Archivi giornalieri: 8 luglio 2016

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Affari Costituzionali

Risultati 1 – 10 di 115 totali
Legge 25 Febbraio 2016 n. 21

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative

Pubblicazione:

G.U. n. 47 del 26 Febbraio 2016

Testo coordinato:

G.U. n. 47 del 26 Febbraio 2016

Iter e lavori preparatori
 
10 febbraio 2016:
approvato
 
24 febbraio 2016:
approvato definitivamente. Legge
Legge 27 Ottobre 2015 n. 175

Modifiche all’articolo 9 della legge 6 luglio 2012, n. 96, concernenti la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici

Pubblicazione:

G.U. n. 254 del 31 Ottobre 2015

Iter e lavori preparatori
 
09 settembre 2015:
approvato
 
14 ottobre 2015:
approvato definitivamente. Legge
Legge 08 Maggio 2015 n. 59

Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2015, n. 27, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento contemporaneo delle elezioni regionali ed amministrative

Pubblicazione:

G.U. n. 110 del 14 Maggio 2015

Testo coordinato:

G.U. n. 110 del 14 Maggio 2015

Iter e lavori preparatori
 
21 aprile 2015:
approvato
 
06 maggio 2015:
approvato definitivamente. Legge
Legge 06 Maggio 2015 n. 52

Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati

Pubblicazione:

G.U. n. 105 del 08 Maggio 2015

Legge 27 Febbraio 2015 n. 11

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative

Pubblicazione:

G.U. n. 49 del 28 Febbraio 2015

Testo coordinato:

G.U. n. 49 del 28 Febbraio 2015

Iter e lavori preparatori
 
20 febbraio 2015:
approvato
 
26 febbraio 2015:
approvato definitivamente. Legge
Legge 30 Maggio 2014 n. 82

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Pubblicazione:

G.U. n. 125 del 31 Maggio 2014

Iter e lavori preparatori
 
19 marzo 2014:
approvato
assorbe S.1030
28 maggio 2014:
approvato definitivamente. Legge
Legge 22 Aprile 2014 n. 65

Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, recante norme per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, in materia di garanzie per la rappresentanza di genere, e relative disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell’anno 2014

Pubblicazione:

G.U. n. 95 del 24 Aprile 2014

Iter e lavori preparatori
T.U. con S.1256, S.1304, S.1305
20 marzo 2014:
approvato in testo unificato
09 aprile 2014:
approvato definitivamente. Legge
Legge 27 Febbraio 2014 n. 15

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative

Pubblicazione:

G.U. n. 49 del 28 Febbraio 2014

Testo coordinato:

G.U. n. 49 del 28 Febbraio 2014

Iter e lavori preparatori
 
29 gennaio 2014:
approvato
 
17 febbraio 2014:
approvato con modificazioni
 
26 febbraio 2014:
approvato definitivamente. Legge
Legge 21 Febbraio 2014 n. 13

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, recante abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore

Pubblicazione:

G.U. n. 47 del 26 Febbraio 2014

Testo coordinato:

G.U. n. 47 del 26 Febbraio 2014

Iter e lavori preparatori
 
12 febbraio 2014:
approvato
 
20 febbraio 2014:
approvato definitivamente. Legge
Legge 07 Gennaio 2014 n. 1

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Pubblicazione:

G.U. n. 11 del 15 Gennaio 2014

Iter e lavori preparatori
assorbe C.326, C.893, C.1043
11 luglio 2013:
approvato
assorbe S.242, S.815
18 dicembre 2013:
approvato definitivamente. Legge

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Venerdi 08
Luglio 2016

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PRIMO PIANO

 

NOTIZIE

PROGETTI FORMATIVI PER I CONTRATTI DI RICOLLOCAZIONE
Con determinazione n. G07282  del 27 giugno 2016,  sono stati approvati gli esiti dell’istruttoria relativa ai progetti formativi presentati dagli Enti nell’ambito delle attività di riqualificazione degli ammessi alla Misura […]

 

INFORMATIVA INERENTE AL CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE
Si comunica che è stata approvata la determinazione dirigenziale del 13 giugno 2016 n. G06689: “POR FSE 2014/2020 – Rettifica alla “Nota attuativa” di cui alla determinazione dirigenziale n. G01602/2016 […]

 

INFORMATIVA AVVISO PUBBLICO MIUR “GIOVANI E LEGALITÀ”
Si comunica agli Enti accreditati che è stata pubblicata l’informativa relativa all’avviso pubblico “Giovani e legalità”. […]

 

INTESA 2 – RETTIFICA SCADENZA AVVISO DETERMINAZIONE G03091 DEL 31/03/2016
“Realizzazione di percorsi di orientamento sulla cultura delle pari opportunità nelle scuole a valere sulla Linea di azione f) Azioni per promuovere le pari opportunità” .

