Lavoro e Diritti
Lavoro e Diritti: Bonus Nido da 1000 euro, al via le domande sul sito INPS |
Bonus Nido da 1000 euro, al via le domande sul sito INPS Posted: 17 Jul 2017 03:06 AM PDT A partire da oggi, 17 giugno 2017, direttamente dal sito INPS con accesso diretto tramite PIN del cittadino è possibile richiedere il cosiddetto bonus asilo nido o bonus nido da 1000 euro così come previsto dalla legge di bilancio 2017. Il bonus nido da 1000 euro è un intervento a favore delle famiglie introdotto, come detto […] Link all’articolo originale: Bonus Nido da 1000 euro, al via le domande sul sito INPS |
Pensione all’estero: Ecco come funziona Posted: 17 Jul 2017 01:51 AM PDT Ormai con l’aumento costante delle tesse, molti pensionati decidono di trasferirsi con la propria pensione all’estero, lasciando definitivamente l’Italia. Prima di prendere questa decisione, bisogna considerare alcuni aspetti fondamentali. Qui di seguito vedremo tutte le informazioni necessarie per trasferirsi ricevendo la pensione Inps all’estero. Pensione All’estero: Residenza Fiscale in Italia e all’estero Da come abbiamo […] Link all’articolo originale: Pensione all’estero: Ecco come funziona |
Ortonesi veraci
Ortonesi veraci
– Giovanni Conte –
Giovanni Conte è nato ad Ortona dei Marsi il 12 gennaio 1913 |
In un pomeriggio piovoso di mezza estate, siamo andati a trovare Giovanni Conte, classe 1913, per farci raccontare la storia della sua lunga vita.
E’ ansioso di parlare, emozionato ma tranquillo.
Ci fa sedere intorno al tavolo e inizia il suo racconto.
E’ come un fiume in piena: lucidissimo, ricorda tutto… ma proprio tutto!
Giovanni è nato ad Ortona il 12 gennaio 1913 e per tutti gli ortonesi è Bellino, soprannome datogli da Nonna Camilla, vicina di casa, che gli è rimasto appiccicato addosso come una seconda pelle.
Torna indietro nel tempo Giovanni, si vede scolaro, il più bravo della classe, elogiato dalla maestra Vecchietti e dal maestro Dell’Orso per la sua memoria di ferro.
Frequenta tutte le classi, fino alla quarta elementare, tanto da saper parlare molto bene l’italiano.
A nove anni e mezzo il padre lo porta a Frascati a lavorare le vigne e conosce la dura condizione della “stenzia”.
Nel 1927, a quattordici anni, viene ingaggiato a lavorare per il catasto con la qualifica di “canneggiatore”, affianca il geometra Emilio Cantèra di Ofena nella misurazione dei terreni e nel censimento dei fabbricati. Impara tante cose e nuovi linguaggi: punto focale, punto trigonometrico, topografia, classamento.
Il lavoro di riordino di Ortona sotto il profilo catastale dura sei anni, i tecnici sono attrezzati di tutto e forniti di una cucina da campo sistemata vicino alla fonte di Santa Maria: spaghetti col sugo a volontà!
Al geometra Emilio Cantèra di Ofena, ricordato con tanto affetto, segue il geometra Notarfranchi di L’Aquila, un po’ invidioso di Giovanni per via una certa signorina.
Nel 1933 Bellino parte soldato e va in Sardegna, a Cagliari e dopo qualche tempo raggiunge Roma.
Il ricordo del padre che vende le pere d’inverno e gli fa un vaglia di cinquanta lire, è carico di tenerezza e amore figliare.
Nel 1937, il 18 settembre, Giovanni si sposa con Marietta, una bella festa di matrimonio con tutti quelli di famiglia compreso Zi’ Maria Giuseppa e Zi’ Marinese.
Alla domanda nostra se erano tempi difficili per mettere su famiglia, ci risponde con decisione ”No, facili… non aveva niente nessuno!”
