Archivi giornalieri: 14 luglio 2017

Lavoro e Diritti

Il datore di lavoro può imporre come vestirsi in azienda?

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Il datore di lavoro può imporre ai suoi dipendenti come vestirsi in azienda durante l’attività lavorativa? Vediamo cosa prevede la legge.

E’ discriminatorio il comportamento attuato dal datore di lavoro che imponga ai suoi dipendenti come vestirsi in azienda durante l’attività lavorativa? Ovvero il capo può decidere come devono vestirsi i propri sottoposti al lavoro? Vediamo cosa prevede la legge.

Spesso le Aziende chiedono come comportarsi in caso di reprimende nei confronti di dipendenti che adottano un abbigliamento, per così dire, poco consono ad un ambiente lavorativo, ed ogni volta, il punto di partenza della mia consulenza è sempre la policy.

 

Non mi stancherò mai di dirlo! Avere policies ben redatte, come estensione ed integrazione dei C.C.N.L., assicurano una salvaguardia preziosa.

Come vestirsi in azienda?

E’ necessario fare un distinguo tra i vari tipi di abbigliamento.

 

Quando la divisa è obbligatoria per la sicurezza.

Consideriamo innanzitutto l’abbigliamento per lavorazioni particolari, ad esempio tute e tutti i dispositivi di protezione individuali necessari ed obbligatori per lo svolgimento della mansione (DPI).

In questo caso è la legge che prevede come vestirsi in azienda, in quanto si tratta di salvaguardia della salute del lavoratore imposta dal T.U. 81/2008 sulla Sicurezza e Salute nei luoghi di lavoro, in cui i DPI necessari risultano dal DVR (documento di valutazione dei Rischi) aziendale e da cui discendono obblighi riguardo la consegna, la manutenzione e l’uso che, con la firma sul foglio di consegna, impegnano fortemente e democraticamente il lavoratore.

La divisa come immagine aziendale

Diverso invece è il caso dell’Azienda che voglia dare una connotazione visibile del proprio brand, chiedendo ai propri dipendenti di indossare una divisa (accade nel settore pubblico e privato).

Parte della sociologia del lavoro vi vede una spersonalizzazione del dipendente, mentre la parte più numerosa, la interpreta come un forte vincolo di identificazione, orgoglio ed anche comodità nel non dover investire in abbigliamento per il lavoro a proprie spese.

Il cosiddetto tempo tuta o tempo divisa

Si inserisce l’argomento relativo al cosiddetto “tempo tuta” e cioè se il lavoratore debba iniziare la prestazione già con l’abbigliamento aziendale o se invece, il cambio sia ricompreso nell’orario di lavoro.

La Cassazione con la Sentenza 1352/2016 ha ribadito ancora una volta che si tratti di tempo retribuito, ogni qualvolta si ravvisi etero direzionalità.

Leggi anche: Tempo divisa: il tempo impiegato per indossare la divisa da lavoro va pagato

Ma tutto il personale è quindi obbligato ad indossare l’abbigliamento consigliato?

In realtà la prassi giurisprundenziale prevede che l’indicazione vada rivolta a chi abbia contatti con il pubblico, sottinteso il concetto che il Dipendente sia il biglietto da visita dell’azienda, per buona norma, ad esempio, il personale al ricevimento clienti, i magazzinieri (identificabili anche per motivi di sicurezza – oltre naturalmente al personale di cantiere con obbligo di esposizione di cartellino identificativo).

Ma sempre con regolamento interno, concertato con le eventuali rappresentanze sindacali, è possibile estendere il ventaglio dei consigli, sulla non manifestazione di dettagli che identifichino fortemente il proprio credo (la dipendente con il velo), orientamento politico e filosofico.

Una nota Azienda che si occupa di distribuzione alimentare al pubblico, chiede ai propri dipendenti tatuati di indossare maglie a maniche lunghe per evitare una sensazione negativa nel cliente che acquista il cibo.

Un’altra chiede che non si indossino monili per non arrecare danno alla clientela durante i trattamenti.