 

PERCORSI DI POLITICA ATTIVA NEGLI UFFICI GIUDIZIARI DEL LAZIO. APPROVAZIONE ELENCO AMMESSI
Approvato con determinazione n. G03877 del 18/04/2016 l’elenco dei candidati ammessi alla partecipazione dei percorsi integrati di politica attiva del lavoro presso gli Uffici Giudiziari del Lazio (misura attuata ai sensi […]

 

Altre notizie

Lamarmora

Anche Lamarmora fuori dalla Toponomastica sarda?

Alberto_La_MarmoraAnche Alberto Lamarmora fuori dalla Toponomastica sarda?
Ecco alcuni elementi per valutare il personaggio e la sua opera

di Francesco Casula

Alberto Ferrero della Marmora, scrittore, geografo e militare (Torino 1789- ivi 1863) visiterà la Sardegna, la prima volta nel 1819 e in seguito vi soggiornerà più volte. Egli infatti soggiornò nell’Isola, sebbene non stabilmente, per un arco di quasi quattro decenni, dal 1819 al 1857. Di essa sottolinea che : Difficoltà immense e gravi intralciano lo zelo del viaggiatore, che vuole percorrere quest’isola; la mancanza di strade, il difetto dei comodi più modesti, i pericoli in qualche contrada per il carattere irrequieto degli abitanti, infine le insidie del clima per parecchi mesi.
A proposito della figura complessiva di La Marmora, Giovanni Lilliu – nella presentazione al 2° volume del Voyage in Sardaigne, Gianni Trois editore, Cagliari 1995 – scrive che “Nel lavoro il Lamarmora pose onestà, lealtà e rettitudine, categorie che applicò anche nella vita, qualunque giudizio i Sardi possano oggi dare di lui che, per forza della storia e per la suggestione del potere non seppe resistere alla tentazione di oscurare i suoi giovanili ideali « rivoluzionari» con atti di reazione e repressione di cui soprattutto i Sardi soffrirono”.
Il grande archeologo sardo si riferisce al ruolo che La Marmora esercitò nel 1849 quando divenne Commissario straordinario per la Sardegna, inviato nell’Isola con poteri eccezionali per gestire la difficile situazione venutasi a creare dopo la «fusione» con il Piemonte , con la rinuncia all’autonomia stamentaria, ovvero al Parlamento sardo.
A proposito di questo suo ruolo l’intellettuale e scrittore Eliseo Spiga è molto più severo. Scrive che “giunse ai primi del 1849 come commissario per pacificare l’Isola, scossa dai continui tumulti esplosi dalle gravissime condizioni economiche e anche da rinnovati sentimenti repubblicani filofrancesi. Conservatore e militaresco, il generale si dedicò alla pacificazione, affrontando il dissenso e la protesta con la repressione più brutale e la violazione sistematica delle meschine libertà statutarie, per lui lo stato d’assedio divenne sistema di governo , inaugurando la pratica della dittatura militare, che poco più di dieci anni dopo diventerà usuale, durante la guerra di conquista del Mezzogiorno da parte della monarchia italiana” (La Sardità come utopia, Cuec edizioni, Cagliari 2006). – segue –
E’ invece innegabile la sua capacità di studioso che consegna alla cultura sarda molti scritti: come Itinerarie de l’île de Sardaigne (1860) ma soprattutto quei monumenti che sono i quattro volumi di Voyage en Sardaigne, ou description statitique, phisique e politique de cette ile, avec des recherches sus ses produtions naturelles et ses antiquités (1826).
I due scritti, entrambi in francese, diedero un profondo contributo alla conoscenza della Sardegna da parte dell’Europa colta di allora. Soprattutto il Voyage sarà utilizzato come un vero e proprio manuale sull’Isola, da parte di viaggiatori e studiosi. Il carattere enciclopedico dell’opera risente molto della cultura illuministica: ossia, quello di legare geografia, archeologia, descrizione della natura alla geografia umana, come scriverà Manlio Brigaglia e come sarà intitolato il primo dei quattro volumi.
La Marmora riteneva che la Sardegna abbia vissuto, una storia lenta, tuttavia, non crede alla sua astoricità: nel corso degli anni si avviava – secondo lui – ad un progresso incontestabile. L’Isola – scrive in Itinerarie – ha le caratteristiche di un’isola-continente dove entro limiti ristretti si aveva una varietà di aspetti così grande degni di richiamare l’attenzione dell’osservatore[…]: varietà di montagne, di terreni, di miniere, di fossili.
Nell’introduzione al Voyage, La Marmora si propone di far luce sull’oscurità che avvolge le prime epoche storiche della Sardegna, su una regione che per tanti secoli ha avuto nella storia un ruolo puramente passivo.
L’opera del generale testimonierebbe lo sforzo di liberarla da quella “fatalità” che fino a quel momento, si era opposta al decollo dell’Isola, sebbene la posizione geografica, il clima e i prodotti avrebbero permesso anche ad essa di occupare un ruolo importante nella storia del mondo.
E chiude l’introduzione con un augurio: Possa la mia opera presentare la Sardegna nel suo vero aspetto e richiamare per un istante l’attenzione dei governanti e dei dotti su questa regione, che indubbiamente merita di essere conosciuta da una gran parte dell’Europa, meglio di quanto non lo sia stata sino ad oggi.
Il Viaggio in Sardegna, è un testo frammentario che si presenta come «libro totale» sulla Sardegna. E’ un testo di difficile lettura proprio per l’interdisciplinarietà: descrive infatti la geografia e la popolazione, le strutture amministrative e l’ antropologia, l’agricoltura, il patrimonio boschivo e le intemperie, l’industria e le usanze tradizionali.