Ricorda i compagni della famosa “Squadra del Filo a Piombo”: giovanotti della stessa età che si divertivano insieme senza fare dispetti o danni ad altri. Li ricorda tutti i ragazzi del Filo a Piombo: Odorisio Eramo chiamato Adrizij, Secondo Di Benedetto detto Peparoije, Guido Eramo detto Cappellone, Concetto Eramo detto Giubbitt’, Secondo Marsili detto Tisa e sorride al ricordo della cena con due capretti trovati a Carrito e non sa dirci perché si chiamavano la squadra del Filo a Piombo.
Tanti pensieri affollano la mente di Giovanni: la vendita di una bella cantina alla Torre e due canapine alle Rosce per l’acquisto della casa dove ha trascorso la vita, il dolore per la scomparsa in guerra del fratello Felice, il pensiero sereno per la sorella Almerinda diventata Suor Santina, il bene voluto a Marietta, il senso della paternità.
Prima della guerra si trova in Albania con il 53° Reggimento Divisione Arezzo.
Giovanni è artigliere. Nel ’40 scoppia la guerra ed a settembre riceve due cartoline per la chiamata alle armi, una per L’Aquila e una per Teramo.
Sceglie L’Aquila e parte per il fronte albanese del “Monastero”.
Fa lo “zappatore”, cioè prepara il terreno per il posizionamento degli obici e ci sottolinea, con fermezza, che non ha mai sparato a nessuno.
Rivive un bombardamento massiccio contro i greci, otto ore di battaglia e poi il silenzio.
Sorride, ironico, al ricordo di Mussolini e dei suoi discorsi recitati quasi a memoria.
Raggiunge la Macedonia e quindi la Grecia.
L’11 settembre ’43, tre giorni dopo la firma dell’armistizio di Badoglio, viene catturato dai tedeschi nella città greca di Larissa e deportato in Germania.
Racconta il calvario del viaggio in treno, caricato sui carri bestiame, trenta uomini per carro in condizioni disumane. Nessun ortonese con lui, solo un celanese e uno di Collarmele. Il viaggio dura parecchi giorni, attraverso la Iugoslavia, l’Ungheria e l’Austria e le lunghissime, estenuanti soste sui binari morti.
E’ talmente vivo il ricordo dell’attraversamento dell’Ungheria, vista dal finestrino blindato del vagone merci, che riusciamo a vederla anche noi che lo ascoltiamo: il maestoso Danubio, le mandrie di mucche e cavalli che punteggiano l’immensa pianura verde.
Il treno arriva in Germania nella regione della Westfalia e Giovanni viene smistato a Dortmund e internato ad Aachen, una campo di lavoro dove si costruiscono i forni crematori.
Con i compagni di prigionia Giovanni è trattato malissimo: lavoro solo lavoro ed una misera zuppa di cavoli e rape per il sostentamento.
Ma nel campo, Giovanni si arrangia e scambia, con un ebreo che parla italiano, sigarette di marca 88 con un orologio 15 rubini a doppia cassa.
In seguito l’orologio si rivelerà prezioso poiché verrà scambiato, tramite un russo di lingua tedesca, in cambio di un filone di pane la settimana.
Per il prigioniero di guerra, Giovanni Conte, ancora lavoro in una fabbrica di automobili e di bombe.
La prigionia dura due anni precisi e per altri sei mesi, lavora alla costruzione di un acquedotto.
Nel 1946, finalmente rientra in Italia e torna alla vita di sempre: d’inverno a Frascati a lavorare le vigne e nel resto dell’anno a fare il contadino ad Ortona.
La buon’anima del padre gli regala un asino che si ammala e viene venduto.
La mula, la famosa mula di Bellino, la eredita da un vignaiolo di Frascati.
Torna ad Ortona con la mula Peppina a piedi; fa tappa a Colli di Monte Bove dove un pastore generoso, rifocilla sia Giovanni che la “Peppina”. Dopo qualche tempo vende la mula frascatana e ne compra un’altra da suo fratello Angilla che chiama come la precedente la quale dimostra un carattere non troppo docile. Ad essa ne segue una terza, l’ultima, con la quale ha condiviso 21 anni di vita e di lavoro.