Gli ospedali richiedono che il personale di sala operatoria non indossi gioielli per le possibili contaminazioni.

Il casual friday

In occasione del “casual friday” molte società ricalcano l’abitudine statunitense di adottare un abbigliamento casual, andrebbe da se’ che, in caso di appuntamenti con personale esterno, ci asterrà dal jeans e sneakers; purtroppo non sempre si può confidare nel buon senso e diventa necessario precisarlo per scritto.

Infine, si ritorna sul vecchio adagio “è l’abito che fa il monaco?”, assolutamente no, ma si tratta di rispetto, per se stessi, per il proprio lavoro e per i propri colleghi, non serve una mise firmata, semplicemente trasmettere un’idea di ordine.

Bonus Asilo nido

 Bonus Asilo nido


Dal 17 luglio, il via per le domande

di Fulvia Colombini, del collegio di Presidenza Inca


Lunedì prossimo, 17 luglio, sarà disponibile la procedura informatica Inps per la richiesta del ”  di 1.000 euro. L’Inca lancia una campagna di informazione – Mamme e papà…”ho vinto il bonus per l’asilo nido” – rivolta ai genitori che possono far domanda.

Si tratta di un contributo economico, una tantum, che potrà essere richiesto dal 17 luglio prossimo dai genitori di bimbi nati o adottati dal 1 gennaio 2016. Potranno accedervi coloro che sono residenti in Italia, cittadini italiani o comunitari, in possesso di permesso di soggiorno di lungo periodo, gli stranieri aventi lo status di rifugiato politico e di protezione sussidiaria.

Il bonus è finalizzato al pagamento delle rette degli asilo nido pubblici e privati, o per aiutare ad assistere, a casa, i figli, al di sotto dei tre anni di età, affetti da gravi patologie croniche. Il genitore richiedente dovrà dimostrare di aver sostenuto tali spese, allegando tutta la documentazione richiesta. Il bonus sarà riconosciuto direttamente dall’Inps al genitore in 11 rate da 90,91 euro per coloro che mandano i bambini all’asilo nido e in un’unica soluzione ai genitori di bambini ammalati che non possono frequentare le strutture per l’infanzia. Per i bambini che già hanno frequentato gli asili nido l’Inps dovrebbe corrispondere gli arretrati dal 1 gennaio 2017 ad oggi, sempre nei limiti di 1.000 euro annui.

Attenzione però! Non si tratta di un diritto per tutti perché questi bonus verranno erogati entro il limite di spesa stanziato di 144 milioni di euro per il 2017; pertanto, superato tale plafond le richieste eccedenti non saranno prese in considerazione. Quindi, visto che non sono previsti altri requisiti di tipo reddituale o di carichi familiari, bisogna fare attenzione di non perdere la corsa perché chi prima presenta la domanda, avrà maggiori possibilità di rientrare tra gli aventi diritto.

L’Inca e la Cgil hanno ripetutamente criticato la politica dei bonus saltuari perché secondo noi occorre introdurre dei veri e propri diritti, per tutti i destinatari che abbiano le stesse condizioni e non trasformare sempre ogni novità in una corsa ad ostacoli, come avverrà anche nel caso dei BONUS ASILO NIDO. In Italia, il tasso di natalità si mantiene sempre ai minimi storici e di parecchio inferiore alla media europea, anche perché i diritti non sono mai acquisiti una volta per tutte, ma sempre soggetti a modifiche, ad estemporaneità e sono di breve respiro.

Tuttavia, l’Inca, con tutte le sue sedi dislocate sul territorio, è a disposizione per aiutare tutti nell’invio corretto della richiesta. Nelle sedi del Patronato della Cgil mettiamo, inoltre, a disposizione la nostra professionalità attraverso una consulenza specifica rivolta alla “maternità e genitorialità” al fine di aiutare  le madri e i genitori che lavorano e che vengono presi in carico, a districarsi nel complesso panorama dei diritti e delle possibilità legate alla cura dei figli.