Prelievo di solidarietà: per la Consulta è legittimo su pensioni ricche

Prelievo di solidarietà: per la Consulta è legittimo su pensioni ricche 0

Corte Costituzionale

Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale ha dichiarato la legittimità del prelievo di solidarietà sulle pensioni più elevate per il periodo 2014 – 2016

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Con una nota emanata dal Palazzo della Consulta lo scorso 5 luglio, la Corte Costituzionale ha dichiarato la legittimità del prelievo di solidarietà sulle pensioni più elevate per il periodo 2014 – 2016 respingendo quindi le varie questioni di costituzionalità sollevate.

La Corte Costituzionale ha respinto otto ordinanze, di cui sei provenienti dalle sezioni della Corte dei Conti Veneto, Calabria, Umbria e Campania e due dalla Commissione giurisdizionale per il personale della Camera dei deputati le quali chiedevano alla Consulta di dichiarare l’incostituzionalità del contributo di solidarietà sulle pensioni da 91.000 euro in su, introdotto dalla legge si stabilità del 2014, voluto dal precedente Governo Letta, con validità triennale.

A differenza dei precedenti casi di incostituzionalità dichiarati per i contributi di solidarietà fra i 5 e il 15% previsti anch’essi sulle pensioni superiori ai 90 mila euro circa, introdotti dai Governi Berlusconi prima e Monti poi, il contributo voluto dal Governo Letta è stato dichiarato legittimo in quanto non considerato una sorta di tassa mascherata. Infatti lo stesso Governo aveva discusso a lungo la sua introduzione proprio per evitarne l’incostituzionalità.

La Corte ha quindi riconosciuto la natura solidaristica ed eccezionale del prelievo, che è servita a far fronte all’emergenza dei cosiddetti esodati, per cui non in contrasto con gli articoli 81 e 97 della Costituzione e ritenuta rispettosa allo stesso tempo del principio di progressività e sostenibilità in quanto applicato solo sulle pensioni più elevate, da 14 a oltre 30 volte superiori alle pensioni minime.