Giovanni la ricorda con nostalgia: una mula “lavoratora”, brava e ubbidiente.
Con le lacrime agli occhi, Bellino racconta la morte di Peppina terza ed ha ancora nelle orecchie l’eco del lungo nitrito ad esprimere una richiesta di aiuto.
La ricordo anch’io Peppina Terza, una mula che ai miei occhi di bambina appariva come un dinosauro e l’omone che la cavalcava; il quale mi allungava una mela o un grappolo d’uva e mi tirava su in groppa per la strada di sotto il casale.
Non riuscivo a chiamarlo Bellino quando ero piccola, mi sembrava irrispettoso!
Lunga vita a te caro Giovanni, figlio di un’Ortona del tuo tempo; ti ho sempre visto e sentito come un amico; grazie e ancora grazie per la testimonianza che ci hai reso, uno spaccato di vita vissuta e ancora oggi sognata.
Ortona dei Marsi, 26 agosto 2003
nonno Bellino è stato intervistato da Marina Eramo
nonno Bellino ha lasciato i suoi cari e noi tutti alle 23.45 del 03 agosto 2006
Sant’ Alessio
Sant’ Alessio
« Santo Alesso ‑ vi è detto ‑ fue figliuolo d’uno nobilissimo uomo di Roma, il quale aveva nome Eufemiano, il quale era il maggiore che visse nella corte dello Imperatore; ed era questo Eufemiano di tanta ricchezza e di tanta magnificenza, che continuamente aveva a suo servizio tremila donzelli, e’ quali istavano vestiti di vestimenta di seta e cintole d’oro. Ed era costui tanto misericordioso inverso de’ poveri, che ogni dì nella sua abitazione aveva tre mense di poveri pellegrini, d’orfani e di vedove ».
Alessio era nato quando Eufemiano e sua moglie, Egle, erano già vecchi; era cresciuto virtuosamente e, giunto in età adatta, aveva tolto per moglie una nobile e ricca fanciulla. La vigilia delle nozze, però, si legge ancora, « si tolse dalle sue stanze e partissi, e andonne occultamente al mare ».
Giunse per mare a Edessa, in Asia Minore, dove si fece povero volontario. « Ciò che aveva portato seco, diede ai poveri ‑ si legge ‑ e vestendosi di panni di vestimenta vile, si stava cogli altri poveri sotto il portico della chiesa della Vergine Maria a ricevere la limosina; e della limosina che riceveva, quella che era a lui di necessità, prendeva per sé, e l’altro dava alli poveri bisognosi ».
Il padre lo fece ricercare invano, dai suoi tremila servitori, alcuni dei quali giunsero anche a Edessa, lo videro, ma non lo riconobbero. Pianto ormai per morto, Alessio restò a Edessa per diciotto anni; poi riprese il mare e tornò a Roma. Per andare fino in fondo sulla via deIl’umiliazione, si presentò alla casa paterna, fingendosi un povero pellegrino. Fu accolto con la consueta generosità, e ospitato in un sottoscala del palazzo. Vi restò, ignoto a tutti, altri diciassette anni.
Sentendosi prossimo alla morte, versò su un foglio la propria confessione e aspettò, steso sotto la scala, il momento del trapasso. Quel giorno nella città, si udì una voce dal cielo dire: « Cercate l’uomo di Dio, che preghi per la città di Roma! ». « Cercate nel monte Aventino, in casa di Eufemiano ».
Eufemiamo cercò, e con lui cercò l’Imperatore, detto Arcadio Onorio, e con loro cercò il Papa, Innocenzo. Non trovarono nessuno, finché si ricordarono del pellegrino nel sottoscala. Era morto, « e la sua faccia ‑ si legge ‑ risplendeva a modo d’uno angiolo. Dal foglio di carta che egli stringeva sul petto, venne conosciuta la verità, e cioè che il pellegrino sconosciuto a tutti era proprio Sant’Alessio, scomparso alla vigilia delle nozze e vissuto di elemosine nella casa del proprio padre ».