San Camillo de Lellis

Nome: San Camillo de Lellis
Titolo: Sacerdote
Ricorrenza: 14 luglio
San Camillo de Lellis
Protettore di: malati, ospedali, personale ospedaliero

Annunziato da un sogno nasceva il 25 maggio del 1550 a Bucchianico nella diocesi di Chieti San Camillo de’Lellis, da madre di età assai avanzata, la quale morì poco dopo la nascita del figlio.

All’età di 6 anni perdette anche il padre e quindi si spiega come il piccolo Camillo, abbandonato a se stesso, ‘abbia avuto una giovinezza assai libera fino a quando il Signore lo chiamò a mutar vita nell’anno 1574.

Appena l’età glielo permise, si diede al mestiere delle anni, già esercitato da suo padre e che per S. Camino’ fu fatale. Appassionandosi infatti ognor più al gioco, e.in esso arrischiando grosse somme, il poveretto si trovò ridotto in breve alla povertà più estrema. Abbandonò quindi il mestiere delle armi e per sostentarsi si ridusse a far il manovale in un convento di Cappuccini. Il guardiano, vedendolo di buona indole, gli fece una paterna ammonizione, che Camillo ascoltò con umiltà. Gettatosi poi ai piedi del frate, promise di riparare il male compiuto. Infatti dopo alcuni giorni di riflessione e di preghiera, chiese di essere ammesso tra i figli di S. Francesco e potè vestire l’abito dei Cappuccini.

Ma una ferita riportata da soldato al collo del piede, resa sempre più molesta per l’urtare continuo che vi faceva l’abito, lo costrinse ad abbandonare il convento.
Fu duro pel fervoroso novizio deporre quell’abito, Abbandonare quel luogo, ma rimessosi interamente alle disposizioni della Divina Provvidenza si recò a Roma. Qui era il campo del suo apostolato.

Sotto la direzione di S. Filippo Neri passò al servizio degli incurabili nell’ospedale di S. Giacomo e lì maturò l’idea di fondare una Congregazione di religiosi con l’unico scopo di servire gl’infermi. Perciò, benchè di età già avanzata, circa il 1580 si mise a frequentare con i fanciulli i primi corsi di studi. I condiscepoli, giovani e spensierati, lo deridevano, ma Camillo fu costante ed ebbe la gioia di divenire sacerdote.

Le sue maniere affabili e dolci gli attirarono alcuni altri sacerdoti ed il Santo potè dar principio alla vagheggiata Congregazione dei Chierici Regolari ministri degli infermi.

Non è facile dire il bene che questi religiosi hanno fatto e fanno nella Chiesa: S. Filippo Neri li diceva non uomini, ma angeli in carne, tant’era la loro delicatezza e premura cogli infermi.

Il cuore di S. Camillo esultava vedendo tanti dolori leniti e tante anime soccorse proprio negli estremi momenti, ed era sempre il primo al letto degli infermi per prodigare le sue cure sapienti. Il Signore premiò questo zelo col dargli il dono dei miracoli e della profezia che il Santo usò per alleviare le miserie umane.

Consumato dalle privazioni e dalle fatiche, e colpito contemporaneamente da cinque diversi penosissimi mali da lui chiamati « le misericordie del Signore », passò a ricevere il premio della sua laboriosa vita il 14 luglio del 1614 in età di 64 anni.

Benedetto XIV l’iscrisse nell’albo dei Santi, e Leone XIII lo dichiarò celeste patrono di tutti gli ospedali.

PRATICA. Benefichiamo, visitiamo, solleviamo i poveri nelle loro pene, per poter udire nel giorno del giudizio da Gesù le consolanti parole: «Ebbi fame e mi saziaste, ebbi sete e mi deste da bere, fui ignudo e mi vestiste, infermo e carcerato e mi visitaste… venite ora al premio che vi ho preparato ».

PREGHIERA. O Dio, che decorasti S. Camillo della prerogativa di una singolare carità, a favore delle anime sofferenti, deh! infondici per suoi meriti lo spirito del tuo amore, affinchè nell’ora della nostra morte meritiamo di vincere il nemico e di giungere alla corona celeste