Prelievo di solidarietà, comunicato Corte Costituzionale

La Corte costituzionale ha respinto le varie questioni di costituzionalità relative al contributo, che scade nel dicembre 2016, sulle pensioni di importo più elevato, escludendone la natura tributaria e ritenendo che si tratti di un contributo di solidarietà interno al circuito previdenziale, giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema. La Corte ha anche ritenuto che tale contributo rispetti il principio di progressività e, pur comportando innegabilmente un sacrificio sui pensionati colpiti, sia comunque sostenibile in quanto applicato solo sulle pensioni più elevate, da 14 a oltre 30 volte superiori alle pensioni minime.

dal Palazzo della Consulta, 5 luglio 2016

 

 

Fonte: Corte Costituzionale

Santi Aquila e Priscilla

 


Santi Aquila e Priscilla

Nome: Santi Aquila e Priscilla
Titolo: Sposi e martiri, discepoli di San Paolo
Ricorrenza: 08 luglio

Questi due sposi (Aquila era giudeo originario del Ponto trapiantato a Roma, mentre Prisca detta anche Priscilla era romana) convertiti al cristianesimo, erano molto legati a San Paolo apostolo e furono suoi collaboratori nella diffusione del Vangelo. Erano stati scacciati da Roma da un editto dell’imperatore Claudio che espelleva i giudei, ed erano venuti a stabilirsi a Corinto. Qui Paolo li incontrò al suo arrivo nella città, nel 50: “si stabilì nella loro casa e lavorava”; di mestiere facevano i tessitori di tende. Quando Paolo andò a Efeso, verso l’anno 54, tutti e due lo accompagnarono. Nella loro casa si riunivano i cristiano, come precisa l’Apostolo stesso: “Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca, con le comunità che si raduna nella loro casa”. E sempre loro, a Efeso, completarono l’istruzione cristiana di Apollo . Verso il 57 tornarono a Roma, come attesta ancora Paolo: “Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù”. Egli aggiunge, alludendo ad avvenimenti per altro sconosciuti “per salvarmi la vita, essi hanno rischiato la loro testa, ed ad essi non io soltanto sono grato, ma tutte le chiese dei gentili”. Verso la fine della sua vita Paolo prega Timoteo di salutare “Prisca e Aquila”, i quali si erano recati evidentemente di nuova a Efeso, dove risiedeva Timoteo. Le reliquie di Aquila sono a Roma, dove la tradizione sostiene sia morto; lo hanno rivendicato come patrono i fabbricanti di tele per tende, naturalmente, ma anche gli architetti.

Vittorio Emanuele III

 

Alcune motivazioni perché Umberto I di Savoia non è degno di essere intestatario di una Via, una Piazza o altri simili ed equivalenti “onori” e riconoscimenti nei paesi e nelle città della Sardegna.

 

Durante il suo regno (1900-1946) Vittorio Emanuele III fu connivente e spesso attivo sostenitore di scelte sciagurate e funeste per l’intera Italia e per la Sardegna in particolare, per le conseguenze devastanti che quelle scelte comportarono. Per cui il giudizio della storia sulla sua figura è spietato e senza appello. Egli infatti è, in quanto re e dunque capo dello stato, responsabile o comunque corresponsabile della partecipazione dell’Italia alle due grandi guerre e del Fascismo.

Anche durante il suo regno, fin dall’inizio del Novecento, continua la repressione violenta nei confronti della protesta popolare e dei movimenti di opposizione.

 

1. Repressione poliziesca agli inizi del Novecento in Sardegna:

L’eccidio di Buggerru. La sommossa di Cagliari , Villasalto e Iglesias

Ricollegandosi al clima di repressione di fine secolo in Italia con la strage di Milano, nel romanzo Paese d’ombre Giuseppe Dessì scrive a proposito dell’eccidio di Buggerru: Bava Beccaris era nell’aria e con esso il suo demente insegnamento.

