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Stress da lavoro, gli anelli deboli della norma

La scadenza si avvicina, ma lo scetticismo è alle stelle. L’adempimento dell’obbligo di misurazione dello stress da lavoro correlato nella aziende italiane (nessuna esclusa), così come è stato teorizzato dalla recente circolare ministeriale firmata dal direttore generale della Tutela delle condizioni di lavoro, Giuseppe Umberto Mastropietro, non convince su molti punti alcuni esperti del settore.

Il documento, stilato in armonia con le attuali norme comunitarie, farebbe acqua da tutte le parti. A partire dalla data del termine ultimo, il prossimo 31 dicembre, per l’elaborazione del documento di valutazione “preliminare”, ovvero quella che in una prima fase è mirata alla rilevazione di indicatori “oggettivi e verificabili” attraverso modelli ufficiali di rilevazione (come quello dell’Ispesl, ad esempio). Gli indicatori riguardano eventi sentinella (indici infortunistici, assenze per malattia, turnover, specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori); fattori di contenuto del lavoro (ambiente di lavoro e attrezzature, carichi e ritmi di lavoro, orario e turni, corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali); fattori di contesto (ruolo nell’ambito organizzativo, autonomia decisionale e controllo, conflitti interpersonali).

Annarita Proietti, responsabile dell’Ente bilaterale lavoro e ambiente (Ebla) costituito da Federlazio, Cgil, Cisl e Uil, si chiede se le aziende ce la faranno, riferendosi alla circolare che non è riuscita a fare chiarezza e che, di fatto, non prende direttamente in causa il lavoratore. I dubbi si concentrano nella sostanza del provvedimento che “appare un po’ di facciata, non preoccupandosi troppo di far passare davvero, nelle aziende, una consapevolezza profonda di cosa rappresenti questo tipo di rischio, elemento che peraltro indebolisce la capacità produttiva. La stragrande maggioranza dei responsabili del servizio protezione e prevenzione (90%) pensa che il problema dello stress non sia tra quelli prioritari”.

Secondo Daniele Danieli, responsabile Cgil Roma e Lazio per la sicurezza nei luoghi di lavoro, le  varie fasi di valutazione previste nella circolare renderebbero molto marginale il coinvolgimento del lavoratore: “Nella prima fase, per il datore non c’è l’obbligo di sentire il lavoratore, preso in causa solo se le eventuali azioni correttive, nel caso di esistenti fattori di stress, si siano rivelate fallimentari. E dal momento che è molto probabile che nelle aziende ci si fermerà solo a quest’ultima, temo che anche un punto di vista scientifico sarà difficile stabilire il rischio senza il coinvolgimento dei lavoratori con colloqui, interviste o questionari. Se non si ha la percezione di come il lavoratore vive l’attività che svolge, nella sua organizzazione, così come nelle relazioni che contempla – aggiunge Danieli – sarà molto complicato capire e mettere insieme qualcosa di concretamente efficace, su un tema già di per sé oggettivamente complesso e delicato da misurare. Non stiamo parlando di inquinamento da rumore, registrabile con un congegno elettronico”.

Non solo. Al centro della fase “preliminare”, che la circolare non prevede, dovrebbe esserci la formazione lavoratore: “Nelle linee guida dell’Ispesl – chiarisce il sindacalista – c’è scritto che sarebbe bene istruire il lavoratori su cosa sia lo stress correlato al lavoro. L’assenza di questa, a mio avviso, indebolisce molto l’accertamento finale e le contromisure che dovrebbero essere messe in campo”.

Se d’altro canto, la norma così come recepita dall’Italia, di fatto rappresenta un oggettivo passo in avanti nella tutela del lavoratore, l’altro aspetto che resta appeso è, secondo Raffaele Nardoianni, avvocato esperto in diritto del lavoro, “la sua reale e corretta applicazione, con relativi controlli ed eventuali sanzioni”. Cruciale, infatti, si rivela la questione vigilanza che dovrà essere adempiuta dalle Asl, “organi che – aggiunge Proietti – non in tutti i territori hanno a disposizione sufficienti ispettori dedicati. Anzi nella stragrande maggioranza dei casi sono in sotto organico da questo punto di vista. Un fattore che costringe le istituzioni preposte a fare una lista di priorità. E temo che lo stress non sarà in cima”.

Rassegna.it

Salute e sicurezzaultima modifica: 2010-12-22T13:37:50+01:00da vitegabry
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