Anche a Buggerru, allora importante centro minerario, l’esercito, come a Milano nel 1898, sparò sulla folla inerme. Il 4 settembre del 1904 nel paese di Buggerru giunsero da Cagliari due compagnie del 42° reggimento di fanteria. La folla che gremiva la strada principale del paese li accolse in un silenzio ostile. Poco dopo i soldati con le baionette già cariche si schierarono in assetto da guerra all’esterno dell’Albergo dove alloggiavano. Le minacce e i tentativi di disperdere con la forza i manifestanti da parte dei soldati non sortirono alcun effetto. Fu allora che i soldati imbracciarono i moschetti e spararono sulla folla inerme. La tragedia si consumò in pochi minuti: sulla terra battuta della piazza giacevano una decina di minatori. Due, Felice Littera di 31 anni, di Masullas, e Giovanni Montixi di 49 anni, di Sardara, erano morti. Un terzo, Giustino Pittau, di Serramanna, colpito alla testa, morì in ospedale. Un mese dopo anche il ferito Giovanni Pilloni perì.

A Cagliari due anni dopo nel 1806, in seguito a una sommossa popolare contro il caro vita ci furono 10 morti.

“Alla notizia dei morti di Cagliari – scrive Natale Sanna – insorsero subito i centri minerari dell’Iglesiente con richieste varie, scioperi, saccheggi, scontri con i soldati, morti (due a Gonnesa e duie a Nebida) e feriti (17 a Gonnesa e quindici a Nebida) fra i dimostranti” (Natale Sanna, Il cammino dei Sardi, volume terzo, Editrice Sardegna, Cagliari, 1986, pagina 472).

Duramente repressi furono anche gli scioperi e le manifestazioni che si innescarono sempre dopo i fatti di Cagliari a Villasimius, San Vito, Muravera, Abbasanta, Escalaplano, Villasalto (con 6 morti e 12 feriti). Mentre a Iglesias nel 1920 i carabinieri sparano su una manifestazione di minatori causando 7 morti.

 

2. Vittorio Emanuele III e la Prima Guerra mondiale

La decisione di entrare in guerra fu presa esclusivamente dal sovrano, in collaborazione con il primo ministro Salandra, desideroso com’era di completare la cosiddetta “unità nazionale” con la conquista di Trento e Trieste, ancora in mano austriaca. il conflitto fu, come noto, tremendo per le forze armate italiane, che andarono incontro ad una spaventosa carneficina, tra il fango, la neve delle trincee e tra indicibili stragi e sofferenze.

Fu lo stesso Papa Benedetto XV a definire quella guerra una inutile strage. Ma in una enciclica del 1914 Ad Beatissimi Apostolorum Principis  lo stesso papa era stato ancora più duro definendola una gigantesca carneficina.

Sarà il sardo Emilio Lussu, in una suggestiva testimonianza storica e letteraria come Un anno sull’altopiano a descrivere gli orrori di quella guerra. Egli infatti al fronte però sperimenterà sulla propria pelle l’assurdità e l’insensatezza della guerra: con la protervia e la stupidità dei generali che mandano al macello sicuro i soldati; con i miliardi di pidocchi, la polvere e il fumo, i tascapani sventrati, i fucili spezzati, i reticolati rotti, i sacrifici inutili.

Una guerra che comportò oltre a immani risorse (e sprechi) economici e finanziari immani lutti, con decine di migliaia di morti, feriti, mutilati e dispersi. A pagare i costi e il fio maggiore fu la Sardegna: “Pro difender sa patria italiana/distrutta s’este sa sardigna intrea, cantavano i mulattieri salendo i difficili sentieri verso le trincee, ha scritto Camillo Bellieni, ufficiale della Brigata” (Brigaglia, Mastino, Ortu, Storia della Sardegna,  Editori Laterza, 2002, pagina 9).

Infatti alla fine del conflitto la Sardegna avrebbe contato bel 13.602 morti (più i dispersi nelle giornate di Caporetto, mai tornati nelle loro case). Una media di 138,6 caduti ogni mille chiamati alle armi, contro una media “nazionale” di 104,9.

E a “crepare” saranno migliaia di pastori, contadini, braccianti chiamati alle armi: i figli dei borghesi, proprio quelli che la guerra la propagandavano come “gesto esemplare” alla D’Annunzio o, cinicamente, come “igiene del mondo” alla futurista, alla guerra non ci sono andati.

La retorica patriottarda e nazionalista sulla guerra come avventura e atto eroico, va a pezzi. Abbasso la guerra, “Basta con le menzogne” gridavano, ammutinandosi con Lussu, migliaia di soldati della Brigata Sassari il 17 Gennaio 1916 nelle retrovie carsiche, tanto da far scrivere allo stesso Lussu – in Un anno sull’altopianoIl piacere che io sentii in quel momento, lo ricordo come uno dei grandi piaceri della mia vita.

In cambio delle migliaia di morti,  – per non parlare delle migliaia di mutilati e feriti – ci sarà il retoricume delle medaglie, dei ciondoli, delle patacche. Ma la gloria delle trincee – sosterrà lo storico sardo Carta- Raspi –  non sfamava la Sardegna.

Sempre Carta Raspi scrive:”Neppure in seguito fu capito il dramma che in quegli anni aveva vissuto la Sardegna, che aveva dato all’Italia le sue balde generazioni, mentre le popolazioni languivano fra gli stenti e le privazioni. La gloria delle trincee non sfamava la Sardegna, anzi la impoveriva sempre di più, senza valide braccia, senza aiuti, con risorse sempre più ridotte. L’entusiasmo dei suoi fanti non trovava perciò che scarsa eco nell’isola, fiera dei suoi figli ma troppo afflitta per esaltarsi, sempre più conscia per antica esperienza dello sfruttamento e dell’ingratitudine dei governi, quasi presaga dell’inutile sacrificio. Al ritorno della guerra i Sardi non avevano da seminare che le decorazioni:le medaglie d’oro. d’argento e di bronzo e le migliaia di croci di guerra; ma esse non germogliavano, non davano frutto”. (Raimondo Carta Raspi, Storia della Sardegna, Ed. Mursia, Milano, 1971, pagina 904)

 

3. Vittorio Emanuele III e il Fascismo.

Una delle massime responsabilità storiche di Vittorio Emanuele III fu l’aver favorito l’avvento e l’affermarsi del Fascismo. In seguito alla cosiddetta Marcia su Roma infatti, incaricò Benito Mussolini di formare il nuovo governo. Avrebbe potuto far intervenire l’esercito per combattere e disperdere gli “insorti”, invece mentre le forze armate si preparavano a fronteggiare “le camicie nere”, –  con Badoglio fra i principali esponenti della linea, giustamente dura –, Vittorio Emanuele III si rifiutò di firmare il decreto di stato d’assedio di fatto aprendo la strada al fascismo.

Poco interessa oggi sapere se lo abbia fatto per viltà, opportunismo e calcolo politico: fu comunque il re a nominare Mussolini capo del Governo dando il via alla tragedia ventennale di quel regime.

Non tenendo conto che nelle ultime elezioni politiche del 1919 il movimento fascista, presentatosi nel solo collegio di Milano, con una lista capeggiata da Mussolini e Marinetti, raccolse meno di 5.000 suffragi sui circa 370.000 espressi, non riuscendo a eleggere alcun rappresentante.

Non tenendo conto che i due partiti democratici e di massa nelle stesse elezioni avevano trionfato: il Partito Socialista Italiano con il 32% dei voti e 156 seggi e il neonato Partito Popolare Italiano di don Sturzo con il 20% dei voti e 100 seggi.

Mussolini di fatto esautorerà la stessa monarchia che beata e beota si godeva il suo “impero” di sabbia con le conquiste imperiali, che evidentemente riteneva dessero lustro e prestigio alla stessa monarchia, non comprendendo che invece di volare stava precipitando e con essa l’intero popolo italiano e quello sardo in primis! Abbeverato di olio di ricino, internato nelle galere e esiliato al confino, condannato per ben quattro lustri ad ulteriore sottosviluppo.

Scrive Carta Raspi:”Mussolini più volte aveva fatto grandi promesse alla Sardegna e aveva pure stanziato un miliardo da rateare in dieci anni. Era stato tutto fumo, anche perché né i ras né i gerarchi e i deputati isolani osarono chiedergli fede alle promesse. Già sarebbero state briciole; ormai le aquile imperiali spaziavano nel mediterraneo e oltre tutto veniva inghiottito dalla Libia, poi dalla conquista dell’Abissinia e dalla guerra di Spagna. Solo all’inizio della seconda guerra mondiale Mussolini si ricordò della Sardegna, per attribuirle il ruolo di portaerei al centro del Mediterraneo occidentale”. (Raimondo Carta Raspi, op, cit. pagina 914).

In conclusione Vittorio Emanuele III non separò mai le sorti e le responsabilità della dinastia da quelle del regime: sul piano interno non si oppose alla graduale soppressione delle libertà garantite dallo Statuto e non si oppose neppure all’infamia delle leggi razziali e sul piano estero non si oppose alla seconda guerra mondiale.

 

4. Vittorio Emanuele e la seconda guerra mondiale

La seconda guerra mondiale rappresenterà l’evento più drammatico che mai si sia verificato nella storia dell’umanità.

Scrive lo storico Franco della Peruta facendo una analisi complessiva:”Il bilancio del conflitto appariva sconvolgente  perché la guerra, l’ecatombe più micidiale degli annali del genere umano, tre volte superiore a quella della grande guerra – aveva fatto 50 milioni di vittime fra militari e civili…Alle perdite umane si sommarono quelle materiali, in seguito ai gravissimi danneggiamenti che colpirono molte città della Cina, del Giappone e della Germania e alle distruzioni subite dall’unione sovietica, dove furono pressoché rase al suolo 1700 città e 70.000 villaggi”. (Franco Della Paruta, Storia del Novecento, Le Monnier, Firenze, 1991, pagine 249-250).

Anche la Sardegna pagò un grande tributo. Scrive a questo proposito lo storico sardo Natale Sanna: ”Durante l’ultima guerra la Sardegna, per la sua posizione strategica, le importanti basi navali e i circa quindici campi di aviazione in essa dislocati attirò l’attenzione dei comandi alleati. Dovette perciò subire, fin dai primi anni del conflitto, numerosi bombardamenti dapprima di lieve entità, ma poi, dopo lo sbarco americano nell’Africa settentrionale, frequentissimi e massicci. Furono danneggiati circa 25 comuni, fra cui Alghero, Carloforte, Carbonia, La Maddalena, Sant’Antioco, Palmas Suergiu, Setzu, Olbia, Oristano, Milis e, più gravemente degli altri, Gonnosfanadiga, dove si ebbero 114 morti e 135 feriti. Presa di mira fu soprattutto Cagliari. Le tristi giornate del 17, 26, 28 febbraio 1943 e quella del 13 maggio (per citare le più terribili) non saranno mai dimenticate dai Cagliaritani, che hanno visto la furia devastatrice venire dal cielo e distruggere la loro città, sventrando interi rioni, sconvolgendo le vie, lasciandosi dietro una scia di cadaveri e di feriti nelle strade e nelle macerie. Migliaia di morti (che alcuni fanno ascendere a 7.00 e il 75% dei fabbricati distrutti o resi inabitabili, furono il tragico bilancio di quei giorni. (Natale Sanna, Il cammino dei Sardi, volume terzo, Editrice Sardegna, Cagliari, 1986, pagine 487-488).

 

5. Vittorio Emanuele III e la fuga a Brindisi. 

Persa ormai la guerra e convinto ormai che il disastroso esito del conflitto potesse segnare non solo la fine del regime fascista ma anche quello della monarchia, Vittorio Emanuele arresta Mussolini (25 luglio 1943) e nomina nuovo capo del Governo il maresciallo Badoglio. Il giorno dopo l’Armistizio, il 9 settembre, insieme a Badoglio stesso abbandona Roma e fugge prima a Pescara e poi a Brindisi, nella zona occupata dagli alleati. L’ignominiosa fuga avrà conseguenze devastanti. E la Sardegna pagherà un altissimo tributo a questa fuga: 12.000 mila i soldati sardi IMI (fra i 750-800 mila militari italiani fatti prigionieri dai tedeschi dopo l’armistizio) verranno  rinchiusi nei lager nazisti. Per spiegare un numero così alto di militari sardi deportati occorre capire la situazione in cui si trovarono nei fronti di guerra (Grecia, Albania, Slovenia, Dalmazia) dopo l’8 settembre. Con la difficoltà di tornare in Sardegna e sbandati, –  non esistendo più una unità di comando e di direzione –  essi furono posti di fronte all’alternativa di aderire alla RSI (Repubblica sociale di Salò) o di diventare prigionieri dei tedeschi e dunque di essere imprigionati nei lager. Abbandonati da Badoglio, quasi nessuno aderì alla RSI e dunque il loro destino fu segnato.